Pubblica Amministrazione 2.0: i nuovi processi di digitalizzazione

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SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La digitalizzazione dell’attività amministrativa: percorso evolutivo. L’attuale normativa in materia di Pubblica Amministrazione Digitale. – 3. Gli effetti della digitalizzazione sui principi e sugli istituti del procedimento amministrativo. – 4. L’instaurazione e la gestione telematica del rapporto procedimentale. – 5. Gli effetti della violazione delle norme sulla digitalizzazione: l’illegittimità dell’atto amministrativo adottato con un procedimento digitalizzato. Profili di responsabilità della pubblica amministrazione. – 6. Conclusioni.

1. Introduzione.

La digitalizzazione nelle Pubbliche amministrazioni costituisce, con vis sempre più espansiva, una tematica di primo rilievo nell’ordinamento italiano.

Il dibattito sul tema si è sviluppato progressivamente attraverso le coordinate tracciate dall’Unione Europea in base alle quali i dati in possesso delle Pubbliche Amministrazioni oltre a dover essere fruibili da parte dei cittadini, sono oggi soggetti a un procedimento di elaborazione e di archiviazione in terminali virtuali collocati su server fisicamente dislocati in differenti luoghi.

Il quadro che viene a delinearsi oggi in ambito nazionale vede il fenomeno della digitalizzazione protagonista indiscusso di un cambiamento organizzativo-burocratico incidente tanto sulla gestione interna dei documenti amministrativi informatici, tanto sull’iter procedimentale e sui rapporti instaurati con il cittadino utente.

Muovendo dall’analisi del contesto normativo internazionale ed europeo, nel corso della trattazione, verrà affrontato il percorso storico-evolutivo della digitalizzazione dell’attività amministrativa in Italia attraverso l’osservazione degli interventi riformatori susseguitisi a partire dalla L. 241/1990 prima, proseguendo attraverso il D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 con cui viene introdotto il primo Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), modificato in attuazione della legge delega n. 124/2015 e, da ultimo, inciso dal recentissimo intervento riformatore, noto come D.L. Semplificazioni (D.L. 76/2020).

Il tema della digitalizzazione, affrontato sotto un profilo squisitamente effettuale, si incentrerà sulle modalità di incisione di questa nuova realtà amministrativa sui principi e sugli istituti che tradizionalmente governano il procedimento amministrativo. Con riferimento a quest’ultimo, si approfondirà la fase della instaurazione e della gestione telematica del rapporto procedimentale.

In ultima istanza, l’indagine si concentrerà su una tematica ancora per certi versi insondata, id est quella della patologia del provvedimento amministrativo adottato all’esito di un procedimento digitalizzato viziato[1], nonché sui possibili profili di responsabilità della pubblica amministrazione che possono derivarne.

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Il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione ha avuto di recente una brusca accelera­zione a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Dopo una prima fase di digitalizzazione forzata di alcune attività amministrative – che si è resa necessaria in seguito all’adozione da parte del Governo italiano di misure di contenimento della pandemia – nel corso dei mesi è emersa con evidenza l’esigenza di giungere, in prospettiva futura, alla conclusione del percorso di trasformazione digitale avviato oltre quindici anni fa ma ancora, in larga parte, incompiuto. Il Decreto Legge “Semplificazioni” (D.l. n. 76/2020) contiene alcune disposizioni molto rilevanti in mate­ria di digitalizzazione dell’attività amministrativa: si tratta di uno dei provvedimenti normativi più importan­ti degli ultimi anni. La parola chiave è “switch off”, cioè “spegnere”, ovvero abbandonare le modalità di lavoro ed erogazione dei servizi diverse da quelle indicate dal Legislatore. Dopo una lunga convivenza forzata con la carta, la mo­dalità digitale diventa (obbligatoriamente) l’unica modalità di gestione dei procedimenti amministrativi e di erogazione di servizi pubblici a cittadini e imprese. Due le novità rispetto al passato. Da un lato il termine assai breve dato alle amministrazioni per organiz­zarsi e una scadenza ravvicinatissima: il 28 febbraio 2021. Dall’altro, l’obbligo di ricorrere a soluzioni, siste­mi e piattaforme unici per tutte le amministrazioni (SPID, CIE, pagoPA, appIO). Il segnale è chiaro: non ci sono più scuse per rimandare la trasformazione digitale che diventa, quindi, una vera e propria urgenza per tutte le amministrazioni. La presente analisi si propone di mettere in fila le prossime scadenze per provare a stimolare un approc­cio alla trasformazione digitale in cui i singoli adempimenti, non più trattati come monadi, siano considera­ti, in una prospettiva unitaria, come una parte di una strategia complessiva. La scelta di realizzare una guida agli switch off trova ragion d’essere proprio nella necessità per le ammi­nistrazioni di avere, alla luce dei recenti interventi legislativi, un quadro sistematico e aggiornato delle nor­me vigenti. Questo testo – almeno nelle intenzioni e anche attraverso il tono discorsivo dell’esposizione – vuole es­sere utile non solo alle amministrazioni, ma anche ai loro fornitori e consulenti che vogliano approfondire in modo agevole le attività da porre in essere per concludere il processo di trasformazione digitale. La trattazione, che non ha pretesa di esaustività, mira a fornire una sintetica ma puntuale guida alle prin­cipali scadenze che vengono analizzate criticamente con l’indicazione di tutte le risorse utili per un ulterio­re approfondimento. Siamo sempre più convinti, infatti, che la crescente complessità delle regole dell’amministrazione digita­le sia una delle ragioni della loro scarsa attuazione. Il primo capitolo è dedicato all’introduzione alla normativa e alla strategia nazionale sulla trasformazio­ne digitale. Il secondo capitolo contiene una ricostruzione complessiva degli obblighi in capo alle amministrazioni e dei diritti digitali di cittadini e imprese. Il terzo capitolo approfondisce gli switch off del 28 febbraio 2021 e le attività da effettuare entro tale data. Il quarto capitolo, infine, ricostruisce le sanzioni e le responsabilità per gli Enti che non ottemperano al dettato normativo. L’obiettivo, ambizioso, è quello di aiutare le amministrazioni in questo delicato passaggio, fondamentale per renderle sempre meno distanti dai cittadini e sempre più orientate al servizio della comunità.    Ernesto BelisarioAvvocato cassazionista, è specializzato in diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione. Si occupa da anni di diritto delle tecnologie e innovazione nel settore pubblico, assistendo imprese e pubbliche amministrazioni in questioni relative al diritto delle tecnologie e del diritto amministrativo in ambito stragiudiziale e giudiziale. È stato Consigliere del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana. È il curatore di lapadigitale.it, progetto di informazione e formazione di Maggioli Editore.Francesca RicciulliAvvocato. Assiste pubbliche amministrazioni, imprese e società pubbliche in questioni relative al diritto amministrativo e al diritto delle tecnologie, con particolare riferimento alla trasparenza dell’attività amministrativa, ai contratti pubblici e alle varie implicazioni del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni.Stelio PagnottaICT e communication consultant. Si occupa di comunicazione istituzionale, con particolare riferimento al settore della digitalizzazione della pubblica amministrazione. Giornalista pubblicista, è autore di articoli e pubblicazioni in materia di diritto delle nuove tecnologie e innovazione nella PA.

Ernesto Belisario, Francesca Ricciulli, Stelio Pagnotta | 2021 Maggioli Editore

2. La digitalizzazione dell’attività amministrativa: percorso evolutivo. L’attuale normativa in materia di Pubblica Amministrazione Digitale.

Comprendere a fondo le complesse e molteplici articolazioni della digitalizzazione nel panorama amministrativo odierno richiede una preliminare operazione di decodificazione dei termini correntemente in uso ai fini descrittivi del fenomeno.

Con il termine e-government (amministrazione digitale) si indica il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione. Detto termine viene per la prima volta reso dalla Comunicazione del 26 settembre 2003 della Commissione Europea, il quale viene utilizzato per indicare «l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, coniugato a modifiche organizzative ed all’acquisizione di nuove competenze al fine di migliorare i servizi pubblici ed i processi democratici e di rafforzare il sostegno alle politiche pubbliche»[2].

A livello definitorio, un sistema informativo è “una combinazione di risorse umane, materiali e di procedure organizzate per la raccolta, l’archiviazione e l’elaborazione delle informazioni necessarie alle attività operative, gestionali e di programmazione, controllo e valutazione di un’organizzazione“; un sistema informatico rappresenta, invece, “l’insieme degli strumenti informatici impiegati per il trattamento automatico delle informazioni di un’organizzazione al fine di agevolare le funzioni del suo sistema informativo”. Ancorché le due nozioni siano giuridicamente intese in maniera equivalente, il sistema informatico risulta essere concetto più ristretto, agendo quale strumento di supporto al sistema informativo[3].

Comportando il progresso delle Information and Communication Technologies (ICT) una progressiva e radicale evoluzione della nozione di e-government, la Commissione Europea ha adottato la Comunicazione[4] fissativa dei principi cui deve tendere l’azione per l’e-government per il periodo 2016-2023.

