Il procedimento contrattuale secondo ANAC ed analisi di alcune criticità

Redazione 27/11/17
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di Stefano Usai

Di seguito, senza pretesa di essere esaustivi, si passeranno in rassegna alcune criticità relative al procedimento contrattuale su cui l’ANAC dovrebbe fornire chiarimenti pratico-istruttori per superare l’attuale impasse in cui versano le stazioni appaltanti.

Il nuovo codice dei contratti lascia aperte una serie di questioni pratico-operative del procedimento contrattuale che neppure l’ANAC riesce a chiarire ed anzi, sia consentito, proprio il lavoro di approfondimento continuo di certi aspetti (si pensi alla rotazione nelle procedure semplificate) – ovvero il tentativo di regolamentare ogni minima fase/azione del procedimento amministrativo – fa emergere la complessità e, soprattutto, l’inadeguatezza delle norme recenti.
Aspetti, e norme, controversi/e che pur presenti nel pregresso regime, risultando meno esasperati, venivano vissuti con maggiore tranquillità tecnica.
Per l’analisi, che si ripete, non ha la pretesa dell’esaustività, verranno prese in considerazione proprio le posizioni espresse dall’ANAC e dalla recente giurisprudenza.

LA QUESTIONE DELLA ROTAZIONE DEGLI INVITI E DELL’AFFIDAMENTO

Il principio di rotazione ha trovato una più chiara definizione – aderente al dato normativo – grazie alle recenti sentenze del Consiglio di Stato, rispettivamente n. 4125 della sesta sezione e n. 4142 (della quinta sezione) depositate entrambe il 31 agosto 2017.
Da una analisi congiunta emerge che il principio di rotazione ha una valenza/implicazione di tipo compensativo pur con delle eccezioni – sostanzialmente rimesse alle condizioni oggettive del mercato e ad una, non ben chiara, certificazione del RUP circa l’adeguatezza dell’esecuzione del pregresso contratto da parte dell’affidatario uscente –.
In questo modo il giudice di Palazzo Spada ha risposto, quasi esaustivamente, ad uno stesso interrogativo posto dalla commissione speciale dello stesso Collegio che si è espressa sullo schema di decreto legislativo correttivo n. 56/2017 (con il parere n. 782/2017).
In particolare, l’interrogativo era quello di comprendere se la rotazione dovesse o meno essere intesa come un obbligo o piuttosto come una facoltà.
La prima delle sentenze citate (n. 4125) si occupa della procedura di affidamento triennale della concessione del servizio di erogazione di prodotti mediante distributori automatici.
Il ricorrente – aggiudicatario e pregresso affidatario della concessione – impugna la sentenza del TAR Toscana, che con sentenza n. 454 del 2017, che ha annullato l’affidamento per “la violazione del principio di rotazione, essendo l’aggiudicataria la precedente concessionaria del servizio”.
Al di là dei motivi di impugnazione – tra l’altro, secondo il ricorrente, i soggetti partecipanti alla procedura ad inviti non avrebbero potuto sollevare la questione della rotazione ma solo quelli “pretermessi” – è di sicuro rilievo la precisazione fornita dal giudice di secondo grado che conferma la statuizione del giudice di prime cure.
Il principio di rotazione – che ha la funzione di orientare il RUP sia nella consultazione del mercato sia nella fase di invito –, puntualizza il giudice (e ancor prima l’ANAC) trova il proprio fondamento nella necessità di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente.
Tali rendite di posizione si sostanzierebbero in quel “bagaglio” di informazioni che l’appaltatore acquisisce durante l’esecuzione del contratto consentendogli, quindi, di acquisire una posizione di vantaggio che diventa inaccettabile se “esercitata” nella reiterazione della competizione (per l’acquisizione della stessa/analoga commessa).
Posizione di vantaggio, naturalmente, che esplica una implicanza “non concorrenziale” nelle procedure derogatorie e non certo in un procedimento aperto che, ovviamente, non potrà prevedere limitazioni alla partecipazione.
La questione della rotazione, pertanto, si pone nel caso di riutilizzo di procedere derogatorie e quindi sia in relazione alle ipotesi semplificate di cui all’articolo 36 del codice e dell’articolo 63 che disciplina le procedure negoziate senza pubblicazione di bando.

L’AMBITO APPLICATIVO DELLA ROTAZIONE È QUELLO DELLE PROCEDURE IN DEROGA

Ed a tal proposito, la successiva sentenza n. 4142 – della quinta sezione chiarisce (pur con riferimento alla pregressa fattispecie del cottimo fiduciario) – che la rotazione “consente di escludere dall’invito coloro che siano risultati aggiudicatari di precedenti procedure dirette all’assegnazione di un appalto avente lo stesso oggetto di quello da aggiudicare, così da escludere la possibilità di reiterati affidamenti al medesimo operatore, con frustrazione del principio di tutela della concorrenza”.
Sempre la sentenza più recente prosegue precisando che la ratio della rotazione vale, “in primis, per quegli operatori economici che siano già stati destinatari di un affidamento diretto, che dunque, ben possono essere esclusi a priori dalle successive aggiudicazioni dello stesso genere, proprio per evitare il possibile formarsi di posizioni di privilegio”.
Inoltre, “il principio potrebbe applicarsi anche agli affidatari a seguito di procedure ad evidenza pubblica” ma per “evitare che, una volta scaduto il rapporto convenzionale, la precedente aggiudicataria possa di fatto sfruttare la sua posizione di gestore uscente per indebitamente prorogare (se non rinnovare) il relativo rapporto al di fuori delle regole di legge”.
Non a caso, come detto, il principio di rotazione – o meglio, la necessità della sua applicazione – , viene richiamato/a dal codice dei contratti in coincidenza delle procedure in deroga rispetto alla procedura ordinaria ed infatti non viene richiamato nell’articolo 30 del codice. Norma, come noto, che stabilisce i principi “comuni” da ossequiare nelle procedure di gara.
Analizzando le due pronunce e, soprattutto la prima delle due sentenza citate (n. 4125/2017), il principio di rotazione costituisce quindi una sorta di clausola di salvaguardia che tende ad evitare o ad impedire che l’uso delle “pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo” possano ostacolare, soprattutto una “distribuzione temporale” concorrenziale “delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei”.
A tal fine, ed è questa la statuizione del giudice “il principio di rotazione comporta in linea generale che l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale e deve essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, cfr. la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee guida n. 4)”.
Naturalmente, nel caso di specie, non è stata rinvenuta alcuna motivazione che giustificasse la deroga al principio di rotazione.

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