Nuovi rapporti fra Informatica e Diritto.

Redazione 27/11/00
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Michele Iaselli

Autore e Funzionario Ministero Difesa

1. La nascita dell’informatica giuridica e del diritto dell’informatica.

Informatica giuridica, diritto dell’informatica, informatica del diritto, giuscibernetica, giuritecnica: queste sono alcune denominazioni, ed altre ne verranno, che autorevoli giuristi hanno dato ad una disciplina, nata negli anni ’70 sulla scorta dei primi significativi progressi della tecnologia e divenuta attualmente una delle materie più interessanti e più studiate in considerazione anche dei notevoli margini di sviluppo che essa presenta in una civiltà profondamente tecnologica come quella attuale.

Non solo la dottrina, ma anche il legislatore e la giurisprudenza negli ultimi anni hanno dovuto tener conto delle considerevoli implicazioni di carattere giuridico che l’ingresso del computer ha comportato in tutte le principali attività dell’uomo. Diversi rami del diritto come quello civile, commerciale, penale, processuale civile, processuale penale si sono dovuti adeguare ai tempi moderni. Se quindi consolidate e tradizionali discipline giuridiche non sono rimaste insensibili alle nuove esigenze sorte con l’avvento dell’era tecnologica, era logico che nascesse e si sviluppasse una nuova disciplina avente per oggetto proprio i rapporti tra informatica e diritto e che ultimamente sta trovando una propria autonomia anche in campo universitario.

La prima volta che si iniziò a parlare dell’uso degli elaboratori nel mondo giuridico fu nel 1948 con la pubblicazione dell’opera di Norbert Wiener “La cibernetica”. L’accenno che vi si trovava sui problemi giuridici influenzò probabilmente un articolo pubblicato l’anno successivo da Lee Loevinger, in cui per la prima volta si parlava di “giurimetria”, cioè dell’uso degli elaboratori nel diritto.

Successivamente, riordinando il materiale caotico fino ad allora prodotto, un autorevole autore M. G. Losano propose di abbandonare l’ormai superata denominazione di giurimetria e preferì parlare di “giuscibernetica” ponendo l’accento sulle conseguenze di carattere sociale che comportava l’uso dell’elaboratore, sull’applicazione al diritto della cd. “logica” tipica dei linguaggi di programmazione e sui possibili usi dell’elaboratore nel mondo del diritto

Questi due ultimi approcci dettero origine all’ “informatica giuridica”.

L’espressione “informatica giuridica” derivò dal termine “informatique” (coniato in Francia nel 1962 da Philippe Dreyfus); essa ha raccolto ormai più larghi consensi, ed ha finito con l’essere comunemente accettata.

Alcuni autori come il Frosini hanno sostenuto, però, che tale espressione presenta qualche inconveniente in quanto designa un settore specifico (quello giuridico) della scienza e tecnica dell’informazione, che comprende un campo di indagini e di manipolazioni ormai reso vastissimo dallo sviluppo dell’informatica, non designando un nuovo modello di procedimento operativo giuridico: cioè quello che si è cercato di definire come “diritto artificiale” e che consiste in un trattamento tecnicizzato, oggettuale ed automatico, dei dati giuridici; in secondo luogo l’espressione informatica giuridica si presta malamente all’uso linguistico, non potendo adoperarsi, con la consueta flessibilità, la forma aggettivale. Per ovviare agli inconvenienti fu proposto un nuovo termine: “giuritecnica” quale forma contratta, di tecnologia giuridica, intendendo la produzione di metodologie operative nel campo del diritto risultanti dall’applicazione di procedimenti e di strumenti tecnologici.

L’informatica giuridica o giuritecnica, ponendo problemi determinati dalla reciproca compenetrazione ed integrazione di due opposte mentalità, quella giuridica e quella tecnologica, obbligano lo studioso e l’operatore del diritto ad un necessario mutamento di mentalità, costringendoli a staccarsi dagli schemi del formalismo giuridico a cui erano abituati quando il diritto veniva considerato come un universo scritto sui codici e la cultura giuridica era ritenuta puramente umanistica.

Difatti, al di là delle dispute terminologiche, il rapporto esistente tra informatica e diritto è duplice: sotto il primo profilo è il diritto ad essere oggetto dell’informatica (è questo il caso dell’informatica giuridica propriamente detta); sotto il secondo profilo, invece è l’informatica ad essere oggetto del diritto (per cui è nato il diritto dell’informatica).