Segnatamente, secondo quanto indicato dalla Commissione Europea, l’implementazione delle nuove tecnologie nel settore dell’azione amministrativa deve conformarsi ai principi di massima trasparenza, efficienza ed inclusività affinché vengano erogati servizi pubblici personalizzati ed intuitivi a tutti i cittadini e a tutte le imprese nell’UE.

Lo strumento attuativo in grado di perseguire con effettività detti obiettivi è da rinvenire nel principio del libero accesso ai dati ed ai documenti delle amministrazioni pubbliche (c.d. Open Data), tanto a livello nazionale che transfrontaliero da parte di tutti coloro che abbiano un comune interesse, ancorché difetti una particolare qualificazione giuridica dell’interesse medesimo.

Gli obiettivi programmati attraverso l’e-government derivano non solo dai vincoli europei ma anche da puntuali obblighi internazionali: sotto questo aspetto, già il Rapporto 2016 sull’e-government della Nazioni Unite[5] evidenziava un sensibile aumento dei Paesi facenti uso di strumenti informatici nella pubblica amministrazione, volti principalmente all’offerta di servizi online ai cittadini. Si è altresì posto l’accento sulla capacità della digitalizzazione di efficientare l’attività dell’amministrazione tanto nell’attività interna della pubblica amministrazione (c.d. back office) tanto nella relazione con il pubblico (c.d. front office).

Di conseguenza, è plastica l’evidenza per cui l’amministrazione, grazie alle ICT, possa ricercare i documenti più facilmente e accedere in via diretta ed immediata agli atti di altre amministrazioni, nonché procedere alla trasmissione e ricezione dei dati in tempo reale e a costi inferiori.

Nella prospettiva del cittadino, questi può rinunciare a recarsi fisicamente presso gli uffici competenti, potendo piuttosto accedere alle informazioni tramite una connessione internet in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, con conseguente risparmio in termini di tempo, energie e risorse.

In tale ottica si spiega la capacità delle singole componenti del sistema PA di interagire orizzontalmente e verticalmente, ossia di fare rete, dialogando in forma automatica entro quella che, a rigore, è stata definita la “quarta rivoluzione industriale”[6], grazie a processi di automazione e di interconnessione in grado di esercitare un impatto significativo sull’essere umano stesso e sul suo modo di vivere nel proprio ambiente.

La rivoluzione in parola, nel sistema amministrativo italiano, retto e disciplinato dalle regole del procedimento, ha investito il procedimento telematico, denominato agli inizi degli anni ’90 “Teleamministrazione” e successivamente attuato con il Codice dell’Amministrazione Digitale, CAD, grazie al d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82  (entrato in vigore il 1º gennaio 2006),  così come fortemente inciso dal d. Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, dalla legge Madia nel 2016 e, di recentissimo, dal D.L. Semplificazioni.

Già per mezzo della nota Legge n. 241, approvata il 7 Agosto del 1990, recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” si è intrapreso un processo di svecchiamento della Pubblica Amministrazione, anche e soprattutto a livello procedimentale, nel deliberato intento di snellire l’apparato organizzativo attraverso il ridimensionamento dei procedimenti e la  collaborazione tra cittadini e amministrazione. Non casualmente, la suddetta legge fu appellata dalla dottrina come “inconsapevolmente informatizzata”, sebbene si fosse ancora distanti dagli standards odierni[7].

Nonostante i primissimi approcci all’informatizzazione dei sistemi informativi pubblici si riscontrino già a partire dagli ultimi anni ’70, è il Decreto legislativo n. 39 del 1993, recante “Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 2, comma 1, lettera mm) della L. 23 Ottobre 1992, n. 421”, a spianare la strada all’inserimento degli strumenti informatici nell’attività amministrativa, costruendo il primo vero intervento di promozione della cultura informatica pubblica e di organizzazione dell’informatizzazione[8].

A tale decreto è altresì ascritto il merito di aver istituito un’autorità amministrativa indipendente[9] denominata “Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione” (AIPA) alla quale ha affidato funzioni consultive, di indirizzo e coordinamento, nonché compiti di documentazione, rilevazione, monitoraggio e verifica dei risultati scaturenti dall’utilizzo di tecnologie informatiche[10].

Invero, il ruolo dell’AIPA è stato successivamente – in parte – obliterato dall’insediamento di nuove figure istituzionali con compiti assimilabili a quelli ad essa attribuiti; in particolare, con l’introduzione del Ministro per l’Innovazione Tecnologica nel 2001 si è ingenerata una sovrapposizione di competenze che ha progressivamente vanificato la prosecuzione dell’esperienza dell’AIPA, poi soppressa nel 2003 e sostituita, dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA), istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’attuazione delle politiche di e-government, mantenendo tuttavia  l’autonomia tecnica, funzionale, amministrativa, contabile e finanziaria.

È certamente grazie alla venuta ad esistenza di questo ente che prende avvio la nuova era della digitalizzazione degli apparati pubblici in Italia.

In via parallela si è specificato il ruolo del Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica (DIT), destinato a supportare il Ministro per l’Innovazione nell’elaborazione delle strategie di modernizzazione e dei piani di innovazione tecnologica e, successivamente, a seguito dell’avvento del CNIPA, si è operato un rimodellamento anche della Rete Unitaria per la Pubblica Amministrazione attraverso il D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42, con cui sono stati istituiti il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e la Rete Internazionale delle Pubbliche Amministrazioni (RIPA), la cui disciplina confluirà poi nel Codice dell’Amministrazione Digitale, emanato di lì a breve.

Negli anni successivi il quadro è mutato ulteriormente: in seguito alle indicazioni fornite dall’art. 24, L. 69/2009 l’esecutivo, mediante il Decreto Legislativo n. 177 del 2009, ha modificato l’assetto normativo del CNIPA, attribuendogli la nuova denominazione di DigitPA, quale ente pubblico non economico che ha conservato le medesime caratteristiche e funzioni del suo predecessore[11], su cui ha poi inciso il governo Monti che, in un contesto storico di forte crisi economica, ha soppresso DigitPA e l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, trasferendo i rapporti e funzioni facenti capo a tali enti all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID)[12].

Così sinteticamente ricostruito il quadro storico degli interventi riformatori tesi all’informatizzazione della Pubblica Amministrazione susseguitisi a partire dalla L. 241/1990, può affermarsi che è solo nel 2005 che, tuttavia, si perviene ad uno stadio di effettiva progressione, allorché con il D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 viene introdotto il primo Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).

Emanato in seguito alla delega governativa contenuta nella Legge di semplificazione del 2001 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2006, il CAD costituisce un’assoluta novità nel panorama della digitalizzazione in quanto affronta per la prima volta organicamente il tema dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nelle pubbliche amministrazioni, nonché della disciplina dei fondamentali principi giuridici applicabili al documento informatico e alla firma digitale.

Cionondimeno, negli anni successivi alla sua codificazione e in tempi recentissimi, sono intervenute numerose modifiche – oggetto di analisi in prosieguo – che ne hanno ridefinito e specificato la portata.

A livello strutturale, constando di 9 capi, ulteriormente suddivisi in varie sezioni, il CAD esprime la “Costituzione del mondo digitale”. Esso si prefigura l’obiettivo di semplificare e riorganizzare la normativa in materia di informatica nelle amministrazioni pubbliche, attraverso l’introduzione di innovativi strumenti digitali e la predisposizione di mezzi necessari per una pubblica amministrazione più economica ed efficiente.

Di ulteriore rilevanza è l’aver individuato, attraverso la sua positivizzazione, una serie di nuovi diritti dei cittadini e delle imprese nei confronti della P.A., tracciandone il regime giuridico e la relative norme di attuazione.

Volgendo l’analisi alle norme più rilevanti in esso contenute, all’articolo 3 è disciplinato il diritto all’uso delle tecnologie. In esso è stabilito che i cittadini e le imprese hanno diritto di pretendere di sfruttare ed ottenere l’utilizzo delle moderne tecnologie telematiche nelle comunicazioni con tutte le pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le società partecipate da enti pubblici e con prevalente capitale pubblico, i gestori di pubblici servizi e le amministrazioni regionali e locali, anche se l’applicazione del principio dipende dalle risorse organizzative e tecnologiche disponibili[13]; la tutela giurisdizionale inerente alle controversie che riguardano l’esercizio di tale diritto è devoluta dall’art. 133 del Codice del Processo Amministrativo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

All’art. 5 viene riconosciuto il diritto di effettuare qualsiasi pagamento con modalità informatiche, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da normative ad hoc; all’art. 6 è garantito il diritto all’utilizzo della Posta Elettronica Certificata (PEC) per trasmettere in forma telematica comunicazioni, documenti e informazioni che richiedano una ricevuta di consegna ai soggetti interessati che ne fanno espressa richiesta e che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo. Proseguendo in analisi, gli artt. 7 e 8 sanciscono il diritto alla qualità del servizio, alla misura della soddisfazione dell’utenza e il diritto all’alfabetizzazione informatica. Segnatamente, lo Stato e le pubbliche amministrazioni si impegnano a promuovere iniziative atte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini, con speciale attenzione nei confronti delle categorie a rischio di esclusione e dei soggetti minorenni, anche allo scopo di agevolare l’utilizzo dei servizi digitali delle amministrazioni pubbliche e lo sviluppo di competenze di informatica giuridica. All’art. 9 è disciplinato il diritto alla partecipazione democratica elettronica, introducendo il tema dell’e-democracy: a tal fine le pubbliche amministrazioni incentivano ogni forma di uso delle nuove tecnologie onde facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili e migliorare la qualità dei propri atti[14].

