Profili costituzionali della trasparenza e della privacy nell’attività delle istituzioni scolastiche

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Abstract

La scuola nel disegno costituzionale rappresenta il luogo privilegiato di espressione e tutela dei valori più alti della persona. La trasparenza e riservatezza, principi apparentemente antitetici,  trovano sintesi, nella scuola, nella unicità del rispetto della dignità umana

Scuola, libertà e democrazia nel disegno costituzionale

Uno dei massimi giuristi della nostra storia, Pietro Calamandrei, definiva la scuola “organo vitale della democrazia” e la collocava all’interno della struttura costituzionale, nel cuore dell’ordinamento democratico italiano e del sistema di valori di cui esso è permeato[1].

A supporto di tale tesi soccorrono le norme portate dagli articoli 33 e 34 della Costituzione, sia per il loro contenuto, sia per la stessa loro collocazione[2], ovviamente non casuale, nella struttura costituzionale, tra i principi fondamentali e  le norme sull’ordinamento statale : una sorta di cerniera implicita tra due contesti non separati.

Nella visione del Maestro, la scuola non vive isolata dal contesto dei valori che sostengono  il patto costituzionale e legittimano il potere delle istituzioni, ma anzi è il luogo ove i principi costituzionali del rispetto della dignità umana, dell’eguaglianza, della libertà trovano alimento, valorizzazione e tutela entro la cornice dello Stato repubblicano.

Il sistema scolastico, nel suo insieme, assolve, sia per la necessaria struttura aperta e partecipata, sia per la il fine culturale, formativo ed educativo che le è proprio, alla fondamentale funzione di strumento democratico di attuazione dei principi costituzionali.

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Non potrebbe esserci incipit più puntuale ed efficace per collocare il diritto di libertà di ricerca e di insegnamento, di quello fornito dall’ art. 33, I comma della Costituzione. Non sfugge che il legislatore costituente, così attento all’essenzialità ed alla non ridondanza, abbia ripetuto l’espressione “libero” per ben due volte quasi consecutive (sono “libere” e “libero”); volutamente enfatizzando e rafforzando l’idea di un valore assoluto, insopprimibile e specificamente determinato: la libertà artistica, la libertà di ricerca, la libertà di insegnamento sono fondamenti dello Stato democratico ed hanno una loro collocazione peculiare nel contesto costituzionale.

L’espressione si rinnova ancora al terzo comma, con riferimento alle scuole non statali : “ La legge … deve assicurare ad esse piena libertà …” [3]

Libertà dell’insegnamento, libertà della scuola, libertà nella scuola,  riconoscimento del pluralismo ideologico e degli orientamenti educativi, culturali, religiosi  nonché degli stessi sistemi organizzativi di istruzione, pur all’interno delle linee e degli obietti generali del sistema scolastico fissati dallo Stato .

Questo regime di libertà, infondo, non  è altro che lo spazio in cui “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità”, poiché la scuola, insieme alla famiglia ed al mondo associativo, è senz’altro una delle fondamentali formazioni sociali in cui il principio della valorizzazione della persona umana trova luogo di alimento democratico. Ed è anche il luogo ove il principio di pari dignità ed eguaglianza sostanziale si concreta nell’impegno dello Stato a rimuovere con azioni positive gli ostacoli che ne impediscano l’effettività.

Esiste, dunque, nel disegno costituzionale, un evidente collegamento ontologico tra la scuola, sia nell’assetto sia negli obiettivi funzionali indicati, e la sfera dei principi cardine del nostro ordinamento.[4]

E così, in coerenza complementare all’affermazione della libertà si accompagna l’autonomia delle istituzioni scolastiche [5], ampiamente rafforzata dalla legislazione degli ultimi decenni in attuazione del dettato costituzionale [6], quasi a voler rimarcare che la libertà della scienza, della ricerca, dell’istruzione, si deve accompagnare all’autonomia dell’organizzazione entro cui tale libertà si esercita.

L’endiadi libertà/autonomia è uno schema classico dell’ordito costituzionale e, ancora una volta, la scuola ne racchiude il senso più autentico.

