Prova- Rinvio integrale a dichiarazioni scritte rilasciate in via stragiudiziale da soggetti “escutendi”- Indeterminabilità del contenuto di tale mezzo di prova per assenza di distinzione nel documento scritto tra circostanze fattuali e circostanze merame

sentenza 18/01/07
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Il rinvio integrale al contenuto di dichiarazioni scritte rilasciate in via stragiudiziale dai soggetti “escutendi” – fenomeno diverso dal rinvio ad atti di causa espositivi di fatti riportati organicamente, seppure sinteticamente – non consente di ritenere determinabile il contenuto dei mezzi di prova in esame, in assenza di una qualche distinzione, nel testo del documento scritto, tra circostanze fattuali vere e proprie e circostanze meramente valutative, tale da consentire al giudice di controllare l’influenza e la pertinenza della prova offerta e da permettere alla controparte di formulare un’adeguata prova contraria (cfr. Cass. n. 2446/00).
 
Usucapione dell’immobile posseduto dal coerede – Ipotesi di cessione del godimento del bene a terzi – Onere della prova relativo all’animus rem sibi habendi – Interpretazione rigorosa in assenza di una condotta materiale di estromissione degli altri comproprietari dalla detenzione materiale del bene – Godimento in via esclusiva dei frutti civili per il tempo utile all’usucapione – Necessità (artt. 1158 e 1164 c.c.).
 
L’esigenza di accertare l’inequivocabile animus rem sibi habendi, con riferimento all’intero e non soltanto alla quota spettante al coerede, emerge in maniera ancora più evidente nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il possesso sull’immobile si estrinseca, secondo le allegazioni di parte attrice, nell’attribuzione del godimento a terzi, attraverso la stipula di un contratto di locazione, con conseguente perdita della detenzione materiale dello stesso, dovendosi in tal caso concepire in termini ancora più rigorosi l’onere probatorio del comunista di aver goduto in via esclusiva dei frutti civili per il tempo utile all’usucapione, in quanto difetta l’estromissione, da parte dello stesso, degli altri proprietari dal compossesso dell’immobile, quale condotta idonea a manifestare all’esterno l’intento di estendere il dominio anche alle quote a lui non appartenenti.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MARSALA
SEZIONE DISTACCATA DI MAZARA DEL VALLO
            in persona del giudice unico, dott. ***********, ha emesso la seguente
SENTENZA
            nella causa civile in primo grado iscritta al n. 36 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2001, posta in deliberazione all’udienza del 15.11.2005 e vertente
TRA
            P. S., elettivamente dom.to in Mazara del Vallo, viale Danimarca n. 9, presso lo studio dell’avv.to G. G., che lo rappresenta e difende come da procura a margine dell’atto di citazione                                                                                                                                                                                                                            ATTORE
E
             P. G., elettivamente dom.to in Mazara del Vallo, viale a. ***** n. 64, presso lo studio del dott. G. A., rappresentata e difesa dagli avv.ti ******** e R. F. che la rappresentano e difendono come da procura a margine della comparsa di costituzione
                                                                                                                                CONVENUTA
NONCHE’
            P. M., nato a Mazara del Vallo il 18.7.1923, ivi residente in via Mirigliano n. 16 e P. C., nata a Mazara del Vallo il 20.2.1956, ivi residente in via Ischia n. 47
CONVENUTI CONTUMACI
            OGGETTO: usucapione
                                                                       CONCLUSIONI
All’udienza in data 15.11.2005 i procuratori delle parti costituite così concludevano:
parte attrice: “per l’accoglimento della domanda, come da atto di citazione, atti e verbali di causa e con vittoria di spese, competenze e onorari di causa”
parte convenuta: “come da atti e verbali di causa e allegata nota”; in particolare:
       “1) rimettere la causa sul ruolo per l’ammissione dell’interrogatorio di P. M. e la testimonianza di L. V. al fine di far loro confermare le circostanze precisate nelle dichiarazioni da loro sottoscritte, depositate il 13.4.2002 e comunque singolarmente indicate nella memoria depositata il 12.12.2002;
        2) nel merito, rigettare le domande dell’attore e, in via riconvenzionale, ritenere e dichiarare essa P. G. proprietaria, per successione mortis causa o, in subordine, per usucapione, proprietaria della casa sita in Mazara del Vallo, nella via **************** n. 7, iscritta al N.C.E.U., partita 3491, foglio 189, particella 76;
        3) conseguentemente autorizzare il Conservatore dei RR.II. di Trapani ed il Dirigente dell’Ufficio del Territorio di Trapani a provvedere alla rettifica delle trascrizioni rispettivamente effettuate a seguito delle denunce di successione presentate dall’attore in morte dei propri genitori o a seguito di altre denunce incompatibili con il diritto di proprietà di essa P. G.;
        4) condannare P. S. alla corresponsione dei canoni incassati e non consegnati, pari, fino al dicembre 2005, ad euro 12.787,47, oltre alla corresponsione di quelli che incasserà fino al saldo, oltre interessi e spese processuali”.
