Omicidio stradale commesso in stato di ebbrezza e in stato di stupefazione: rifiuto di sottoporsi al prelievo

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a cura degli avv.ti SILVIO BRUCOLI * e LAURA DANIELE**

Introduzione

La sicurezza stradale, coinvolgendo la generalità dei consociati, costituisce uno degli ambiti nei quali è particolarmente avvertita l’esigenza di sicurezza e prevenzione.

Con il preciso intento di affrontare efficacemente la criticità cui ha dato luogo la diffusione dei reati connessi alla circolazione stradale e di rispondere all’estesa domanda di sicurezza e giustizia proveniente dall’opinione pubblica, il legislatore, con la legge 23 marzo 2016 n.41, ha introdotto i reati di omicidio stradale (art. 589 bis c.p.) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590 bis c.p.), unitamente a disposizioni di coordinamento in materia di competenza penale del Giudice di Pace e a modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e del codice della strada. Si tratta di un intervento rivolto a fronteggiare, mediante l’inasprimento delle sanzioni sia principali che accessorie e l’introduzione di nuove circostanze aggravanti, quella che è avvertita dall’opinione pubblica come una vera e propria emergenza sociale.[1]

In sintesi, l’ultima riforma si colloca lungo il percorso legislativo che ha inteso contrastare, nel corso del tempo, il fenomeno della criminalità stradale, in particolare quello determinato dalla diffusione di droga e alcool, mediante la previsione di sanzioni penali sempre più pesanti, ritenute efficace strumento di rassicurazione sociale.[2]

Tuttavia, le misure adottate dal legislatore con l’ultimo intervento normativo sono state accolte sfavorevolmente dalla dottrina: è stato detto che il legislatore ha agito “sulla scia di prevalenti spinte di natura politico-criminale, se non – peggio – di suggestioni demagogiche ispirate al modello della tolleranza zero o addirittura a quello delle pene esemplari[3]”, che le varie norme della novella hanno prodotto una delle tante riforme a macchia di leopardo, che “cagionano molti danni e pochi vantaggi”[4] e che sarebbe stato più opportuno intervenire a livello generale sugli istituti che determinano l’ineffettività del sistema sanzionatorio nel suo complesso anziché “modellare ben circoscritte monadi di effettività a fronte dell’immutato mare dell’inefficacia sanzionatoria”.[5]

Ma, al di là di qualsiasi argomentazione, il problema della criminalità stradale è purtroppo drammaticamente diffuso: è necessario quindi che tali reati, espressione di una particolare pericolosità sociale[6], non restino impuniti e i vari interventi del legislatore che si sono succeduti nel tempo hanno avuto come finalità proprio quella di predisporre un adeguato sistema sanzionatorio in materia.

Le modalità di accertamento dello stato di ebbrezza o sotto l’influenza di stupefacenti

    Prima di esaminare la nuova legge sull’omicidio stradale nonché gli antecedenti normativi, appare opportuno soffermarsi, sia pur brevemente, sulle modalità di accertamento dei reati contravvenzionali di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, che costituiscono circostanze aggravanti ad effetto speciale[7] del nuovo reato di omicidio stradale.

L’accertamento della guida in stato di ebbrezza non richiede normalmente l’esecuzione di esami su campioni biologici ma la semplice sottoposizione del conducente ad accertamenti qualitativi non invasivi c.d. preliminari (ad es. cd. palloncino, che non misura però il grado di alterazione alcolica) nonché, in caso di esito positivo dei primi, ad accertamenti con strumenti quali l’etilometro.  Nel caso in cui il conducente sia coinvolto in un sinistro stradale e sia stato trasportato presso un presidio ospedaliero e, per fini diagnostici e terapeutici, sia stato sottoposto a prelievi ematici, gli stessi potranno comunque essere acquisiti anche per fini di indagine, trattandosi di campioni prelevati al di fuori del procedimento penale, per cui l’assenza del consenso dell’interessato appare del tutto irrilevante.[8] Al di fuori del caso sopra descritto gli organi di polizia non possono imporre al conducente di sottoporsi ad un prelievo di liquidi biologici per accertare lo stato di ebbrezza alcolica.

Va rilevato che l’unica modalità che può consentire di quantificare il tasso alcolemico, in caso di rifiuto del conducente a sottoporsi all’etilometro o di impossibilità ad eseguirlo, è costituita dall’analisi dei campioni ematici prelevati dal medesimo.

Per il reato di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti o psicotrope non esiste una apparecchiatura simile all’etilometro, per cui è sempre necessario il prelievo di campioni di liquidi biologici dalla persona quali urina, sangue o saliva.

Va tuttavia rilevato che l’analisi sulle urine del conducente non può fornire le necessarie informazioni in ordine all’epoca di assunzione ed alla concentrazione del principio drogante. Anche in questo caso, dunque, si rende necessario il prelievo ematico in aggiunta all’esame delle urine per determinare la c.d. ”attualità d’uso” indispensabile per procedere alla incriminazione di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

In caso di rifiuto a sottoporsi agli accertamenti sopra descritti (accertamenti qualitativi preliminari, accertamenti quantitativi mediante etilometro o presso strutture sanitarie in caso di incidente) , il conducente è punito ai sensi del’art.186, co.8,c.d.s., con le pene previste per la più grave ipotesi di ebbrezza (tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) e cioè all’ammenda da euro 1500,00 a euro 6000,00 e all’arresto da sei mesi ad un anno.  Il co.8 dell’art.187 c.d.s. punisce la condotta di chi rifiuta di sottoporsi agli accertamenti tecnici finalizzati ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope richiamando le sanzioni previste dal co.7 dell’art.186 c.d.s. sopra descritte.

La situazione antecedente alla legge n. 41/2016 sull’omicidio stradale

Il primo intervento in materia di omicidio commesso durante la circolazione stradale risale alla fine degli anni sessanta. Con legge 11 maggio 1966, n.296 il  legislatore è intervenuto sulle norme del codice penale prevedendo specifiche aggravanti per i reati di omicidio e lesioni personali commessi “con violazione delle norme delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (art.589, c. 2, art. 590, c. 3 c.p.). L’art.589 rubricato omicidio colposo recitava: “Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale…la pena è della reclusione da due a cinque anni.”

Con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2008, n. 125, il legislatore, al fine di inasprire il regime sanzionatorio per placare l’allarme sociale legato al dilagare del fenomeno delle morti e delle lesioni causate dalla circolazione stradale,  interviene nuovamente sull’art. 589 c.p. inserendo i commi 2 e 3.

