Problematiche connesse all’inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo

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(Cassazione civile, Sezione II, 07 giugno 2013, n. 14444)

Con questo provvedimento la Suprema corte affronta un tema complesso, ricco di sfaccettature e problematiche, in grado di investire questioni di natura sostanziale e questioni di natura strettamente processuale.

L’attività interpretativa della Cassazione si concentra sul procedimento ingiuntivo, cioè quel procedimento diretto al perfezionamento di un titolo esecutivo (il decreto ingiuntivo) in grado di garantire, nel minor tempo possibile, l’esecuzione forzata.

Questo procedimento è caratterizzato da una struttura particolare e funzionale al suo specifico scopo, che si caratterizza per la predisposizione, da parte del titolare di un diritto di credito, di una fase senza contraddittorio, fase che deve risultare idonea a garantire la celere formazione di un titolo esecutivo su cui fondare l’esecuzione forzata; una volta formato, attraverso il suddetto titolo, il giudice ingiunge al ritenuto debitore di pagare la somma entro quaranta giorni dalla notificazione del decreto avvertendo che entro il medesimo periodo potrà proporre l’opposizione che introdurrà la seconda (eventuale) fase del procedimento (a contraddittorio pieno) e che, se la suddetta opposizione non verrà proposta nel termine indicato, si procederà ad esecuzione forzata.

La specifica struttura del procedimento mette in risalto l’importanza della notificazione del decreto ingiuntivo, poiché è attraverso quest’atto che l’ingiunto viene a conoscenza di quanto è stato contestato nei suoi confronti e senza il suo contraddittorio e soprattutto è da questo momento che è posto nella condizione di esercitare il suo diritto alla difesa, sancito costituzionalmente, attraverso l’opposizione.

È proprio da una questione concernente la notificazione del decreto ingiuntivo che si sviluppa la controversia oggetto dell’esame della Suprema corte: il destinatario di un decreto ingiuntivo si oppone tardivamente, ex art 650 c.p.c, al medesimo poiché la notificazione era pervenuta ad un omonimo, nato nel medesimo luogo dell’effettivo destinatario ma che risultava esser titolare di un’impresa che svolgeva attività completamente differente rispetto a quella del soggetto effettivamente ingiunto.

Da questa caotica vicenda si è sviluppato un complesso contenzioso che ha portato, in primo grado, alla dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo e quindi alla soccombenza dell’attore che si è protratta anche in appello.

L’opponente ha dedotto l’inefficacia del decreto ingiuntivo ex art 644 c.p.c sulla base dell’inesistenza della notificazione.

Riguardo questa tematica si è sviluppata un’ampia e consolidata giurisprudenza della Cassazione per cui “la notificazione del decreto ingiuntivo anche se nulla, è indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto e conseguentemente esclude la presunzione di abbandono del titolo che costituisce il fondamento della previsione di inefficacia di cui all’art. 644 c.p.c, applicabile esclusivamente in caso di omissione della notificazione o di notificazione inesistente” (Cass., Sez I, 31 ottobre 2007, n.22959); inoltre la giurisprudenza si è occupata anche del rapporto e del reciproco condizionamento tra nullità ed inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo e del relativo regime di opposizione da parte dell’intimato, disponendo che “nel caso di nullità della notificazione del decreto ingiuntivo – diversamente dall’ipotesi di inesistenza che sussiste quando la notifica sia stata eseguita in luoghi o nei confronti di persone non aventi alcuna relazione con il destinatario perché a lui totalmente estranei – è esperibile l’opposizione tardiva ai sensi dell’art 650 c.p.c. La notificazione è nulla o semplicemente irregolare quando sia stata effettuata in luogo o a persona che, pur diversi da quelli indicati dalla legge (art 139 c.p.c), abbiano comunque con il destinatario un collegamento” (Cass., Sez III, 24 ottobre 2008, n.25737).

Nella controversia in questione sia il Tribunale che la Corte di appello accolgono la richiesta dell’opponente disponendo l’inefficacia del decreto sulla base della evidente inesistenza della notificazione, poiché indirizzata nei confronti di una persona fisica del tutto diversa da quella identificata come titolare della ditta in favore della quale la ricorrente aveva eseguito forniture non pagate e quindi viziata in maniera così radicale da precludere la possibilità stessa di riconoscere nell’atto la funzione di notificazione, per esser stata la stessa eseguita in un luogo e nei confronti di soggetti assolutamente estranei al destinatario.

La Cassazione inoltre affronta le problematiche concernenti i rapporti tra l’opposizione a decreto ingiuntivo ex art 645 c.p.c e l’opposizione ad esecuzione ex art 615 c.p.c : nel caso in questione il ricorrente sostiene che, in presenza di un decreto ingiuntivo suscettibile di determinare esecuzione forzata in virtù della mancata e puntuale opposizione e di cui venga richiesta l’inefficacia in conseguenza dell’inesistenza della relativa notificazione, dovrebbe esser proposta opposizione all’esecuzione forzata ex art 615 c.p.c e non opposizione ex art 650 c.p.c.

Al riguardo la giurisprudenza risulta essere tendenzialmente concorde nell’affermare che “la mera nullità della notificazione del decreto ingiuntivo (a differenza di quanto si verifica in caso di sua inesistenza) […] può essere eccepita dall’intimato solo nel giudizio di cognizione instaurato con l’opposizione ai sensi dell’art 645 c.p.c, ovvero, se la nullità ha impedito all’opponente di avere tempestiva conoscenza del decreto stesso, con l’opposizione tardiva, ai sensi dell’art 650 c.p.c e non anche successivamente alla notificazione del precetto con opposizione di cui agli art 615 e 617 c.p.c dinanzi ad un giudice diverso da quello funzionalmente competente a giudicare sull’opposizione a decreto ingiuntivo” (Cass., Sez I, 07 dicembre 2012, n.22261).