Alcuni autori come il Borruso hanno sottolineato che, poiché sia l’una che l’altra interessano in sommo grado il giurista e poiché sia l’una che l’altra prendono necessariamente le mosse dallo studio della vera natura del computer e delle sue prestazioni attuali e potenziali (studio senza del quale ogni intervento del giurista mancherebbe di serietà), è utile ricomprendere anche il diritto dell’informatica nell’ambito più vasto ed onnicomprensivo dell’informatica giuridica (in senso lato).

Per altri autori come il Frosini, invece, i due campi, sebbene correlati fra loro, vanno mantenuti distinti negli interessi scientifici e nella competenza specifica: l’informatica giuridica rappresenta, infatti, una specificazione metodologica, se riferita ai suoi principi costitutivi, ed una applicazione particolare della nuova dimensione acquistata dal settore dell’informazione con l’avvento dei mass-media che ha contribuito alla crescita concettuale ed una conferma sperimentale della logica giuridica o logica deontica, cioè la ricerca logica applicata al calcolo razionale delle relazioni fra le norme (in specie di quelle giuridiche); ciò è dovuto al fatto che una ricerca documentaria di testi giuridici richiede la trascrizione del linguaggio giuridico in linguaggio elettronico (che è da considerarsi un linguaggio simbolico), per cui è necessario ricorrere a tecniche di omogeneizzazione e di standardizzazione linguistica nei collegamenti sintattici.

2. Le conseguenze nel mondo accademico.

Questa disputa dottrinale ha influenzato e probabilmente continuerà ad influenzare anche il mondo accademico, difatti in molte facoltà giuridiche si tende a distinguere l’informatica giuridica dal diritto dell’informatica.

La prima materia, pur comportando delle indubbie applicazioni di carattere tecnico viene rivendicata, non senza polemiche, dai cultori della filosofia del diritto e della teoria generale del diritto per i collegamenti esistenti nel campo della logica giuridica, deontica, sistematica.

L’ovvia conseguenza di questa presa di posizione è che l’informatica giuridica è inquadrata nell’ambito della facoltà di giurisprudenza nel settore scientifico-disciplinare N20X ed è collegata alle seguenti discipline:

Antropologia giuridica;

Diritti dell’uomo;

Filosofia del diritto;

Logica giuridica;

Metodologia della scienza giuridica;

Teoria dell’interpretazione;

Teoria e tecnica della normazione e dell’interpretazione;

Teoria generale del diritto.

Il diritto dell’informatica rappresenta, invece, una nuova forma dell’esperienza propriamente giuridica, anche se riferita ad elementi tecnologici; allo stesso modo di quanto già è avvenuto per il diritto industriale, il diritto aeronautico e spaziale ecc.; esso si propone perciò in un’ottica complementare e corrispettiva rispetto all’informatica giuridica.

Naturalmente, quindi, risulta inquadrato nel settore scientifico-disciplinare N01X ed è collegato alle seguenti discipline:

Diritto civile;

Diritto dei mezzi di comunicazione;

Diritto dello sport;

Diritto di famiglia;

Istituzioni di diritto privato;

Legislazione del turismo;

Nozioni giuridiche fondamentali.

Con l’ulteriore evoluzione tecnologica degli ultimissimi anni si è quindi manifestata l’esigenza di affiancare all’informatica giuridica un insieme di materie con spiccate valenze applicative: questa nuova disciplina potrebbe chiamarsi “diritto delle tecnologie dell’informazione” e ricomprendere argomenti quali il diritto civile e penale delle telecomunicazioni, il diritto amministrativo delle reti, il diritto dei mezzi di informazione, il diritto d’autore sulle opere multimediali ecc. con gli indispensabili approfondimenti in materia di diritto internazionale e comparato.

In sintesi, quindi, l’informatica giuridica si occupa di documentazione giuridica automatica, di informatica giudiziaria, di sistemi esperti legali ed il suo insegnamento risulta attivato presso le seguenti facoltà:

Facoltà di giurisprudenza di Bologna

Facoltà di giurisprudenza di Camerino anno acc. 97/98

Facoltà di giurisprudenza di Pavia

Facoltà di giurisprudenza di Milano

Facoltà di scienze politiche di Padova

Facoltà di giurisprudenza di Lecce modulo specifico della “Filosofia del diritto”.