In particolare, il capoverso dell’art. 589 c.p. puniva con la reclusione da due a sei anni chiunque cagionava la morte di un uomo violando le norme sulla disciplina della circolazione stradale. Il co. 3 dell’art.589 c.p. prevedeva poi che si applicasse la reclusione da tre a dieci anni se il fatto fosse stato commesso “con violazione delle norme sulla disciplina stradale da:

  • soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’art.186, comma, lettera c, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni;
  • soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope”.

Ai fini della configurabilità della circostanza in esame occorreva accertare non un qualsiasi stato di ebbrezza bensì il superamento della soglia alcolemica di 1,5 g/L.

La figura criminosa aggravata sopra descritta si affiancava agli illeciti contravvenzionali previsti dagli artt.186 e 187 c.d.s. determinando in concreto il problema della determinazione della disciplina applicabile nel caso in cui un automobilista, sotto l’effetto dell’alcool o degli stupefacenti, avesse provocato per colpa la morte o la lesione di un altro soggetto.

Si poneva la questione se dovessero trovare applicazione tutte le norme incriminatrici astrattamente riferibili alla condotta del guidatore o se, al contrario, operassero solo le norme volte a punire l’omicidio o le lesioni aggravate dallo stato di ebbrezza o di alterazione dell’agente, in quanto norme speciali assorbenti rispetto alla sola violazione del divieto di guida sotto gli effetti dell’alcool o di sostanze stupefacenti.

In primo luogo la Cassazione riteneva che non potesse configurarsi un concorso apparente di norme essendo distinte le tipicità dei fatti ed avendo i reati in esame oggetti giuridici diversi (incolumità pubblica per i reati contravvenzionali e integrità fisica e vita per l’omicidio e le lesioni personali).[9]

Inoltre, con orientamento costante, la Suprema Corte riteneva che nel caso di specie ricorresse un concorso di reati e non un reato complesso e, di conseguenza, escludeva l’applicabilità dell’art. 84 c.p., “non verificandosi una totale perdita di autonomia dei reati contravvenzionali stradali ed una fusione con l’omicidio colposo aggravato” (Cass. n. 3559/2010[10]).  Infatti la consumazione delle contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti di norma inizia ben prima della consumazione del delitto di omicidio o di lesione colpose. Non vi era dunque una immediata coincidenza causale fra le due violazioni tale da poter configurare la figura del reato complesso ex art.84.c.p. Si sottolineava poi che i destinatari dell’ipotesi aggravata di cui all’art.590 c.p. non erano soltanto i guidatori ma anche altri soggetti quali il pedone, l’istruttore di guida ecc. per cui l’ambito applicativo dei reati contravvenzionali risultava più circoscritto rispetto a quello delle aggravanti introdotte nel codice penale.

La Suprema Corte escludeva inoltre la configurabilità del concorso formale di reati (art.81, co.1, c.p.) ritenendo mancante il presupposto dell’unicità dell’azione con cui vengono violate più disposizioni di legge. Come detto, il reato contravvenzionale iniziava prima dell’incidente mortale e quindi in un diverso contesto spazio-temporale.[11]

Parte della dottrina riteneva invece applicabile l’art, 84, co.1, c.p., in quanto il comma 3 dell’art.589 c.p. considerava circostanze aggravanti fatti che avrebbero potuto costituire per se stessi reati ai sensi degli artt.186 e 187 c.d.s., cosicché la soluzione del concorso di reati avrebbe finito per porre a carico del soggetto due volte la stessa violazione della norma in materia di circolazione stradale, prima come reato e poi come circostanza aggravante del delitto, in violazione del principio del ne bis in idem.[12]

Ciò premesso va altresì rilevato che l’art.589 c.p. non conteneva alcun riferimento agli artt.186, co.7, e 187, co.8., cd.s e cioè alle ipotesi di rifiuto dell’accertamento dello stato di ebbrezza o di stupefazione.  In particolare l’art.186, co.7, c.p. parifica, quoad poenam, il rifiuto alla guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/L.

Dunque la fattispecie aggravata di omicidio stradale non poteva essere applicata al conducente che si fosse rifiutato di sottoporsi agli accertamenti tecnici del tasso alcool nel sangue o della presenza di sostanze stupefacenti nei liquidi biologici.

Tale aspetto costituiva una grave lacuna normativa che incentivava il rifiuto in coloro che avessero causato incidenti mortali dopo aver assunto sostanze stupefacenti o alcool in quantità elevate. Per consolidato orientamento giurisprudenziale il previo consenso dell’interessato  non era ritenuto necessario soltanto nel caso di prelievi ematici e di accertamenti clinici  effettuati dalle strutture sanitarie per finalità diagnostico-terapeutiche (ad es. in seguito al ricovero dopo sinistro stradale).

In tutti gli altri casi, il diniego all’accertamento non consentiva la prova dell’effettivo superamento della soglia legale di ebbrezza “grave” con la conseguenza che il conducente poteva ottenere il trattamento più lieve derivante dal concorso fra l’omicidio ex art.589,co.2 e la contravvenzione di cui all’art.186,co.7, anziché del più grave delitto di cui all’art.589,co.3,c.p..

Dall’altro lato tuttavia appariva corretto non erigere una fattispecie così grave su una presunzione di alterazione del conducente.

Omicidio stradale e le lesioni personali stradali: la legge n. 41/2016

Con l’ultima riforma del 2016 tutte le disposizioni riguardanti i delitti commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale sono state espunte dagli originari artt. 589 c.p. (omicidio colposo) e 590 c.p. (lesioni personali colpose) e sono state inserite nei nuovi artt. 589 bis c.p. e 590 bis c.p., rubricati rispettivamente “omicidio stradale” e  “lesioni personali stradali gravi o gravissime”.

In particolare, per quanto riguarda l’omicidio stradale, il primo comma dell’art. 589 bis prevede la fattispecie base e punisce con la reclusione da due a sette anni “chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”.

Nei commi successivi vengono poi previste ipotesi circostanziali corrispondenti a fattispecie di differente gravità: il capoverso dell’art. 589-bis c.p., che disciplina il caso più grave, prevede che si applichi la reclusione da otto a dodici anni se la morte viene cagionata per colpa da chi si è posto alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza “grave” (ossia con un tasso di alcool nel sangue superiore a 1,5 g/l) oppure in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Nei commi seguenti sono poi previste altre fattispecie aggravate di omicidio stradale, che trovano i loro caratteri distintivi nella qualificazione professionale del conducente (co.3)[13], nel più ridotto grado dello stato di ebbrezza alcolica (co.4)[14] e nel compimento di condotte ritenute dal legislatore particolarmente pericolose (co.5).

