Particolare tenuità del fatto in via predibattimentale (Trib. Bari 20 aprile 2015 n. 1523)

AR redazione 04/06/15
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E’ consentita l’acquisizione del fascicolo del pubblico ministero nel caso in cui il Giudice ravvisi la possibilità di definire, in via predibattimentale, un processo per particolare tenuità del fatto.

 

Nota a Trib. Bari, Dott. A. Dello Preite, sentenza ud. 20 aprile 2015 (dep. 4 maggio 2015), n. 1523[1].

 

               Come noto, l’art. 3, comma I, lett. a) decreto legislativo, 16 marzo 2015, n. 28 prevede che 
 
«dopo il comma 1 dell'articolo 469  e'  aggiunto  il  seguente: «1-bis. La sentenza di non doversi  procedere  e'  pronunciata  anche quando l'imputato non e' punibile ai sensi dell'articolo 131-bis  del codice penale, previa audizione in camera di  consiglio  anche  della persona offesa, se compare».
 
               Orbene, nella decisione su emarginata, il Tribunale barese si pone il quesito di stabilire se sia necessario acquisire, al fine di verificare l’esistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, anch’essa introdotta dal decreto legislativo n. 28 del 2005[2], il fascicolo del pubblico ministero.
Questo giudice di merito si è infatti posto il problema di capire se sia necessario l’espletamento di tale incombente procedurale sicchè, in detta fase preliminare, l’organo giudicante
 
«non è in grado – con gli scarsi elementi del fascicolo predibattimentale – di poter rispondere a tutte le domande di merito che ‘art. 131 –bis CP(…) impone per una corretta ed esaustiva applicazione del nuovo istituto».
 
In particolare, il Tribunale del capoluogo pugliese è pervenuto a siffatta considerazione giuridica in quanto, 
 
«da un lato, la norma fornisce all’interprete dei criteri negativi ed oggettivi per escludere la tenuità del fatto, dall’altro, invece, per quanto attiene ai criteri positivi e soggettivi, essa rimanda, invece, ai criteri dell’art. 133, 1° comma CP. che non emergono certamente dal solo capo d’imputazione e dal certificato del casellario giudiziario, ma debbono essere approfonditi nel merito, sol che si pensi alla natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell’azione, alla gravità del danno o al pericolo cagionato alla persona offesa dal reato ed all’intensità dell’azione; alla gravità del danno o al pericolo cagionato alla persona offesa dal reato ed alla intensità del dolo o al grado della colpa; si pensi, per chiarire, al ruolo della durata della condotta tipica nei reati permanenti».
 
               Inoltre, sempre a detta di questo organo giudicante, 
 
non «è però solo il contributo oggettivo che rileva, ma anche quello soggettivo: di conseguenza, il giudice è tenuto a valutare l’intensità del dolo, in virtù del grado di adesione volontaristica dell’agente al fatto criminoso, della complessità del processo deliberativo, così come pure, per quanto attiene al grado della colpa, rilevano il livello di previsione (colpa cosciente) o di prevedibilità (colpa incosciente) dell’evento criminoso e il grado di esigibilità del modello comportamentale dovuto dall’agente».
 
               Chiarito ciò, alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche, il Tribunale di Bari è pervenuto a rispondere positivamente al quesito summenzionato 
 
«applicando analogicamente altre ipotesi previste dal codice di rito, ai sensi dell’art. 12, 2° comma delle disposizioni sulla legge in generale” e, segnatamente, il “similare istituto dell’applicazione di pena su richiesta (artt. 444 e ss. CPP), ipotesi che più si avvicina processualmente alla situazione prospettate e che richiede, per l’appunto, l’acquisizione del fascicolo del PM ai fini del decidere” giacchè in “entrambi i casi vi l’accordo delle parti affinchè si definisce il processo prima del dibattimento con il successivo potere del giudice di sindacare quando da esse concordato».
 
               Tale passaggio argomentativo si innesta a sua volta lungo il solco di quell’orientamento interpretativo, allo stato elaborato dalla giurisprudenza di merito, secondo il quale la disposizione in argomento (vale a dire l’art. 469, co. I bis, c.p.p.) 
 
«limitandosi a precisare che la sentenza di non doversi procedere deve essere pronunciata “previa audizione in camera di consiglio anche della persona offesa, se compare”, ha inteso evitare che il potere di veto, attribuito dal comma 1 ai soggetti necessari del processo, si potesse automaticamente estendere anche alla persona offesa, soggetto il cui eventuale dissenso non ostacola la pronuncia»[3].
 
Infatti, dal momento che il primo comma bis dell’art. 469 c.p.p. differirebbe dal comma I solo perchè nella prima ipotesi si è voluto evitare un potere di veto da parte della parte offesa, va da sé, argomentando a contrario, che in ambedue i casi dovrebbe essere sempre richiesto il consenso dell’imputato e del pubblico ministero.
 

Pur tuttavia, per dovere di completezza espositiva, va segnalato un diverso indirizzo ermeneutico, sempre (per adesso) elaborato solo dalla giurisprudenza di merito, secondo cui, una volta preso atto che

 

 il «nuovo comma 1-bis non contiene però nessun riferimento alla facoltà – per taluna delle parti processuali – di opporsi alla sentenza predibattimentale e in ciò differisce  fortemente dalla previsione del primo comma”[4] si è giunti alla conclusione secondo cui la disciplina della sentenza predibattimentale di non punibilità per particolare tenuità, proprio in virtù del fatto che non richiama “espressamente la facoltà delle parti di opporsi alla sentenza in camera di consiglio”[5], non contempla «affatto tale potere, né per la difesa né per il PM»[6].

 

Senza entrare nel merito di questa disputa interpretativa, che esula dalla trattazione del presente scritto, è evidente che, se dovesse prevalere questa seconda opzione ermeneutica, non vi sarebbe più un rapporto analogico dell’istituto in esame con la normativa procedurale richiamata nella sentenza in commento e quindi non sarebbe più possibile acquisire il fascicolo del pubblico ministero per casi di questo tipo.

 

Posto ciò, corre infine l’obbligo di rilevare come il giudice barese abbia altresì rilevato che

 

 «laddove il giudice, sulla scorta di questa piena ed integrata cognizione dei fatti in camera di consiglio, pervenga alla conclusione che la vicenda esuli dall’ipotesi di fatto tenue e che il processo debba proseguire, inevitabile corollario sarà quello della sua incompatibilità alla trattazione ulteriore, ex art. 34 CPP».

 

In tal caso, però, visto che l’art. 34 c.p.p. non prevede, come ipotesi di incompatibilità, il caso in cui il giudice, nella fase predibattimentale, non ritiene sussistente la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., si potrebbe ravvisare un possibile profilo di criticità costituzionale di detta norma procedurale.

Infatti, proprio in virtù della relazione analogica tra le norme deputate a regolare l’applicazione della pena su richiesta delle parti e l’art. 469, co. 1-bis, c.p.p., potrebbe ricorrere una situazione analoga a quella che determinò l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, co. II, c.p.p. nella parte in cui non prevedeva l’incompatibilità del giudice

 

«che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all’art.444 dello stesso codice a partecipare al giudizio»[7].

 

Difatti, pur non essendo richiesta nel caso di specie la verifica delle condizioni legittimanti il proscioglimento ex art. 129 c.p.p., è tuttavia richiesta anche qui «una valutazione di merito»[8] come trapela nello stesso provvedimento in argomento in cui, come suesposto in precedenza, viene fatto un espresso riferimento alle domande (per l’appunto) di merito che l’art. 131-bis c.p. postula per l’applicazione di questo istituto.