Ma la libertà scolastica è anche libertà di accesso : “La scuola è aperta a tutti ” (art. 34, I co) in diretta applicazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost : “ L’istruzione inferiore…obbligatoria e gratuita… I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi … La Repubblica rende effettivo questo diritto …” sono  esplicitazioni  delle cd libertà positive, ossia il contenuto dell’impegno dello Stato a rimuovere gli ostacoli all’eguaglianza, a garantire il diritto allo studio, la progressione nei diversi gradi dell’istruzione, il pieno sviluppo della persona umana. [7]

La questione si presta, naturalmente a rilievi molto più ampi di quelli strettamente funzionali alla presente indagine, per i quali basterà qui aver inquadrato la scuola, all’interno del disegno costituzionale, come struttura organizzativa e funzione democratica.

La scuola quale luogo di sintesi dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione e centralità della persona

Nel quadro dei principi costituzionali ora esaminati, l’Istituzione scolastica, tanto pubblica  quanto  privata, è altresì soggetta alle norme generali dell’azione amministrativa stabilite  dalla Costituzione agli artt. 97 e 98..

L’art. 97, II co.  della Costituzione Italiana dispone che:  “ I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”.

L’organizzazione amministrativa, come disegnata dalla Costituzione, deve connotarsi in termini democratici, attraverso un’attività fondata sul rispetto del principio di legalità, formale e sostanziale, affinché la realizzazione dell’interesse pubblico collettivo sia assicurata in modo efficace, efficiente, imparziale e trasparente.

La trasparenza costituisce un elemento fondamentale nella qualificazione della funzione amministrativa in termini democratici, ossia partecipati ed imparziali.

L’ Istituzione scolastica in senso ampio, sia gestita da soggetti pubblici  sia da  privati[8],  è una Pubblica Amministrazione, anche ai sensi e per gli effetti della legge n.241/90[9].

L’imparzialità dell’Amministrazione, valore tutelabile in concreto attraverso la trasparenza e l’accessibilità agli atti del procedimento, viene ribadita, sotto altro profilo, dall’art. 98, I comma  che dispone : “ I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione“.

Conseguentemente, per l’aspetto qui in esame, la Scuola è pienamente soggetta alle norme in tema di trasparenza, e – come si vedrà – egualmente destinataria,  delle ulteriori norme  finalizzate al rispetto della riservatezza della persona.

E’ quindi possibile, tentare un raccordo tra l’azione della scuola ed i principi fondamentali della Costituzione, secondo l’autorevole prospettiva in avvio qui richiamata.

In dottrina si ritiene in modo consolidato che i principi fondamentali della Costituzione contenuti nei primi 12 articoli caratterizzano strutturalmente l’ordinamento costituzionale[10]; nel senso che essi, oltre a costruire un sistema di valori di imprescindibile riferimento, assumono connotati e valenza giuridica essenziale nell’assetto ordinamentale italiano tali da consentire di affermare che la stessa organizzazione dei pubblici poteri è prevalentemente funzionale al loro svolgimento ed alla loro attuazione[11].

Vi è dunque un  richiamo diretto, sebbene non esplicito, tra la norma contenuta nell’art. 97 Cost. ed i principi di libertà incardinati sulla centralità della persona umana espressi nei primi articoli della Costituzione, segnatamente nel principio democratico di cui all’art. 1 e nel riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2.

In questa logica, il disegno costituzionale relativo al ruolo della scuola e la stessa collocazione degli artt. 33 e 34 della Costituzione, indica con chiarezza che la scuola è chiamata alla valorizzazione di tutti i principi di riferimento alla sfera della persona umana, dignità, eguaglianza, libertà, poiché attraverso tale azione concorre alla formazione delle regole di convivenza civile e della struttura democratica dello Stato[12].

La centralità della persona e, dunque, l’essenzialità dei valori di dignità che in essa si concretizzano, trovano nella scuola l’ideale cerniera tra la democraticità della funzione e la democraticità della struttura pubblica.[13]

La Scuola per sua natura è,  da un lato  “formazione sociale” ove si svolge la personalità dell’uomo, dall’altro, anche “istituzione” che informa la sua struttura ed organizzazione in termini funzionali all’affermazione di tali principi.