Ma l’inasprimento sanzionatorio previsto dal legislatore con riferimento alla guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope per essere efficace necessita di un efficiente sistema di modalità di accertamento, che superi limpasse determinato dal rifiuto del conducente a sottoporsi al necessario prelievo ematico. Tuttavia, a fronte di un inasprimento della pena, permangono ancora ombre sull’effettività del sistema sanzionatorio. Come è noto infatti, per poter imputare il reato di omicidio stradale nelle fattispecie aggravate previste dall’art. 589 bis, co.2, 3 e 4 cp, è necessario accertare la presenza del tasso alcolemico nella misura stabilita dall’art. 186, co. 2, lett. b e c. A tal fine occorre acquisire gli elementi probatori utili ad accertare i fatti in tempi molto stretti, considerata l’inevitabile modifica dei valori con il trascorrere del tempo.

Il rifiuto di sottoporsi al prelievo ematico. Le soluzioni legislative

Nulla quaestio se l’indagato presta il proprio consenso al compimento dei necessari prelievi: in questo caso la polizia giudiziaria può procedere agli accertamenti previo avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia ex artt. 346 cpp e 114 disp. att.ne. La situazione si complica invece se l’indagato rifiuta di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico o alle analisi dirette ad accertare l’avvenuta assunzione di sostanze stupefacenti.

In tal caso, secondo la disciplina precedente alla riforma del 2016, come detto, il conducente incorreva sicuramente nella responsabilità penale ex art. 186 co. 7 o 187, co.8 (reati di guida sotto l’influenza dell’alcool con un tasso superiore a 1,5 g/l e di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti) ma, in assenza di riscontro della colpa specifica, non poteva essere incriminato per il reato di omicidio aggravato.

Solo nel caso in cui l’indagato avesse avuto bisogno, in seguito al sinistro, di trattamenti sanitari e cure mediche, secondo un orientamento costante della giurisprudenza di legittimità[15], i prelievi ematici e tutti gli accertamenti clinici effettuati dalle strutture sanitarie per finalità diagnostico-terapeutiche (ad esempio in caso di ricovero a seguito di un sinistro stradale) erano sempre utilizzabili, senza la necessità di previo consenso da parte dell’interessato.

Per superare tale impasse, il legislatore nel 2016 ha apportato modifiche alla disciplina processuale in tema di operazioni peritali e di prelievi di campioni biologici.

In particolare, la novella del 2016 è intervenuta sull’art.224-bis c.p.p. estendendone l’applicabilità al reato di omicidio stradale e a quello di lesioni personali stradali gravi o gravissime. Come è noto, l’art. 224 bis (introdotto dall’art. 24 della L. 30 giugno 2009, n. 85) disciplina le modalità di esecuzione della perizia nei casi in cui si proceda per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione nel massimo a tre anni, stabilendo che  “se per l’esecuzione della perizia è necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo del DNA o accertamenti medici, e non vi è il consenso della persona da sottoporre all’esame del perito, il giudice, anche d’ufficio, ne dispone con ordinanza motivata l’esecuzione coattiva, se essa risulta assolutamente indispensabile per la prova”. Il legislatore dunque ha allargato l’applicabilità di tale modalità di esecuzione della perizia, generalmente prevista per delitti non colposi di una certa gravità, anche ai delitti colposi di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime.

Analoga disposizione si ritrova sostanzialmente nell’art. 359 bis, il quale prevede che, quando devono essere eseguite le operazioni di cui all’articolo 224 bis e non vi è il consenso della persona interessata, il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l’ordinanza con la quale si dispone il prelievo coattivo ovvero, nei casi in cui dal ritardo possa discendere grave e irreparabile pregiudizio alle indagini, interviene con proprio decreto motivato (prelievo coattivo attribuito all’iniziativa del pubblico ministero, c.d. prelievo a fini investigativi).  Tuttavia, dato che i tempi di svolgimento della perizia non sono compatibili con l’urgenza imposta dall’accertamento dello stato di ebbrezza o di stupefazione, considerato il breve arco di tempo sufficiente per metabolizzare sia alcool che droga, onde consentire un intervento più rapido ed efficace degli organi investigativi, il legislatore con L. n. 41/2016 ha aggiunto un nuovo comma 3-bis[16] all’art. 359 bis c.p.p che prevede, nei casi di urgenza, qualora si proceda per i delitti di omicidio o lesioni personali stradali gravi o gravissime e il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, la possibilità per il P.M. di autorizzare anche oralmente (fatta salva la successiva conferma scritta) l’esecuzione coattiva del  “necessario prelievo o accertamento”. Tuttavia si pone un problema perché manca un riferimento espresso al prelievo ematico. Tale norma fa riferimento infatti all’art. 224 bis cpp, (l’art. 359 bis co. 2 stabilisce che il decreto motivato del pm,  relativo allo svolgimento delle operazioni peritali, deve contenere  i medesimi elementi previsti dal comma 2 dell’articolo 224 bis) che prevede espressamente soltanto il prelievo di capelli, peli e mucosa del cavo orale; nulla dice invece in merito al prelievo ematico, che costituisce la matrice biologica più affidabile per accertare sia l’effettivo tasso alcolemico e il superamento delle soglie di rilevanza normativamente stabilite, sia l’attualità d’uso della sostanza stupefacente.

Ciò ha inevitabilmente creato notevoli contrasti in sede di interpretazione della norma relativamente all’individuazione delle attività che possono essere compiute “coattivamente”, con particolare riferimento alla possibilità di effettuare il prelievo ematico in caso di rifiuto di sottoporvisi da parte dell’interessato.

Sul punto si registrano due posizioni opposte: da una parte c’è chi ritiene tassativa l’elencazione contenuta nell’art. 224 bis, co.1[17] in quanto derogatoria dei principi costituzionali ex art. 13 Cost., ed esclude quindi la possibilità di effettuare coattivamente prelievi di sangue, favorendo però in tal modo atteggiamenti ostruzionistici da parte dell’autore del reato; dall’altra c’è chi, ricorrendo a una interpretazione più sostanziale della norma, ritiene invece possibili tali accertamenti.  Del resto tale ultima interpretazione, come osservato da autorevole dottrina[18], è dettata “dalla necessità di salvaguardare l’operatività della nuova normativa” in quanto proprio da tale accertamento dipende la stessa configurazione giuridica del fatto.