Ulteriori norme di rilevante portata sono contenute nella Sezione III del Capo I. In particolare l’articolo 12, in materia di innovazione e digitalizzazione, prescrive l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte delle P.A. al fine di realizzare gli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, garantendo l’accesso alla consultazione, la circolazione e lo scambio di dati e informazioni e l’interoperabilità dei sistemi con l’integrazione dei processi di servizio tra le diverse amministrazioni. Infine, ex art. 15, la riorganizzazione gestionale e strutturale delle pubbliche amministrazioni che contempla l’uso strategico e coordinato dell’ICT è ritenuta necessaria per perseguire quegli obiettivi sopra menzionati e si sostanzia nella razionalizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi.

Come in premessa, il CAD è stato oggetto di plurimi interventi negli anni seguenti la sua entrata in vigore[15]. La prima riforma si è registrata per effetto del D. Lgs. 159/2006; a seguire sono intervenuti il D.L. 185/2008 (convertito in L. 2/2009) e la Legge delega n. 69/2009 eecante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”. Quest’ultima, nel sancire principi e criteri direttivi diretti a controllare e implementare la digitalizzazione amministrativa ha condotto all’approvazione del D. Lgs. n. 235 del 30 dicembre 2010 al fine di adeguare il dettato del Codice al rapido sviluppo che ha riguardato le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La riforma del 2010 ribadisce vecchi e nuovi principi, tra cui i più rimarchevoli sono:

  • l’utilizzo dell’ICT per tutte le attività amministrative basilari, dunque dal lato dei cittadini
  • la possibilità di effettuare pagamenti alla pubblica amministrazione attraverso gli strumenti di pagamento elettronici disponibili;
  • l’arricchimento dei siti istituzionali delle amministrazioni, compreso l’obbligo di pubblicazione on-line di formulari e moduli necessari per chiedere l’avvio di procedimenti amministrativi;
  • l’introduzione della firma elettronica avanzata (su cui ampiamente infra), conforme alla normativa europea, con la quale si può sottoscrivere un documento con piena validità legale, nonché l’implementazione delle funzioni della PEC;
  • la dematerializzazione dei documenti, con l’annesso onere per la P.A. di servirsi delle tecnologie informatiche per la loro stessa formazione originale;
  • il protocollo – per via informatica – di ogni comunicazione inviata mediante PEC tra le pubbliche amministrazioni e tra queste ed i cittadini;
  • la gestione della conservazione dei documenti e del relativo processo da parte di una figura apposita, vale a dire il Responsabile della conservazione.

Successivi interventi, quali il Piano Industriale della P.A. e la Riforma Brunetta n. 150/2009, hanno avviato un processo di modernizzazione foriero di un nuovo impulso per le industrie e per i settori produttivi di beni e servizi; mentre, con il decreto legge n. 5 del 2012 (c.d. Decreto Semplifica Italia) e la legge 190/2012 (legge anticorruzione) si sono ulteriormente prefissati una semplificazione procedimentale anche attraverso la previsione di alcune misure sull’ICT[16].

Premessi siffatti interventi lesgislativi, il provvedimento normativo considerato più rilevante sia per la digitalizzazione che per il processo di semplificazione normativa, è rappresentato dalla Legge 7 agosto 2015 n. 124 (c.d. Legge Madìa) e successivi decreti attuativi, giunti ad approvazione nel febbraio 2017. Fra essi, per quel che rileva in tema di digitalizzazione, rilevano il Decreto Legislativo n. 97 del 2016, incidente sul Testo Unico n. 33/2013 e il Decreto Legislativo n. 179/2016, che costruisce il più radicale intervento di modifica e integrazione del Codice dell’Amministrazione Digitale.

Tre le linee direttrici su cui si sviluppano le misure introdotte dalla L. 124 del 2015 in materia di digitalizzazione: esse operano una concentrazione degli strumenti; esaltano i servizi per i cittadini agli occhi del legislatore; connettono sul piano normativo gli strumenti idonei a far dialogare la digitalizzazione e la trasparenza[17].

Più specificamente, la legge delega mira alla realizzazione di diverse macro-aree, individuate nella razionalizzazione normativa, nel rapporto con la Pubblica Amministrazione e nella ridefinizione delle funzioni, delle infrastrutture, dell’apertura, della governance istituzionale e dell’attuazione dei diritti.

Muovendo dal presupposto che i cittadini vedono riconoscersi il diritto ad aspettarsi dalle pubbliche amministrazioni un livello minimo di accessibilità, alfabetizzazione digitale e partecipazione ai processi decisionali tramite modalità telematiche, viene istituito il principio del “digital by default” (c.d.“digital first”), in base al quale l’erogazione digitale deve prevalere sulle modalità tradizionali. Sicché, nel solco già tracciato dalla L. Madia, attraverso il recentissimo D.L. “Semplificazioni” (D.L. 76/2020), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.178 del 16 luglio 2020 il decreto legge n.76/2020, si costituisce un intervento organico volto alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all’eliminazione e alla velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all’economia verde e all’attività di impresa.

Attraverso le disposizioni di nuovo conio si incide anche su diverse norme del Codice dell’Amministrazione digitale al fine di favorire la diffusione di servizi pubblici in rete, agevolarne e semplificarne l’accesso da parte di cittadini e imprese, oltre che a semplificare le procedure e migliorarne l’efficienza.

Proprio al fine di semplificare e favorire l’accesso ai servizi in rete della pubblica amministrazione da parte di cittadini e imprese e l’effettivo esercizio del diritto all’uso delle tecnologie digitali, l’art. 24 del D.L. n. 76/2020 ha apportato diverse modifiche agli artt. 3-bis, 6-bis, 6-quater, 64, 64-bis, 65 del CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. n. 82/2005).

Tra le più rilevanti previsioni di nuovo conio si riporta il notevole ampliamento dell’ambito di applicazione del domicilio digitale[18], tendenza già avviata con la precedente riforma del 2017, e del punto di accesso telematico di cui all’art. 64-bis del CAD, ove si richiede agli enti pubblici di rendere fruibili i propri servizi in rete tramite applicazione su dispositivi mobili anche attraverso il suddetto punto di accesso, salvo impedimenti di natura tecnologica, entro il 28 febbraio 2021.

Il decreto incentiva, quindi, al massimo l’utilizzo di strumenti come lo SPID e la stessa carta d’identità elettronica facilitando anche le procedure di rinnovo di quest’ultima[19]. L’art. 25 del Decreto Legge semplifica le procedure di conservazione dei documenti informatici introducendo rilevanti modifiche agli artt. 14-bis, 29, 30, 32-bis, 34, 44 del CAD, tra cui la precisazione che ai fini della qualificazione, i soggetti che intendono fornire servizi fiduciari qualificati o svolgere l’attività di gestore di posta elettronica certificata devono possedere i requisiti di cui all’articolo 24 del Regolamento (UE) 23 luglio 2014, n. 910/2014, disporre di requisiti di onorabilità, affidabilità, tecnologici e organizzativi compatibili con la disciplina europea, nonché di garanzie assicurative adeguate rispetto all’attività svolta.

E ancora, l’art. 26 del D.L. Semplificazioni introduce la piattaforma digitale unica per le notifiche di atti e provvedimenti della P.A. a cittadini e imprese, sostituendo la raccomandata cartacea con una comunicazione digitale, con conseguente semplificazione per l’attività dell’amministrazione; l’art. 27 D.L. cit. prevede inoltre misure per la semplificazione e la diffusione della firma elettronica avanzata e dell’identità digitale per l’accesso ai servizi bancari.

Viene altresì previsto l’obbligo per Pubblica Amministrazione di sviluppare i propri sistemi con modalità idonee a consentire l’accesso da remoto ai dipendenti, nel rispetto dello Statuto dei lavoratori e delle disposizioni di sicurezza delle reti e dei dati.

Infine, si prevede il codice di condotta tecnologica che disciplina le modalità di progettazione, sviluppo e implementazione dei progetti, sistemi e servizi digitali delle amministrazioni pubbliche, nel rispetto della disciplina in materia di perimetro nazionale di sicurezza cibernetica[20], nonché misure di semplificazione per la gestione, lo sviluppo e il funzionamento della piattaforma digitale nazionale dati, attraverso cui vengono resi immediatamente interrogabili, disponibili e fruibili alla Pubblica Amministrazione i dati pubblici e conoscibili[21].

Dal quadro normativo testé ricostruito sembra dunque potersi concludere affermando che la riforma del codice dell’amministrazione digitale, promossa dalla legge Madia e proseguita dal D.L. Semplificazioni, costituisca un’autentica accelerazione verso l’accentuazione dei poteri di indirizzo e coordinamento tecnico a livello centrale e, parimenti, verso la realizzazione di un modello di amministrazione provvista di una struttura organizzativa più snella ed efficace, dai connotati omogenei – giacché validi su tutto il territorio nazionale – in funzione della implementazione delle nuove tecnologie.

