Responsabilità medica: l’onere di prova del nesso causale è dell’attore

Nella responsabilità medica la prova del nesso causale impone all’attore di individuare (e dimostrare) la condotta posta in essere dai sanitari.

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Nella responsabilità medica la prova del nesso causale impone all’attore di individuare (e dimostrare) la condotta posta in essere dai sanitari. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

Tribunale di Isernia -sentenza n. 165 del 18-06-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_ISERNIA_N._165_2025_-_N._R.G._00001107_2021_DEPOSITO_MINUTA_18_06_2025__PUBBLICAZIONE_18_06_2025.pdf 169 KB

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Indice

1. Il fatto: la responsabilità medica


I congiunti di un paziente deceduto all’interno di un centro di alta riabilitazione adivano il Tribunale di Isernia per chiedere la condanna di detta struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti sia iure proprio che iure hereditatis.
In particolare, gli attori sostenevano che il paziente, prima del ricovero presso il suddetto centro di alta riabilitazione, era stato sottoposto ad un tampone rino-faringeo per rilevare la presenza del Covid, che aveva dato esito negativo. Nei giorni successivi al suddetto ricovero, il paziente non aveva mai ricevuto alcuna visita da parte di parenti o comunque di altre persone di sua conoscenza, ma, nonostante ciò, contraeva il virus sars-cov 2.
Infine, dopo un paio di settimane, il paziente, ancora positivo al suddetto virus, veniva trasferito presso l’ospedale locale dove decedeva qualche settimana dopo proprio a causa del Covid.
Secondo gli attori, dunque, il virus che aveva condotto alla morte del paziente era stato contratto presso la struttura sanitaria convenuta, alla quale era imputabile tale evento dannoso.
Infatti, secondo gli attori, la struttura sanitaria non aveva rispettato tutte le linee guida e le circolari ministeriali che erano state emanate proprio per evitare che gli ospiti delle strutture sanitarie potessero contrarre l’infezione da Covid all’interno delle strutture medesime.
Conseguentemente, gli attori chiedevano la condanna della convenuta al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale subito direttamente dai congiunti per la morte del paziente nonché del danno terminale morale e biologico subito personalmente da quest’ultimo. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.

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La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

 

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2. Le valutazioni del Tribunale: la necessità della prova del nesso causale


Preliminarmente, il tribunale ha evidenziato come la responsabilità della struttura sanitaria per i danni da perdita del rapporto parentale, invocati “iure proprio” dai congiunti di un paziente deceduto, è qualificabile come extracontrattuale.
Ciò in quanto, il rapporto contrattuale intercorre unicamente col paziente e i parenti non rientrano nella categoria dei “terzi protetti dal contratto”. Infatti, l’efficacia protettiva del contratto concluso tra il nosocomio ed il paziente si estende a favore di soggetti terzi soltanto nel caso in cui l’interesse, del quale tali terzi siano portatori, risulti anch’esso strettamente connesso a quello già regolato sul piano della programmazione negoziale.
Invece, l’interesse sottostante al danno da lesione del rapporto parentale o da perdita dello stesso non può ritenersi regolato dal contratto sorto tra il paziente e la struttura sanitaria.
In considerazione di ciò, l’iniziativa risarcitoria che i congiunti del paziente deceduto intraprendono per ottenere il risarcimento del danno da menomazione del rapporto parentale o da perdita dello stesso deve essere inquadrata all’interno dell’articolo 2043 c.c.
In questo caso, quindi, la condotta posta in essere dai sanitari non potrà rilevare come mero inadempimento contrattuale, ma potrà essere fatta valere soltanto come illecito extracontrattuale.
In conseguenza di tale impostazione, gli attori danneggiati dovranno dimostrare in giudizio il danno evento lamentato e il danno conseguenza dai medesimi subito nonché la sussistenza del nesso di causalità fra il predetto danno evento e la condotta colposa posta in essere dai sanitari.
Pertanto, grava su parte attrice la prova che la condotta dei sanitari sia stata negligente, imprudente e impedita nonché l’assenza abbia determinato l’evento di danno e che la morte del paziente sia derivata da detto evento di danno.
In particolare, il giudizio di accertamento del nesso di causalità tra la condotta e l’evento di danno (cosiddetta causalità materiale), si traduce in un giudizio contro fattuale ipotetico con il quale il giudice deve eliminare mentalmente la condotta del sanitario e verificare se, senza la predetta condotta, l’evento di danno, in termini di probabilità logica, non si sarebbe verificato (cosiddetta regola del “più probabile che non”: la quale, secondo il giudice, non deve necessariamente coincidere con un apprezzamento statistico del “50% +1”).

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3. La decisione del Tribunale


Applicando i principi sopra esposti al caso di specie, il giudice ha ritenuto che fosse onere degli attori dimostrare sia che la condotta posta in essere dai sanitari era stata negligente, imprudente e imperita, sia che venga condotta avesse causato, secondo la regola del “più probabile che non”, il contagio da covid del paziente e poi tra detto contagio e la morte di quest’ultimo.
Tuttavia, nel caso di specie, gli attori non hanno individuato ed allegato in giudizio alcun inadempimento qualificato della prestazione di diligenza medica in capo alla struttura sanitaria convenuta. In altri termini, gli attori non hanno identificato quale fosse la condotta, omissiva o omissiva, che la struttura sanitaria convenuta avrebbe tenuto e dalla quale sarebbe derivato il contagio del paziente con il virus. Invece, parte attrice si è semplicemente ed esclusivamente limitata a dedurre che il contagio del paziente fosse avvenuto durante il periodo in cui quest’ultimo era ricoverato presso la struttura sanitaria convenuta nonché che detto contagio sarebbe avvenuto per il mancato rispetto delle linee guida e delle circolari ministeriali che erano state emanate proprio per evitare dette tipologie di contagi.
Pertanto, il mancato rispetto delle linee guida e delle circolari ministeriali non è stato compiutamente allegato dagli attori, i quali non hanno specificamente individuato il comportamento omissivo o commissivo che abbia cagionato il contagio del paziente.
In considerazione della mancata prova dell’elemento del nesso di causalità, il giudice ha ritenuto infondata la domanda di risarcimento dei danni avanzata da parte attrice ed ha quindi rigettato integralmente detta domanda, condannando la stessa parte al pagamento delle spese del procedimento giudiziario instaurato nei confronti della struttura sanitaria convenuta.

Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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