Notifica valida anche se anteriore alla vigenza del cpa ed il legale non ha indicato la sua PEC nel ricorso.

Scarica PDF Stampa

Le comunicazioni di segreteria via PEC sono valide anche se riferite a ricorsi notificati prima dell’entrata in vigore del cpa (purchè, comunque, successive a esso) e anche se indirizzate ad un difensore che aveva omesso di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nel ricorso o nel primo atto difensivo, salvo che non dimostri il mancato funzionamento del sistema informatico od una causa di forza maggiore. Ergo non può essere rimesso in termini, né invocare un errore scusabile dovuto all’incertezza giuridica sul punto.

Sono i principi di diritto enunciati dal CDS, Ad. Plen. nell’ordinanza n.33 depositata il 10/12/14.

Il caso. Il Tar Torino n.1877/06 annullava il permesso di costruire e le autorizzazioni sanitarie concesse alla ricorrente ed al marito per avviare un allevamento di cani nella loro proprietà. Appellavano la decisione inizialmente sospesa, ma poi il ricorso era dichiarato estinto per perenzione ultraquinquennale ex art. 82 cpa con decreto CDS 563/13. La ricorrente (anche se nel testo si parla di appellanti) si opponeva eccependo <<l’invalidità della comunicazione dell’avviso di perenzione all’indirizzo PEC del difensore, chiedendone la revoca e domandando la fissazione dell’udienza di merito>>. Infatti nel 2012 le era stata comunicata via PEC questa perenzione, ma non aveva chiesto la fissazione di questa udienza. La questione era rimessa all’Adunanza plenaria che, respingendo l’opposizione, ha enunciato i suddetti principi e declarato la reciproca soccombenza.

Quadro normativo. <<L’art.16, comma 4, del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3) ha espressamente escluso dall’ambito applicativo della disciplina contestualmente introdotta l’uso “degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative”. Gli artt. 45 e 48 del d.lgs. 7 marzo 2005, n.82 (codice dell’amministrazione digitale, CAD) hanno regolato gli effetti giuridici delle comunicazioni via PEC. L’art.136 del codice di procedura civile, per come modificato dalla legge 28 dicembre 2005, n.263, ha ammesso lo strumento della posta elettronica quale modalità di trasmissione delle comunicazioni di cancelleria>>. L’art. 16 Dl 185/08 ha imposto a tutti i professionisti di dotarsi di una PEC per lo scambio di comunicazioni <<senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l’utilizzo. L’art.136 del cpa (come modificato dall’art.1 d.lgs. n.195 del 2011, decreto correttivo del codice) ha obbligato i difensori a indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo un indirizzo PEC, prevedendo espressamente una presunzione di conoscenza delle comunicazioni trasmesse allo stesso>>. Gli artt. 2 comma 6 All.2 cpa, 16, 16 ter L. 228/12, 7 L.247/12 ne hanno regolato le modalità d’uso e gli artt. 42 Dl 90/14 l’hanno esteso anche ai processi ammnistrativi ed eliminato <<l’obbligo di indicazione dell’indirizzo PEC nel primo atto difensivo, sulla base del presupposto che gli indirizzi dei difensori risultano dai pubblici elenchi ai quali le segreterie hanno (ormai) accesso diretto>>.

PEC nei processi anteriori alla vigenza del nuovo cpa. Da un lato questi principi basilari non sono estensibili, per analogia al processo civile, ai processi regolati dal cpa del 2005, perché mancava l’organizzazione per il suo buon funzionamento (CDS 5903/11). Più complessa la situazione delineata dalle riforme dal 2008 in poi. <<L’ordinamento processuale (in generale) e il regime delle modalità di comunicazione o di notificazione degli atti giudiziari (in particolare) esigono, infatti, come, peraltro, espressamente previsto in materia di comunicazioni a mezzo PEC dall’art.16, comma 4, d.P.R. n.68 del 2005, una disciplina speciale, in ragione della oggettiva differenza degli interessi e dei diritti (anche di rango costituzionale) dallo stesso implicati e della palese peculiarità delle relative esigenze regolatorie, e non tollerano modifiche non specificamente pensate, strutturate e destinate alla revisione delle regole del processo (…). L’art.136 del cpa è indicato come paradigma di legalità (ratione temporis) utilizzabile al fine di scrutinare la validità dell’avviso di perenzione nella specie opposto (in quanto comunicato dopo l’entrata in vigore della predetta disposizione processuale).>>.

Presunzione di conoscenza della PEC. L’onere di comunicazione della PEC in atti è stato eliminato solo nel 2014, ma dal combinato disposto degli artt. 48 CAD e 136 cpa si presume che i legali conoscano ed usino questa procedura imposta per legge e si desume che questa indicazione serva solo a facilitare il lavoro della cancelleria: il dato è ricavabile dagli elenchi pubblici formati dal CDO. Perciò in assenza delle menzionate scriminanti questa notifica via PEC è valida ed equiparata in tutto e per tutto a quella via posta ordinaria.

Sanatoria della notifica. Ai sensi dell’art. 156 cpc, espressamente richiamato dall’art. 39 cpa (CDS 1965/14), la notifica che raggiunge il suo scopo sana ogni vizio come nella fattispecie. Non potrà perciò essere invocato l’errore scusabile dovuto alla descritta incertezza giuridica e quindi richiesta la rimessione in termini.

Dott.ssa Milizia Giulia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento