Processo tributario e tutela cautelare

Redazione 08/05/20
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Processo tributario: come operano gli strumenti cautelari?

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Laddove dall’esecuzione dell’atto impugnato derivi un danno grave ed irreparabile, il ricorrente può, ai sensi dell’articolo 47 del d.lgs. 3 dicembre 1992, n. 546, presentare un’istanza motivata di sospensione, notificata alle altre parti.
Tale sospensione, in base al comma 5 della norma citata, “può anche essere parziale e subordinata alla presentazione di idonea garanzia mediante
Capitolo X
Tutela cautelare nel processo tributario
a 122 Cilopt X
cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa, nei modi e termini previsti nel provvedimento”.
Una disciplina particolare è poi prevista dall’articolo 47-bis, per gli atti di recupero di aiuti di Stato in materia tributaria.
A decidere l’istanza è la Commissione tributaria “competente”. La Commissione è “competente” quando siano stati rispettati i criteri di ripartizione territoriale fissati all’articolo 4 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Ne consegue che il giudice investito della domanda cautelare, se ritiene di non essere competente per il merito del ricorso, deve dichiarare inammissibile l’istanza; ed egualmente deve fare il giudice che non si ritenga munito di giurisdizione.
Può dirsi che l’istanza cautelare introduce, nell’ambito del processo tributario, un giudizio incidentale rispetto a quello di merito, di tal che la Commissione provinciale è la stessa adita per l’impugnazione principale. Ovviamente il giudizio cautelare resta autonomo rispetto a quello di merito sia sotto il profilo formale sia sotto quello sostanziale, in quanto oggetto del primo è la verifica dell’esistenza di un danno grave e irreparabile anche se va osservato che l’eventuale esame e definizione, da parte della Commissione adita in sede cautelare, nell’alveo dell’udienza in camera di consiglio e in assenza delle parti costituite, del merito della causa con assenza di pronuncia sull’istanza cautelare, secondo recente giurisprudenza di legittimità, non comporta nullità poiché non viola il diritto di difesa.
La domanda cautelare è trattata dal Collegio, sentite le parti, alla prima camera di consiglio utile, comunque non oltre centottanta giorni dalla sua presentazione.
Per ragioni di eccezionale urgenza, il presidente della Commissione può, con decreto motivato, disporre la provvisoria sospensione dell’esecuzione fino alla definitiva pronuncia cautelare del Collegio.
Appare giusto ricordare che la coincidenza del giudice del merito con quello della cautela ha dato luogo a dubbi di incostituzionalità sopiti dal ritenere che il giudice tributario abbia comunque la capacità di astrarsi dalla situazione già esaminata, peraltro sommariamente, nel corso del giudizio cautelare, allorché si trova, successivamente, a giudicare nel merito la questione.
La domanda cautelare è decisa sulla base di due elementi i quali sono qualificabili come i presupposti per la concessione della sospensione:
– il fumus boni iuris, ossia la “delibazione del merito” della controversia, prescritta dai commi 3 e 4 dell’articolo 47 e da cui poter trarre un giudizio prognostico di fondatezza del ricorso;
– il periculum in mora, ossia il pregiudizio “grave ed irreparabile” che la posizione del ricorrente verrebbe a subire, ove rimanesse senza tutela giuridica fino alla pronuncia di merito.
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La concessione della misura dipende dalla positiva valutazione della sussistenza di entrambi i presupposti. Di conseguenza, anche se suggestivo, appare poco plausibile il criterio dei c.d. “vasi comunicanti” in virtù del quale il giudice può effettuare una valutazione combinata e bilanciata dei due elementi (fumus e periculum), accordando la tutela cautelare in situazioni di danno particolarmente grave, pur in difetto di un’adeguata prognosi di fondatezza dell’azione. Al contrario, secondo l’impostazione preferibile, il fumus rappresenta la premessa indefettibile della tutela, tanto da dover essere valutato preliminarmente e separatamente rispetto al danno (seguendo Chiovenda secondo il quale la ratio della tutela cautelare è quella di impedire che la durata del processo si risolva in danno dell’attore che “ha ragione”. Possiamo comunque affermare che, tendenzialmente, nella valutazione occorre cercare di non privilegiare né l’aspetto della gravità ed irreparabilità né quello del fumus, poiché è proprio dalla compresenza e dal bilanciamento tra i due elementi che emerge l’opportunità di accordare la sospensione.