 

Del resto, ad ulteriore conferma di siffatto assunto, milita quella pronuncia con cui la Consulta ha ritenuto illegittimo l’art. 34, comma II, c.p. anche qualora il giudice, nel rigettare la richiesta di applicazione di una pena c.d. concordata, sia giunto a siffatta conclusione per non avere ritenuto configurabile l’ipotesi di particolare tenuità del contestato reato di ricettazione.

Invero, si è pervenuti a siffatta decisione

 

«dato che anche in tal caso viene compiuta “una valutazione non formale, ma di contenuto circa l’idoneità delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilità dell’imputato, per di più accompagnata da una valutazione di applicabilità di una pena superiore a quella richiesta dal pubblico ministero”»[9].

 

Ebbene, tale approdo ermeneutico lascia chiaramente intendere che, anche quando vi sia un giudizio inerente il grado di disvalore del fatto commesso, ricorre una valutazione di merito che può determinare una delle situazioni previste dall’art. 34 c.p.p..

 

Di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, vi potrebbero essere le condizioni per sollevare una questione di legittimità costituzionale di questa norma procedurale nei termini precisati in precedenza.

 

Al di là di tale riflessione giuridica, nel terminare la disamina della pronuncia in oggetto, si può concludere osservando che questa decisione desta, ad avviso di chi scrive, un notevole interesse giuridico in quanto affronta una delicata tematica processuale non priva di considerevoli risvolti pratici in special modo avuto riguardo:

 

a)       i criteri probatori richiesti per accertare detta causa di non punibilità in questo frangente procedurale;

 

b)  chi deve essere il giudice chiamato a partecipare al giudizio una volta che venga esclusa la sussistenza di questo istituto nella fase predibattimentale.

 

 

 

 

 


[1]Per un primo commento di questo provvedimento, vedasi: S. MARANI, Tenuità del fatto e sentenza predibattimentale: va acquisito fascicolo del Pm, in http://www.altalex.com/documents/news/2015/05/05/sentenza-predibattimentale-di-cui-all-art-469-cpp-e-131-bis-cp.
[2]Il comma secondo dell’art. 1 di questo testo di legge, difatti, stabilisce quanto segue: «Prima dell'articolo 132 e' inserito il seguente:   «Art. 131-bis. -  (Esclusione  della  punibilita'  per  particolare tenuita' del fatto). Nei reati  per  i  quali  e'  prevista  la  pena detentiva non superiore nel massimo a cinque  anni,  ovvero  la  pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena,  la  punibilita'  e' esclusa quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del pericolo, valutate  ai  sensi  dell'articolo  133,  primo comma, l'offesa e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale».

[3]Trib. Milano, Sez. IV pen., Dott. M. TREMOLADA, sentenza ud. 9 aprile 2015 (dep. 23 aprile 2015), n. 3936, in www.dirittopenalecontemporaneo..it, con nota di G. ALBERTI,

La particolare tenuità del fatto (art. 131-bis): tre prime applicazioni da parte del Tribunale di Milano, in http://www.penalecontemporaneo.it/materia/-/-/-/3940-la_particolare_tenuit___del_fatto__art__131_bis___tre_prime_applicazioni_da_parte_del_tribunale_di_milano/.

 

[4]Trib. Asti, Dott. F. BELLI, sentenza ud. 13 aprile 2015, n. 724, in http://www.archiviopenale.it/apw/wp-content/uploads/2015/05/P19_TribAsti.pdf, con nota di S. MARANI, Particolare tenuità: sì a pronuncia predibattimentale anche se il PM si oppone, in http://www.altalex.com/documents/altalex/news/2015/04/27/consenso-delle-parti-ai-fini-della-pronuncia-predibattimentale-di-proscioglimento-per-particolare-tenuita.

[5]Ibidem.

[6]Ibidem.

[7]Corte Cost., sentenza ud. 22 aprile 1992 (dep. 22 aprile 1992), n. 186, in www.giurcost.org.

[8]Ibidem.

[9]Corte Cost., sentenza ud. 19 ottobre 1992 (dep. 26 ottobre 1992), n. 399, in www.giurcost.org.

AR redazione

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