Principio di tassatività, concorso esterno ed erosione del giudicato

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Quali conseguenze per i c.d. fratelli minori di Contrada?

Con ordinanza n.21767/19 la Cassazione Penale, Sez. VI, ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione: se la sentenza della Corte EDU del 14 aprile 2015 sul caso Contrada abbia una portata generale, estensibile nei confronti di coloro che, estranei a quel giudizio, si trovino nella medesima posizione.

Dall’informazione provvisoria pubblicata dalle Sezioni Unite, a seguito dell’udienza del 24 ottobre 2019, si evince una risposta negativa al quesito proposto, la sentenza Contrada non costituirebbe una sentenza pilota e non dovrebbe considerarsi espressione di una giurisprudenza europea consolidata.

In attesa della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite si vuole ricostruire il dibattito sorto intorno alla fattispecie del c.d. concorso esterno.

Si legga anche:” Concorso esterno nei reati associativi”

Prevedibilità e legalità penale

La Corte EDU con sentenza del 14 aprile 2015 ha condannato l’Italia per aver violato l’art.7 CEDU; nello specifico si è ravvisata una violazione del principio di legalità e di irretroattività. Secondo i giudici di Strasburgo all’epoca dei fatti contestati (1979-1988) la fattispecie del concorso esterno non era sufficientemente chiara e prevedibile per il ricorrente.

La sentenza Contrada sembra basarsi su un assunto, ossia la natura giurisprudenziale del concorso esterno, che espressamente viene definito non oggetto di contestazione ma dalla cui valutazione si deve partire. A norma della Corte di Strasburgo non è oggetto di contestazione tra le parti il fatto che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso costituisca un reato di origine giurisprudenziale.. è solo nella sentenza Demitry, pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione il 5 ottobre 1994, che quest’ultima ha fornito per la prima volta una elaborazione della materia controversa, esponendo gli orientamenti che negano e quelli che riconoscono l’esistenza del reato in questione e, nell’intento di porre fine ai conflitti giurisprudenziali in materia, ha finalmente ammesso in maniera esplicita l’esistenza del reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso nell’ordinamento giuridico interno.

Deve, in primo luogo, evidenziarsi come a livello sovranazionale il principio di legalità venga associato alla prevedibilità della conseguenza sanzionatoria. Simile accezione seppur conforme a quella attribuita dall’ordinamento interno non viene però utilizzata in questi termini; corollari del dell’art.25 cost., infatti sono la riserva di legge, tassatività e irretroattività. Nell’ordinamento nazionale, infatti, il concetto di prevedibilità viene utilizzato nell’accertamento del reato, in particolare dell’elemento soggettivo della colpa.

Rispetto al principio di legalità la nozione di prevedibilità assume una funzione completamente differente, riguardando la norma in astratto e non l’imputazione soggettiva del fatto nel caso di specie. È pertanto necessario nell’analisi della sentenza tenere in considerazione le diverse declinazioni della prevedibilità che qui deve riferirsi a due dei corollari del principio di legalità: tassatività e irretroattività in malam partem della norma penale.

Il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso è stato ritenuto dalla Corte non chiaro e prevedibile per il ricorrente in quanto i fatti allo stesso addebitati erano stati posti in essere prima delle varie pronunce con cui la Cassazione avrebbe delineato la fattispecie.

Definendo il concorso esterno un istituto di creazione giurisprudenziale la Corte di Strasburgo ritiene che lo stesso sia divenuto prevedibile solo dalla sentenza Demitry del 1994. Simile assunto è stato criticato da dottrina e giurisprudenza non tenendo in debita considerazione la reale natura della fattispecie.

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La natura del concorso esterno

Il c.d. concorso esterno rappresenta un’ipotesi di concorso di persone eventuale nel reato associativo, derivante dal combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p.

