Possono i giudici amministrativi emettere un giudizio sul denunciato collegamento sostanziale senza che la stessa situazione sia stata valutata dall’Amministrazione? Quali sono le situazione che l’art. 10 comma 1 bis della Legge Merloni ha voluto imped

Lazzini Sonia 13/12/07
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Il divieto di partecipare alle gare per gli appalti pubblici per le imprese che siano tra loro in condizioni di collegamento, tali da far fondatamente presumere lo svolgimento irregolare della gara per difetto della segretezza e della indipendenza delle offerte, opera indipendentemente dall’accertamento che l’Amministrazione abbia condotto sul punto: e se il giudice è investito dell’impugnazione di una aggiudicazione, con la quale viene dedotta la violazione del detto divieto, non può esimersi dal conoscere della doglianza e del conseguente vizio che rende invalido il provvedimento impugnato.
 
Il Consiglio di Stato con la decisione numero 5289 del 9 ottobre 2007 ci insegna che:
 
< La circostanza che l’Amministrazione non sia stata posta nella condizione di venire a conoscenza della denunciata illegittimità, poteva, in passato, riverberare effetti sulla sussistenza della colpa rispetto ad una domanda di risarcimento del danno, ma neppure tale limitata rilevanza può più considerarsi attuale. Infatti, a seguito dell’istituzione dell’Osservatorio dei lavori pubblici     presso l’Autorità di vigilanza e del connesso Casellario informatico, a norma dell’art. 27 del d.P.R. n. 34 del 2000, le stazioni appaltanti dispongono di uno strumento efficiente, che consente loro di verificare, al di là delle dichiarazioni allegate alle offerte, la situazione generale delle imprese partecipanti.>
 
inoltre l’emarginata decisione va segnalata per il seguente importante passaggio:
 
< Com’è noto, in materia di procedimenti ad evidenza pubblica finalizzati all’aggiudicazione di contratti o comunque all’individuazione di soggetti aspiranti a conseguire un beneficio pubblico, si ritiene che le formalità prescritte dal bando di gara debbano risultare dirette ad assicurare un particolare interesse dell’amministrazione ( cfr. CdS: sez. IV, 14 maggio 1995, n. 167; sez. V, 17 gennaio 2000, n. 290 ), al fine di evitare di cadere in un eccessivo formalismo, che finirebbe col risolversi nel pretendere una accurata diligenza da parte dei concorrenti per finalità non degne di nota o di rilievo.
Ne discende che le formalità richieste dal bando a pena di esclusione dalla gara devono rispondere al comune canone di ragionevolezza, in stretta relazione con le precitate esigenze (Sez. IV, 30 gennaio 2006 n. 308).
 
Nella specie, la indicazione dell’impresa che avrebbe assunto la funzione di capo gruppo, se redatta con la menzione del d.P.R. n. 445 del 2000, non avrebbe potuto soddisfare l’interesse dell’Amministrazione al relativo impegno in misura maggiore o diversa rispetto a quanto è stato posto in essere dalle imprese con la dichiarazione congiunta avente lo stesso oggetto e scopo>
 
Nella particolare fattispecie sottoposta al supremo giudice amministrativo inoltre:
 
< La fattispecie in esame, infatti, è caratterizzata da un intreccio sia nella partecipazione al capitale sia nella consanguineità dei protagonisti, che, per ammissione delle stesse appellanti, si è manifestata in un collegamento iniziale andatosi gradatamente attenuando. Ne costituisce la prova obiettiva la circostanza, rilevata anche dai primi giudici, che le due società sono già state iscritte ex art. 27 del d.P.R. n. 34 del 200 nel Casellario tenuto dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, per una situazione di collegamento sostanziale rilevato nell’ambito di un appalto bandito nel 2003 dall’ANAS Puglia. Né può essere negato che il capitale della GAMMA Strade fosse posseduto per oltre un quinto da ALFA ******* e ALFA Claudia.
 
La situazione suddetta è mutata soltanto dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte nella gara che ne occupa, e dunque non può sostenersi che gli elementi indiziari valutati dal TAR fossero privi del requisito dell’attualità.
 
