Realizzare in proprio un impianto natatorio

Redazione 01/10/04
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inserito in Diritto&Diritti nel ottobre 2004
di Rossana Prola
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Realizzare in proprio un impianto sportivo può sembrare a molti un’impresa a dir poco azzardata; è noto, infatti, quanto oneroso sia gestire, ed anche costruire, questo tipo di impianti.
Non sono poche, però, le palestre o le piscine private realizzate in Italia, solo per citare un esempio degli impianti sportivi più diffusi.
Si trovano principalmente nel centro-sud, dove la presenza di impianti di proprietà comunale è molto inferiore rispetto al nord e la possibilità di praticare prezzi più alti non viene ostacolata dall’esistenza di impianti di proprietà pubblica nelle vicinanze.
Ultimamente, alcuni impianti privati particolarmente costosi, quali ad esempio le piscine coperte, sono stati costruiti anche nelle regioni del nord, soprattutto grazie a contributi stanziati dalle Regioni.
Una situazione più frequente, e che sta prendendo sempre più piede, è quella di società di gestione che, per vedersi rinnovato un contratto esistente da un Ente Pubblico, effettua interventi di manutenzione straordinaria o amplia la struttura esistente di proprietà comunale.
La strada da seguire per costruire un impianto sportivo è duplice: si può scegliere quella di realizzare un impianto destinato principalmente a fini agonistici, usufruendo così della possibilità di accedere ad un mutuo erogato dall’Istituto del Credito Sportivo, che però deve avere determinate caratteristiche costruttive e rispondere a precisi requisiti; oppure si può scegliere un’altra forma di finanziamento, che non coinvolga il Credito Sportivo, optando per una alternativa più onerosa ma sicuramente più facile da percorrere e che lascia molta più libertà di decidere forma, dimensioni e finalità proprie dell’impianto che si intende realizzare.
Fino a poco tempo fa, nella maggior parte dei casi si decideva di ricorrere alla prima possibilità, poiché il vantaggio economico sugli interessi del mutuo si abbatteva anche fino a cinque punti percentuale sugli interessi. Oggi la situazione è molto cambiata, poiché gli istituti di credito ordinari praticano tassi notevolmente più bassi e con modalità molto più agili e veloci di quelle seguite dal Credito Sportivo.E’ certo, inoltre, che un impianto progettato con le caratteristiche richieste dal Coni, che deve obbligatoriamente approvare il progetto, può costare molto di più di un impianto con dimensioni ridotte, non adatto all’agonismo ma sicuramente meno oneroso dal punto di vista gestionale.
Si tratta di mettere i pro e i contro sulla bilancia, valutando con attenzione tutti i fattori che intervengono nella scelta.
Il problema principale, in entrambi i casi, è quello di prestare all’ente finanziatore le garanzie per una copertura fideiussoria sufficiente a coprire l’entità del mutuo da erogare. Praticamente nessun Istituto di Credito, nemmeno il Credito Sportivo, accetta infatti di stipulare un mutuo di tipo ipotecario dove l’immobile da ipotecare sia l’impianto sportivo che si intende costruire. E’ spesso, questo, uno scoglio sul quale molti sogni sono costretti ad arenarsi.
Esiste, per la verità, una terza possibilità, che è quella di coinvolgere il Comune nella realizzazione, chiedendo il terreno in diritto di superficie ad un prezzo simbolico per un arco di tempo che generalmente si aggira tra i venti ed i trent’anni, e ottenendo che il Comune stesso si costituisca fideiussore, come prevede l’art. 207 del nuovo Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali (D.L. 18 agosto 2000, n.267).
In cambio si accetta di stipulare con l’ente Pubblico una convenzione che garantisca ai cittadini alcuni vantaggi, quali ad esempio tariffe agevolate, spazi riservati alle scuole, o altre agevolazioni di questo tipo, condizione per altro prevista dallo stesso D.L.
Una volta scaduto il diritto di superficie l’impianto diventa di proprietà del Comune, che lo acquisisce senza aver investito nulla, o quasi, nella costruzione.
Oltre a queste, vengono messe in atto le procedure previste dal Project Financing o dalla Concessione e Gestione, entrambi previste dalla Legge Merloni. Va detto, ad onor del vero, che nel settore sportivo sono più i progetti che falliscono che quelli riusciti, a causa delle difficoltà esaminate precedentemente.
Per decidere se affrontare l’impresa della costruzione in proprio di un impianto natatorio, è opportuno, una volta stabilito il budget a disposizione oppure la propria possibilità di indebitamento e, di conseguenza, il tipo di impianto da realizzare, valutare la possibilità di sostenere le spese relative alla gestione.
Ciò è chiaramente direttamente proporzionale ai possibili ricavi, e quindi al bacino d’utenza dell’impianto.
Per valutare la possibile redditività dell’impianto è necessario redigere uno studio di fattibilità ed un piano economico-finanziario, documenti che insieme formano il cosiddetto “Business Plan”. Lo studio di fattibilità di un impianto sportivo deve valutare in primo luogo il bacino d’utenza, cioè l’entità reale delle frequenze possibili da parte della popolazione residente, nonché quale tipo di impianto sia il più idoneo nella situazione presa in esame.
Riuscire a “centrare” il calcolo del bacino d’utenza è sicuramente il primo passo importante; il secondo è calcolare i costi di gestione. Tali analisi andrebbero fatte da persone esperte nel settore, poiché i costi di gestione variano molto in corrispondenza di diversi fattori, quali, ad esempio, i consumi energetici e le spese relative al personale, due aspetti di fondamentale importanza soggetti a variazioni consistenti a seconda di numerosi fattori che possono intervenire.
Altro aspetto fondamentale è la realizzazione di un buon progetto per la costruzione, realizzato da professionisti esperti nel settore. L’impianto sportivo è quello nel quale maggiormente incide la parte relativa all’impianto tecnologico (pensiamo al caso di una piscina coperta, di un palaghiaccio o di un palazzotto dello sport), sia per quanto riguarda la realizzazione che la gestione; trascurare questo aspetto significa un concreto rischio di ritrovarsi un impianto ingestibile, con tutte le conseguenze del caso. Soprattutto se ci è costato qualche miliardo.

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