L’art.110 c.p. assume nel sistema una generale funzione di incriminazione estendendo la punibilità delle singole fattispecie anche a condotte atipiche. Il concorrere rappresenterebbe la condotta tipica del concorso ma atipica rispetto al reato punito. Il legislatore del resto con l’art. 110 c.p., come con l’art. 40, comma II, c.p., utilizza clausole di estensione della punibilità al fine di adeguare l’ordinamento anche a nuove forme di criminalità. Tali clausole mostrano indubbiamente un carattere di indeterminatezza che deve essere colmato dell’ermeneusi della giurisprudenza.

Da quanto descritto appare evidente che il fondamento del concorso esterno sia normativo e coerente con il principio di legalità. All’epoca dei fatti l’art.416 bis era presente nel codice così come l’art.110 c.p.

Non si può tacere tuttavia sul fatto che effettivamente la materia del concorso esterno sia stata oggetto di molteplici pronunce della giurisprudenza che hanno contribuito alla definizione e interpretazione del reato. La Cassazione si è trovata per anni a dover individuare gli elementi di divergenza tra la condotta del partecipe e quella del concorrente, verificando in casi concreti se il contributo atipico del correo fosse punibile ai sensi del combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p.

Il concorso esterno pertanto non appare un istituto di creazione giurisprudenziale e non potrebbe esserlo, in quanto il principio di riserva di legge attribuisce alla sola legge la funzione incriminatrice. Riconoscere una diversa natura alla fattispecie vorrebbe dire accertare una palese violazione del principio di separazione dei poteri.

La VI Sezione della Cassazione ha sul punto evidenziato come la sentenza Contrada non accerti una simile violazione strutturale ma si limiti a rintracciare una lesione dell’art.7 CEDU per il singolo caso.

Appare opportuno inoltre sottolineare che la Cassazione ha definito l’istituto in maniera divergente nelle sue varie pronunce, non arrivando a una delineazione “chiara” e condivisa dell’istituto nella sentenza Demitry. La pronuncia del 1994 rappresenta la prima di tante sentenze che hanno contribuito a definire l’istituto a fronte anche dell’evoluzione storica della criminalità. Secondo un primo orientamento, infatti, il concorso esterno poteva ravvisarsi nei soli momenti patologici dell’associazione, in situazioni di anormalità e di fibrillazione, in cui la societas sceleris per continuare a esistere si vedeva quasi costretta a rivolgersi a soggetti esterni.

La c.d. teoria della fibrillazione è stata superata successivamente proprio sulla base di un argomento storico e sociologico. L’analisi dell’evoluzione della criminalità organizzata aveva evidenziato, in particolare, come la mafia ricorresse alla creazione e alla tenuta di legami con il mondo politico e imprenditoriale non solo nella sua fase patologica. A fronte di simili considerazioni la sentenza Carnevale del 2003 ha ritenuto ipotizzabile il concorso esterno anche al di fuori di situazioni di anormalità; il ricorrere a soggetti esterni all’associazione costituirebbe una delle possibili modalità d’azione dell’organizzazione.

 

Il problema dei c.d. fratelli minori

La questione posta alle Sezioni Unite attiene alla natura dei principi ricavati dalla sentenza Contrada e, in particolare, all’estensione degli effetti della pronuncia rispetto a situazioni simili di altri soggetti che non hanno adito la Corte EDU.

Deve, in primo luogo, distinguersi tale ipotesi da quella in cui vi sia una pronuncia della Corte  EDU come per Contrada. In tal caso, infatti, è ormai pacifica la possibilità di esperire il rimedio della revisione europea ex art. 630 cpp, introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 113/2001. Simile strumento non può invece essere utilizzato per soggetti su cui la Corte non si sia espressa, in quanto la riapertura del processo è giustificato dall’accertamento di una violazione della Convenzione.

La questione presenta profili di ulteriore complessità in quanto con il trattato di Lisbona la CEDU ha acquisito natura di norma interposta ai sensi dell’art.117 cost. A differenza del diritto eurounitario rispetto a cui è previsto un controllo diffuso (dalla nota sentenza Granital) per la CEDU vige un controllo di tipo accentrato. L’illegittimità della norma pertanto deve essere dichiarata dalla Corte Costituzionale, non potendo il singolo giudice disapplicare la norma.