                                               SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
            Con atto di citazione notificato in data 1-6/2/2001, l’attore esponeva: di aver posseduto continuativamente da oltre vent’anni una casa di civile abitazione sita in Mazara del Vallo, via A. ******** n. 7; che tale immobile gli era stato ceduto nel 1979 dalla zia P. G., abitante in America; che da quella data l’immobile era stato dato in locazione a tale B. H. il quale pagava tuttora il canone all’attore; che l’abitazione era intestata al catasto a P. G., al fratello P. M. e agli eredi di P. P., P. S. (lo stesso ricorrente) e P. C. (la sorella).
Tanto premesso e ritenuto che fossero configurabili gli estremi per dichiarare in suo favore l’avvenuto acquisto per usucapione della piena proprietà su detto immobile, l’attore chiedeva all’adito Tribunale di emettere la pronuncia dichiarativa di usucapione sul bene in oggetto; con vittoria di spese.
Si costituiva in giudizio P. G., la quale eccepiva che l’atto di citazione costituiva la prima manifestazione di mutamento del titolo in base al quale fino ad allora l’attore aveva amministrato la casa locata per suo conto, come dimostrava il fatto che, in occasione di un viaggio da New York a Mazara del Vallo della figlia, l’attore le aveva consegnato i canoni riscossi fino a quel momento; rilevava che la casa era caduta in successione ab intestato a seguito della morte del padre P. S., avvenuta nel 1974 prima che si perfezionasse l’atto di donazione del bene nei suoi confronti. Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda attorea e, in via riconvenzionale, per il riconoscimento della sua qualità di proprietaria esclusiva del bene per successione o, in via subordinata, per usucapione, ai sensi dell’art. 1102 c.c. (nel corso della prima udienza modificato in 1158 c.c.); per la rettifica delle trascrizioni catastali e, infine, per la condanna dell’attore alla corresponsione dei canoni incassati e non consegnati, oltre interessi e refusione delle spese di lite.
 In corso di causa si acquisivano i documenti prodotti e si procedeva all’interrogatorio formale di P. M. e P. C., nonché all’assunzione della prova orale con il teste B. H..
           In sede di precisazione delle conclusioni, la convenuta chiedeva che la causa fosse rimessa sul ruolo per l’ammissione dell’interrogatorio formale e della prova orale ritenuti irrituali dal giudice per mancata formulazione di capitoli specifici di prova e che fossero espunte le risposte fornite dal teste B. H. alle domande non facenti parte dei capitoli di prova ammessi; in subordine, ribadiva le stesse conclusioni formulate con l’atto introduttivo.
           L’attore concludeva riportandosi all’atto di citazione, agli altri atti e ai verbali di causa, con vittoria delle spese di lite.
           Quindi, all’udienza del 15.11.2005 la causa era trattenuta in decisione con assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali.
                                               MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve essere dichiarata la contumacia di P. M. e P. C., regolarmente citati e non costituitisi nel corso del giudizio.
Sempre in via preliminare, va precisato che il bene oggetto di causa è identificato nel N.C.E.U. di Mazara del Vallo al foglio di mappa n. 189, partita 3491, particella 76 sub. 1, come si ricava dalle visure catastali per partita prodotte agli atti del fascicolo di parte attrice e come specificato dallo stesso attore in sede di interrogatorio formale, dovendosi pertanto tenere distinto tale cespite da quello identificato con la particella 76 sub. 2, di esclusiva proprietà di P. S. per acquisto fattone per successione prima dal padre P. P., poi dalla madre S. A. (cfr. dichiarazioni di successione, rispettivamente del 1990 e del 1998, allegate al fascicolo attoreo).