Il diritto dell’informatica, invece, si occupa di tutela giuridica del software, di tutela giuridica delle banche dati, dei cd. reati informatici, di teleamministrazione ed atto elettronico ed il suo insegnamento risulta attivato presso le seguenti facoltà:

Facoltà di giurisprudenza di Camerino anno acc. 98/99

Facoltà di giurisprudenza di Genova

Facoltà di giurisprudenza di Lecce

Facoltà di giurisprudenza di Roma “LUISS”.

Capitolo a parte merita la famosa rete delle reti Internet e le sue varie implicazioni di carattere giuridico. La materia è ormai molto vasta e complessa ed il prof. Pasquale Costanzo è titolare all’Università di Genova di una vera e propria cattedra di diritto dell’Internet, a dimostrazione dell’enorme importanza che ormai questo nuovo fenomeno sta assumendo nella nostra società.

3. I riflessi nel mondo del lavoro.

Ma la nascita di queste nuove materie strettamente collegate al mondo del diritto e dell’informatica, quali conseguenze ha comportato nel mondo del lavoro?

Sicuramente sono nate nuove professionalità nel settore legale, poiché molti avvocati consapevoli dell’enorme importanza dell’informatica e della telematica nell’epoca attuale, si sono opportunamente specializzati nello studio delle problematiche giuridiche di settore ed hanno assunto una competenza di notevole spessore. Ma accanto a quest’aspetto sicuramente di carattere evolutivo si è assistito ad un fenomeno che definirei degenerativo di giuristi che per finalità di carattere accademico, economico, professionale hanno approfondito la loro conoscenza amatoriale informatica assumendo delle insospettate competenze di carattere tecnico. Si è vista nascere così la figura del cd. giurinformatico, una delle peggiori figure professionali dell’era moderna, in quanto troppo ibrida e quindi non utile né all’informatico né al giurista né tantomeno autonomamente. Tale figura professionale è contraddistinta da nozioni miste di informatica e diritto, per nulla approfondite, che alla fine danneggiano sia il mondo informatico che quello giuridico, in quanto capaci di generare pericolose confusioni specie nei confronti di chi è alle prime armi in un campo o nell’altro.

Ritengo, invece, che pur essendo giusto che il giurista sia un attento osservatore di queste nuove applicazioni tecnologiche e le sappia utilizzare nella maniera dovuta, non debba lasciarsi travolgere dalle stesse. In altri termini è giusto che un giurista sappia, ad esempio, cosa sia Internet, come funzioni, che cosa rappresenti e quali problemi giuridici possano nascere a seguito del suo avvento, ma attenzione, è sempre “la rete delle reti” che deve essere vista in un’ottica giuridica e non il diritto ad essere visto nell’ottica di Internet; in caso contrario può ritenersi finita l’informatica giuridica ma devo dire anche il diritto inteso nel suo significato più nobile.

E’ inevitabile che l’informatica giuridica e il diritto dell’informatica cambino, si evolvino, ma secondo quei canoni che hanno contraddistinto l’evoluzione di tutte le materie giuridiche anche se, chiaramente, l’evoluzione di queste nuove materie sarà molto più rapida considerato il particolare oggetto di studi.

Inoltre, ritengo necessario puntualizzare che lo studioso del diritto per quanto sensibile agli attuali tempi tecnologici è, e deve rimanere, tale con un suo ruolo ben distinto da quello dell’informatico. In questo modo sarà indubbiamente possibile avviare delle proficue collaborazioni tra giuristi ed informatici propriamente detti che posso arrecare beneficio sia al diritto che all’informatica e quindi in generale alla società, rispettando i necessari ruoli di ciascuna professionalità.

4. I settori aperti ad una proficua collaborazione tra giuristi ed informatici.

Sicuramente il settore dove maggiormente giuristi ed informatici possono insieme dare un valido contributo è quello dei sistemi esperti legali che sono un’applicazione dell’intelligenza artificiale nel campo giuridico.

Le attività intelligenti si basano su un impiego attivo, non rigidamente predeterminato, della conoscenza. Di qui l’esigenza di sviluppare un nuovo tipo di sistemi informatici, i cosiddetti sistemi basati sulla conoscenza, mediante i quali ci si propone di usare in modo intelligente le informazioni, trasformando i dati in conoscenza.