In definitiva, da un “modello tecnologico policentrico, federato e non gerarchico”[22] si giunge ad un modello in cui centrale rilievo è assunto dal ruolo di coordinamento centrale rispetto alla autonomia organizzativa delle singole amministrazioni.

Se, come osservato da autorevole dottrina, il fenomeno certamente costituisce un limite all’autonomia operativa e gestionale delle amministrazioni, si tratta quantunque di un limite che sarebbe irragionevole impedire, atteso che è necessario ad assicurare la funzionalità sistemica[23].

3. Gli effetti della digitalizzazione sui principi e sugli istituti del procedimento amministrativo.

Sul precipuo versante dell’attività amministrativa procedimentale i processi di digitalizzazione avviati hanno prodotto un’incidenza significativa, comportando una inevitabile e non più procrastinabile semplificazione e standardizzazione dei procedimenti, come risposta alla necessità di garantire l’interoperabilità e la cooperazione applicativa del Sistema Pubblico di Connettività (SPC), che lo stesso CAD, come riformato dal d.lgs. n. 179/2016, prevede all’art. 1, lett. dd) ed ee)[24].

Ne è conseguita una profonda riorganizzazione dei sistemi di lavoro e dei processi organizzativi al fine di attuare concretamente le innovative disposizioni del codice dell’amministrazione digitale e di conciliare i tempi e i modi dell’agire amministrativo con l’integrazione informatica.

Non si tratta quindi, come è evidente, solo di rimodulare la “forma” del procedimento amministrativo, ma anche di ripensare concretamente la realtà organizzativa in cui esso si cala[25].

Nel deliberato intento di perseguire tali obiettivi, il CAD è stato suddiviso in relazione alla sequenza tipica del procedimento amministrativo, attraverso la disciplina delle modalità di realizzazione del documento informatico, di firma, di protocollo, di archiviazione e di trasmissione, di modo da coordinare l’informatizzazione delle singole fasi entro un unico procedimento.

Un primo versante in relazione al quale le ICT determinano una nuova incidenza sugli istituti procedimentali, nei rapporti intercorrenti tra cittadino ed amministrazione, attiene all’istituto della partecipazione ai processi decisionali.

Giova precisare che non si verte sull’istituto tradizionale della partecipazione procedimentale ex lege n. 241/1990 in base a cui l’amministrazione si rappresenta fatti che “ha l’obbligo di prendere in considerazione” onde pervenire ad una decisione, trasfusa in un provvedimento o in un accordo, quanto piuttosto sul coinvolgimento del cittadino nel processo assuntivo di decisioni pubbliche in relazione all’adozione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e programmazione (materie notoriamente escluse ex art. 13 dall’applicazione del capo III della l. n. 241/1990).

Per tal via, la partecipazione pubblica assolverebbe finalità di ulteriore rafforzamento dell’istruttoria, di legittimazione della decisione e di prevenzione del contenzioso[26], sebbene non si sia assentato chi, criticamente, ha rilevato una possibile alterazione dell’equilibrio tra autorità, giustizia e democraticità delle decisioni pubbliche.

A ben vedere, però, non trattasi di assolute novità, giacché l’ordinamento già prevede in settori specifici il ricorso alla consultazione pubblica: il riferimento è agli atti di natura regolamentare o a contenuto generale delle Authorities[27], o a procedimenti volti all’assunzione di talune decisioni in materia ambientale.

Del resto, il principio di trasparenza dell’attività amministrativa è funzionale e strumentale anche alla partecipazione degli interessati e alla promozione di “forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (Art. 1, comma 1, d.lgs. n. 33/2013, come modificato dall’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 97/2016).

In attuazione di tale principio, l’art. 9 del Codice dell’amministrazione digitale attribuisce alle amministrazioni il compito di favorire l’uso delle nuove tecnologie per migliorare la qualità dei propri atti e promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini al processo democratico anche attraverso l’utilizzo, “ove previsto”, di forme di consultazione preventiva per via telematica sugli schemi di atto da adottare.

Il CAD, tuttavia, non detta specificazioni in ordine alla portata da attribuire alla consultazione nei singoli procedimenti, né fissa alcun criterio per consentire ai soggetti pubblici di “pesare” gli esiti della partecipazione degli interessati (in relazione, ad esempio, alla competenza scientifica e tecnica o alla rappresentatività di interessi di particolari gruppi o categorie).

Entro tale rinnovata disciplina del procedimento amministrativo, l’art. 3-bis della legge n. 241/1990 incentiva l’uso della telematica nei rapporti interni tra amministrazioni e tra queste e i privati al fine di conseguire una maggiore efficienza dell’attività amministrativa[28].

Lo stesso osservato art. 12 del CAD impone alle amministrazioni di organizzare autonomamente la propria attività facendo ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di “efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione”.

Ne consegue che l’uso delle tecnologie incide significativamente su numerosi istituti e refluisce sull’organizzazione e sull’attività amministrativa, nonché conseguentemente, sulla decisione, rivoluzionando gli assetti primari del rapporto intercorrente tra libertà e autorità.

Allorché tra amministrazione e cittadino si instauri un rapporto “di cittadinanza digitale”, si cristalizza l’obbligo per i pubblici poteri di rendere effettivo il diritto d’accesso alla rete quale presupposto per l’esercizio di ulteriori diritti e per la realizzazione dei principi di buon andamento ed imparzialità di un’amministrazione digitale. Di talché, i diritti di cittadinanza digitale possono essere esercitati solo se la connessione offerta è sufficientemente ampia e veloce da permettere il funzionamento delle applicazioni e delle piattaforme fornite dall’amministrazione.

Va altresì rilevato che l’esito del procedimento può anche essere espresso ab esterno attraverso un nuovo tipo documentale, quale il documento informatico, il cui valore probatorio e il soddisfacimento del requisito della forma scritta sono liberamente valutabili in giudizio in relazione alle caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità (art. 20 CAD).

Financo la fase integrativa dell’efficacia vede le nuove tecnologie assumere un ruolo in ordine alle modalità di comunicazione[29] e non si assentano punti di contatto con le deleghe attuative della legge Madia in relazione alle modifiche al regime della SCIA (il riferimento è alla previsione della presentazione presso un unico ufficio, anche in via telematica, di un unico modulo valido in tutto il Paese, alla indicazione del domicilio digitale da parte degli istanti, alla pubblicazione dei moduli sui siti istituzionali[30], e alla previsione del rilascio anche in via telematica della ricevuta di presentazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni di cui al nuovo art. 18 bis della l. 241/90)[31] nonché alla previsione della conferenza di servizi telematica[32]. In tale innovativo agire procedimentale, la stessa conferenza di servizi asincrona assurta a regola dell’agere amministrativo, in modalità telematica, si impone quale importante ausilio alla riduzione dei tempi dell’azione amministrava e alla instaurazione di un confronto virtuale tra le varie amministrazioni coinvolte.

Per tutto quanto detto, tutti gli istituti che reggono la sequenza procedimentale, dalla fase della iniziativa, allo svolgimento dell’istruttoria, alla partecipazione, alla forma dell’atto, agli adempimenti necessari per la piena efficacia dello stesso, lo svolgimento della funzione amministrativa risultano profondamente conformati all’avvento delle ICT.

 

 

4. L’instaurazione e la gestione telematica del rapporto procedimentale.

Il quadro normativo attualmente vigente relativo all’uso delle tecnologie ICT nell’azione amministrativa consente dunque di scansione le fasi procedimentali[33].

Le categorie di atti attraverso le quali ha inizio la prima fase del procedimento, denominata fase di iniziativa, sono tradizionalmente individuate nell’istanza, nella denuncia e nell’attivazione d’ufficio.

In detta primaria fase l’invio dell’istanza esprime un nuovo aspetto delle comunicazioni tra cittadino e pubblica amministrazione effettuate per via telematica.

Ai sensi dell’articolo 57, comma 1, del CAD, al fine di consentire agli utenti di definire con l’uso delle tecnologie anche il contenuto dell’istanza, le pubbliche amministrazioni provvedono a definire e a rendere disponibili, anche per via telematica, l’elenco della documentazione richiesta per i singoli procedimenti, i moduli e i formulari validi ad ogni effetto di legge[34].

L’articolo 57, comma 1, del codice dal 1° gennaio 2008 prevede, altresì, che i moduli o i formulari che non siano stati pubblicati sul sito non possano essere richiesti ed i relativi procedimenti possano essere conclusi anche in assenza dei suddetti moduli o formulari, con la conseguenza che la messa a disposizione dei moduli e dei formulari non esprime soltanto valore meramente cognitivo ma attribuisce alla pubblicazione sul sito un vero e proprio valore costitutivo.