In punto di rito, in questa sede va confermata l’ordinanza istruttoria che ha negato ingresso alla prova orale articolata da parte convenuta, sul presupposto dell’assenza di specificazione dei relativi capitoli, con la precisazione che, a differenza di quanto sostenuto dall’istante nelle proprie difese, il rinvio integrale al contenuto di dichiarazioni scritte rilasciate in via stragiudiziale dai soggetti “escutendi” – fenomeno diverso dal rinvio ad atti di causa espositivi di fatti riportati organicamente, seppure sinteticamente – non consente di ritenere determinabile il contenuto dei mezzi di prova in esame, in assenza di una qualche distinzione, nel testo del documento scritto, tra circostanze fattuali vere e proprie e circostanze meramente valutative, tale da consentire al giudice di controllare l’influenza e la pertinenza della prova offerta e da permettere alla controparte di formulare un’adeguata prova contraria (cfr. Cass. n. 2446/00). Né può ritenersi ammissibile, in quanto depositata tardivamente, la memoria integrativa del 12.12.2002, nella quale la prova è stata articolata in capitoli specifici.
Per ciò che attiene alle domande fuori capitolato al teste H., le stesse sono state formulate dal giudice a chiarimento di quelle ammesse e per accertare l’attendibilità del teste, dovendosi pertanto ritenere rituali.   
Quanto al merito, le domande di usucapione dell’immobile, spiegate da P. S. e, in via riconvenzionale, da P. G., sono infondate e, come tali, devono essere rigettate per i motivi di seguito indicati.
E’ principio consolidato in giurisprudenza che “il coerede può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri coeredi, senza che sia necessaria una vera e propria interversione del titolo del possesso, esercitando il potere di fatto sul bene in termini di esclusività; a tal fine, peraltro, non è sufficiente che gli altri coeredi si siano astenuti dall’uso del bene in comune, occorrendo che quello fra i coeredi, il quale invochi l’usucapione, abbia goduto del bene stesso in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”, senza opposizione per il tempo utile ad usucapire; nè tale comportamento può consistere solo in atti di gestione del bene comune o in atti tollerati dagli altri coeredi. L’onere della prova di tale dominio esclusivo sulla "res" comune grava sull’usucapiente” (V. Cass. n. 13921/02; Cass. n. 5226/02; Cass. n. 7075/99; Cass. n. 1370/99).
L’esigenza di accertare l’inequivocabile animus rem sibi habendi, con riferimento all’intero e non soltanto alla quota spettante al coerede, emerge in maniera ancora più evidente nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il possesso sull’immobile si estrinseca, secondo le allegazioni di parte attrice, nell’attribuzione del godimento a terzi, attraverso la stipula di un contratto di locazione, con conseguente perdita della detenzione materiale dello stesso, dovendosi in tal caso concepire in termini ancora più rigorosi l’onere probatorio del comunista di aver goduto in via esclusiva dei frutti civili per il tempo utile all’usucapione, in quanto difetta l’estromissione da parte dello stesso degli altri proprietari dal compossesso dell’immobile, quale condotta idonea a manifestare all’esterno l’intento di estendere il dominio anche alle quote a lui non appartenenti.
Dalle risultanza istruttorie si evince che nella fattispecie che ci occupa l’attore non ha fornito la prova del perfezionamento degli elementi costitutivi del possesso utile all’usucapione sia dal punto di vista del dominio esclusivo sulla res comune che da quello della durata ventennale.
Non risulta, infatti, da alcuna evidenza processuale che P. G., coerede insieme al fratello M. e ai nipoti S. e C. del fabbricato per cui è causa, abbia dismesso ab origine il dominio sulla propria quota in favore dell’attore, né che abbia tollerato senza opposizione l’esercizio da parte di questi di atti di possesso ad escludendum, quali l’integrale riscossione in suo favore delle somme versate dal conduttore a titolo di canone di locazione, per l’intero arco di tempo utile ad usucapire.