Sotto altro profilo, è arduo escludere ragionevolmente che, nell’ambito di un rapporto in cui il genitore e la sorella, nell’intento più che plausibile di porre il figlio e il fratello nella condizione di gestire al meglio la propria impresa, al fine di eliminare ogni impedimento per la legittima partecipazione della medesima alle gare ad evidenza pubblica, cedono gratuitamente la propria partecipazione in tale società, non si realizzi anche una circolazione di informazioni operative, naturalmente incidenti sulla partecipazione alle gare. Ma è proprio tale situazione che l’art. 10 comma 1 bis ha voluto impedire, a tutela della libertà della competizione concorrenziale, nel quadro dei principi del diritto comunitario, e della stessa libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 cost.>
 
 
A cura di *************
 
REPUBBLICA ITALIANA N.5289/07 Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno 
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE N. 457-521Reg.Ric.
Sezione Quinta Anno 2007
 
 
 
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello n. 457 del 2007, proposto da ALFA Strade s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti *****************, *******************, e *************, elettivamente domiciliata presso lo studio dei primi due in Roma, piazzale di ********* 121
 
contro
 
l’a.t.i. costituita tra BETA s.r.l., quale mandataria, e BETA BISs.r.l., mandante rappresentata e difesa dall’avv. ***********************, elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, via Bocca di ***** 78, e
 
il Comune di Nardò, non costituito in giudizio
 
e nei confronti
 
di GAMMA Strade, Impresa GAMMA BIS ********, Consorzio GAMMA TER s.r.l. e GAMMA QUATER Costruzioni s.r.l., non costituiti in giudizio
 
e
 
sul ricorso in appello n. 521 del 2007, proposto da ************ s.r.l. in proprio e quale mandataria in a.t.i. con Impresa GAMMA BIS Carlo M., rappresentata e difesa dagli avv. ti ************, ************ e *************, elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi in Roma, ****************** 3
 
contro
 
l’a.t.i. costituita tra BETA s.r.l., quale mandataria, e BETA BISs.r.l., mandante rappresentata e difesa dall’avv. ***********************, elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, via Bocca di ***** 78, e
 
il Comune di Nardò, non costituito in giudizio
 
e nei confronti
 
di ALFA Stade, 2R di ****************** e C s.a.s., Consorzio Costruzioni s.r.lk., GAMMA QUATER Costruzioni s.r.l.
 
per la riforma
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione di Lecce, Sez. II, 12 dicembre 2006 n. 5850, resa tra le parti.
 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati come in epigrafe;
 
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
Visti gli atti tutti della causa;
 
Relatore alla pubblica udienza del 4 maggio 2007 il consigliere *************, e uditi gli avv.ti **********, *****, ******** per delega di ***************;
 
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
 
FATTO
 
Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto dalle Imprese BETA s.r.l. e BETA BISs.r.l. per l’annullamento dell’aggiudicazione all’a.t.i. ALFA Strade s.r.l. con 2R di ****************** e C s.a.s. da parte del Comune di Nardò dei lavori di riqualificazione della strada Nardò – Pagani Posto di Blocco, 1° Stralcio funzionale.
 
Il TAR, respinto i ricorso incidentale di ALFA Stade, ed accolto il ricorso incidentale condizionato di BETA e PALMA, ha, infine, accolto il ricorso principale riscontrando tra le imprese concorrenti ALFA Strade e GAMMA Strade la sussistenza di un collegamento sostanziale che rendeva inammissibile la loro partecipazione alla gara.
 
Le due Imprese hanno proposto separati appello chiedendo la riforma della decisione.
 
Con decreto presidenziale del 27 gennaio 2007 è stata respinta l’istanza di misure cautelari inaudita altera parte avanzata dalla ALFA Strade.
 
Le società BETA e BETA BISsi sono costituite in giudizio per resistere al gravame.
 
Le parti hanno depositato ulteriori memorie.
 
Alla pubblica udienza del 4 maggio 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
 
DIRITTO
 
1. I due appelli, rivolti contro la stessa sentenza, vanno riuniti e decisi congiuntamente.
 
2. La sentenza appellata è stata resa in forma semplificata nella camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare.
 
In relazione a tale circostanza, la sola appellante GAMMA Strade ha denunciato che nella sentenza non si dà atto che le parti siano state informate della possibilità che il ricorso sarebbe stato deciso nel merito. Ne conseguirebbe un vizio di procedura, sanzionabile con l’annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice.
 
La doglianza è inammissibile.
 
L’appellante non ha partecipato alla camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare e pertanto è priva di titolo per lamentare la mancata comunicazione relativa alla decisione in forma semplificata, del che peraltro non è stata fornita alcuna prova (C.G.A 24 ottobre 2005 n. 708).
 
3.1. L’appellante ALFA Strade, nel giudizio di primo grado, ha avanzato ricorso incidentale per sostenere l’inammissibilità del ricorso principale, allegando che l’odierna appellata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per gli appaltandi lavori stradali per la mancata presentazione di alcune dichiarazioni richieste a pena di esclusione.
 
Si trattava in particolare delle dichiarazioni previste dall’art. 3, lettere f) (indicazioni dei dati personali di tutti i soci di tutte le imprese in a.t.i.), j) (requisiti di qualificazione tecnica e cifra di affari nel quinquennio antecedente), x) (indicazione del concorrente cui sarebbe stato conferito il mandato di rappresentanza).
 
Quanto alla irregolarità della dichiarazione di cui alla citata lett. f), il TAR ha respinto il motivo affermando che la prescrizione si riferiva ai soli amministratori e soci muniti di poteri di rappresentanza, e che pertanto poteva considerarsi osservata.
 
Per la stessa ragione è stato anche respinto l’identico motivo formulato dalla ricorrente principale a carico della domanda della ricorrente incidentale ALFA Strade.
 
Nel presente appello la ALFA Strade ribadisce la propria tesi, e ripropone la doglianza, ma solo per l’ipotesi che la parte appellata, a sua volta, con appello incidentale, avesse censurato la decisione nella parte in cui ha rigettato il motivo.
 
Tale circostanza non si è verificata, e, pertanto, la censura è improcedibile.
 
3.2. Il secondo motivo del ricorso incidentale di primo grado, afferiva alla presunta violazione dell’art. 3, lett. j, del disciplinare, nel quale erano richieste due dichiarazioni concernenti il possesso, la prima dei requisiti di ordine speciale di cui al d.P.R. n. 34 del 2000, la seconda di una cifra di affari non inferiore a tre volte la percentuale dell’importo complessivo dei lavori da assumere nel quinquennio precedente la data di pubblicazione del bando.
 
3.2.1. Quanto alla prima dichiarazione il TAR ha affermato che la stessa era richiesta per le sole imprese non aventi sede in Italia, ma l’appellante sostiene che la tesi non è sostenuta da alcun dato testuale né sistematico.
 
Il motivo è privo di fondamento, proprio sul piano testuale.
 
E’ sufficiente osservare che la prescrizione di cui alla lettera j) è preceduta da una precisazione tra parentesi dove è detto: (nel caso di concorrente stabilito in altri stati aderenti all’Unione Europea che non possiede l’attestazione di qualificazione). A tale locuzione fa riscontro, sotto la lett. j), a fugare ogni equivoco, il riferimento “alla documentazione prodotta secondo le norme vigenti nei rispettivi paesi”. 
 
 
3.2.2. Circa l’omissione della dichiarazione richiesta dalla seconda parte della clausola sub lett. j), concernente il possesso di una cifra di affari non inferiore a tre volte la percentuale dell’importo complessivo dei lavori da assumere nel quinquennio precedente la data di pubblicazione del bando, l’appellante svolge un mezzo di ordine processuale ed uno di ordine sostanziale.
 
La prima censura è avanzata anche dall’appellante GAMMA Strade, ed investe la decisione del TAR di ritenere ammissibile, e non tardivo, il ricorso incidentale condizionato che la appellata ha proposto in primo grado contro la detta clausola, assumendo come termine da osservare quello proprio dei ricorsi incidentali, e quindi decorrente dalla data di notificazione del ricorso incidentale in primo grado.
 