E’ dunque evidente che l’istituzione scolastica, pubblica o privata, collocata all’interno della pubblica amministrazione in senso ampio, da un lato concorre  per sua stessa natura alla formazione del cittadino in un contesto democratico, dall’altro deve essere organizzata in termini prevalentemente funzionali all’attuazione dei principi di partecipazione propri delle istituzioni democratiche.

Nell’attività scolastica è possibile quindi individuare un concorso, si potrebbe dire una sintesi, dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione, ai quali sono funzionalizzati trasparenza e accesso agli atti del procedimento, nonché della tutela della dignità umana, che nella  riservatezza ha una sua fondamentale esplicitazione[14]. In sostanza, una tipica espressione di quel contemperamento di valori, entrambi costituzionalmente protetti che, come vedremo, trova nella vicenda scolastica una peculiare soluzione.

Trasparenza, accesso nell’attività didattica e libertà di insegnamento ed art. 97 Cost.

Nella scuola dell’autonomia, definita dal complesso normativo della/e riforme degli ultimi decenni, il principio della trasparenza dell’azione amministrativa appare rafforzato[15].

In quest’ottica, per il profilo che qui maggiormente rileva, il diritto di accesso agli atti costituisce anche nella scuola lo strumento di attuazione della effettiva partecipazione dei soggetti interessati all’attività amministrativa e la concreta esplicazione del diritto all’informazione amministrativa; ciò in piena aderenza non solo al disposto dell’art. 97 Cost.[16], quale modalità di esplicitazione dei principi di buon andamento ed imparzialità, ma anche dell’art. 21 sul diritto all’informazione da intendersi nella dimensione attiva e passiva[17], nonché, ancora, funzionale alla compiuta attuazione dell’art. 24 Cost, sul diritto di agire in giudizio per la tutela di propri diritti ed interessi legittimi[18].

Nell’ambito dell’attività strettamente amministrativa della scuola, pertanto, risultano fondamentali  le disposizioni relativa all’accessibilità agli atti, disposizioni ritenute di rango costituzionale  per rilevanti finalità di pubblico interesse, tese a favorire la partecipazione, la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa[19];  tuttavia, come appresso si vedrà,  il diritto di accesso  va coniugato con l’altrettanto rilevante valore del rispetto della privacy dei soggetti coinvolti, anch’esso, assistito da copertura costituzionale.

Un secondo ambito di interferenza del principio della trasparenza con l’attività delle istituzioni scolastiche si riscontra in ordine al profilo più specifico dell’attività didattica.

Il principio della trasparenza amministrativa è oggi fortemente radicato nell’ambito dell’azione didattica; sia per effetto della legislazione ordinaria, sia in forza della normazione secondaria, regolamenti e circolari ministeriali,  succedutisi nell’ultimo ventennio.

Il principio di trasparenza non appartiene, dunque, solo all’amministrazione scolastica in senso stretto, ma permea tutta l’attività didattica, coinvolgendo l’intero corpo docente nell’attuazione del principio costituzionale della trasparenza e del buon andamento dell’azione amministrativa.

L’autonomia docente è infatti, insieme, libertà di insegnamento e di istruzione,  ma anche  “processo”  che si svolge in termini partecipati in una comunità di docenti allievi e genitori, fondato su un patto formativo chiaro ed esplicito.

La libertà di insegnamento[20] è quindi intesa come scelta metodologica e didattica,  in una logica di trasparenza degli obiettivi formativi, dei percorsi e dei processi di valutazione sino alla manifestazione degli esiti.

Ne discende che la trasparenza è elemento che connota e qualifica  l’azione educativa, in esplicito richiamo delle norme e dei principi di cui all’art. 97 della Costituzione, coerenti sia nell’approccio alla funzione docente, sia in quella strettamente amministrativa ad essa connessa.

Dunque, l’azione didattica e la stessa libertà di insegnamento costituzionalmente riconosciuta ai docenti, sono all’interno dei principi generali dell’azione amministrativa e si muovono entro gli schemi determinati di questa, anch’essi funzionalizzati a valenze di carattere costituzionale ( buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa).