Le stesse informazioni che il cittadino è tenuto a fornire affinché l’istanza possa essere ricevuta e correttamente gestita dalla P.A. ricevente incidono sulla determinazione del contenuto delle istanze. A tal fine, l’articolo 43, comma 1, del testo unico della documentazione amministrativa[35] preclude alle pubbliche amministrazioni di richiedere al cittadino atti o certificati relativi a dati che siano già in loro possesso o che possano essere autocertificati dal cittadino istante, dovendo acquisire tale informazione d’ufficio dall’amministrazione titolare dell’informazione medesima, sicché l’interessato dovrà fornire gli elementi necessari e tali da consentire all’amministrazione di acquisire tutte le informazioni strumentali al completamento del procedimento.

Tale previsione, oltre a costituire una semplificazione per le attività svolte dal cittadino, avvantaggia anche l’amministrazione, ponendo un argine alle possibilità di incorrere in errori nelle informazioni fornite, poiché saranno i sistemi informativi stessi a fornire all’amministrazione titolare del procedimento le informazioni corrette.

Ultimata la predisposizione degli atti e dei documenti necessari, l’istanza o la dichiarazione possono essere trasmesse all’amministrazione anche per via telematica.

Ai sensi dell’articolo 65 del CAD, requisiti di validità delle istanze e delle dichiarazioni inviate per via telematica sono:

  • la sottoscrizione con firma digitale;
  • l’identificazione dell’autore con la carta d’identità elettronica o con la carta nazionale dei servizi;
  • l’identificazione dell’autore con altri strumenti quali ad esempio PIN e Password, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione.

Alle riferite semplificazioni della fase dell’iniziativa si contrappone la complessità della fase istruttoria deputata, come noto, all’acquisizione degli elementi necessari per la valutazione e la ponderazione degli interessi.

Con riguardo al procedimento supportato delle tecnologie informatiche e telematiche[36], nella fase dell’istruttoria si acquisiscono le informazioni e gli elementi utili alla valutazione e al contemperamento degli interessi in gioco, ai fini dell’adozione dell’atto conclusivo del procedimento. L’uso delle tecnologie consente dunque all’amministrazione procedente di accedere alle banche dati delle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento (art. 50) e di utilizzare il dato anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un’altra amministrazione (articolo 1, comma 1, lettera t e art. 58).

Da tali previsioni s’inferisce plasticamente che l’uso della digitalizzazione impone, anche a livello tecnico, il ricorso a moduli procedimentali standardizzati tra amministrazioni, onde garantire l’interconnessione e l’interoperabilità dei sistemi, configurando un vero e proprio coordinamento funzionale.

Diversa portata applicativa assume il procedimento amministrativo svolto mediante l’utilizzo di applicativi informatici. In esso, gli strumenti tecnologici in possesso delle pubbliche amministrazioni consentono il dialogo diretto tra i sistemi informativi, finalizzato ad acquisire i dati, elaborarli e trasformarli in una decisione amministrativa[37].

Il dialogo tra le macchine per l’acquisizione delle informazioni necessarie è realizzato attraverso la previsione di cui all’ articolo 50 del d.p.r. n. 445 del 2000, a mente del quale i dati di cui dispone ciascuna amministrazione sono raccolti, conservati e resi disponibili in modo che le altre amministrazioni, ed i privati quando consentito, possano fruire e riutilizzare i dati medesimi. A tal fine, il dato di cui è titolare una pubblica amministrazione può essere utilizzato da altre amministrazioni allorché la sua acquisizione risulti funzionale al procedimento indetto dall’amministrazione richiedente (art. 50, comma 2, CAD) e nei limiti delle necessità derivanti da ciascun procedimento.

Acquisiti i dati necessari per lo svolgimento del procedimento, le attività che scandiscono i momenti successivi si declinano in attività di verificazione e di elaborazione dei fatti. L’attività di verificazione mira all’accertamento dei fatti costituenti il presupposto del provvedimento; l’attività di elaborazione, ex adverso, non si arresta ad un riscontro oggettivo fattuale, bensì realizza delicate operazioni intellettive e di ponderazione degli interessi in gioco per l’adozione dell’atto finale[38].

Dato significativo alla conclusione dell’iter è dato dalle informazioni necessarie per lo sviluppo del programma informatico, la cui natura andrebbe ricondotta, a livello giuridico, a quella di atto generale legittimato da regole tecniche.

Dette informazioni rappresentano il contenuto di un vero e proprio atto amministrativo nel quale sono previste diverse e plurime soluzioni in relazione alle molteplici informazioni acquisiste e, in relazione alle quali, sussiste una vasta gamma di ipotesi predefinite, ossia diverse opzioni di scelta previste nell’iter normativamente definito.

L’attività procedimentale amministrativa si sostanzia, dunque, in una sequenza ordinata e composita di operazioni logiche, in cui la fase della elaborazione del dato esprime la vincolatività o la discrezionalità che la connota.

La realizzazione del programma dovrà avere quindi come indicatore l’applicazione del principio della legittimità amministrativa, da intendere come corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, consentendo l’elaborazione dei dati acquisiti (input) in modo da generare atti amministrativi (output) conformi alle possibili soluzioni previste dalla normativa. A tal fine assume rilievo il binomio vincolatività/discrezionalità: allorché l’atto sia a natura vincolata non vi sono ostacoli a che l’emanazione dell’atto stesso sia automatizzata con l’ausilio dell’elaboratore elettronico[39]. La programmazione del calcolatore dovrà avvenire determinando le istruzioni relative alla sussistenza o alla insussistenza di tutti gli elementi previsti per l’adozione dell’atto richiesto con la conseguente adozione o diniego dell’atto medesimo.

Cionondimeno, non va obliterato che dinnanzi all’esercizio di poteri vincolati, talvolta possono permanere margini di apprezzamento opinabile in relazione alla verifica del presupposto di fatto quand’esso non sia inequivoco.

Maggiori criticità, in relazione all’informatizzazione del procedimento, sono riscontrabili nell’esercizio del potere funzionale pubblicistico connotato da discrezionalità pura. La possibilità di informatizzare un procedimento amministrativo discrezionale va analizzata alla luce di alcuni parametri, tra cui quelli in forza dei quali, da un lato, l’automazione procedimentale non deve produrre l’eliminazione della discrezionalità; dall’altro, essa può esercitarsi in funzione di categorie attizie o ipotesi provvedimentali dai contenuti preventivamente determinati, in ossequio al principio di tipicità e nominatività degli atti.

Ne consegue che solo ove le forme di scelta dell’amministrazione siano scomponibili in istruzioni dal contenuto elementare e omogeneo è possibile discorrere di “esercizio automatizzato della discrezionalità”.

Del resto, l’inserimento di provvedimenti automatizzati entro un contesto normativo in cui si tende sempre più alla limitazione della discrezionalità dell’amministrazione[40], la cui aspirazione è l’ottenimento di provvedimento a contenuto predeterminabile, genera il rischio dell’imposizione di logiche semplificatorie all’amministrazione decidente laddove il caso concreto esprima una realtà complessa che richiederebbe, di volta in volta, risposte adeguate e elaborate in relazione alla specifica situazione concreta.

L’informatizzazione potrebbe ipotizzarsi, al più, per quegli atti c.d. “a basso tasso di discrezionalità”, giacché sarebbe verosimile la previsione di una limitata serie di passaggi tra la gamma ristretta e predefinita di antecedenti e tutte le soluzioni alternative possibili ad essi ricollegabili. Si pensi agli atti a discrezionalità c.d. “negativa” per cui opererebbe il metodo condizionale, secondo cui, per mezzo di una valutazione condotta a monte delle soluzioni alternative scaturibili in termini condizionali, è ipotizzabile che la ricorrenza di certi presupposti positivi valga ad escludere o a prevalere su quelli negativi, rendendo così praticabile una soluzione finale certa[41].

D’altro canto, l’informatizzazione potrebbe costituire un’utile alternativa in tutti i casi di silenzio assenso o di SCIA, giacché il privato disporrebbe di un titolo da esibire a terzi e all’amministrazione, soddisfacendo altresì esigenze di certezza giuridica che in casi simili a quelli in parola spesso vengono frustrate[42].

Per mezzo delle tecnologie della cooperazione applicativa è dunque effettuabile una valutazione comparata tra casi simili, nonché la verificazione della rispondenza di dati ad un modello predefinito come idoneo, coniugando il benchmarking con la discrezionalità amministrativa, nonché realizzare i benchmarking utili per la valutazione dell’azione amministrativa. Per tali ragioni, il sistema di gestione dei procedimenti dovrà alimentare il processo di gestione delle singole procedure, in modo da evidenziare disfunzionalità, permettendo un intervento preciso, mirato e puntuale così da prevenire ed evitare eventuali conflitti di interesse tra le stesse procedure o tra più amministrazioni interessate[43].

 

 

5. Gli effetti della violazione delle norme sulla digitalizzazione: l’illegittimità dellatto amministrativo adottato con un procedimento digitalizzato. Profili di responsabilità della pubblica amministrazione

Come si è avuto a osservare, il complessivo quadro del rapporto tra amministrazione e il cittadino, profondamente inciso dallo spirito riformatore registrato negli anni, indica come la “sostanza digitale” si erga a promotore di un rinnovato patto tra singolo e poteri pubblici.