La tesi contraria al prelievo ematico coattivo

Più in particolare, secondo i sostenitori della prima posizione, la disciplina dei prelievi coattivi di materiale biologico, implicando una restrizione della libertà personale, incide su un bene costituzionalmente tutelato dall’art. 13 Cost. ed è quindi necessaria una tipizzazione legislativa dei casi e modi in cui è possibile intervenire coattivamente. Viene richiamata, a tale proposito, la sentenza della Corte Costituzionale 9 luglio 1996, n. 238, che aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 224 “nella parte in cui consente che il giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell’indagato o dell’imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei casi e nei modi dalla legge”. Il Giudice delle leggi affermava anche che “Il prelievo ematico comporta certamente una restrizione della libertà personale quando se ne renda necessaria la esecuzione coattiva perché la persona sottoposta all’esame peritale non acconsente spontaneamente al prelievo. E tale restrizione è tanto più allarmante – e quindi bisognevole di attenta valutazione da parte del legislatore nella determinazione dei “casi e modi” in cui può esser disposta dal giudice – in quanto non solo interessa la sfera della libertà personale, ma la travalica perché, seppur in minima misura, invade la sfera corporale della persona – pur senza di norma comprometterne, di per sé, l’integrità fisica o la salute (anche psichica), né la sua dignità, in quanto pratica medica di ordinaria amministrazione (cfr. sent. n. 194 del 1996) – e di quella sfera sottrae, per fini di acquisizione probatoria nel processo penale, una parte che è, sì, pressoché insignificante, ma non certo nulla. È quindi operante nel caso la garanzia della riserva – assoluta di legge, che implica l’esigenza di tipizzazione dei “casi e modi”, in cui la libertà personale può essere legittimamente compressa e ristretta. Né tale rinvio alla legge può tradursi in un ulteriore rinvio da parte della legge stessa alla piena discrezionalità del giudice che l’applica, richiedendosi invece una previsione normativa idonea ad ancorare a criteri obiettivamente riconoscibili la restrizione della libertà personale”.

Per colmare il vuoto normativo il legislatore è dunque intervenuto con la L. 30 giugno 2009, n. 85[19] prevedendo una disciplina in materia tale da rispettare i parametri di legittimità costituzionale.  Tuttavia, la nuova disciplina che stabilisce specifiche modalità (prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale) con cui procedere al prelievo coattivo, alla luce del limite vincolante imposto dal precetto costituzionale (art. 13 Cost.: “Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di  ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”), in mancanza di previsione espressa da parte del legislatore, non consente l’esecuzione coattiva del prelievo ematico.[20]

Ma anche il successivo intervento legislativo del 2016 viene letto dai sostenitori di questa tesi come non sufficiente ad autorizzare il prelievo ematico coattivo dato che nella nuova disposizione non viene specificato il contenuto del “necessario prelievo e accertamento”. Secondo i sostenitori di tale tesi  la disciplina dei prelievi coattivi, in quanto derogatoria dei principi costituzionali di cui all’art. 13 Cost., deve essere interpretata in modo rigoroso e non estensivo. Ne consegue che l’elencazione contenuta nella norma dei casi e dei modi con cui può procedersi al prelievo biologico coattivo (prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale…altri accertamenti medici) non è da ritenersi meramente esemplificativa bensì tassativa.”[21]

La tesi favorevole al prelievo ematico coattivo

Secondo i sostenitori della seconda tesi invece, la modifica apportata dal legislatore nel 2016 ha introdotto una fattispecie autonoma di prelievo coattivo “stradale”.[22]

In questo caso infatti il ricorso al prelievo coattivo è l’unico modo per impedire una situazione di grave e irreparabile pregiudizio per le indagini e per giungere alla prova delle fattispecie aggravate di omicidio o lesioni colpose stradali. Si aggiunge, secondo i sostenitori di tale tesi, che anche la struttura della norma, che ripete alcune disposizioni previste per il modello generale (come la disciplina della procedura d’urgenza e la convalida del provvedimento) depone per la configurazione di una fattispecie autonoma di prelievo coattivo.

Ma per poter ammettere la praticabilità del prelievo ematico è necessario ritenere la nuova normativa compatibile con l’art. 13, co.2 Cost.: a tale fine si può leggere l’elencazione contenuta nell’art. 224 bis cpp come non tassativa e semplicemente esemplificativa, lettura che verrebbe avallata dall’uso da parte del legislatore del termine “quali” per indicare i casi di prelievo coattivo. Tuttavia bisogna tener presente che, quando sono in gioco interessi costituzionalmente rilevanti, di fronte a interpretazioni dubbie, bisogna preferire un’interpretazione costituzionalmente conforme e quindi, in questo caso, l’interpretazione restrittiva.

Per poter ritenere sussistente la compatibilità del prelievo ematico coattivo con l’art. 13, co.2 Cost parte della dottrina fa quindi riferimento agli “accertamenti medici” indicati dall’art. 224 bis cpp.[23] Si pone però subito la domanda di che cosa si intenda per “accertamenti medici”.[24] Secondo una prima accezione essi riguardano solo gli accertamenti medici finalizzati alla determinazione dell’impronta genetica, diversi da quelli espressamente elencati, e quindi esorbiterebbero dall’ambito dei reati stradali; secondo una seconda interpretazione invece in essi vanno compresi tutti gli accertamenti compiuti sul corpo dell’imputato o di un terzo mediante l’impiego della medicina, a prescindere dalla finalità di ricerca del DNA.

Ma per garantire il rapporto di compatibilità con l’art. 13 c. 2 Cost. è necessario conferire a tale locuzione una certa attitudine selettiva e ciò potrebbe essere assicurato applicando agli accertamenti medici la norma di chiusura contenuta nell’art. 224 bis c.4 e 5 (peraltro espressamente richiamata dall’art. 359 bis, c.3 bis): “Non possono in alcun caso essere disposte operazioni che contrastano con espressi divieti posti dalla legge o che possono mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che, secondo la scienza medica, possono provocare sofferenze di non lieve entità. Le operazioni peritali sono comunque eseguite nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto. In ogni caso, a parità di risultato, sono prescelte le tecniche meno invasive”.[25] Peraltro, è stato osservato[26] che tale previsione non avrebbe alcun senso se riferita esclusivamente al prelievo di capelli, saliva e mucosa del cavo orale, operazioni che indubbiamente non provocano particolari sofferenze né tantomeno mettono in pericolo la vita o la salute della persona.

In conclusione, la compatibilità costituzionale della norma all’art. 13 Cost. può considerarsi raggiunta con l’introduzione delle nuove norme introdotte negli art. 224 bis e 359 bis c.3 bis, che definiscono chiaramente le finalità del prelievo e dell’accertamento. Grazie dunque a una lettura sistematica delle norme viene dunque osservata la riserva di legge e anche la riserva di giurisdizione viene garantita dalla previsione di un necessario intervento da parte del giudice in sede di convalida dell’atto urgente disposto dal pubblico ministero.

Si aggiunge che anche la Corte Costituzionale ha in più occasioni affermato che il prelievo ematico si pone entro i limiti imposti dal rispetto della persona umana, dal momento che esso – ormai di ordinaria amministrazione della pratica medica – non lede la dignità o la psiche della persona e di norma non ne mette in alcun modo in pericolo la vita, l’incolumità e la salute (Corte Cost. 24 marzo 1986, n.54; Corte Cost. 12 giugno 1996, n. 194).

E’ stato inoltre evidenziato[27] che nel “necessario prelievo” deve ritenersi incluso il prelievo di sangue, “senza timore di esporre la norma a censure di incostituzionalità” perché “con il comma 3 bis dell’art. 359 bis cpp, il legislatore ha rispettato il dettato dell’art. 13 della Costituzione prevedendo casi e modi in cui era consentita la limitazione della libertà personale mediante il prelievo: i casi sono quelli dell’omicidio stradale e delle lesioni stradali, i modi sono contenuti nell’indicazione ‘necessario prelievo’, formula che consente un rinvio alle tecniche mediche e alla loro evoluzione, alla ricerca di modalità sempre meno gravose per l’incolumità fisica della persona”.

Secondo tale interpretazione insomma il legislatore con la L. n. 41/2016 avrebbe introdotto nei casi di reati di omicidio e lesioni stradali un tipo di prelievo coattivo speciale rispetto all’istituto ordinario[28], praticabile solo ove ricorra il presupposto del “grave o irreparabile pregiudizio alle indagini”, i cui modi sono definiti in virtù del combinato disposto degli art. 224 bis, c.1 cpp (accertamenti medici), art. 359 bis, c. 3 bis cpp (necessario prelievo o accertamento) e art. 224 bis cc. 4 e 5, cpp. E’ un tertium genus creato dal legislatore per evitare l’inapplicabilità della nuova disciplina in materia di omicidio stradale o lesioni stradali  aggravati per guida in stato di ebbrezza nel caso in cui il conducente rifiuti di collaborare con gli inquirenti.  Si deve considerare infatti che, per quanto riguarda l’ebbrezza alcolica, in mancanza di prelievo ematico, non possono contestarsi le aggravanti di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 589 bis e 590 bis dato che il legislatore ha indicato precisamente il valore delle soglie che distingue la differente gravità della fattispecie[29]. In tal caso quindi, in assenza di prelievo ematico, potrebbero essere contestati solo l’omicidio stradale semplice (art. 589 bis, c.1) e l’art. 186, c.7 (per il rifiuto dell’accertamento). Analogo discorso vale per l’accertamento della presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope perché se è vero che in questo caso è indifferente il quantitativo di sostanza presente nell’organismo è anche vero che bisogna accertare che l’effetto della droga sia ancora attivo quando si verifica l’incidente[30].

Tale interpretazione è stata seguita anche da molte Procure: la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto [31] afferma che “ tra gli accertamenti e i prelievi ai quali può essere sottoposto il conducente, con riferimento alle ipotesi di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. c’è “certamente anche il prelievo ematico” perché, in caso di interpretazione diversa dell’art. 224 bis cpp e dell’art. 359 bis, c.3 bis, “sarebbe spesso impossibile l’incriminazione per omicidio stradale nei confronti di soggetto che rifiuti di sottoporsi agli accertamenti necessari”. Nello stesso senso la Procura di Firenze: “ non consentire il prelievo ematico coattivo determinerebbe un grave vulnus all’attività di assicurazione delle prove, dato che altri accertamenti sono allo stato inidonei sul piano scientifico a dimostrare la guida sotto l’effetto di stupefacenti o il grado di assunzione di sostanze alcooliche”[32] e la procura di Genova[33]: “ Il prelievo ematico (…) non solo può ma deve essere imposto coattivamente per via giudiziaria quando è indispensabile per provare le circostanze aggravanti indicate.”[34]

Tale interpretazione sembra l’unica possibile. Aderendo all’altra tesi infatti la nuova normativa in materia di guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione psico-fisica per assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope sarebbe in molti casi inapplicabile, considerato che l’accertamento della colpa specifica in caso di rifiuto del conducente sarebbe precluso a causa dell’incompletezza del quadro normativo.

Le modalità di esecuzione del prelievo ematico coattivo

Per quanto riguarda poi la definizione delle modalità esecutive del prelievo ematico coattivo,[35] innanzitutto la Polizia Giudiziaria deve avvisare il Pubblico Ministero per ottenere l’autorizzazione all’esecuzione coattiva delle operazioni. Segue poi  l’emanazione di un decreto motivato da parte del PM contenente l’indicazione specifica del prelievo o dell’accertamento da effettuare e delle ragioni che lo rendono indispensabile per la prova dei fatti. Se sussiste fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave e irreparabile pregiudizio alle indagini (eventualità generalmente ricorrente nel caso del reato di omicidio o lesioni stradali), l’autorizzazione può essere data anche oralmente e successivamente confermata per scritto. Entro le quarantotto ore successive il PM richiede la convalida del decreto al giudice per le indagini preliminari, che provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive.

L’art. 359 bis., c. 3 bis prevede che “gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all’accompagnamento dell’interessato presso il più vicino presidio ospedaliero.” L’Ufficiale di Polizia Giudiziaria conferisce all’operatore sanitario – dotato di adeguate competenze tecniche – l’incarico di Ausialiario di P.G ex art. 348, c. 4 cpp., e richiede, con la compilazione di apposito modello, il prelievo biologico da effettuarsi.

Il protocollo della Regione Lazio ha individuato ospedali di primo livello dotati di Pronto Soccorso[36], presso i quali vengono effettuati i test di screening. Per i test di conferma, in caso di esito positivo, i campioni prelevati vengono poi portati in una delle strutture sanitarie della rete di secondo livello, i cui laboratori di analisi sono dotati strumentazione idonea a effettuare gli esami di conferma.[37]

L’accertamento coattivo sul conducente in caso di incidente stradale integrante il reato di cui all’art. 589-bis e 590-bis cp costituisce accertamento tecnico irripetibile, nel quale il mezzo coercitivo è giustificato da ragioni di urgenza.