Il TAR ha ritenuto che l’interesse alla impugnazione della clausola è concretamente venuto in essere al momento in cui, per effetto del ricorso incidentale della parte resistente in primo grado, la ricorrente ha corso il rischio di essere esclusa dalla gara per mancata produzione della dichiarazione in questione.
 
 
Le parti appellanti sostengono, invece, che la clausola doveva essere impugnata nei termine di decadenza dalla pubblicazione del bando, o, quanto meno, dalla conoscenza degli atti di gara, sembrando inammissibile che la facoltà di aggredire il bando possa essere rinviata ad un momento diverso da quello della conoscenza, scelto ad libitum dal ricorrente.
 
L’avviso del TAR merita di essere confermato.
 
A tal fine è sufficiente richiamare l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 1 del 2003), secondo cui “ciò che … appare decisivo ai fini dell’affermazione dell’esistenza di un onere di tempestiva impugnazione è la sussistenza di una lesione concreta ed attuale della situazione soggettiva dell’interessato, che determina, a sua volta, la sussistenza di un interesse attuale all’impugnazione; e quindi, con riferimento al bando di gara o di concorso o alla lettera di invito, l’attitudine (sua o di alcune clausole in essi contenute) a provocare una lesione di tal genere.
 
Nella fattispecie in esame la validità del suddetto principio è suffragata dalla circostanza che la ricorrente in primo grado era stata ammessa alla gara, e quindi la sua impugnazione sarebbe stata avanzata a tutela da una lesione assolutamente ipotetica ed eventuale, non sapendo “ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare” (Ad. Plen. cit.). Tale lesione è invece divenuta concretamente possibile a seguito dell’appello incidentale avanzato dalla parte resistente, determinando così l’interesse a censurare la clausola di cui l’avversaria pretendeva l’applicazione.
 
Il gravame era dunque ammissibile, e, nel merito, l’accoglimento deciso dal TAR appare immune da censure.
 
L’art. 3, comma 6, del d.P.R. n. 34 del 2000 è sufficientemente chiaro nel prescrivere che solo per gli appalti di importo a base di gara superiore ai 120.658.276 si debba richiedere alla concorrente di comprovare la capacità tecnica mediante la prova di una cifra di affari non inferiore a tre volte il detto importo. E questo non era il caso della gara in questione.
 
La clausola è stata dunque correttamente ritenuta illegittima,, con conseguente inammissibilità della censura incidentale di primo grado.
 
3.3. La pretesa violazione dell’art. 3, lett. x) del disciplinare viene collegata alla mancanza della dichiarazione, resa nelle forme di cui al d.P.R. n. 445 del 2000, da parte di una delle imprese partecipanti all’a.t.i., di quale di esse avrebbe assunto il mandato con rappresentanza o funzione di capogruppo.
 
Il TAR ha ritenuto che tale indicazione ha formato oggetto di dichiarazione congiunta delle due imprese componenti l’a.t.i. controinteressata, e che quindi la clausola poteva ritenersi osservata, considerando, inoltre, che l’oggetto della dichiarazione, avendo natura negoziale, esulava dalla categoria delle dichiarazioni di scienza ammissibili nelle forme di cui agli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000.
 
L’appellante, in senso contrario, replica che la lex specialis andava puntualmente osservata nel rispetto dei principi di certezza, affidamento e par condicio.
 
La censura va disattesa.
 
Com’è noto, in materia di procedimenti ad evidenza pubblica finalizzati all’aggiudicazione di contratti o comunque all’individuazione di soggetti aspiranti a conseguire un beneficio pubblico, si ritiene che le formalità prescritte dal bando di gara debbano risultare dirette ad assicurare un particolare interesse dell’amministrazione ( cfr. CdS: sez. IV, 14 maggio 1995, n. 167; sez. V, 17 gennaio 2000, n. 290 ), al fine di evitare di cadere in un eccessivo formalismo, che finirebbe col risolversi nel pretendere una accurata diligenza da parte dei concorrenti per finalità non degne di nota o di rilievo.
Ne discende che le formalità richieste dal bando a pena di esclusione dalla gara devono rispondere al comune canone di ragionevolezza, in stretta relazione con le precitate esigenze (Sez. IV, 30 gennaio 2006 n. 308).
 