È pertanto d’uopo interrogarsi sugli effetti giuridici che scaturiscono dalla violazione delle norme sulla digitalizzazione, nonché sugli strumenti adottabili per scongiurare che le nuove tecnologie incidano oltremodo sull’autonomia e sulla discrezionalità della amministrazione frustrandone la sua primordiale e immanente missione della cura dell’interesse pubblico.

Come predetto, è di assoluta rilevanza il ruolo svolto dal software volto a tradurre in algoritmo il dettato della legge o la scelta sottesa alla decisione amministrativa.

È chiaro però che tali programmi non troveranno applicazione ai casi di “concetti giuridici indeterminati” o in fattispecie non omogenee; sicché occorre un ripensamento delle categorie della illegittimità tenendo conto dell’incidenza delle tecnologie sul procedimento[44].

Potranno senz’altro ascriversi all’illegittimità provvedimentale le scelte compiute a monte dall’amministrazione nell’elaborazione dei software, ovvero le varie ipotesi di malfunzionamento del sistema.

Sotto altro versante, l’esame della categoria giuridica della patologia va condotto anche in relazione ai provvedimenti adottati all’esito di procedimenti avviati e condotti mediante modalità telematiche, ancorché non qualificabili come “provvedimenti automatizzati” strictu senso, poiché materialmente adottati dal pubblico funzionario.

È di tutta evidenza che i tradizionali vizi di legittimità, e in particolare le tradizioni figure sintomatiche dell’eccesso di potere meritano un ripensamento in relazione alla digitalizzazione del procedimento. Segnatamente, la figura sintomatica dell’eccesso di potere si colora di un diverso contenuto allorché la sequenza procedimentale è predefinita nell’applicativo informatico, spingendosi oltre il dettato dell’articolo 21-octies della legge n. 241 del 1990, laddove la definizione degli aspetti relativi alla forma ed all’ordine procedimentale incontrano un primo e significativo controllo nell’elaborazione del programma[45].

Il vizio nella conduzione della fase istruttoria, l’errore o il travisamento dei fatti potrà configurarsi in relazione al comprovato malfunzionamento del sistema di interoperabilità delle banche dati o per inadeguatezza tecnica o incompletezza (vizio dell’input): sotto questo aspetto, è orientamento ormai costante nella giurisprudenza che il malfunzionamento della macchina potrà essere valutato come elemento viziante del provvedimento solo se esso avrà influito sul risultato finale[46].

Del pari, difficoltà tecniche legate alle comunicazioni telematiche potranno costituire motivo di illegittimità per lesione della partecipazione procedimentale dei soggetti legittimati a interloquire con l’amministrazione, e ancora la mancata o erronea messa a disposizione delle istruzioni per la presentazione telematica di istanze potranno essere dedotte come vizi del provvedimento.

Potranno altresì refluire sulla legittimità del provvedimento finale, fianco determinando profili di responsabilità della P.A., le difficoltà riscontrate dal privato nell’avvio del procedimento a causa dell’impossibilità oggettiva di compiere correttamente la procedura automatizzata. Del resto, la finalità primaria dell’interazione con l’utenza, pilastro portante dell’Open Government o Digital Government, si persegue parallelamente allo sviluppo della qualità dei servizi e alla soddisfazione dell’utenza.

A tale scopo, il CAD prevede all’art. 7 che si provveda ad una periodica “riorganizzazione e all’aggiornamento dei servizi resi, sulla base di una preventiva analisi delle reali esigenze” degli utenti e del grado di soddisfazione da essi espresso, nonché ad un periodico aggiornamento degli standard di qualità, intesa anche in termini di fruibilità, accessibilità e tempestività del servizio[47].

È conseguente la previsione per cui, in caso di violazione degli obblighi testé citati, gli interessati possano adire le vie giudiziarie anche mediante il ricorso allo strumento della class action pubblica di cui al decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198 che, come noto, ha finalità giammai risarcitoria ma solo ripristinatoria dell’efficienza del servizio negativamente inciso dall’atto o dal comportamento pubblico. Di conseguenza, a seguito del positivo esperimento della class action pubblica promossa dall’utenza, l’Autorità Giudiziaria adita potrà adottare provvedimenti di condanna ad hoc nei confronti della Pubblica Amministrazione che, violando le norme previste per l’erogazione dei servizi all’utenza e determinando un detrimento nelle condizioni di fruibilità collettive, sarà obbligata al ripristino dell’efficienza del servizio.

Tuttavia, le ipotesi astrattamente idonee a configurare l’illegittimità provvedimentale de qua non sono aprioristicamente individuabili, giacché numerose. Può dunque affermarsi che si pone in termini generali un problema valutativo di legittimità del provvedimento, del mancato rispetto delle regole tecniche e delle procedure di standardizzazione applicate dalle amministrazioni. Ne consegue che laddove i provvedimenti siano totalmente automatizzati potrà censurarsi la correttezza del software rispetto al parametro legale di cui fa attuazione, nonché le sue modalità di elaborazione. Per tali ragioni, il programma dovrà essere intellegibile all’utente, in quanto il destinatario dell’attività autoritativa dematerializzata deve poter comprendere la logica che ha condotto l’amministrazione a formulare le proprie determinazioni in sede di programmazione.

Se, infatti, da un lato, l’esclusione dell’intervento umano per operazioni meramente ripetitive e prive di discrezionalità, evita interferenze dovute a negligenza o dolo del funzionario e presidia a una maggiore imparzialità della decisione automatizzata, dall’altro, la digitalizzazione deve conformarsi ai principi fondamentali che governano l’attività amministrativa[48] e, come tali, da applicarsi alla regola tecnica seguita dall’algoritmo automatizzato.

In tema, secondo il principio elaborato dal Consiglio di Stato in un orientamento opposto e contrario al Tar Lazio[49], le procedure amministrative informatiche, nonostante il loro maggior grado di precisione, non possono mai soppiantare l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere. Detto altrimenti, l’algoritmo “delegato” alla decisione amministrativa deve essere pienamente conoscibile, e quindi sindacabile dal giudice amministrativo.

Ne discende che la formula tecnica espressiva dell’algoritmo deve essere corredata da motivazioni che la traducano nella “regola giuridica” ad essa sottesa e che la rendano intellegibile sia per i cittadini che per l’Autorità Giudiziaria.

La suddetta esigenza risponde infatti all’indefettibile necessità sindacatoria del potere esercitato, quale corollario del diritto di difesa del cittadino (art. 24 Cost.), al quale non può essere precluso di conoscere le modalità, ancorché automatizzate, con le quali è stata assunta una decisione destinata a incidere sulla sua sfera giuridica[50].

In difetto di trasparenza e conoscibilità dell’algoritmo la procedura informatizzata è illegittima e il provvedimento finale da annullare. Cionondimeno, la varietà dei vizi configurabili rende la sanzione dell’annullabilità da soppesare, potendosi anche riscontrare mere irregolarità o financo fare applicazione dell’art. 21-octies l. 241/90.

In definitiva, i vizi che possono affettare l’atto amministrativo informatico possono essere propri del provvedimento stesso, ovvero derivare dal cattivo funzionamento degli impianti elettronici, o ancora da errori derivanti dall’input dei dati nel computer (nella fase dell’imprinting), che finiscono per incidere sull’atto finale, determinando l’incompletezza e l’inesattezza dell’atto informatico vero e proprio[51].

In tal senso ragionando si perviene a ritenere che i rimedi ai prefati vizi si modulino su quelli generalmente previsti per gli atti amministrativi. Di conseguenza, mentre gli errori della macchina vengono eliminati o emendati attraverso la procedura di rettifica, ove si tratti di vizi di legittimità connotati da gravità e ineliminabilità, non può che ipotizzarsi la sanzione della annullabilità; ex adverso, la più lieve entità del vizio consente di ritenere che potranno trovare applicazione gli strumenti conservativi, della riforma, della convalida, della rinnovazione, nonché il regime dei vizi non invalidanti ex art. 21-octies l. 241/90.

Vi è poi da chiedersi se, in un panorama ancora costellato da plurime incertezze giuridiche, il mancato rispetto dell’obbligo di gestione del procedimento e di adozione del provvedimento in via telematica, come prescritto dall’art. 3 CAD, possa tradursi in illegittimità dell’atto per mancanza della forma elettronica, ovvero se tali profili di illegittimità non possano profilarsi anche in ordine alle forme di comunicazione, laddove l’amministrazione, in luogo dell’invio dell’atto al domicilio digitale lo invii in forma cartacea; e ancora, se in questi casi l’atto possa ritenersi inidoneo a produrre effetti in quanto non comunicato al domicilio digitale.

È invece pacifico che avverso l’adozione degli atti amministrativi informatici illegittimi sia ammesso il ricorso all’azione per il risarcimento del danno, seppur permanga il problema della individuazione dei soggetti responsabili del danno ingiusto cagionato ai destinatari.

La complessità che caratterizza il procedimento di emanazione dell’atto, nonché la significativa partecipazione ad esso, non consentirebbe infatti di risolvere in termini piani il problema della sua imputabilità, fermo restando la possibilità di convenire in giudizio l’Amministrazione da cui promana ed a cui è imputabile l’atto informatico finale, secondo il regime responsabilistico previsto dall’articolo 28 della Costituzione.