Il protocollo della Regione Lazio distingue due ipotesi: la procedura operativa per le sostanze alcoliche, per la quale è necessario l’esame ematico in quanto la definizione dello stato di ebbrezza alcoolica o sotto l’influenza dell’alcool è compiuta in base alle concentrazioni ematiche di alcool riscontrate,  e la procedura operativa per sostanze stupefacenti o psicotrope, che prevede sia la valutazione clinica dello stato di alterazione psico-fisica, sia il prelievo di materiale biologico. A tal fine si deve privilegiare l’accertamento diagnostico su base ematica e, solo se questo risulti eccessivamente difficoltoso o impossibile, si procede con l’accertamento su matrice salivare.

In conclusione, anche alla luce di quanto emerge dai lavori preparatori, intenzione del legislatore del 2016 era proprio quella di punire in modo più severo condotte legate all’assunzione di alcool o sostanze stupefacenti che andavano a incidere su beni fondamentali quali sono il diritto alla vita e il diritto all’integrità fisica. La modifica di alcune norme procedurali (artt. 224 bis e 359 bis cpp) ha consentito di superare i limiti della precedente disciplina normativa, consentendo ora l’esecuzione coattiva del prelievo ematico al fine della determinazione del grado di ebbrezza o dello stato di alterazione da assunzione di stupefacenti o di sostanze psicotrope, in modo tale da consentire la contestazione dell’aggravante speciale.

Volume consigliato

Note

[1] ADDANTE, Vox populi vox Dei? L’omicidio stradale: una riforma figlia del tempo attuale, in Archivio Penale, 2017, n. 2, p. 2.  L’autrice mette in luce la qualificazione dei delitti stradali da parte dell’opinio comunis come “reati di allarme sociale” per la particolare rilevanza del bene giuridico tutelato in via diretta e per la loro frequente verificazione e riconduce la configurazione delle nuove fattispecie criminose e l’innalzamento delle sanzioni alla “necessità di scongiurare l’eventualità che, a fronte della lesione di beni di primaria rilevanza, il reo possa rimanere in qualche modo impunito. (…) il filo che muove tutto ciò è la sfiducia nel complessivo assetto sanzionatorio, in quanto è sempre più radicata la convinzione che una pena inferiore a certi limiti edittali risulti destinata a rimanere del tutto inattuata a causa dell’incessante ricorso ad istituti premiali per il reo: da quelli legati alla sottoposizione ai riti processuali alternativi, agli altri operanti in sede penitenziaria.” Sul punto sono significative le parole usate nello Schema di parere presentato dal Relatore sul disegno di legge n. 859-1357-1378-1484-1553-B, secondo le quali l’iniziativa legislativa “intercetta una non più eludibile domanda di giustizia da parte di migliaia di famiglie che, nel corso degli anni, hanno conosciuto la perdita o l’invalidazione permanente dei propri congiunti”. Sul punto, cfr. SQUILLACI, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e lesioni personali stradali

[2] Per una ricostruzione dell’evoluzione della disciplina normativa in materia cfr. ADDANTE, cit., pp. 4 e ss.

[3] SQUILLACI, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e lesioni personali stradali, cit., p.3. Nello stesso senso ADDANTE, Vox populi vox Dei?, cit., p.3: “sembra di essere di fronte all’ennesimo intervento legislativo improntato alla soddisfazione di suggestioni demagogiche – soprattutto di specifici settori dell’opinione pubblica – sapientemente veicolate dai media e prontamente recepite da una classe politica alla costante ricerca del consenso elettorale, ispirate al modello di tolleranza zero, quale panacea di tutti i complessi problemi connessi al fenomeno c.d. della criminalità stradale”; DELLA RAGIONE, Omicidio stradale. Le novità della legge 41/2016, in Il Penalista, 25 marzo 2016. L’autore osserva che il trattamento punitivo stabilito per le nuove figure di reato “risulta espressione di una concezione meramente retributiva e di deterrenza della pena, dunque in tensione con il principio costituzionale del finalismo rieducativo della pena sancito dall’art. 27, comma 3, Cost, in funzione di specifiche esigenze risocializzative del condannato”.

[4] BOCHICCHIO, Il nuovo delitto di omicidio stradale tra logica dell’emergenza e sistema costituzionale, in dirittifondamentali.it. L’autore richiama l’autorevole dottrina che in passato aveva affermato “nella realtà le norme giuridiche non esistono mai da sole, ma sempre in un contesto di norme che hanno particolari rapporti fra loro” (BOBBIO, Teoria dell’Ordinamento giuridico, Torino, 1960, p.3) e PIERANDREI, voce Corte Costituzionale, in Enc. Dir., vol. X, Milano, 1962, p. 983: “le norme, una volta poste in essere dalla loro fonte di produzione, non rimangono isolate l’una nei confronti dell’altra…invece si inseriscono nel sistema complessivo e sono soggette alle influenze che nei loro confronti viene ad esercitare l’evoluzione dell’ordinamento”.

[5] ROIATI, L’introduzione dell’omicidio stradale e l’inarrestabile ascesa del diritto penale della differenziazione

[6] In senso critico DONINI, Sicurezza e diritto penale, in Cass. Pen., 2008, p. 3558,  osserva che l’ansia di prevenire reati sposta l’accento dall’evento lesivo alle condotte pericolose, dai beni da proteggere al disvalore dell’azione, dal fatto offensivo agli autori pericolosi. Nello stesso senso ROIATI, L’introduzione dell’omicidio stradale, cit., p.5, che rileva come la novella legislativa configuri “veri e propri regimi differenziati, mediante scelte di politica criminale orientate principalmente in riferimento al tipo di rischio anziché al disvalore di evento, rectius all’allarme sociale da esso ingenerato.”

[7] Si tratta di circostanze aggravanti ad effetto speciale in quanto l’art. 590 quater cp espressamente prevede che le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle stesse e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti.

[8] Sul punto v. nota 15.

[9] Cass. Pen., 28 gennaio 2010, n. 3559: “Infondata è la doglianza con riferimento all’art. 15 c.p. Invero, sebbene l’art. 186 C.d.S. reciti che la contravvenzione è configurabile ove il fatto non costituisca più grave reato, tale clausola non determina, per il principio di specialità, un assorbimento della guida in stato di ebbrezza nel delitto di omicidio colposo, ciò perché tra le due disposizioni non si configura un concorso apparente di norme. Quest’ultimo si realizza quando una norma si pone come speciale rispetto a quella generale e cioè quando contiene tutti gli elementi costitutivi di quella generale e, altresì, un quid pluris. Nel caso che ci occupa, non sussiste un rapporto tra genere a specie tra l’art. 186 C.d.S. ed l’art. 589 c.p., essendo nettamente distinte le tipicità dei fatti ed avendo i reati oggetti giuridici diversi: l’incolumità pubblica la contravvenzione; la vita il delitto”.