Dalle dichiarazioni del teste H. è emerso, invero, che questi ha originariamente effettuato il pagamento del canone nelle mani della madre dell’attore e che solo a seguito dell’arrivo a Mazara del Vallo di “una signora americana unitamente alla madre del *********, la quale ebbe a dire che la propria quota parte la dava a *********” è stato autorizzato a versare all’attore i canoni d’affitto. La circostanza riferita coincide con il viaggio a Mazara del Vallo di A. B., figlia di P. G., pacificamente avvenuto intorno al 1991, durante il quale la stessa ha prelevato una somma di denaro per conto della madre, consistente, secondo quanto riferito da P. C. (la quale ha anche ricordato che il fratello aveva riscosso da vent’anni i canoni di locazione dell’immobile), con un importo depositato in banca dalla stessa P. G., mentre secondo la versione di P. M., con la quota parte di canone dovuta dal P. S. alla zia (“si sono divisi i soldi dell’affitto”).
In merito a tali dichiarazioni rilasciate dalle due parti contumaci in sede di interrogatorio formale, si osserva che, secondo quanto ritenuto pacificamente dalla giurisprudenza di legittimità, tale mezzo di prova, reso in un processo con pluralità di parti, “essendo volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confidente e ad esclusivo favore del soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferito, da una parte ad un’altra, su un punto dibattuto in quello stesso processo, tra il soggetto deferente ed un terzo soggetto, diverso dall’interrogando, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, dell’interrogato alle domande rivoltegli. Invero, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confidente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette” (cfr. Cass. sez. lavoro n. 22753/04; v. anche, nello stesso senso, Cass. n. 869/05 e Cass. n. 6072/81).
Ed è proprio dal raffronto tra quanto dichiarato dalle due parti e quanto riferito dagli altri testi escussi che si ricavano elementi di convincimento decisivi per escludere il maturarsi dell’usucapione in favore dell’attore.
Si rileva, prima di tutto, che sia il conduttore dell’appartamento per cui è causa, sia P. M., sia la stessa P. C. hanno affermato che la manifestazione di volontà di cedere all’attore la quota appartenente a P. G. è emersa in occasione del viaggio a Mazara del Vallo della figlia di quest’ultima, avvenuto intorno al 1991, mentre prima di tale data la circostanza della riscossione da parte dell’attore dei canoni di affitto, ricordata da P. C. e dal teste S., ma smentita dal teste H., non può in ogni caso reputarsi di per sé indicativa dell’esercizio di un possesso tale da manifestare all’esterno l’intento di vantare il dominio esclusivo sull’intero bene, in assenza di comportamenti inequivocabili al riguardo – quali potevano essere l’impiego di tali somme di denaro in una forma di investimento intestato esclusivamente all’attore o, comunque, l’utilizzo a fini personali delle stesse – idonei ad escludere il dedotto scopo di amministrare il bene comune su incarico della convenuta assente, o per mera tolleranza della stessa, come appare verosimile in considerazione della sua lontananza da Mazara del Vallo.
Tale ultima versione è del resto compatibile con la circostanza riferita da P. C., P. M. e dal conduttore H. che solo da un determinato momento in poi, coincidente con il viaggio in Italia della figlia, P. G. ha espresso la volontà di abdicare quantomeno al possesso (non vi è prova, invece, della rinuncia alla proprietà) sulla propria quota del bene comune, non essendo pertanto maturato, alla data della proposizione del presente giudizio, nemmeno il termine ventennale richiesto dall’art. 1158 c.c. per l’usucapione da parte dell’attore della quota in comproprietà della zia.
Atteso quanto sopra, nemmeno la dichiarazione resa dal teste S. in merito al possesso da parte dell’attore, con l’animo di proprietario, pacificamente ed ininterrottamente da oltre vent’anni, dell’immobile in oggetto sono idonee a confermare la sussistenza dei requisiti dell’usucapione dell’intero bene, in quanto aventi ad oggetto apprezzamenti di natura prettamente valutativa su questioni di carattere giuridico. Né, a specificazione di tale dichiarazione, può reputarsi espressione inequivocabile dell’elemento soggettivo richiesto per l’usucapione il riferito proposito manifestato nel 1981 dal P. (tra l’altro non da solo ma insieme alla madre S. A.), di avviare le opere di ristrutturazione dell’immobile, in quanto, per un verso, lo stesso non è approdato ad alcuna condotta esecutiva, in assenza della titolarità esclusiva del bene in capo all’attore, per un altro, tale iniziativa, anche qualora condotta a termine, non avrebbe potuto essere apprezzata quale attività sintomatica dell’inequivoco esercizio di un dominio esclusivo, rientrando, in mancanza tra l’altro di indicazioni dalle quali desumere la natura straordinaria di tali interventi, nell’esercizio di poteri di amministrazione e di manutenzione propri del comproprietario, ispirato al perseguimento dell’utilità comune della conservazione del bene o finalizzato all’espletamento di un eventuale mandato gestorio conferito dagli altri comproprietari.