6. Conclusioni

Alla luce dell’operazione analitica condotta attraverso il presente contributo si ritiene di poter addivenire alla considerazione assiologica per cui sono indiscutibili i vantaggi derivanti dall’automazione del processo decisionale dell’amministrazione mediante l’utilizzo di una procedura informatizzata e digitale attraverso un “algoritmo”, ovvero di una sequenza ordinata di operazioni di calcolo, che in via informatica, nel tempo, e grazie ai massicci interventi normativi, si è sempre più resa in grado di valutare e graduare una moltitudine di domande.

Basti in tal senso pensare all’utilità di tale modalità operativo-gestionale dell’interesse pubblico, specie con riferimento a procedure seriali o standardizzate, implicanti l’elaborazione di ingenti quantità di istanze e caratterizzate dall’acquisizione di dati certi ed oggettivamente comprovabili in cui difetta ogni apprezzamento discrezionale.

Tale assunto si conforma ai canoni di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa (art. 1 l. 241/90), i quali, secondo il principio costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), impongono all’amministrazione il conseguimento dei propri fini con il minor dispendio di mezzi e risorse, attraverso lo snellimento e l’accelerazione dell’iter procedimentale. A ciò si aggiunga che l’assenza dell’intervento umano in un’attività di mera classificazione automatizzata di molteplici istanze, secondo regole predeterminate – ancorché elaborate dall’uomo – e l’affidamento di tale attività a un efficiente elaboratore elettronico appaiono come doverose declinazioni dell’art. 97 Cost. coerenti con l’attuale evoluzione tecnologica.

Cionondimeno, non può obliterarsi che un algoritmo, quantunque preimpostato, non possa sempre assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 241/90 hanno apprestato al privato.

Per tali motivi gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso e di relazione del privato con i pubblici poteri non possono mai imporsi sino a vulnerare l’indefettibile canone di trasparenza e di partecipazione procedimentale, nonché l’obbligo di motivazione delle decisioni amministrative, in quanto ciò si risolverebbe in una inammissibile frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost., diritto che risulterebbe inevitabilmente compromesso tutte le volte in cui l’assenza della motivazione non permetta all’interessato prima e, successivamente, su impulso di questi, al Giudice, di percepire l’iter logico-giuridico condotto dall’amministrazione per giungere ad un determinato approdo provvedimentale.

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Il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione ha avuto di recente una brusca accelera­zione a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Dopo una prima fase di digitalizzazione forzata di alcune attività amministrative – che si è resa necessaria in seguito all’adozione da parte del Governo italiano di misure di contenimento della pandemia – nel corso dei mesi è emersa con evidenza l’esigenza di giungere, in prospettiva futura, alla conclusione del percorso di trasformazione digitale avviato oltre quindici anni fa ma ancora, in larga parte, incompiuto. Il Decreto Legge “Semplificazioni” (D.l. n. 76/2020) contiene alcune disposizioni molto rilevanti in mate­ria di digitalizzazione dell’attività amministrativa: si tratta di uno dei provvedimenti normativi più importan­ti degli ultimi anni. La parola chiave è “switch off”, cioè “spegnere”, ovvero abbandonare le modalità di lavoro ed erogazione dei servizi diverse da quelle indicate dal Legislatore. Dopo una lunga convivenza forzata con la carta, la mo­dalità digitale diventa (obbligatoriamente) l’unica modalità di gestione dei procedimenti amministrativi e di erogazione di servizi pubblici a cittadini e imprese. Due le novità rispetto al passato. Da un lato il termine assai breve dato alle amministrazioni per organiz­zarsi e una scadenza ravvicinatissima: il 28 febbraio 2021. Dall’altro, l’obbligo di ricorrere a soluzioni, siste­mi e piattaforme unici per tutte le amministrazioni (SPID, CIE, pagoPA, appIO). Il segnale è chiaro: non ci sono più scuse per rimandare la trasformazione digitale che diventa, quindi, una vera e propria urgenza per tutte le amministrazioni. La presente analisi si propone di mettere in fila le prossime scadenze per provare a stimolare un approc­cio alla trasformazione digitale in cui i singoli adempimenti, non più trattati come monadi, siano considera­ti, in una prospettiva unitaria, come una parte di una strategia complessiva. La scelta di realizzare una guida agli switch off trova ragion d’essere proprio nella necessità per le ammi­nistrazioni di avere, alla luce dei recenti interventi legislativi, un quadro sistematico e aggiornato delle nor­me vigenti. Questo testo – almeno nelle intenzioni e anche attraverso il tono discorsivo dell’esposizione – vuole es­sere utile non solo alle amministrazioni, ma anche ai loro fornitori e consulenti che vogliano approfondire in modo agevole le attività da porre in essere per concludere il processo di trasformazione digitale. La trattazione, che non ha pretesa di esaustività, mira a fornire una sintetica ma puntuale guida alle prin­cipali scadenze che vengono analizzate criticamente con l’indicazione di tutte le risorse utili per un ulterio­re approfondimento. Siamo sempre più convinti, infatti, che la crescente complessità delle regole dell’amministrazione digita­le sia una delle ragioni della loro scarsa attuazione. Il primo capitolo è dedicato all’introduzione alla normativa e alla strategia nazionale sulla trasformazio­ne digitale. Il secondo capitolo contiene una ricostruzione complessiva degli obblighi in capo alle amministrazioni e dei diritti digitali di cittadini e imprese. Il terzo capitolo approfondisce gli switch off del 28 febbraio 2021 e le attività da effettuare entro tale data. Il quarto capitolo, infine, ricostruisce le sanzioni e le responsabilità per gli Enti che non ottemperano al dettato normativo. L’obiettivo, ambizioso, è quello di aiutare le amministrazioni in questo delicato passaggio, fondamentale per renderle sempre meno distanti dai cittadini e sempre più orientate al servizio della comunità.    Ernesto BelisarioAvvocato cassazionista, è specializzato in diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione. Si occupa da anni di diritto delle tecnologie e innovazione nel settore pubblico, assistendo imprese e pubbliche amministrazioni in questioni relative al diritto delle tecnologie e del diritto amministrativo in ambito stragiudiziale e giudiziale. È stato Consigliere del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e componente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana. È il curatore di lapadigitale.it, progetto di informazione e formazione di Maggioli Editore.Francesca RicciulliAvvocato. Assiste pubbliche amministrazioni, imprese e società pubbliche in questioni relative al diritto amministrativo e al diritto delle tecnologie, con particolare riferimento alla trasparenza dell’attività amministrativa, ai contratti pubblici e alle varie implicazioni del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni.Stelio PagnottaICT e communication consultant. Si occupa di comunicazione istituzionale, con particolare riferimento al settore della digitalizzazione della pubblica amministrazione. Giornalista pubblicista, è autore di articoli e pubblicazioni in materia di diritto delle nuove tecnologie e innovazione nella PA.

Ernesto Belisario, Francesca Ricciulli, Stelio Pagnotta | 2021 Maggioli Editore

Note

[1] VIGEVANI G.E. – POLLICINO O. – D’ERIL MELZI C. – CUNIBERTI M. – BASSINI M., Diritto dell’informazione e dei media, Giappichelli, Torino, 2019, p. 23 e ss.

[2] Comunicazione della Commissione Europea del 26 settembre 2003 “Il ruolo dell’e-governement per il futuro dell’Europa”. Fra i contributi dottrinali più recenti si segnala Aa.Vv., L’e-Government in Italia: situazione attuale, problemi e prospettive, in Questioni di Economia e Finanza, Banca d’Italia, 2016; BASSANINI F., Twenty years of administrative reforms in Italy, in Review of Economic Conditions in Italy, 3/2009.

[3] MARTINI F., Il sistema informativo pubblico, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 44-45.

[4] DONATI F. – MORBIDELLI G., La tutela dei diritti tra Corte del Lussemburgo e Corte Costituzionale, in Una costituzione per l’Unione Europea, in Quaderni Cesifin, Giappichelli, Torino, 2008, pp. 11-61.

[5] The United Nations E-Government Survey 2016: e-Government in Support of Sustainable Development, July 2016 (www.publicadministration.un.org/egovkb/en-us/Reports/UN-E-Government-Survey-2016).

[6] L’espressione “industria 4.0” è divenuta negli ultimi anni di uso comune. Per un primo inquadramento del fenomeno cfr. P. Lèvy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Milano, 1996; J. Rifkin, La terza rivoluzione industriale: come il “potere laterale” sta trasformando l’energia, l’economia, il mondo, Milano, 2011; M. Brettel – N. Friederichsen – M. Keller – M. Rosemberg, How Virtualization, Decentralization and Network Building Change the Manufacturing Landscape: An Industry 4.0 Perspective, in International Journal of Mechanical, Industrial Science and Engineering, 8(1), 2014, 37 ss.; G.E. Vigevani – O. Pollicino – C. Melzi d’Eril – M. Cuniberti – M. Bassini, Diritto dell’informazione e dei media, Torino, 2019.

[7] C. Giurdanella – E. Guarnaccia, Amministrazione digitale: leggiamo il Codice, articolo del 16 dicembre 2004 consultabile all’indirizzo http://www.interlex.it/pa/giurguar3.htm., p. 23.

[8] Esso disponeva, nei primi due articoli, che “le pubbliche amministrazioni provvedono di norma con proprio personale alla progettazione, allo sviluppo ed alla gestione dei propri sistemi informativi automatizzati” allo scopo di ottenere risultati quali “miglioramento dei servizi, trasparenza dell’azione amministrativa.

[9] Per approfondimenti V. Cerulli Irelli, Lineamenti del diritto amministrativo, terza edizione, Giappichelli, Torino, 2012, pp. 105-107.

[10] Sebbene poi rivelatasi una “falsa autorità indipendente”, atteso lo stretto legame con il potere esecutivo, reso palese dalla potestà affidata al Presidente del Consiglio di nominare il Presidente e gli altri membri dell’Autorità.

[11] Le sue funzioni sono specificamente individuate all’art. 3 del Decreto cit. Esso opera sulla base di un Piano Triennale per la programmazione dei propri obiettivi ed attività, che viene aggiornato di anno in anno ed è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (o altro delegato) in concerto col Ministro dell’Economia e delle Finanze. I principali compiti affidati al DigitPA si sostanziano in funzioni consultive e di proposta a Presidente del Consiglio, Regioni ed enti locali; emanazione di regole tecniche, standard e controllo sul rispetto delle norme; funzioni di valutazione, monitoraggio e coordinamento; infine, si occupa di predisporre, realizzare e gestire progetti di innovazione nel campo dell’amministrazione digitale.

[12] Decreto Legge n. 83 del 2012, noto come “Decreto Sviluppo”.

[13] Detto comma 1-bis dell’art. 3 è stata successivamente abrogato dall’art. 3 del D. Lgs. n. 235/2010 per contraddittorietà rispetto alla ratio dell’e-government e di una pubblica amministrazione orizzontale, soprattutto alla luce della immediata giustiziabilità del diritto dinnanzi al giudice amministrativo.

[14] MARTINES F., La digitalizzazione della pubblica amministrazione, in Rivista di diritto dei media, n. 2/2018, p. 3.

[15] GAETANO S., La digitalizzazione del procedimento amministrativo. Edizione aggiornata al D. Lgs. 13 dicembre 2017 n. 217, modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, Cliocom, Roma, 2018, p. 34.

[16] COSTANTINO F., Amministrazione aperta e governance dell’Italia digitale, in Giornale Diritto Amministrativo, n. 11, 2012, p. 1041;

[17] B. Carotti, La riforma della pubblica amministrazione- L’amministrazione digitale e la trasparenza amministrativa, in Giornale di diritto amministrativo n. 5/2015, p. 621.

[18] Sul domicilio digitale si veda FALCONE M., Big data e pubbliche amministrazioni: nuove prospettive per la funzione conoscitiva pubblica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, p. 641 ss.;

[19] I gestori dell’identità digitale accreditati verranno iscritti in un apposito elenco pubblico, tenuto da AgID, consultabile anche in via telematica. Inoltre, viene previsto che la verifica dell’identità digitale con livello di garanzia almeno significativo, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento e del Consiglio europeo del 23 luglio 2014, produce, nelle transazioni elettroniche o per l’accesso ai servizi in rete, gli effetti del documento di riconoscimento equipollente, di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

[20] Art. 32 del D.L. semplificazioni che introduce l’art. 13-bis nel CAD.

[21] Art. 34  D.L. cit.

[22] Quale era quello descritto nel precedente testo dell’art. 73 CAD sul Sistema pubblico di connettività.

[23] COSTANTINO F., Autonomia dell’amministrazione e innovazione digitale, cit., p. 80.

[24]Il d.lgs. n. 179/2016, definisce all’art. 1, lett. dd) l’interoperabilità come la caratteristica di un sistema informativo, le cui interfacce sono pubbliche e aperte, di interagire in maniera automatica con altri sistemi informativi per lo scambio di informazioni e l’erogazione di servizi; alla lett. ee) la cooperazione applicativa come la parte del Sistema Pubblico di Connettività finalizzata all’interazione tra i sistemi informatici dei soggetti partecipanti, per garantire l’integrazione dei metadati, delle informazioni, dei processi e procedimenti amministrativi.

[25] Orofino A.G., L’informatizzazione dell’attività amministrativa nella giurisprudenza e nella prassi, in Giornale di diritto amministrativo, n. 12/2004 p. 1382 e Cassese S., Il diritto amministrativo dell’ultimo decennio, in Giornale di diritto amministrativo, n. 1/2004, p. 5.

[26] G. NAPOLITANO, La logica del diritto amministrativo, Bologna, 2014, p. 220.

[27] Cfr. M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005; V. CERULLI IRELLI, Sul potere normativo delle autorità amministrative indipendenti, in A. PAJNO – M. D’ALBERTI (a cura di), Arbitri dei mercati. Le Autorità indipendenti e l’economia, Bologna, 2010, p. 75 ss.; M. RAMAJOLI, Procedimento regolatorio e partecipazione, in E. BRUTI LIBERATI – F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino, 2010, p. 189 ss.

[28] S. DETTORI, Articolo 3 bis. Uso della Telematica, in N. PAOLANTONIO – A. POLICE – A. ZITO (a cura di), La pubblica amministrazione e la sua azione: saggi critici sulla legge n. 241/1990 riformata dalle leggi n. 15/2005 e n. 80/2005, Torino, 2005, p. 173 ss.

[29] Si vedano gli artt. 21 bis l. n. 241/1990 e 3 bis CAD e le disposizioni del d.lgs. n. 33/2013 che sanciscono l’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione quale condizione legale di efficacia per i provvedimenti relativi al conferimento di incarichi di collaborazione o consulenza (art. 15), per gli atti attributivi di benefici economici (art. 26), o di governo del territorio (art. 39).

[30] Cfr. art. 2 del d.lgs. n. 126/2016 “Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA)”, a norma dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124.”, in vigore dal 28 luglio 2016.

[31] Cfr. l’art. 18-bis della l. 241/90: Presentazione di istanze, segnalazioni o comunicazioni, introdotto dal D.lgs. 30/06/2016, n. 126.

[32] Cfr. l’art. 14 bis (Conferenza semplificata) introdotto dal Decreto Legislativo 30 giugno 2016, n. 127, recante: Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124. In vigore dal 28.7.2016.

[33] BELINGO’ V., Il fenomeno della datafication e la sua giuridicizzazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, p. 641 ss.;

[34] La modulistica disponibile cartacea negli uffici deve essere resa disponibile anche con modalità digitali e ciò anche ai fini delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e delle dichiarazioni sostitutive di notorietà.

[35] D.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445.

[36] Sull’argomento, MADDALENA M. L., La digitalizzazione della vita dell’amministrazione e del processo, in Foro amministrativo, 2016, p. 2535 ss.

[37] BANFI A., La digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, in Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, articolo del 6 gennaio 2020, p. 9.

[38] Morbidelli G., Procedimento amministrativo, in Diritto amministrativo, Cedam, Bologna, 2013, p. 1068.

[39] Fantigrossi U., Automazione e pubblica amministrazione, cit., p. 63.

[40] Cfr. ROMANO A., Il cittadino e la pubblica amministrazione, in Il diritto amministrativo, Atti del XXX° Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, in L’azione amministrativa, Torino, 2016, p. 176.

[41] CHIANTERA G., Considerazione sull’automazione dei procedimenti amministrativi, Jovene Editore, Napoli, 2006, p. 46

[42] COSTANTINO F., Autonomia dell’amministrazione, cit., p. 169.

[43] ZAFFRONI E., L’informatizzazione della pubblica amministrazione, in Il foro amministrativo, 2006, p. 2541.

[44] Sul punto, RAGONE M., Nel nuovo Cad passi avanti sulla formazione digitale (ma non basta), in ForumPA, articolo del 21 settembre 2016;

[45] Cfr. l’articolo 21-octies della legge n. 241 del 1990 secondo cui “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

[46] Cfr. TAR Toscana n. 908/01, che ha ritenuto l’errore tecnico non rilevante. All’opposto v. TAR Sardegna n. 1425/93, ha caducato un provvedimento di esclusione di un candidato in una procedura concorsuale informatizzata per il “cattivo funzionamento del lettore ottico utilizzato per la correzione della prova”.

[47] FINOCCHIARO G., Documento informatico e firme elettroniche, cosa cambia nel nuovo CAD, in AgendaDigitale, articolo del 21 settembre 2016;

[48] Quali quelli di pubblicità e trasparenza (art. 1 l. 241/90), di ragionevolezza, di proporzionalità, etc.;

[49] Sentenza n. 9227/2018.

[50] Sul punto, SAVINO M., Il FOIA italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo – Il commento, in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2016.

[51] GALLI R., Nuovo corso di diritto Amministrativo, Cedam, Bologna, 2019, p. 760

Salvatore Faraci

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