Perciò, in applicazione della regola dell’assorbimento dei vizi di nullità in motivi di gravame di cui all’art 161 c.p.c, i vizi di nullità del decreto non fatti valere con l’opposizione (eventualmente tardiva) al medesimo non possono più esser fatti valere neppure con l’opposizione all’esecuzione, implicando con ciò una sanatoria del vizio che non potrà più essere oggetto di impugnazione.

Tuttavia le cose cambiano qualora risulti la radicale inesistenza: in questo caso il secondo comma dell’art 161 c.p.c esclude l’applicazione del suo primo comma, ossia la regola dell’assorbimento, con la conseguenza che la decadenza dal mezzo di impugnazione non determina il perfezionamento e la definizione di una sanatoria del vizio, il quale risulta tanto grave da privare il passaggio in giudicato della sua efficacia sanante.

Dal momento che la norma è ritenuta applicabile anche a quei provvedimenti che, pur non avendo la forma della sentenza, hanno natura sostanzialmente decisoria e sono suscettibili di divenire incontrovertibili, quali appunto il decreto ingiuntivo, “nell’ipotesi in cui l’intimato denunci la radicale inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo, deve riconoscersi allo stesso la possibilità di agire direttamente per conseguire la dichiarazione di inefficacia ex art 188 dips. att. c.p.c o di opporsi all’esecuzione intrapresa con i rimedi di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c (Cass., Sez II, 06 dicembre 2006, n. 2721).

Nel caso in questione l’opponente, oltre a dolersi dell’insistenza della notificazione del decreto ingiuntivo, ha dedotto l’infondatezza delle ragioni creditorie attraverso l’opposizione ex art 650 c.p.c poiché solo attraverso quest’ultimo rimedio (con ovvio riferimento anche all’opposizione tempestiva ex art 645 c.p.c) avrebbe potuto sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi o impeditivi anteriori alla formazione del titolo.

Non avrebbe potuto ottenere il medesimo risultato attraverso l’opposizione ad esecuzione forzata ex art 615 c.p.c poiché non gli è consentito contestare il diritto del creditore per ragioni che avrebbe potuto e dovuto far valere nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo; può far valere solo fatti modificativi o estintivi sopravvenuti.

A giudizio della Suprema corte, inoltre, la legittimazione a proporre l’opposizione ex art 650 c.p.c sussiste anche in caso di omonimia, dal momento che questa condizione presuppone necessariamente l’accertamento del fatto costitutivo di reato, sotto il profilo dell’individuazione dei soggetti del rapporto obbligatorio.

La Cassazione, sulla base della censura mossa dal ricorrente e concernente la mancata concessione della possibilità di chiamata di un terzo nel processo istaurato dall’opponente ex art. 650 c.p.c, disattende la doglianza sulla base di considerazioni concernenti la struttura intrinseca del procedimento ingiuntivo. L’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo non determina alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contezioso ma esclusivamente una inversione concernente l’onere di iniziativa circa l’istaurazione del contraddittorio per il giudizio a cognizione piena e completa (che rappresenta l’eventuale seconda fase del procedimento ingiuntivo), dal momento che questo onere viene addossato alla parte che dal punto di vista sostanziale è debitore in quanto destinatario del decreto ingiuntivo.

L’ingiunto, quindi, nonostante sia in grado di garantire l’istaurazione del contraddittorio che, nel normale processo di cognizione, spetterebbe all’attore, continua a rivestire anche nel giudizio di opposizione ex art. 650 c.p.c il ruolo di convenuto e in quanto tale “qualora voglia chiamare in causa un terzo deve richiederne l’autorizzazione al giudice, a pena di decadenza, nello stesso atto di opposizione” (Cass., Sez III, 27 gennaio 2003, n. 1185).

Rispettivamente l’opposto, attore in senso sostanziale, è tenuto a rispettare quanto statuito e disposto dal terzo comma (riferito alla chiamata del terzo da parte dell’attore) dell’art 269 c.p.c e quindi “ove, a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta , sia sorto l’interesse dell’attore a chiamare in causa un terzo, l’attore deve, a pena di decadenza, chiederne l’autorizzazione al giudice istruttore nella prima udienza”(art 269, III comma).

Nel caso in questione l’opposto, attore in senso sostanziale, ha ritenuto opportuno richiedere l’applicazione dell’art 269 c.p.c, secondo comma, concernente le modalità della chiamata del terzo a opera del convenuto, così presupponendo il perfezionamento di quell’inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio di opposizione che la Suprema corte è concorde nell’escludere.

Evidentemente la valutazione discrezionale del giudice istruttore in ordine all’esigenza, derivante dalle difese del convenuto, di estensione del contraddittorio al terzo lo avrà portato a declinare la richiesta dell’opposto, così come gli è consentito ex art 269 c.p.c terzo comma.

Infine la Suprema corte si concentra sulla problematica riguardante la prova della mancata tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione (art 650 c.p.c, primo comma).

La giurisprudenza si è espressa sulla questione differenziando le ipotesi in cui la notificazione risulti semplicemente nulla da quelle in cui manchino gli stessi elementi essenziali del procedimento notificatorio: solo nella prima ipotesi sussiste l’onere dell’ingiunto di dimostrare che, a causa della nullità, egli non ha avuto conoscenza del decreto; nella seconda ipotesi “la mancata conoscenza del decreto da parte del destinatario si presume iuris tantum, ed è onere dell’altra parte dimostrare che l’impugnante ha avuto comunque contezza del processo” (Cass., Sez III, 03 luglio 2008, n. 18243).

Alessandro Giardetti

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