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Cosa può essere sospeso?

Secondo un’opinione diffusa, per sua stessa definizione, l’istituto della sospensione può riguardare soltanto atti immediatamente esecutivi, cioè produttivi di effetti suscettibili di essere paralizzati da una pronuncia favorevole. In quest’ottica, la tutela cautelare sarebbe riservata esclusivamente agli atti della riscossione (ossia, a partire dalla cartella di pagamento) ed agli accertamenti impo-esattivi di cui all’articolo 29 della legge 30 giugno 2010, n. 122, che fungono anche da cartella di pagamento.

Viceversa, resterebbero sguarnite di tutela cautelare sia le domande di rimborso, veicolate attraverso il ricorso contro il silenzio-rifiuto, sia le domande di annullamento di atti non esecutivi. In quest’ultimo caso, infatti, l’istanza di sospensiva potrebbe proporsi solo dopo l’iscrizione a ruolo del tributo, “chiedendone l’inibitoria dell’efficacia, la quale propagherà poi i propri effetti al dipendente provvedimento di esecuzione coattiva”.
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Altra tesi ritiene invece che, tendenzialmente, la sospensione possa essere accordata in relazione a qualsiasi provvedimento tributario: vuoi poiché “sospendere l’esecuzione significa togliere provvisoriamente efficacia all’atto in modo da arrestare l’attività di riscossione sulla base dell’atto medesimo”, vuoi perché la sospensione impatta sull’esecuzione dell’atto che è una caratteristica propria di tutti gli atti tributari, consistendo nella possibilità che essi siano portati a realizzazione unilateralmente dall’Amministrazione fiscale. Risulta, quindi, lecito affermare che l’ampia casistica in tema di atti impugnabili ex articolo 19 d.lgs. n. 546/1992 esplica i suoi effetti anche sulla sospensione dell’atto ex articolo 47.
Bisogna ricordare che la giurisprudenza ha esteso, oltre i limiti degli atti impugnabili ex articolo 19 d.lgs. n. 546/92, la sospendibilità dell’atto in quanto sussisterebbe l’interesse ad agire ex articolo 100 c.p.c., e tale interpretazione sarebbe conforme alle norme costituzionali di tutela del contribuente, cioè agli articoli 24 e 53 della Costituzione, e di buon andamento della P.A., ossia all’articolo 97 Cost. (Cass., sez. un., ord. 3773/2014 e 10672/2009). Ne consegue che, anche nel caso di accertamento non esecutivo, restano valide le questioni relative alla sospendibilità di un atto non esecutivo come quella secondo cui qualora si ammettesse la possibilità di richiedere la sospensione di più atti (avviso di accertamento e successiva iscrizione a ruolo), nelle diverse fasi facente parte dello stesso iter procedimentale, potrebbe verificarsi un conflitto tra una pluralità di pronunzie cautelari vertenti sulla sospensione del medesimo atto. Tale eventualità è stata considerata, da recente e attenta dottrina, del tutto inconsistente se si tiene presente che, agli effetti della sospensione cautelare, l’avviso di accertamento ed il ruolo devono essere considerati come un tutt’uno e, quindi, la sussistenza del periculum in mora e del fumus boni iuris, nell’avviso di accertamento impugnato, è da ritenere condizione sufficiente per sospendere sia l’avviso che il ruolo conseguente. Un ulteriore argomento a favore della sospendibilità dell’avviso di accertamento (non esecutivo) deriva, infine, dall’articolo 8 dello Statuto dei diritti del contribuente (l. 212/2000), relativo alla tutela dell’integrità patrimoniale del contribuente. Questa norma, che secondo la giurisprudenza è da considerarsi immediatamente esecutiva a prescindere dall’emanazione dei regolamenti attuativi, induce a ritenere ammissibile la sospensione dell’avviso di accertamento in quanto risulta difficile escludere che un danno patrimoniale possa derivare con immediatezza dalla notifica dell’atto conclusivo di un procedimento di accertamento e di collegamento con quello di esecuzione.

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