Nella specie, la indicazione dell’impresa che avrebbe assunto la funzione di capo gruppo, se redatta con la menzione del d.P.R. n. 445 del 2000, non avrebbe potuto soddisfare l’interesse dell’Amministrazione al relativo impegno in misura maggiore o diversa rispetto a quanto è stato posto in essere dalle imprese con la dichiarazione congiunta avente lo stesso oggetto e scopo.
 
4.1. Con riguardo al merito gli appelli si rivolgono contro l’affermazione della sussistenza del collegamento sostanziale tra due imprese appellate, che impedisce la partecipazione alle gare per l’appalto di lavori pubblici, a norma dell’art. 10, comma 1 bis della legge n. 109 del 1999, secondo la lettura concordemente seguita dalla giurisprudenza, che ne amplia la portata oltre l’ipotesi del controllo di cui all’art. 2359 c.c..
 
La ALFA Strade, con una prima doglianza, ha rilevato che i primi giudici hanno emesso un giudizio sul denunciato collegamento sostanziale senza che la stessa situazione sia stata valutata dall’Amministrazione. La sentenza, quindi, anziché giudicare della legittimità del provvedimento amministrativo, si sarebbe sostituita all’Amministrazione nel compimento di un compito tecnico estraneo alla giurisdizione.
 
Inoltre, e contraddittoriamente, tale giudizio è stato condotto dopo aver escluso che la documentazione camerale sulla composizione sociale delle concorrenti dovesse essere obbligatoriamente prodotta a corredo della domanda di partecipazione.
 
La censura va disattesa.
 
Il divieto di partecipare alle gare per gli appalti pubblici per le imprese che siano tra loro in condizioni di collegamento, tali da far fondatamente presumere lo svolgimento irregolare della gara per difetto della segretezza e della indipendenza delle offerte, opera indipendentemente dall’accertamento che l’Amministrazione abbia condotto sul punto. E se il giudice è investito dell’impugnazione di una aggiudicazione, con la quale viene dedotta la violazione del detto divieto, non può esimersi dal conoscere della doglianza e del conseguente vizio che rende invalido il provvedimento impugnato.
 
La circostanza che l’Amministrazione non sia stata posta nella condizione di venire a conoscenza della denunciata illegittimità, poteva, in passato, riverberare effetti sulla sussistenza della colpa rispetto ad una domanda di risarcimento del danno, ma neppure tale limitata rilevanza può più considerarsi attuale. Infatti, a seguito dell’istituzione dell’Osservatorio dei lavori pubblici     presso l’Autorità di vigilanza e del connesso Casellario informatico, a norma dell’art. 27 del d.P.R. n. 34 del 2000, le stazioni appaltanti dispongono di uno strumento efficiente, che consente loro di verificare, al di là delle dichiarazioni allegate alle offerte, la situazione generale delle imprese partecipanti.
 
Può ricordarsi che, con sentenza del TAR Puglia, Lecce, n. 4618 del 2005, prodotto in udienza dalla appellante ALFA Strade, la aggiudicazione impugnata è stata annullata per l’Amministrazione non aveva proceduto alla consultazione del Casellario a proposito della situazione di collegamento tra le imprese aggiudicatarie, già annotata nel Casellario medesimo e aveva omesso le relative verifiche.
 
4.2. Il nucleo esenziale della doglianza, peraltro, investe la affermazione della sussistenza di una forma di collegamento sostanziale tra le concorrenti ALFA e GAMMA, che avevano presentato separate offerte in a.t.i. con altre imprese.
 
A tale riguardo la sentenza appellata aveva rilevato che fino al 27 giugno 2006, termine ultimo per la presentazione delle offerte, la compagine sociale di GAMMA Strade era composta da ALFA Claudio, ALFA Carmine, ALFA Claudia e Greco **************, mentre della ALFA Strade facevano parte ALFA ******* e ********************.
 