[10] Cass. Pen.  28 gennaio 2010, n. 3559: “va premesso che la finalità dell’art. 84 c.p. è quella di garantire un trattamento sanzionatorio equo nel caso in cui, un reato “smarrisca” la propria autonomia fondendosi in un altro. Va anche precisato che non esiste nel nostro ordinamento una figura generale di reato complesso, ma singole figure previste nella parte speciale del codice ed eventualmente in altre leggi. Ciò premesso, può dirsi che nel caso di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale si configuri un reato complesso, in cui le contravvenzioni stradali perdono la loro autonomia di reato? La risposta deve essere negativa, ben potendosi configurare il concorso di reati. Invero, come già osservato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 124 del 1974, l’art. 84 c.p. pretende che di un reato facciano parte, come elementi costituivi o circostanze aggravanti, fatti costituenti di per sè autonomi “reati”. Nell’art. 589 c.p., comma 2, invece, vengono in modo generico richiamate le norme sulla circolazione stradale, senza alcun distinguo tra mere regole prive di sanzione, illeciti amministrativi e contravvenzioni, con ciò mostrando che il legislatore non ha inteso costruire tale ipotesi aggravata come un caso di reato complesso, altrimenti avrebbe codificato la disposizione con richiami a specifiche violazioni contravvenzionali. Deve pertanto condividersi la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, sebbene risalente, che nega nel caso in questione l’applicabilità dell’art. 84 c.p., non verificandosi una totale perdita di autonomia dei reati contravvenzionali stradali ed una fusione con l’omicidio colposo aggravato (cfr. Cass. 5^, 2608/79, Schiavone; Cass. 4^, 1103/71, Bacci; Cass. 1^, 1638/71, Antonelli).

[11] Cass. pen. 30-11-2012, n. 46441: “Si ritiene opportuno precisare che ad avviso del Collegio deve escludersi, nel caso in esame, anche la configurabilità del concorso formale di reati (art. 81 c.p., comma 1), difettando il presupposto fondamentale per l’applicazione della norma, vale a dire l’unicità dell’azione (o dell’omissione) con cui vengono violate più disposizioni di legge o compiute più violazioni della medesima norma in uno stesso contesto. (…)Non può certo parlarsi di medesimo contesto spazio-temporale, per il reato di guida in stato di ebbrezza (o in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope) e per quello di omicidio colposo aggravato ai sensi dell’art. 589 c.p., comma 3, (o quello di lesioni personali colpose aggravate ai sensi dell’art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo); il soggetto agente, invero, prima di provocare l’incidente e cagionare danni a persone, ha già guidato in stato di ebbrezza (o alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti) – a nulla rilevando il tempo trascorso e la lunghezza del tratto di strada percorso – così commettendo tale reato contravvenzionale in un diverso contesto spazio-temporale: reato, poi compiutamente e formalmente accertato a seguito dell’incidente.”

[12] Cass. 7 giugno 2018, n. 26857 richiama la dottrina aderente a tale filone interpretativo.

[13] La stessa pena prevista in caso di ebbrezza “grave” si applica anche al conducente cd. “professionale” (art. 186 bis, c.1, lett. b, c, d, Cds) che, postosi alla guida in stato di ebbrezza “media” (tasso alcolico superiore a 0,8 g/l e non superiore a 1,5 g/l), cagioni per colpa la morte di una persona. Tale previsione legislativa, che stabilisce un trattamento più severo, trova la sua ragione nel fatto che i soggetti agenti appartengono a categorie che, per motivi di lavoro, sono più esposte al rischio di incidenti stradali. Sulla stessa linea si colloca anche l’art. 186 bis, c.1, Cds, che vieta in modo assoluto a tali conducenti di guidare dopo aver assunto bevande alcoliche e sotto l’influenza di queste, a prescindere dalla quantità di alcool ingerita.

[14] Il comma 4 punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica “media” (tasso alcolico 0,8-1,5 g/l) cagiona per colpa la morte di una persona.

[15] In tal senso Cass. Pen. 7 marzo 2012, n. 10605 che afferma: “i risultati del prelievo ematico, effettuato a seguito di incidente stradale durante il successivo ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica su richiesta della polizia giudiziaria, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso” Il prelievo non sarebbe effettuabile solo nel caso in cui il paziente rifiutasse espressamente di essere sottoposto a qualsiasi trattamento sanitario. Nello stesso senso Cass. Pen. 25 agosto 2016 n. 52877; Cass. Pen. 18 novembre 2015, n. 4985; Cass. Pen. 17 luglio 2012, n. 34519; Cass. Pen. 16 maggio 2012, n. 26108; Cass. Pen. 21 dicembre 2011, n. 8041.

[16] Art. 359 bis, co. 3 bis cpp: “Nei casi di cui agli articoli 589 bis e 590 bis del codice penale, qualora il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, se vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il decreto di cui al comma 2 e gli ulteriori provvedimenti ivi previsti possono, nei casi di urgenza, essere adottati anche oralmente e successivamente confermati per iscritto. Gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all’accompagnamento dell’interessato presso il più vicino presidio ospedaliero al fine di sottoporlo al necessario prelievo o accertamento e si procede all’esecuzione coattiva delle operazioni se la persona rifiuta di sottoporvisi. Del decreto e delle operazioni da compiersi è data tempestivamente notizia al difensore dell’interessato, che ha facoltà di assistervi, senza che ciò possa comportare pregiudizio nel compimento delle operazioni. Si applicano le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 365. Entro le quarantotto ore successive, il pubblico ministero richiede la convalida del decreto e degli eventuali ulteriori provvedimenti al giudice per le indagini preliminari, che provvede al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone immediato avviso al pubblico ministero e al difensore. Le operazioni devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell’articolo 224 bis”. Sono pertanto vietate le operazioni che contrastano con espressi divieti posti dalla legge o che possono mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che, secondo la scienza medica, possono provocare sofferenze di non lieve entità; le operazioni inoltre devono essere eseguite nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto, con preferenza, a parità di risultato, per le tecniche meno invasive.

[17] ADDANTE, Vox populi vox Dei?, cit., p.27; BALZANI-TRINCI, I reati in materia di circolazione stradale, Torino, 2016, p,379; nello stesso senso Procura della Repubblica di Trento.

[18] ROIATI, I reati stradali e la labile distinzione tra obbligo e coazione nel prelievo di campioni biologici, in Cassazione Penale 2017, n.5, p. 2213.

[19] L. 30 giugno 2009, n. 85, Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria. Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale.

[20] AMATO, Prevista l’aggravante per il reato commesso sotto l’effetto di alcool, in Guida Dir., 2016, 6, p. 62.

