Responsabilità da sottrazione al pagamento dei tributi doganali

Marco Accardo 29/06/21
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La disciplina dell’obbligazione doganale ha natura composita e stratificata su più livelli, sebbene l’art. 30 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sancisca che «l’Unione comprende un’unione doganale che si estende al complesso degli scambi di merci e comporta il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali all’importazione e all’esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l’adozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con i paesi terzi», è tuttavia rimessa alla legislazione dei singoli Stati membri la disciplina sanzionatoria delle violazioni doganali commesse sia all’importazione, sia all’esportazione; sia sul piano delle sanzioni amministrative che sul piano penale quando le violazioni siano particolarmente gravi.

In via preliminare preme ricordare come l’Unione doganale europea si definisca “perfetta”, e si caratterizzi per la libera circolazione delle merci al suo interno, libertà che è estesa anche ai prodotti di paesi terzi, una volta introdotti in uno dei Paesi membri dell’Unione[1].

L’art. 4 del Codice doganale dell’Unione (CDU) individua il territorio doganale dell’Unione rispetto al quale dovrà applicarsi la relativa disciplina. «All’interno dell’unione doganale perfetta rappresentata dall’Unione europea, l’ordinamento nazionale si compone di compartimenti ripartiti, internamente, in circoscrizioni doganali che a loro volta contengono una o più dogane. Tale organizzazione territoriale assume particolare rilevanza nella determinazione delle competenze dei singoli uffici»[2].

Il presente contributo si propone di effettuare una breve disamina sul momento originativo dell’obbligazione doganale, soffermandosi sulle possibili conseguenze derivanti dalla totale o parziale sottrazione all’adempimento della stessa.

L’obbligazione doganale

Con la terminologia “obbligazione doganale” si intende fare riferimento a quel rapporto giuridico che intercorre tra l’operatore economico e l’Amministrazione finanziaria (in Italia l’Agenzia delle dogane e dei Monopoli), alla quale è affidato il controllo dei confini doganali dell’UE, alla riscossione dei dazi e dei diritti di confine, nonché all’assolvimento di altre attività di natura non prettamente tributarie.

Secondo il dettato dell’art. 5, n. 18, del Codice doganale dell’Unione[3], essa deve essere intesa come «l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione applicabile a una determinata merce in virtù della normativa doganale in vigore», che conformemente a quanto espressamente previsto dagli artt. 77 e 81 dello stesso Codice, sorge sia all’esportazione che all’importazione[4], al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana.

Sul punto deve notarsi che le operazioni di scambio di merci e servizi, principalmente di importazione, comportano una triplice imposizione tributaria che si compone rispettivamente: della riscossione del diritto doganale, del pagamento dell’IVA all’importazione, nonché delle eventuali accise previste e calcolate, per quantità, su alcune categorie di prodotti[5]. All’interno della prima categoria di tributi rientrano i c.d. “diritti di confine” individuati dal comma 2 dell’art. 34 del TULD, che l’Amministrazione doganale è tenuta a riscuotere[6].

Con la dichiarazione doganale, il “proprietario”[7] della merce manifesta la propria volontà all’Autorità doganale di uno dei Paesi membri dell’UE, di immissione di detti beni. Detta dichiarazione consiste in un atto unilaterale con il quale vengono dettagliatamente fornite dal dichiarante, tutte le informazioni e le specifiche utili all’Amministrazione per poter determinare in modo corretto, il debito fiscale e conseguentemente di poter così sottoporre dette merci ad un determinato regime doganale piuttosto che ad un altro.

Preme in proposito rilevare come le modalità di individuazione dei dazi, siano parametrate sulla base di indicatori attinenti a: quantità, qualità, valore ed origine della merce.

Attraverso l’obbligazione doganale, le competenti Autorità possono procedere alle attività di rettifica e di contabilizzazione relativamente al debito di imposta che viene in rilievo, anche in caso di atto suscettibile di essere penalmente perseguito e, quando dovuto, alle attività di rimborso del dazio che sia stato illegittimamente riscosso.

L’art. 87, comma 1 del Regolamento n. 952/2013 (CDU), stabilisce che «L’obbligazione doganale sorge nel luogo in cui è presentata la dichiarazione in dogana o la dichiarazione di riesportazione di cui agli articoli 77, 78 e 81. In tutti gli altri casi, il luogo in cui sorge l’obbligazione doganale è il luogo in cui si verifica il fatto che la fa sorgere. Se detto luogo non può essere determinato, l’obbligazione doganale sorge nel luogo in cui le autorità doganali constatano che le merci si trovano in una situazione che ha fatto sorgere l’obbligazione doganale».

In considerazione di ciò, l’Ufficio competente dovrà dunque provvedere alla individuazione del debito doganale e successivamente dovrà essere comunicato al debitore, generalmente al soggetto autore della dichiarazione doganale. Nell’eventualità in cui l’Autorità doganale competente, ritenga correttamente individuato nella relativa dichiarazione l’importo del debito, questa procede allo svincolo delle merci. In caso contrario, quando l’amministrazione doganale proceda a rettificare il valore indicato dal dichiarante e questi non versi nell’immediato quanto individuato dall’Ufficio, quest’ultimo dovrà notificare un atto di accertamento debitamente motivato.

Al momento dell’intervenuta soddisfazione del dazio segue come più sopra rilevato, lo svincolo delle merci, le quali, da questo momento acquistano lo status di “merci unionali”, che ne consente il libero transito, a cui si accompagna il rilascio al dichiarante di una copia del Documento Amministrativo unico (c.d. bolletta doganale) che conterrà tutti gli elementi sia soggettivi, volti ad identificare l’intestatario della dichiarazione, sia oggettivi, attinenti alla qualificazione delle merci oggetto dell’operazione doganale[8].

Attività di controllo e vigilanza

L’art. 16 del TULD individua i luoghi in cui devono avvenire le operazioni di carico, scarico, sbarco e trasbordo delle merci, in particolare, dette operazioni devono avvenire nel pieno rispetto delle modalità previste dall’art. 18 dello stesso Testo unico, poiché in caso contrario dette operazioni potranno essere qualificate come attività di contrabbando[9].

Conformemente poi a quanto espressamente contemplato dall’art. 134, par. 1, del CDU deve rilevarsi come ai funzionari doganali addetti alle attività di controllo sia consentito, in presenza di fondati sospetti di irregolarità, di poter porre in essere attività di ispezione, e controlli di carattere tecnico miranti a verificare un eventuale occultamento di merci. È inoltre previsto che possano non soltanto richiedere l’esibizione di ulteriore documentazione, ma altresì sottoporre a perquisizione personale in presenza di un rifiuto ad esibire la documentazione suddetta qualora sussistano fondati motivi di sospetto.

All’amministrazione doganale italiana sono poi riconosciuti ulteriori poteri di controllo e di ispezione volti a contrastare l’introduzione entro i confini dello Stato, di merci oggetto di contraffazione o di sofisticazione (si veda l’art. 474 c.p.).

È poi stabilita una presunzione assoluta di illegittima provenienza delle merci dall’art. 25, c. 2 del TULD, in virtù della quale il detentore delle merci (non unionali e soggette a diritti doganali), che non sia in grado di dimostrarne la legittima provenienza o quand’anche le prove fornite siano inattendibili ovvero si rifiuti di fornire la documentazione necessaria e tutte le informazioni utili, è ritenuto responsabile di contrabbando.

Il contrabbando

In particolare, gli artt. 216, 282-301 TULD individuano una serie di ipotesi illecite volte a reprimere condotte di contrabbando il cui presupposto realizzativo deve individuarsi nella totale o parziale sottrazione al corretto soddisfacimento dell’obbligazione doganale – lesiva degli interessi dell’Unione alla puntuale e tempestiva riscossione delle risorse proprie – da parte del “proprietario della merce”, figura che dovrà intendersi non nel senso civilistico del termine ma dovrà farsi riferimento a «qualsiasi soggetto che abbia partecipato alle formalità doganali sapendo o dovendo ragionevolmente sapere che l’introduzione della merce era irregolare»[10].

Va in particolare rilevato come gli artt. da 282 a 291 del TULD contemplino diverse ipotesi di contrabbando, autonomamente rilevanti quando abbiano ad oggetto “diritti di confine” dovuti, il cui ammontare complessivo sia superiore ad euro 49.993,00 ovvero, quando ex art. 295, c. 2, Testo unico leggi doganali:

  1. a) nel commettere il reato, o immediatamente dopo nella zona di vigilanza, il colpevole sia sorpreso a mano armata;
  2. b) nel commettere il reato, o immediatamente dopo nella zona di vigilanza, tre o più persone colpevoli di contrabbando siano sorprese insieme riunite e in condizioni tali da frapporre ostacolo agli organi di polizia;
  3. c) il fatto sia commesso con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione;
  4. d) il colpevole sia un associato per commettere delitti di contrabbando e il delitto commesso sia tra quelli per cui l’associazione è stata costituita.