I programmi informatici tradizionali, pur non essendo basati sulla conoscenza, ne incorporano una, essi difatti non sono altro che la descrizione della procedura (l’algoritmo), per svolgere un certo compito, e possono essere sviluppati solo tenendo conto delle caratteristiche di quel compito.

E’ possibile delineare delle differenze tra i sistemi informatici tradizionali e quelli basati sulla conoscenza.

Nei sistemi informatici tradizionali:

1. La conoscenza non è mai rappresentata esplicitamente e non è mai separata dalle procedure che la usano e che ne disciplinano l’elaborazione;

2. la conoscenza è applicata in modo rigidamente predeterminato;

3. non è possibile aggiungere nuova conoscenza senza modificare le procedure;

4. il sistema non è in grado di esporre la conoscenza sulla quale si basa né di spiegare perché, sulla base della stessa, sia giunto a determinati risultati.

Invece, nei sistemi basati sulla conoscenza:

1. La conoscenza è contenuta in una determinata base, dove è rappresentata in un linguaggio ad alto livello, cioè in una forma relativamente vicina al linguaggio usato nella comunicazione umana. E’ possibile adottare una rappresentazione dichiarativa del compito affidato al sistema informatico, lasciando al sistema l’individuazione della procedura da seguire per svolgere quel compito;

2. la conoscenza è usata da un motore inferenziale, ovvero un meccanismo in grado di interpretare il contenuto della base di conoscenza ed effettuare deduzioni logiche in modo da risolvere il problema posto al sistema;

3. la base di conoscenza può essere arricchita di nuove informazioni senza intervenire sul motore inferenziale;

4. il sistema è in grado di esporre in forma comprensibile le premesse e le inferenze che hanno condotto ad un determinato risultato, cioè di giustificare le conclusioni cui giunge.

I sistemi basati sulla conoscenza sono spesso completati da interfacce che agevolano l’interrogazione e la preparazione della base della conoscenza.

In definitiva essi sono costituiti da tre componenti fondamentali:

– la base di conoscenza;

– il motore inferenziale;

– le interfacce, rivolte tanto all’utente quanto all’ingegnere della conoscenza (autore del programma).

Il sistema esperto non è altro che un sistema basato sulla conoscenza in grado di eseguire compiti che richiedono conoscenza specializzata, possono essere svolti solo da esperti o da persone dotate di notevoli competenze. Il sistema esperto è quindi composto da due elementi:

– un elemento strutturale, in ragione del quale il sistema è basato sulla conoscenza, cioè si compone di una base di conoscenza distinta dal motore inferenziale;

– un elemento funzionale, in ragione del quale il sistema deve essere in grado di fornire prestazioni che richiedano notevoli competenze.

I sistemi esperti sono programmi in cui l’utente interagisce in un dialogo simile a quello che si svolgerebbe con un esperto umano, al quale è stato esposto un problema ed al quale vengono rivolte domande sulle soluzioni proposte. Tali sistemi possono essere visti come intermediari tra gli esperti umani, che interagiscono con il sistema nell’acquisire conoscenza, e l’utente umano che interagisce con il sistema nella consultazione.

La ricerca in questo campo dell’intelligenza artificiale ha anche cercato di dotare questi sistemi della possibilità di spiegare il loro ragionamento, sia per rendere semplice la consultazione per l’utente, sia per aiutare l’esperto a rilevare eventuali errori nel ragionamento del sistema.

In generale, la caratteristica fondamentale di un sistema esperto dovrebbe essere in primo luogo quella di essere in grado di simulare il ragionamento che un esperto umano farebbe in quelle determinate circostanze; le soluzioni date dal sistema dovrebbero essere della stessa qualità ed inoltre prospettate con una maggiore rapidità, altrimenti non si giustificherebbe l’apporto informatico.

Altra caratteristica importante è che il sistema sia capace di spiegare e giustificare il suo procedimento. Generalmente il sistema interagisce con l’utente attraverso domande a cui l’utente stesso può tanto rispondere con sì o no o non rispondere perché non possiede la relativa informazione o perché non ha compreso la domanda. Un buon sistema esperto, nel primo caso, deve poter porre altre domande alternative per giungere comunque ad un risultato; nel secondo caso, l’utente deve poter chiedere delle delucidazioni sulla domanda. Questo differenzia i sistemi esperti dai tradizionali sistemi a dialogo; infatti il sistema esperto può agire anche su informazioni incerte o incomplete, cercando di ricavare l’informazione per strade diverse. In sedute particolarmente lunghe in cui l’utente può perdere il filo del ragionamento e quindi non capire il nesso tra la domanda attuale e quelle precedenti, si può porre al sistema la domanda “perché ?” forzando il sistema a spiegare la linea di ragionamento seguita, le deduzioni che ha tratto da solo e, così, la giustificazione della domanda posta; è anche necessario dotare il sistema della capacità di giustificare o spiegare come è giunto ad una determinata soluzione, perché l’utente può non aver compreso la conclusione finale o una delle intermedie.

In sintesi, i principali attributi che si riconoscono ai sistemi esperti e che derivano dalle loro caratteristiche sono:

1. La trasparenza, ovvero la possibilità di fornire spiegazioni circa le linee di ragionamento seguite per raggiungere la o le conclusioni;

2. l’euristica, cioè l’adozione di strategie tipiche degli esperti umani;

3. la flessibilità, ovvero la capacità di seguire, senza grosse difficoltà, modificazioni alle loro basi di conoscenza cioè alla loro riserva di conoscenza.

Il diritto, per sua natura, sembrerebbe poco compatibile con la logica di funzionamento dei sistemi esperti. Le conoscenze giuridiche che possono essere acquisite a fini di automazione non sono solo quelle di tipo formale, e quindi, perfettamente definibili, ma anche quelle provenienti dall’esperienza o dalla prassi; quindi il ragionamento logico, facilmente algoritmizzabile, deve coesistere con dati incerti, incompleti, a volte contrastanti tra di loro.

Il modello con cui si deducono, a partire da una premessa di fatti e norme, una o più decisioni giuridiche, configurate come conseguenze, non agisce sempre allo stesso modo per l’intervento delle componenti empirica e soggettiva, quindi l’uso di un sistema esperto nell’ambito delle decisioni giuridiche è possibile solo in determinate situazioni, ma non è generalizzabile.

Un problema di rilievo è costituito dalla scelta del c.d. “dominio” cioè del campo di applicazione del sistema esperto.

Il “dominio” dovrebbe essere autonomo in relazione sia alle fonti normative, sia alla sistemazione dogmatica degli istituti, sia, infine, agli effetti pratici che si vogliono regolare: il sottosistema giuridico da costruire dovrebbe essere coerente e completo.

Il dominio, inoltre, dovrebbe consistere in quei settori del diritto in cui si è già prodotto un sufficiente assestamento normativo e non sono prevedibili cambiamenti significativi. Anche se i sistemi esperti a volte consentono di aggiornare le informazioni e le regole della base di conoscenza meglio dei programmi tradizionali, tuttavia dalle esperienze fatte è emerso che ciò vale per modifiche di modesta entità, mentre diventa proibitivo per costi e complessità quando i cambiamenti legislativi e regolamentari sono consistenti.

Con tali premesse l’uso dei sistemi esperti nel diritto sembrerebbe precluso, o almeno inopportuno, ma non è affatto così.

Vi sono numerose applicazioni in cui la conoscenza specialistica richiesta rispecchia le caratteristiche suddette e tuttavia non sempre è reperibile o comunicabile facilmente. Infatti i sistemi esperti si rivelano particolarmente utili quando comprendono esperienze e conoscenze rare, fuori dall’ordinario, o appartenenti ad un numero limitato di persone, proprio perché, nonostante ciò, essi possono notevolmente facilitare la rotazione di più persone nello stesso lavoro, anche ordinario, una volta che si sia standardizzata la relativa procedura.

La situazione in cui più persone operano su applicazioni limitate, con procedure generalmente standardizzabili, e con vari livelli di discrezionalità, è molto frequente nella Pubblica Amministrazione, anche se finora non sono stati utilizzati sistemi esperti per l’automazione (con rare eccezioni di qualche prototipo).

I sistemi esperti possono essere utilizzati nel campo giuridico per raggiungere diversi obiettivi.

Secondo una classificazione comune in molti studi gli usi dei sistemi esperti potrebbero riguardare:

– la soluzione delle questioni di diritto.

– la ricerca di informazioni giuridiche.

– la produzione automatica di documenti.

– la programmazione e la gestione di attività.

– l’apprendimento del diritto.

Queste diverse applicazioni potranno, quindi, essere approfondite attraverso una valida collaborazione tra giuristi ed informatici.

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