Nota di Chiosa: Sentenza 21 Gennaio della Corte di Cassazione 1268/2005 Sezione di Lavoro Previdenza ed Assistenza

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In Questo terzo millennio, dove i “diritti sociali”, vengono quotidianamente ed in modo sistematico Calpestati, si trova ancora la forza, il coraggio, la Luce e l’Utopia di elaborare un commento ad una sentenza, quella della Corte di Cassazione Sez. Lavoro 21 gennaio del 2005, n°1268, che ha posto in via interpretativa con chiarezza cristallina, dei punti fermi in tema d’indennità d’accompagnamento!

Ai fini di un corretto ed adeguato ricostruire in chiosa, meritano pregio pregiudiziale “ alcune delucidazioni

L’indennità d’accompagnamento, è una speciale invalidità riconosciuta alle condizioni dell’art. 1 della L. 18/1980. Le dette condizioni consistono, si badi bene, “alternativamente:

  1. Impossibilità di deambulare senza l’accompagnatore che in modo permanente presta assistenza.

  2. Incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua!

Tale seconda condizione, nella prassi, viene incredibilmente ignorata, poiché il relativo giudizio di certificazione come se si basasse sulla sola deambulazione o non deambulazione! Questo metodo è fallace.

Necessità di assitenza continua? Id est, soggetto che al di là del tempo e dello spazio, ha bisogno di una frequente assistenza che potrebbe essere assistenza di tipo morale, materiale ma anche soprattutto spirituale farmacologica!

Ergo, alla luce di queste menzionate condizioni, la sentenza in oggetto, è stata capace finalmente d’allargare le situazioni di necessità di assistenza continua. La suprema Corte, infatti, adita, nell’occasione da parte di un soggetto bisognevole d’indennità d’accompagno, nella specie, dall’alto della Sua acuta intuizione, ha statuito il susseguente principio di diritto: “L’indennità d’accompagnamento”, prevista quale misura d’assistenza diretta a sostenere anche il nucleo familiare, va riconosciuta alla stregua dell’art. 1 l. 18. del 1980, a coloro che pur capaci, di compiere materialmente gli atti elementari della vita quotidiana ( quali il mangiare, il vestirsi, il pulirsi, l’uscire etc…), necessitano di un accompagnatore per versare- in ragione di gravi disturbi nella sfera intellettiva e cognitiva addebitabili a forme avanzate di gravi stati patologici- nella incapacità di rendersi conto, della portata dei singoli episodi, di comprendere la rilevanza di condotte volte a migliorare o quanto meno a stabilizzare o non aggravare il proprio stato patologico ( condotte volte ad osservare un gionaliero trattamento farmacologico) e di valutare la pericolosità di comportamenti suscettibili di arrecare danni a sé o ad altri.

È una sentenza davvero innovativa “per certi versi rivoluzionaria”. Approfondisce la nozione d’invalidità d’accompagno con necessità d’assistenza continua, ponendo alla base una chiara connotazione progressiva oltre che Ossequiosa dei principi cardine del Sistema Costituzionale.

Nel caso di specie, l’interessato ha allegato che non ostante fosse in grado di compiere i gesti del “quotidie agere”, a causa assorbente della sua malattia, si badi bene, non riusciva a comprenderne il significato. La relativa giusta domanda veniva misteriosamente reiettata dal giudice di merito. Ma la Corte di Cassazione ha cassato tale ingiusta statuizione.

Riconoscere a questi soggetti, particolarmente affetti da problemi quotidiani, il diritto all’indennità d’accompagnamento, è riconoscere il diritto che ciascuno vanta nei confronti dello Stato. La giustizia non si proclama a parole, bensì s’attua con concreti programmi d’intervento perché lo Stato deve rimuovere le disuguaglianze umane ( Ex Art 3 Cost. comma II)!! Se si fosse applicato tale principio dettato da questa Corte, sicuramemente in giro per l’Italia, oggi, non ci sarebbero ingiustizie come denunciate da alcuni soggetti particolarmente gravi, ma non riconosciuti invalidi.

Solo per citare un caso, ad una signora, disperata, per le sue precarie gravi condizioni di salute, le è stato arbitrariamente negato l’indennità d’accompagno. In base a questo ostinato tracotante rifiuto da parte dello Stato, addirittura la stessa ha invocato l’eutanasia! Fatto di cronaca davvero toccante che non dovrebbe ripetersi in una Repubblica libera, democratica e sociale!

De Lege ferenda…..

Al modo di una conclusione, crediamo di non essere utopistici se nel Mondo “l’indennità d’accompagno”, diventi la regola per tutte quelle persone che durante la giornata necessitano di un’assistenza continua nella sfera individuale-sociale, a prescindere da ogni dietrologico giudizio sull’apparenza. Ma vieppiù! Bisognerebbe rivisitare le commissioni medico-legali, in sede amministrativa, aggiungendo in seno ad esse, un componente quale un Criminologo, o specializzato nelle scienze Umane, nonché come figura determinante un soggetto terzo quale un Avvocato di comprovate capacità nella materia, togliendo definitivamente valore al c.d certificato iniziale del medico di condotta. O in alternativa, la piena valorizzazione dello stesso. Nonché le Commissioni svincolate da ogni logica d’appartenenza politica, quali organismi Terzi ed Imparziali, nominati per concorso pubblico per meriti acquisiti sul campo scientifico! Così facendo, almeno, si tenderebbe di evitare orripilanti accomodature!

Dulcis in fundo, sarebbe opportuno che a quest’indennità venisse riconosciuta la tredicesima, nonché un congruo aumento fino ad assicurare “una vita dignitosa di cui recita la Costituzione Italiana”. Tutto questo è davvero difficile? Rispondere diviene meramente accademico!

Avv. Franco Critelli Janfer

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