Si potrebbe pertanto definire la funzione docente come il presupposto di autonomia e di competenza professionale del “procedimento didattico”.

E’ anche questo un obiettivo che la scuola deve porsi per adempiere l’obbligo costituzionale di buon andamento ed imparzialità.

Il diritto alla riservatezza: profili costituzionali e riflessi nell’attività scolastica

L’altro profilo che si interseca con la funzione delle istituzioni scolastiche è, come detto quello della riservatezza.

Apparentemente in antitesi con il principio di trasparenza,  può essere ritenuto anch’esso una espressione del medesimo compendio di valori che sorregge l’azione delle istituzioni scolastiche , in coerenza con l’impronta personalistica della nostra Costituzione repubblicana.

Si cercherà dunque di dimostrare  che l’antinomia è, appunto, solo apparente, poiché il fondamento di trasparenza e riservatezza è rapportabile al comune alveo dell’esercizio costituzionale della funzione amministrativa nel rispetto del principio di partecipazione democratica.

Nella Costituzione Italiana non vi è un esplicito riferimento al diritto alla riservatezza.

Tuttavia esso può desumersi attraverso un’interpretazione sistematica, ed anche storicamente supportata dall’evoluzione della sensibilità sociale, delle norme costituzionali.

In particolare occorre fare riferimento all’art 2 che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia all’interno delle formazioni sociali ovi si svolge la sua personalità” ; si tratta di una  categoria “aperta”, all’interno della quale possono trovare spazio anche quelle specificazioni delle libertà e dei diritti connessi alla persona umana che vengano ad evidenza per l’evoluzione stessa della società. E’ proprio il caso del diritto alla privacy, la cui connotazione fortemente radicata nella tutela dei più intimi ed essenziali valori della persona, si è evidenziata e rafforzata con l’emergere dei social networks e di tutte le questioni inevitabilmente connesse alla loro diffusione generale, massiva e penetrante.

Ma vi sono anche ulteriori riferimenti utili per una ricostruzione della tutela costituzionale della riservatezza.

Essi sono ravvisabili, in termini espliciti, negli artt. 13 Cost.: “La libertà personale è inviolabile ”, 14 Cost.: “Il domicilio è inviolabile”, 15 Cost.: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”, tutti elementi che si riferiscono al valore dell’intangibilità di una sfera personale.

Altro riferimento normativo costituzionale, portato della riforma del 1999[21], si ritrova nell’art. 111, III co. Cost : “La legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico” ; la disposizione, sebbene collocata nelle norme della giurisdizione, contiene in termini espliciti l’espressione  “riservatamente” che trova così il suo ingresso nel testo costituzionale.

In questo  quadro di riferimento costituzionale, la tutela della riservatezza ha trovato idoneo riconoscimento nella legislazione ordinaria, dapprima nella legge n. 675/96, poi  in quello che può essere considerato il testo base in materia, il cd. Codice della privacy [22], infine nella copiosa normazione di grado secondario (decreti ministeriali attuativi, disposizioni di settore, ordinanze e circolari ministeriali).

La legislazione ordinaria in tema di riservatezza è oggi il  frutto della maggiore sensibilità del legislatore, maturato anche  dall’esigenza di rispondere alle criticità connesse allo sviluppo delle moderne tecnologie,  piuttosto invasive della sfera individuale.

Trasparenza, diritto di accesso e tutela della riservatezza nell’attività scolastica: non valori in conflitto ma differenze di prospettive nella unicità di tutela della persona

Il diritto di accesso agli atti amministrativi e la tutela alla riservatezza dei dati personali sono profili che vengono quasi inevitabilmente in conflitto nello svolgimento dell’attività amministrativa.

Eppure, come visto, sono entrambi riconducibili a leggi fondamentali dello Stato italiano e agli stessi valori costituzionali, rispettivamente richiamati dall’art. 97 Cost. (buon andamento  della Pubblica Amministrazione) e dall’art. 2 Cost. (diritti inviolabili dell’uomo).

Da un lato, il diritto all’informazione dei soggetti interessati si collega alla necessità di assicurare l’imparzialità ed il buon andamento della P.A. anche attraverso la trasparenza dell’azione amministrativa; dall’altro, il diritto alla riservatezza, valore riconoscibile all’interno dei diritti inviolabili dell’uomo, è connesso alla tutela della sfera più intima della persona umana.

La legge sulla privacy, all’art. 59 (accesso ai documenti amministrativi), dispone un esplicito collegamento tra la tutela della riservatezza ed il diritto di accesso ai documenti amministrativi[23].

In modo quasi corrispettivo, la legge 241/90,  così come modificata, contiene un richiamo esplicito alla legge sulla privacy[24]. Le due discipline si intersecano e completano a vicenda.

Il più compiuto assetto normativo  ha meglio definito  la natura del diritto alla riservatezza ed ha proposto una concezione dinamica del concetto di riservatezza e di identità personale, con l’obiettivo di garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento all’identità personale ed alla protezione dei dati personali.

La riservatezza non indica solo una posizione sostanzialmente passiva della persona, che si sostanzia nell’intolleranza di ingerenze esterne, ma è qualcosa di più. Con la codificazione del “diritto all’autodeterminazione informativa”, ciascuno  può proteggere i propri dati personali, avendo il diritto di proporsi agli altri negli esatti termini in cui vuole che ciò accada, stabilendo in anticipo quali informazioni personali è disposto a dare agli altri soggetti.

Come già detto, anche il tema della riservatezza involge i due aspetti dell’attività scolastica, quella tipicamente amministrativa come quella legata all’esplicazione della funzione docente.

La tutela della privacy, all’interno della funzione amministrativa scolastica, è chiaramente qualificabile quale limite modale del principio di trasparenza e di accesso agli atti, limite  reso  particolarmente significativo dalla  presenza dell’elemento umano come principale oggetto dell’azione, ma soprattutto dalla  minore età dei soggetti prevalentemente interessati;  allo stesso modo, la tutela della privacy rientra nei doveri del docente[25], all’interno della medesima funzione docente la quale è governata, come già visto, dal generale principio di trasparenza della funzione didattico educativa.

Dunque, a ben vedere,  il rispetto della riservatezza rientra nella medesima logica che sostiene, in materia scolastica, il principio apparentemente antinomico della trasparenza;  infatti,  nell’ attività scolastica  il bene primario tutelato è la persona umana che è oggetto, ma meglio dovrebbe dirsi “soggetto”, dell’azione pedagogico-educativa nella sua unicità, autonomia, libertà e responsabilità .

La funzione educativa democratica e partecipata,  oggi valorizzata nella legislazione ordinaria, in attuazione degli articoli 2 (diritti inviolabili), 3 (pari dignità sociale ed eguaglianza sostanziale), 33 (libertà di insegnamento) , 34 (autonomia delle istituzioni culturali)  e 97 (buon andamento ed imparzialità)  della Costituzione, si coniuga perfettamente con l’esigenza di tutelare la sfera più intima della persona, riservando il trattamento dei dati ad essa relativa ai soli casi di finalità, necessità pertinenza (proporzionalità) e indispensabilità. Tanto trova riscontro in un ordito normativo che riporta, a volte anche esplicitamente, non solo alla tutela della dignità umana, ma anche al principio di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa che non può confliggere con essa. Lo stesso testo unico sulla privacy, nell’indicare le finalità della legge all’interno del Titolo I , dispone infatti con  chiarezza che il trattamento dei dati personali deve svolgersi nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nonché della dignità dell’interessato, ma che tale trattamento è disciplinato nel rispetto dei principi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per l’esercizio dei diritti degli interessati, “nonché dell’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento[26]

E quando la trasparenza dell’azione didattica viene invocata per valorizzare la centralità dell’allievo nel procedimento didattico, ossia la sua personalità, unicità e dignità, in una dimensione partecipativa processo di insegnamento/apprendimento, non si invocano forse le stesse finalità e gli stessi aspetti costitutivi della  dignità personale a tutela della quale sono dettate le norme di protezione dei dati personali?

Se vi è un luogo ove l’apparente antinomia tra trasparenza e tutela della riservatezza della persona viene superata in una visione unitaria e convergente della disciplina, è proprio la Scuola, la quale per sua natura, partecipa della funzione democratica costituzionale, in attuazione dei principi fondamentale della Carta.

Potrebbe quindi, conclusivamente affermarsi, che nell’ambito dello svolgimento della funzione docente e dell’attività amministrativa scolastica a questa funzionale, non solo non si riscontri un contrasto o una irragionevole limitazione dell’uno rispetto all’altro dei termini in gioco, ma, al contrario, principio di trasparenza, buon andamento, efficacia ed efficienza e tutela della persona umana trovano sintesi e contemperamento proprio nella peculiarità della funzione didattica.

[1]Pietro Calamandrei , arrivò a definire la scuola “organo costituzionale”. In un celebre intervento dell’ 11 febbraio 1950in Roma, già in “Scuola Democratica,”, Roma. IV suppl. al  n. 2 del 20 marzo 1050 pp 1- 5., poi pubblicato con il titolo Difendiamo la scuola democratica, in Costituzionalismo.it, 3/2008, pagg. 1-12, con nota introduttiva di L. Patruno, l’A. così si esprimeva “…quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei Deputati, il Senato, il Presidente della Repubblica, la Magistratura : non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale è invece un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo

 

[2] Costituzione Italiana , Parte I, Diritti e doveri dei cittadini, Titolo II ,Rapporti etico sociali.

[3] La legge n.62 del 10.3.2000 ha delineato un nuovo sistema nazionale di istruzione costituito dalle scuole statali, paritarie private e degli enti locali, le quali ultime ottengono la parità purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge nazionale e nel rispetto degli standards generali dell’istruzione e del principio della libertà di accesso degli studenti e della libertà di insegnamento dei docenti.

[4] Sul punto, si rinvia alle pregevoli e riflessioni di Laneve G. , La scuola per la Costituzione e la Costituzione per la scuola : qualche riflessione sulla formazione degli insegnanti, in Federalismi .it, 13/2014 , ed agli ampi richiami bibliiografici ivi contenuti.

[5] La legge n. 59 del 15.3.1997 e poi il successivo DPR n. 275 dell’8.3.1999 hanno attribuito a tutte le istituzioni scolastiche  personalità giuridica ed autonomia finanziaria , organizzativa e didattica.

 

[6] In termini letterali, l’autonomia  costituzionale  richiamata dall’art. 33, u.c. è riferita alle Università, Accademie e  Istituti di alta cultura; tuttavia esso è stato trasferito, pur sempre nel contesto delle Indicazioni nazionali, ad opera della stessa legislazione ordinaria, agli istituti di istruzione secondaria,  nel senso e nei limiti sopra richiamati.  Il tema  specifico dell’autonomia universitaria, pur assistito da sterminata produzione dottrinale e giurisprudenziale, esula dal presente lavoro. Sia consentito qui il richiamo alla questione, in  A. Loiodice, C. Pecorella, Un potere in discussione: autonomia universitaria, in Studi auton. univ., Roma,  1978, 3 ss.

 

[7] Art. 3 Cost , II co. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana..” Anche il successivo art. 35 della Costituzione richiama il diritto all’istruzione ed alla formazione professionale continua, sia pure in un altro contesto legato al lavoro.

Il diritto all’istruzione è contenuto anche nell’art. 14 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e nelle principali costituzioni democratiche del mondo.