Quanto alla domanda riconvenzionale della convenuta di acquisto della proprietà della casa iure hereditario, è pacifica la circostanza della successione ab intestato delle parti in causa dal de cuius P. S., padre della convenuta e nonno dell’attore, mentre la condotta dispositiva tenuta da quest’ultimo dopo la morte del padre P. P. in data 10.11.1989 (cfr. dichiarazione successione allegata fascicolo attore) – dal quale ha ereditato la quota di comproprietà dell’immobile oggetto di causa – in particolare la prosecuzione per conto proprio o degli altri coeredi (la distinzione è irrilevante in questa sede) del rapporto di locazione del bene al terzo conduttore, costituisce accettazione tacita dell’eredità allo stesso devoluta, ai sensi dell’art. 476 c.c.. Non può pertanto reputarsi fondata la tesi della convenuta di aver acquisito l’intera proprietà del bene per rinuncia di tutti gli altri coeredi alle proprie quote successorie.
In ragione delle medesime argomentazioni sopra esposte per il rigetto della domanda di usucapione dell’attore, poi, va altresì respinta la domanda riconvenzionale di uguale tenore spiegata dalla convenuta in via subordinata, asseritamente fondata (così sembra desumersi dal tenore della comparsa di costituzione e della precisazione effettuata nel corso della prima udienza) su un presunto mutamento del titolo del suo possesso – tramite la riscossione da parte della figlia, per suo conto, dei canoni di locazione versati fino a quel momento – idoneo ad estendere il suo diritto sull’intero immobile in comunione. Tale circostanza, oltre a non essere stata dimostrata – essendo emerso, al più, che l’attore e la figlia della convenuta si sono spartiti per quote i soldi dei canoni fino a quel momento riscossi – non è sufficiente, da sola, a rappresentare una condotta di opposizione idonea a determinare l’interversione del possesso da condominus a dominus, ai sensi degli artt. 1102 e 1158 c.c., in quanto il solo *********, dopo il ritorno a New York della cugina, ha riscosso i canoni di locazione versati dal conduttore – come ammesso dalla stessa convenuta, la quale ha avanzato domanda di restituzione dei ratei maturati successivamente – non essendosi pertanto perfezionato in capo a quest’ultima il possesso esclusivo ventennale ad usucapionem, decorrente dalla dedotta interversione del possesso.
Segue, pertanto, anche il rigetto della domanda riconvenzionale di condanna dell’attore alla restituzione dell’importo dei canoni incassati e non consegnati, sia per l’intero che per la quota spettante alla convenuta in qualità di coerede. Si rileva infatti, in merito a tale ultimo punto, che la domanda, oltre ad essere stata formulata dalla P. in modo del tutto generico (senza indicazione della decorrenza e dell’ammontare dei canoni, se non, per quest’ultimo, in sede di conclusioni finali) è inconciliabile con la sopra esaminata volontà, manifestata dalla stessa a partire dal soggiorno della figlia a Mazara del Vallo, di rinunciare all’esercizio del possesso sulla sua quota di comproprietà indivisa dell’immobile, venendo meno, pertanto, il titolo giustificativo della pretesa vantata dalla convenuta.
Si ravvisano giustificati motivi, in considerazione della soccombenza reciproca delle parti, per disporre la compensazione integrale tra le stesse delle spese di lite.
                                                                       P.Q.M.
            definitivamente pronunciando nella causa come sopra promossa, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, anche istruttorie, così provvede:
          1) rigetta la domanda di usucapione dell’immobile oggetto di causa spiegata da P. S.;
          2) rigetta le domande riconvenzionali spiegate da P. G.;
          3) dispone la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite.
          Così deciso in Mazara del Vallo, il 27.3.2006.
                                                                                      Il Giudice
                                                                                 ***** ***********

sentenza

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