Procura alle liti in lingua straniera e validità: le Sezioni Unite e i limiti del formalismo linguistico

Nel diritto processuale civile, la questione della validità della procura alle liti redatta in lingua straniera ha generato un rilevante dibattito.

Redazione 24/07/25
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Nel panorama del diritto processuale civile, la questione della validità della procura alle liti redatta in lingua straniera ha generato nel tempo un rilevante dibattito giurisprudenziale, alimentato da esigenze di rigore formale e istanze di effettività della tutela giurisdizionale. La sentenza n. 17876/2025 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, pubblicata il 2 luglio 2025, affronta il problema con un taglio sistematico, componendo un contrasto interpretativo ormai consolidato e ridefinendo i limiti dell’applicabilità dell’art. 122 c.p.c. in ambito internazionale.
Il nodo centrale riguarda l’obbligo di traduzione in lingua italiana degli atti extraprocessuali provenienti da ordinamenti esteri, come la procura alle liti, e le conseguenze processuali derivanti dall’eventuale omissione di tale traduzione.
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Corte di Cassazione -SS. UU. civ.- sentenza n. 17876 del 2-07-2025

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Indice

1. Il contesto processuale: una procura rilasciata all’estero, redatta in inglese


La controversia da cui prende le mosse la pronuncia delle Sezioni Unite nasce nell’ambito di un giudizio di impugnazione in materia successoria, nel quale uno dei convenuti si era costituito tramite procuratore, producendo una procura speciale redatta in lingua inglese, rilasciata all’estero, autenticata da notaio straniero e corredata da apostille conforme alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961.
La parte appellante eccepiva l’invalidità dell’atto per assenza di traduzione, sostenendo la nullità della procura in quanto non comprensibile e in contrasto con l’art. 122 c.p.c. La corte d’appello accoglieva l’eccezione, ritenendo l’atto affetto da nullità insanabile e privo dei requisiti minimi per documentare validamente il potere di rappresentanza processuale.
Il ricorso per cassazione sollevava il tema della necessità della traduzione e dell’eventuale potere del giudice di ordinarla, inquadrando la questione nell’ambito dell’art. 123 c.p.c. La Seconda Sezione civile rimetteva la questione alle Sezioni Unite, richiamando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.

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2. Il contrasto interpretativo: tra formalismo linguistico e approccio funzionale


Due orientamenti contrapposti avevano preso corpo in giurisprudenza. Il primo, di matrice formalistica, ancorava la validità degli atti prodromici all’utilizzo esclusivo della lingua italiana, ritenendo che la mancanza di traduzione comportasse una nullità assoluta, in ossequio all’art. 122 c.p.c., che impone l’italiano come lingua del processo.
Il secondo filone, più aderente alla funzionalità dell’atto e al principio di effettività, riteneva invece che la procura alle liti fosse un atto extraprocessuale, la cui validità non poteva dipendere da una regola formale sulla lingua, ma solo dalla sua idoneità a rendere comprensibile la volontà del conferente. In tale prospettiva, l’art. 123 c.p.c. offriva al giudice uno strumento discrezionale – e non obbligatorio – per ordinare la traduzione, se ritenuta necessaria.

3. Il punto di diritto delle Sezioni Unite: prevale l’effettiva comprensibilità dell’atto


Le Sezioni Unite, con una motivazione densa e sistematica, affermano un principio di chiarezza: la procura alle liti è un atto unilaterale di natura sostanziale, prodromico e distinto dagli atti processuali in senso stretto, e dunque non è soggetta all’obbligo di redazione in lingua italiana ex art. 122 c.p.c.
La Corte individua nell’art. 123 c.p.c. la norma corretta da applicare: essa prevede che il giudice possa richiedere la traduzione di un atto in lingua straniera quando non comprensibile, ma non impone che l’atto sia in italiano ai fini della sua validità. Ne deriva che l’eventuale mancanza della traduzione non determina alcuna nullità, salvo che l’atto sia oggettivamente incomprensibile, situazione che consente al giudice di ordinare la traduzione senza incidere sulla validità originaria.
Il principio di tassatività delle nullità processuali (art. 156, comma 2, c.p.c.) impedisce di ritenere invalido un atto in assenza di una norma che lo sanzioni espressamente. La Corte, quindi, valorizza il potere del giudice di accertare officiosamente la comprensibilità dell’atto, limitando il ricorso alla traduzione solo ai casi in cui essa sia effettivamente necessaria.

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4. I principi di diritto enunciati e le ricadute pratiche


La sentenza si chiude con due fondamentali enunciati di diritto:

  • La traduzione in italiano della procura alle liti rilasciata all’estero non costituisce un requisito di validità dell’atto, anche se accompagnata da certificazione notarile o apostille.
  • Gli atti prodromici al processo non sono soggetti all’obbligo linguistico dell’art. 122 c.p.c.. Se redatti in lingua straniera, sono validi, salvo che il giudice non ritenga di richiedere la traduzione, facoltà che può omettere qualora comprenda il contenuto del documento.

Questi principi orientano la prassi verso una maggiore semplificazione procedurale e una valorizzazione della sostanza sulla forma, in coerenza con il principio di strumentalità delle forme e con la tutela dell’effettiva volontà della parte.

5. Conclusioni: verso una giustizia più accessibile e coerente con la dimensione internazionale


La pronuncia n. 17876/2025 delle Sezioni Unite si impone come sentenza di sistema. Essa afferma un modello processuale che non sacrifica il contenuto all’involucro, né la sostanza alla forma, soprattutto in presenza di atti provenienti da ordinamenti stranieri.
In un contesto sempre più interconnesso e internazionale, la Corte promuove un’interpretazione delle norme processuali non meramente linguistica, ma funzionale, orientata alla tutela effettiva dei diritti e alla certezza del diritto.
La validità della procura alle liti redatta in lingua straniera, dunque, non dipende più da automatismi formalistici, ma dalla reale possibilità per il giudice di comprenderla e valutarne l’efficacia: una soluzione equilibrata, che rafforza la coerenza dell’ordinamento e la fiducia nel processo civile.

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