Osservazioni in tema di patrocinio a spese dello Stato e di attività stragiudiziale

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L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato può avere ad oggetto, oltre che le controversie innanzi i giudici civili – penali – amministrativi e tributari, anche vertenze stragiudiziali? E’ possibile per il difensore ottenere la liquidazione delle competenze rese per attività stragiudiziale?

A questi quesiti ha risposto la Cassazione, in una recente sentenza (Corte di Cassazione Sez. Seconda Civ. – Sent. del 23.11.2011, n. 24723).

Brevemente, questi i fatti esposti al giudice di legittimità.

La Corte di appello di Torino, con provvedimento reso nel luglio del 2006, rigettava il reclamo proposto dal difensore di colui che era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato avverso il decreto con cui il Tribunale di Torino aveva dichiarato inammissibile la domanda di liquidazione delle competenze per l’attività stragiudiziale svolta e ciò sul presupposto che la legge (D.P.R. n. 115 del 2002) prevede unicamente il pagamento per l’attività giudiziale.

Avverso tale decisione veniva interposto ricorso per cassazione nel quale si lamentava, in primo luogo, che la Corte d’Appello avesse offerto una interpretazione per così dire restrittiva e letterale della normativa richiamata. Il ricorrente faceva inoltre presente che la legge in parola consente espressamente di presentare la domanda anche quando ancora non pende il giudizio, come a dire che, indirettamente, confermerebbe la possibilità di ottenere il patrocinio anche nella fase stragiudiziale della vertenza. In secondo luogo, il ricorrente, evidenziava un possibile contrasto tra quella interpretazione della norma (che nega il patrocinio per l’attività stragiudiziale) e l’art. 24 della Costituzione, con evidente lesione del principio di uguaglianza.
Ecco la risposta dei Supremi Giudici: “Può innanzitutto ritenersi pacifico, anche a stregua di quanto esposto e dedotto dal ricorrente, che il compenso è stato chiesto per attività esclusivamente stragiudiziale espletata dall’avv. X nell’interesse di X ammessa al patrocinio a spese dello Stato. La richiesta è stata correttamente respinta sul rilievo che l’attività per la quale è prevista l’ammissione a spese dello Stato è soltanto quella giudiziale. In proposito va osservato che le disposizioni dettate dal decreto n. 115 del 2002 prevedono :a) l’ammissione al patrocinio a spese dello stato esclusivamente nel processo penale, civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione a favore del cittadino non abbiente e quando le sue ragioni non risultino manifestamente infondate (art. 74); b) l’ammissione è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali, procedure derivate ed accidentali, comunque connesse, (art. 75 primo comma); la disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell’esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi all’applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l’interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico (art. 75 secondo comma). Le disposizioni citate non lasciano alcun dubbio che il patrocinio a spese dello Stato è previsto esclusivamente per la difesa in giudizio del cittadino non abbiente, avendo il legislatore inteso in tal modo dare attuazione al dettato dell’art. 24 Cost. Ed invero, l’onere posto a carico dello Stato e quindi della collettività intanto è giustificato in quanto sia preordinato a soddisfare l’esigenza di assicurare il ricorso alla tutela giurisdizionale nel caso in cui la pretesa del cittadino non abbiente non risulti manifestamente infondata, perché altrimenti si verrebbe a negare il riconoscimento di diritti per l’impossibilità del singolo di accedere alla giurisdizione a causa delle proprie condizioni economiche. D’altra parte, il quadro normativo di riferimento e la interpretazione logico – sistematica dell’art. 124 del decreto n. 115 del 2002, invocato dal ricorrente, evidenziano come quest’ultima norma non avvalori la tesi sostenuta con il ricorso, atteso che la disposizione da ultimo citata, nel disciplinare le modalità di presentazione della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fa l’ipotesi in cui la stessa sia formulata quando il processo sia già iniziato e quella in cui la parte formuli l’istanza prima dell’inizio del giudizio al fine di avvalersi del patrocinio per l’azione ancora da intraprendere ma ad essa finalizzata in tal senso va evidentemente interpretata l’espressione “quando il processo non pende” che non sta a significare, come invece sostenuto dal ricorrente, che anche l’attività stragiudiziale possa formare oggetto di gratuito patrocinio. Appare del tutto fuori luogo il richiamo del precedente di legittimità allegato dal ricorrente alla memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ.: quella decisione, peraltro in conformità di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, si è limitata a statuire che devono considerarsi giudiziali anche quelle attività stragiudiziali che, essendo strettamente dipendenti dal mandato alla difesa, vanno considerate strumentali o complementari alle prestazioni giudiziali, cioè di quelle attività che siano svolte in esecuzione di un mandato alle liti conferito per la rappresentanza e la difesa in giudizio (e sulla base di tale presupposto è stato riconosciuto dovuto il compenso per l’assistenza e l’attività svolta dal difensore per la transazione della controversia instaurata dal medesimo). Il secondo motivo denuncia l’illegittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 4 e 36 Cost., del decreto n. 115 del 2002, qualora si ritenesse che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia limitato all’attività giudiziale. Il motivo è inammissibile, non essendo stato formulato il quesito previsto dall’art. 366 bis introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006 ratione temporis applicabile alla specie. Ed invero in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando – non diversamente da quanto avveniva prima della riforma – la prospettazione di un motivo che giustificherebbe la cassazione della sentenza una volta accolta la questione di costituzionalità, suppone necessariamente che, a conclusione dell’esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto (S. U. 28050/2008)”. Conseguentemente, il ricorso veniva rigettato.

Le conclusioni alle quali è pervenuta la Suprema Corte di Cassazione sono corrette e ben motivate e dunque condivisibili.

Attualmente, dunque, il legislatore non consente di chiedere il patrocinio per attività di assistenza legale stragiudiziale.

Bene ha fatto la Corte a rammentare che l’assunto non esclude che il difensore, chiamato a tutelare colui che è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato possa chiedere, ed ottenere, la liquidazioni di attività svolte nella fase stragiudiziale qualora dimostri che esse risultano essere state strumentali o complementari alla difesa dispiegata in giudizio.

Logica conseguenza è che il diniego al patrocino deve essere dato anche per quelle attività giudiziali che non prevedono, necessariamente, che la parte debba essere assistita e difesa da un avvocato. Si pensi, ad esempio, al ricorso avverso la sanzione pecuniaria comminata ai sensi del codice della strada oppure alla intimazione di sfratto per morosità, ovviamente, limitatamente alla prima udienza, durante la quale il conduttore, appunto comparendo personalmente, può rendere le dichiarazioni previsti dal codice di procedura.

Vergottini Sergio

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