Inoltre, ALFA Claudio, socio, amministratore unico e direttore tecnico della ALFA Strade è il padre di ALFA Carmine e ALFA Claudia e nello stesso tempo socio della GAMMA Strade, mentre ******************** è socia di entrambe le società.
 
I primi giudici hanno attribuito valore significativo anche se secondario, alla circostanza che, due giorni dopo la scadenza del termine per le offerte, ALFA ******* e ALFA Claudia hanno ceduto gratuitamente al figlio ******* la loro partecipazione nella GAMMA Strade, potendosene dedurre, sia la attualità dell’intreccio partecipativo e parentale tra le due società, sia la vicinanza dei soggetti coinvolti sul piano affettivo in virtù della natura liberale dell’atto.
 
Le due società hanno prodotto una certificazione di qualità rilasciata dallo stesso organismo ed hanno sede, se non nella stessa unità immobiliare, in edifici ubicati sotto lo stesso numero civico in Matera via La Martella 96.
 
Si assume da entrambe le appellanti che gli elementi considerati rilevanti dai primi giudici non si presentavano come attuali, obiettivi e concordanti, non essendosi tenuta nella doverosa considerazione la esiguità della partecipazione azionaria di ALFA Claudio in GAMMA (13%), né lo svolgimento di un processo di separazione tra le due imprese, il cui episodio più significativo è stata la cessione delle quote di ALFA ******* e ALFA Claudia in GAMMA Strade, e conclusosi dopo la presentazione delle offerte per i necessari tempi tecnici richiesti dall’operazione.
 
Il Collegio è dell’avviso che gli argomenti addotti dalle appellanti non riescano a prevalere sui fatti posti a fondamento della decisione.
 
La fattispecie in esame, infatti, è caratterizzata da un intreccio sia nella partecipazione al capitale sia nella consanguineità dei protagonisti, che, per ammissione delle stesse appellanti, si è manifestata in un collegamento iniziale andatosi gradatamente attenuando. Ne costituisce la prova obiettiva la circostanza, rilevata anche dai primi giudici, che le due società sono già state iscritte ex art. 27 del d.P.R. n. 34 del 200 nel Casellario tenuto dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, per una situazione di collegamento sostanziale rilevato nell’ambito di un appalto bandito nel 2003 dall’ANAS Puglia. Né può essere negato che il capitale della GAMMA Strade fosse posseduto per oltre un quinto da ALFA ******* e ALFA Claudia.
 
La situazione suddetta è mutata soltanto dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte nella gara che ne occupa, e dunque non può sostenersi che gli elementi indiziari valutati dal TAR fossero privi del requisito dell’attualità.
 
Sotto altro profilo, è arduo escludere ragionevolmente che, nell’ambito di un rapporto in cui il genitore e la sorella, nell’intento più che plausibile di porre il figlio e il fratello nella condizione di gestire al meglio la propria impresa, al fine di eliminare ogni impedimento per la legittima partecipazione della medesima alle gare ad evidenza pubblica, cedono gratuitamente la propria partecipazione in tale società, non si realizzi anche una circolazione di informazioni operative, naturalmente incidenti sulla partecipazione alle gare. Ma è proprio tale situazione che l’art. 10 comma 1 bis ha voluto impedire, a tutela della libertà della competizione concorrenziale, nel quadro dei principi del diritto comunitario, e della stessa libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 cost.
 
In conclusione gli appelli vanni rigettati.
 
Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,   riuniti gli appelli in epigrafe, li rigetta;
 
condanna le appellanti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’appellata e ne liquida l’importo in Euro 5.000,00, da dividere in parti eguali;
 
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
 
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 maggio 2007 con l’intervento dei magistrati:
 
**************                                                 Presidente
 
***************                                              Consigliere
 
********************                                         Consigliere
 
************                                                    Consigliere
 
*************                                                 Consigliere est.
 
 
L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE
 
F.to *************   *******************
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
 
F.to *************
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
Il 9-10-2007
 
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
 
p.IL DIRIGENTE
 
F.to ********************

Lazzini Sonia

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