[8] Anche la scuola privata, infatti, è da sussumere nell’ambito pubblico, in  ragione dell’esercizio autorizzato di una attività di interesse pubblico. L’articolo 29 comma 1 della legge 241/90, come modificato dall’art. 10, co. 1, lett. a), L. 18 giugno 2009, n. 69, così dispone : «1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative. Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 11, 15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche»;

[9]  L’art. 22 co. 1, lett. e) l.241/90 precisa: “Ai fini del presente capo si intende … per “pubblica amministrazione”, tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.” L’art. Art. 23 l. 241/90, come novellato  dall’art. 4, co. 2, L. 3 agosto 1999, n. 265 ( e nella rubrica dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15) così dispone : Ambito di applicazione del diritto di accesso.  1. Il diritto di accesso di cui all’articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. (…)

 

[10] La Corte Costituzionale ha avuto modo, più volte, di pronunciarsi in termini diretti o indiretti, sul valore sovraordinato dei principi fondamentali. Ex multis, basterà ricordare la sentenza n.1146 /1998, ove si statuisce che alcuni “principi supremi” contenuti nella Costituzione non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale e “pur non essendo espressamente menzionati tra quelli non assoggettabili al principio di revisione costituzionale, appartengono all’’essenza dei valori sui quali si fonda la Costituzione italiana”.

[11] Pressoché impossibile richiamare la sterminata dottrina sul profilo e le pronunce della Corte Costituzionale in merito. Per la prima, oltre agli ampi richiami contenuti nei classici manuali di Diritto Costituzionale ai quali si rinvia, si vedano O. Chessa, Libertà fondamentali e teoria costituzionale, Milano, 2002; A. D’Aloja, Diritti e Costituzione, Milano 2003; L.Ferrajoli, Diritti fondamentali. Un dibattito teorico, Roma – Bari, 2003; P. Caretti, I diritti fondamentali : libertà e diritti sociali, Torino 2005; G. Orsello, Diritti umani e libertà fondamentali, Milano 2005; R.Nania, P.Ridola ( a cura di ) I diritti costituzionali, vol. II, Torino, 2006; A. Cassese, I diritti umani oggi, Roma-Bari, 2007. Per una sintesi, anche se non recentissima, delle sentenze della Corte, si veda AA.VV, I diritti fondamentali nella giurisprudenza della Corte Costituzionale 2006 , sul sito ufficiale cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari, pag. 2.ss.

[12] Proprio nella “funzione sociale” della scuola, ossia nella qualità di strumento di elevazione spirituale dell’uomo e di progresso civile, il Martinez  rinviene la ratio della rilevanza costituzionale della scuola, quale formazione comunitaria e della stessa obbligatorietà del livello minimo di istruzione obbligatoria e gratuita, T. Martinez, Diritto Costituzionale, Milano Giuffrè, X ed. riveduta da G. Silvestri, 2000, p. 600 ss.

[13] Sul tema della centralità costituzionale della scuola, la bibliografia è assai vasta.  Per limitare i richiami in questa sede, si veda, tra gli altri …

[14] L’antitesi tra trasparenza e riservatezza, viene, sotto il profilo generale, valutata  “nella prospettiva dei dialogo tra regola ed eccezione”, con prevalenza della prima, rapportata altresì ai valori costituzionali di cui all’art. 21 e 24, rispetto alla seconda, rientrante nel “patrimonio plasmato dall’art. 2 della Grundnorm”, intesa quale limite modale del diritto di accesso. da F. Caringella, in F.Caringella, R. Garofoli, M.T. Sempreviva, Giuffrè, Milano, II ed. 2003, pag. 410.

[15] La riforma …. Cd Legge 107 …..

[16] La stessa legge 241, all’art. 22 , dopo averne dato la definizione (“…diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia degli atti amministrativi”), qualifica esplicitamente l’accesso ai documenti amministrativi, per le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, “principio generale dell’attività amministrativa” al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza [16], stabilendo subito appresso l’ulteriore principio che  “Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6 ”, (cfr co. III)

[17] Il richiamo al diritto di informazione non solo nella sua  dimensione attiva ( libertà di espressione, divulgazione di notizie ed opinioni) , ma anche e soprattutto passiva ,  legata all’interesse generale dei potenziali destinatari e quindi alla pluralità delle fonti informative legata al principio di democrazia  è uno dei punti qualificanti l’opera di A.Loiodice, dalla prima opera, Contributo allo studio sulla libertà d’informazione, Napoli, 1969, ex multis, si veda, in merito al profilo qui accennato, del medesimo A., Voce “Informazione (diritto alla)”, in Enc. Dir., vol. XXI, Milano, 1971, 472 ss.; Idem, Problematica costituzionale dell’informazione, Bari, 1973; Loiodice A. P. Giocoli Nacci, Miscellanea. Scritti vari di diritto costituzionale, Bari, 1979;