Il valore assunto dalla Convenzione rende possibile anche per il giudice dell’esecuzione adire la Corte Costituzionale laddove ritenga che la pena inflitta al singolo sia ingiusta e debba adeguarsi alla CEDU. L’adeguamento della pena al dictum di Strasburgo relativo a diversi soggetti è possibile solo a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale[1].

Alla luce di quanto affermato, la tutela dei c.d. fratelli minori sarebbe possibile solo a seguito di una pronuncia della Corte EDU o di una censura della Corte Costituzionale sulla norma applicata.

Il quadro così ricostruito deve però essere ulteriormente arricchito alla luce dei più recenti orientamenti. Secondo la giurisprudenza oggi maggioritaria le pronunce della Corte EDU possono presentare eccezionalmente un’efficacia ultra partes qualora siano sentenze pilota o rappresentino  orientamenti consolidati.  Si tratta di ipotesi in cui a essere accertata è una violazione strutturale tale per cui la pena si definisce ingiusta e illegittima non solo rispetto al singolo caso ma anche a casi simili[2].

Passando al caso oggetto di rimessione, i c.d. fratelli minori, su cui la Corte di Strasburgo non si è espressa, potrebbero giovare della pronuncia Contrada  solo laddove si ritenesse che la stessa abbia accertato una violazione strutturale. L’informazione pubblicata dalle Sezioni Unite preannuncia una risposta negativa al quesito posto dalla VI Sezione, affermando che la sentenza Contrada non costituisce una sentenza pilota e non deve considerarsi espressione di una giurisprudenza europea consolidata.

La portata della sentenza Contrada deve pertanto essere ridotta al singolo caso.

Le stesse considerazioni da cui parte la Corte (natura giurisprudenziale della fattispecie) non sono oggetto di valutazione né di accertamento, ponendosi come elementi utili ai soli fini di valutare un error in procedendo nel singolo caso. Le Sezioni Unite escludono la presenza di un orientamento consolidato relativamente al difetto di tassatività del concorso esterno o dello stesso art. 110 c.p.

In attesa della pubblicazione della sentenza si può pertanto escludere la presenza di un orientamento sovranazionale consolidato che rintracci una violazione del principio di legalità per tutti i fatti di concorso esterno precedenti al 1994, tale per cui sarebbe estensibile la portata della pronuncia Contrada anche ai c.d. fratelli minori. Unico rimedio per questi esperibile sarebbe ad oggi il ricorso alla Corte di Strasburgo.

La questione sorta rispetto ai c.d. fratelli minori di Contrada appare utile al fine di analizzare il processo di evoluzione che ha interessato la Corte EDU dalla sentenza Scoppola in poi. Il riconoscimento di un’efficacia ultra partes a sentenze riportanti orientamenti consolidati della Corte mostra l’accrescimento dei poteri della stessa. Il dibattito che ci attende in futuro riguarderà allora probabilmente proprio i rapporti tra la Corte EDU e la Corte Costituzionale; tensioni tra organismi differenti che sembrano inevitabili nel sistema di tutela multilivello dei diritti fondamentali.

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Note

[1] La giurisprudenza (SU Gatto) ha sottolineato come la revisione della pena sia possibile anche laddove la censura della Corte Costituzionale non riguardi la norma incriminatrice ma la cornice edittale della stessa. Ai sensi dell’art. 30, comma 4, della legge n. 87 del 1953 “quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali”. Secondo le Sezioni Unite il  concetto di “norma dichiarata incostituzionale” ricomprende anche le norme penali sostanziali, diverse da quella incriminatrice, che abbiano inciso sulla determinazione della pena.

[2]Simile orientamento è stato consacrato con la famosa sentenza Scoppola a seguito di cui è stato riconosciuto il fondamento convenzionale (art.7 CEDU) della retroattività favorevole.

Dott.ssa Sonia Sasso

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