[21] In tal senso ADDANTE, Vox populi vox Dei? L’omicidio stradale: una riforma figlia del tempo attuale in Archivio Penale, 2017, n.2, p.  27. Ha seguito tale interpretazione anche la Procura di Trento affermando nella circolare n. 5/2016 (prot. N. 499/2016) che, in mancanza di un’esplicita previsione normativa, l’elenco delle operazioni di cui all’art. 224 bis cpp richiamato dall’art. 359 bis, c. 3 bis, non è da ritenersi meramente esemplificativo bensì tassativo: “la disciplina di rigore non è quindi completamente esaustiva con riferimento alla tematica proprio dell’accertamento dello stato di alterazione, non risultano possibile procedere coattivamente ad accertamenti ematici, al di fuori delle necessità mediche, anche in presenza di un eventuale intervento dell’autorità giudiziaria”.

[22] ZIROLDI, Omicidio e lesioni stradali. Problematiche interpretative e prime prassi applicative.

[23] In senso contrario GABRIELLI, Il nuovo prelievo coattivo “stradale”: tanto rumore per (quasi) nulla? In Rivista italiana di Diritto e Procedura penale, vol 59, n. 2, 2016, pp. 821- 834.

     [24] Cfr. ZIROLDI, cit., pp. 15 e ss.

[25] ZIROLDI, cit., p. 16. Secondo l’autore tale norma di chiusura, a salvaguardia dell’integrità psico-fisica,  riguarda proprio gli accertamenti medici dal momento che “il prelievo di peli o di mucosa del cavo orale sembra già di per sé costituire tipizzazione del criterio del minor sacrificio necessario per cui non vi sarebbe  stata la necessità di una previsione residuale di garanzia. Al contrario, la previsione degli accertamenti medici richiederebbe il necessario collegamento, proprio per la sua natura residuale e aspecifica, con determinate modalità operative che preservino chi vi è sottoposto dal pericolo di compromissioni alla propria integrità psicofisica”. Nello stesso senso PRETE, Gli accertamenti tecnici nei reati stradali, cit., p. 170-171.

[26] VALLI, Il prelievo ematico coattivo per l’accertamento dei reati di lesioni e omicidio stradale colposi in www.dirittopenalecontemporaneo, 2017, n. 10.

[27] PINTO, Le indagini nel delitto di omicidio stradale. Nello stesso senso AMATO, Primi approdi ermeneutici inerenti i profili processuali e sostanziali del reato di omicidio stradale (Legge 23 marzo 2016, n. 41) in www.magistraturaindipendente.it.

[28] Sul punto cfr. BIGIARINI, Gli aspetti processuali più rilevanti: prelievo biologico coattivo, arresto in flagranza e competenza del giudice, in Dir. Pen. proc., 2016,  p 450;

[29] In tal senso PRETE, Gli accertamenti tecnici nei reati stradali n.3, p. 166. L’autore osserva “certamente hanno colto nel segno quei commentatori che hanno evidenziato il non senso delle nuove disposizioni se queste, per l’accertamento specifico dei reati de quibus nella forma aggravata, si limitassero a ribadire il contenuto di quanto già previsto dal preesistente quadro normativo. (…) Se non fosse superabile il rifiuto del conducente di sottoporsi alle analisi, verrebbe meno la possibilità stessa di provare il reato ed è intuitivo l’interesse dell’indagato a sottrarsi alla ricerca di una prova che può condurre a pesanti condanne.” L’autore poi rileva che il prelievo ematico, come altre forme di prelievo di materiale biologico da essere vivente, è astrattamente ammissibile, purché il legislatore ne preveda casi e modi, circoscrivendo i poteri coercitivi del giudice e, nel caso in esame, anche se il legislatore ha omesso il riferimento specifico alla species prelievo ematico, comunque la nuova disciplina consegna un sistema “probabilmente non impeccabile sotto il profilo della tassatività, ma certamente più definito rispetto al vecchio 224 cpp, che di definito aveva poco.”

[30] L’esame delle urine consente un referto in tempi rapidi ma può risultare positivo anche a distanza di giorni o addirittura settimane dall’assunzione delle sostanze stupefacenti, quando ormai si sono esauriti gli effetti dell’alterazione psico-fisica – che generalmente durano poche ore. Anche la visita comportamentale medico-legale o la constatazione di sintomi di alterazione comportamentale, accompagnati dal risultato positivo dell’esame chimico del campione biologico urinario, non sono idonei a provare lo stato di alterazione in quanto tali sintomi si potrebbero ricondurre ad altre cause come lo stress derivante dal coinvolgimento dell’incidente o l’assunzione di alcool, oppure potrebbero essere troppo generici ed equivoci (sul punto cfr. Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova, Linee guida e indicazioni operative in ordine alla nuova disciplina dell’omicidio e delle lesioni stradali introdotta con legge 23 marzo 2016 n.41; VALLI, Il prelievo ematico coattivo, cit.).

[31] Procura della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto, Direttiva relativa alle nuove fattispecie dell’omicidio stradale e delle lesioni personali stradali gravi e gravissime, Prot. N. 674/2016

[32] Procura della Repubblica di Firenze, Linee guida in ordine ai nuovi reati di omicidio stradale (art. 589 bis cp) e lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590 bis cp), prot. 4508/2016.

[33] . Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova, cit., p. 17.

[34] Sulla stessa posizione si attestano anche la Procura di Siena, la Procura di Bergamo, la Procura di Udine,  la Procura di Sondrio e la Procura di Velletri.

[35] Il Presidente della Regione Lazio, nella qualità di Commissario ad acta, ha approvato il “protocollo operativo sui prelievi e accertamenti necessari nei casi di omicidio e lesioni personali stradali gravi e gravissime – art. 589-bis e 590-bis Legge n. 41/2016 “ con decreto del 27 settembre 2016.

[36]I Presidi ospedalieri di primo livello devono avere determinate caratteristiche: reparto di PS – DEA – Dipartimento d’Emergenza e Accettazione, dotazione di personale sanitario adeguatamente formato, dotazione di idonea strumentazione e apparecchiatura per compiere le analisi di screening, dotazione di locali idonei ad assicurare la presenza di testimoni al fine di garantire la trasparenza delle operazioni di prelievo, dotazione di strumentazione e luoghi idonei alla conservazione e custodia del campione prelevato.

[37] Per strumentazione idonea si intende la spettrometria di massa con metodica cromografica, su matrice ematica e su matrice salivare, in caso di impossibilità ad utilizzare la matrice ematica.

Avv. Brucoli Silvio

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