Loiodice A., Esigenze dei lettori e stampa (obiettivi di attuazione costituzionale), in Studi in  onore di Antonio Amorth, Milano, 1982, 343 ss.; L’informazione, in Manuale di Diritto Pubblico, a cura di G. Amato e A. Barbera, Bologna, 1984, 903 ss.;  A. Loiodice, con  A. Brighina e G. Corasaniti Situazione costituzionale e diritto all’informazione, in I servizi dell’informazione, tomo I: editoria e stampa, vol. XV del Trattato di diritto amministrativo diretto da G. Santaniello, in collaborazione con, Padova, 1990, 3 ss.; Libertà e società dell’informazione, in AA.VV., Costituzione e realtà attuale, a cura di L. Lippolis, Milano, 1990, 188 ss.;  soprattutto, sul punto, Loiodice A,, Le radici nella Costituzione, in AA.VV., Verso il diritto all’informazione, a cura di J. Jacobelli, Roma, 1991, 95 ss. nonché più recentemente, le considerazioni di MODUGNO F., Perché è corretto desumere da (o proporre per) l’art. 21della Costituzione l’esistenza di un diritto all’informazione. , in  Studi in onore di Aldo Loiodice, Bari, 2012, p.833 ss.

Sul punto si veda M. A. Sandulli,, Accesso alle notizie e documenti amministrativi , in Enc. Diritto, Aggiornamento, IV, Milano, 2001.

[18] Il fondamento costituzionale del diritto di accesso,  non trova unanimità di consensi in  dottrina. Appare preferibile l’opinione di chi lo ritiene fondato essenzialmente sul principio di cui all’art. 97 Cost. poiché esso assolve essenzialmente alla funzione di controllo democratico sull’operato dei soggetti pubblici; anche se tale visione non esclude, tra i fondamenti concorrenti, il rilievo del diritto all’informazione ( M.S. Giannini parla di “capitolo applicativo del diritto all’informazione”, M.S. Giannini, Diritto Amministrativo, vol. II, Milano, 1970, p. 959.) ; appare egualmente corretta la qualificazione di diritto “autonomo”, ossia non necessariamente strumentale alla tutela giurisdizionale, poiché la tutela del diritto di accesso del cittadino non è solo tutela giurisdizionale, ma comprende tutte quelle forme di protezione, difesa o salvaguardia della posizione del soggetto che possono essere anche solo di ordine morale, così Chieppa R., La trasparenza come regola della pubblica amministrazione in Dir. Econ, 1994, p. 623.

[19]  Con riferimento all’attività degli organi collegiali, si veda la Circolare Ministeriale 16 aprile 1975, n. 105 Oggetto: Applicazione del regolamento tipo nelle more dell’adozione del regolamento interno. Art. 1.- Disposizioni generali sul funzionamento degli organi collegiali; per il profilo che qui rileva, si veda l’art. 13, Pubblicità degli atti.

 

[20] Come già visto, assistita dalla tutela costituzionale di cui all’art. 33 Cost.

[21] Legge Costituzionale del 23 Novembre 1999 n. 2 .

[22] Dlgs. n. 196/2003, modificato dalla legge n. 45 /2004.

[23] Infatti, la norma stabilisce che “fatto salvo quanto previsto dall’art. 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali… restano disciplinati dalla L. 7 agosto 1990 n. 241…”.

 

[24] Ad esempio nel già richiamato art. 22, IV co. “… salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono”.

 

[25] Quale “ incaricato del trattamento” ai sensi del dlgs n 33 del 2003.

[26] Codice Privacy Parte I “Disposizioni generali”, Titolo I “Principi generali”, art. 2 “Finalità” : “1. Il presente testo unico, di seguito denominato “codice”, garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali. 2. Il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà di cui al comma 1 nel rispetto dei principi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per il loro esercizio da parte degli interessati, nonché per l’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento”.

 

Prof. Avv. Ciocia Paolo

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