Dette fattispecie di contrabbando possono schematicamente essere così suddivise:

  • Con riguardo al luogo in cui le merci sono irregolarmente movimentate, potranno venire in rilievo le fattispecie di cui agli artt. 282 (Contrabbando nel movimento delle merci attraverso i confini di terra e gli spazi doganali), 283 (Contrabbando nel movimento delle merci nei laghi di confine), 284 (Contrabbando nel movimento marittimo delle merci), 285 (Contrabbando nel movimento delle merci per via aerea); in riferimento poi a zone extra-doganali, potranno trovare applicazione le fattispecie contemplate dagli artt. 286 (Cabotaggio nelle zone extra-doganali) e 289 (Contrabbando nel cabotaggio e nella circolazione).
  • In riferimento alle irregolarità che vengano in rilievo nello spostamento di merci che siano ammesse a regimi speciali, potranno trovare applicazione le fattispecie di cui agli artt. 287 (Contrabbando per indebito uso di merci importate con agevolazioni doganali), 288 (Contrabbando nei depositi doganali), 290 (Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse alla restituzione di diritti), 291 (Contrabbando nell’importazione od esportazione temporanea).
  • Ulteriori casi di contrabbando: per i fatti di contrabbando non rientranti nelle condotte tipizzate dalle norme di cui sopra, potrà farsi applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, della norma di chiusura di cui all’art. 292 del TULD, rubricato “Altri casi di contrabbando”, in forza del quale «Chiunque, fuori dei casi preveduti negli articoli precedenti, sottrae merci al pagamento dei diritti di confine dovuti, è punito con la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti medesimi». In particolare, sotto la sfera d’applicazione della disposizione in discorso dovranno essere ricompresi anche quei comportamenti con i quali il dichiarante attribuisca alla merce all’interno dei documenti doganali, un valore ridotto rispetto a quello che viene normalmente indicato per analogo prodotto proveniente dal medesimo paese di origine, o ancora nell’ipotesi in cui all’interno dei documenti certificanti il trasporto venga indicato un quantitativo di merce inferiore a quello in esubero, accertato in sede di visita da parte del delegato al controllo[11].
  • Nel caso poi in cui la merce sia stata inizialmente introdotta in un “deposito IVA” in libera pratica e successivamente sia stata estratta con il meccanismo dell’auto-fatturazione per un valore non corrispondente a quanto realmente immesso potrà trovare applicazione la norma prevista dall’art. 50-bis del d.l. 30 Agosto 1993, n. 331[12] che oltre a disciplinare l’istituto del deposito IVA, sanziona proprio l’illecito approfittamento del suddetto meccanismo.
  • Quando invece a venire in rilievo sia la natura della merce, con specifico riguardo ai tabacchi lavorati esteri, potranno trovare invece applicazione, a seconda che i fatti siano commessi in presenza di una organizzazione criminale finalizzata al contrabbando, le norme contemplate dagli artt. 291-bis (Contrabbando di tabacchi lavorati esteri) e 291-quater (Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri) del TULD.

Ulteriori profili di responsabilità possono configurarsi rispetto alle condotte di importazione o esportazione di veicoli “in franchigia” secondo quanto espressamente stabilito dall’art. 216 TULD[13].

Sanzioni amministrative

Preme rilevare come al di fuori delle suddette fattispecie penali, il mancato pagamento dei dazi doganali comporti l’irrogazione di una sanzione amministrativa.

Si prenda in considerazione l’art. 303, c. 3 del TULD il quale afferma che se i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l’accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione doganale presentata dall’istante (e a quanto contenuto all’interno della stessa) e la differenza dei diritti supera il cinque per cento, qualora il fatto non costituisca più grave reato, potranno trovare applicazione le sanzioni previste dal medesimo comma e strutturate secondo un sistema a scaglioni, con sanzioni che potranno arrivare fino al valore di dieci volte di quello dei diritti evasi. A cui irrogazione si accompagnerà il recupero delle somme evase nonché dei relativi interessi.

Deve tuttavia rilevarsi come l’irrogazione delle sanzioni poc’anzi descritte non potrà esimere da una valutazione sulla proporzionalità del complessivo trattamento sanzionatorio da irrogarsi in concreto, stante la possibilità che rispetto al fatto storico accertato, dette sanzioni possano risultare eccessivamente afflittive[14].

Deve poi rilevarsi come alle sanzioni amministrative pecuniarie che potranno essere irrogate dall’amministrazione tributaria, qualora ne ricorrano i presupposti, le ulteriori sanzioni di carattere accessorio contemplate dal art. 21, del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472[15].

 

Conclusioni

In considerazione di quanto fin qui rilevato si ritiene che chi desideri importare o esportare merci fuori dai limiti dell’Unione doganale europea, dovrà prestare particolare attenzione al fornire correttamente già in sede di presentazione della dichiarazione doganale, tutte le informazioni necessarie al fine non soltanto di scongiurare il rischio di contestazione e di eventuale conseguente blocco del transito delle merci, ma anche un più celere disbrigo delle pratiche relative oltre ad un corretto versamento dei relativi diritti doganali, la cui inosservanza come si è già notato precedentemente, costituisce il fulcro degli illeciti esaminati.

Note

[1] I. Castangia, Unione doganale, in Treccani – Diritto online, 2014, http://www.treccani.it/enciclopedia/unione-doganale_%28Diritto-on-line%29/.

[2] A. Elia, L’obbligazione doganale (2013 – 2018). Parte prima, cit., p. 2243.

[3] Regolamento 9 Ottobre 2013, n. 952.

[4] L. Monticelli, I reati di contrabbando, in Diritto penale dell’economia (a cura di A. Cadoppi, S. Canestrini, A. Manna, M. Papa), Tomo I, UTET Giuridica, Milano, 2019, p. 836.

[5] L. Monticelli, I reati di contrabbando, in Diritto penale dell’economia, cit., p. 835.

[6] Art. 34 TULD «Si considerano “diritti doganali” tutti quei diritti che la dogana e’ tenuta a riscuotere in forza di una legge, in relazione alle operazioni doganali. Fra i diritti doganali costituiscono “diritti di confine”: i dazi di importazione e quelli di esportazione, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari e dalle relative norme di applicazione ed inoltre, per quanto concerne le merci in importazione, i diritti di monopolio, le sovrimposte di confine ed ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato».

[7] La figura del “proprietario” dovrà intendersi in senso lato e non seguendo la definizione portata dal codice civile, sotto tale categoria potrà dunque rientrare anche ad es. il rappresentante.

[8] A. Elia, L’obbligazione doganale (2013 – 2018). Parte prima, cit., pp. 2296-2297.

[9] Ciò conformemente a quanto disposto dagli artt. 282, c. 1, lett. a) e b) e 284, c. 1, lett. b) del TULD.

[10] L. Monticelli, I reati di contrabbando, in Diritto penale dell’economia, cit., p. 850.

[11] L. Monticelli, I reati di contrabbando, in Diritto penale dell’economia, cit., pp. 871-876.

[12] Convertito in legge 29 Ottobre 1993 n. 427.

[13] Art. 216 TULD: «Il Ministro per le finanze può stabilire che per l’importazione temporanea dei veicoli stradali di cui alla convenzione di New York 4 giugno 1954, approvata e resa esecutiva in Italia con la legge 27 ottobre 1957, n. 1163, nonche’ degli aeromobili e delle imbarcazioni di cui alla convenzione di Ginevra 18 maggio 1956, approvata e resa esecutiva in Italia con la legge 3 novembre 1961, n. 1553, si prescinda dalla emissione di documenti doganali e dalla prestazione di garanzie. I mezzi di trasporto ammessi alle facilitazioni di cui al precedente comma conservano la condizione di merce estera in temporanea importazione e possono essere nazionalizzati alle condizioni previste per ciascuna categoria dalla legislazione italiana; per il loro uso nel territorio dello Stato quando manchino o siano venute a cessare le condizioni indicate nelle convenzioni citate nel predetto comma resta ferma l’applicabilità delle pene stabilite per il reato di contrabbando. Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche agli autoveicoli nazionali e nazionalizzati nuovi di fabbrica acquistati da persone residenti all’estero in soggiorno temporaneo nel territorio doganale, che siano stati immatricolati mediante la speciale targa di riconoscimento prevista dall’art. 97 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, nonché a quelli acquistati dalle forze militari alleate o dal personale da esse dipendente, che siano stati immatricolati mediante le speciali targhe dei comandi alleati di stanza in Italia, in applicazione della convenzione di Londra 19 giugno 1951 approvata e resa esecutiva con la legge 30 novembre 1955, n. 1335. Tali autoveicoli sono considerati esportati all’atto della immatricolazione, restando assoggettati al regime della temporanea importazione durante la successiva permanenza nel territorio predetto. Per i mezzi di trasporto indicati nei precedenti commi il regime della temporanea importazione è  interrotto durante il periodo in cui tali veicoli, pur permanendo nel territorio doganale, rimangono inutilizzati, sempreché siano custoditi con l’osservanza delle condizioni e cautele stabilite dal Ministero delle finanze».

[14] Sul punto si veda E. Fratelli, Sanzioni doganali e art. 303 TULD: i giudici tributari nazionali riconoscono la violazione del principio di proporzionalità, in Rivista di Diritto tributario, Pacini Editore Srl, Pisa, 2019, http://www.rivistadirittotributario.it/2019/12/18/sanzioni-doganali-art-303-tuld-giudici-tributari-nazionali-riconoscono-la-violazione-del-principio-proporzionalita/.

[15] A. Elia, L’obbligazione doganale (2013 – 2018). Parte seconda, in Diritto e pratica tributaria, fascicolo n. 6, Wolters Kluwer, Milano, 2018, pp. 2855-2861.

Marco Accardo

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