Non può condividersi l’assunto secondo il quale la produzione di una parte del bilancio – e, precisamente, della relazione del consiglio di amministrazione di cui all’art. 2428 c.c. – contenente gli elementi da prendere in considerazione al fine di consen

Lazzini Sonia 18/10/07
Scarica PDF Stampa
In tema di possibilità da parte di un’amministrazione di richiedere integrazioni a documentazione mancante o non sufficiente, merita di essere riportato il seguente passaggio tratto dal Consiglio di Stato nella decisione numero 4027 del 16 luglio 2007
 
<Orbene, come di recente chiarito da questa Sezione , la disposizione racchiusa nell’art. 16 del D.L.vo n. 17 marzo 1995 n. 157 (secondo cui <<le amministrazioni aggiudicatrici invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati >>) nel recepire la direttiva Ce 18 giugno 1992 n. 50 – che ha introdotto la possibilità di chiedere chiarimenti od integrazioni per certificati e documentazioni presentati, relativamente ai requisiti di idoneità soggettiva nonché delle capacità economiche e tecniche per partecipare ad appalti di forniture – con l’inciso <<invitano, se necessario>>, ha chiarito e rafforzato il significato art. 34 della direttiva stessa trattandosi di una disposizione che, per le varie realtà amministrative degli Stati comunitari ed il diverso atteggiarsi delle funzioni pubbliche, è stata formulata con riferimento al concetto di potere perchè l’azione amministrativa non fosse considerata ultra vires o senza potere.
 
La disposizione in esame, dunque, non ha inteso assegnare alle amministrazioni aggiudicatrici una mera facoltà o un potere eventuale, ma ha piuttosto inteso codificare un ordinario modus procedendi, volto a far valere, entro certi limiti (come si dirà fra breve), la sostanza sulla forma (o, peggio, sul formalismo dell’esibizione della documentazione in gara), orientando l’azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica ; l’istituto comunitario di carattere generale è, pertanto, diretto ad evitare che la esigenza della massima partecipazione possa essere compromessa da carenze di ordine meramente formale nella documentazione>
 
Ma vi è di più
 
<Merita di essere precisato, tuttavia, che tale disposizione incontra dei limiti applicativi che la giurisprudenza ha individuato:
 
a) nel limite del principio della par condicio tra i concorrenti: la disposizione de qua non può essere utilizzata per supplire alla inosservanza di adempimenti procedimentali o alla omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 22.4.2002, n. 2191);
 
b) nel limite degli elementi essenziali (ovvero dei profili sostanziali), nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda. Tale limite deve essere, tuttavia, temperato dall’osservazione secondo cui è possibile ricorrere all’integrazione nelle ipotesi in cui gli atti tempestivamente prodotti e già in possesso della amministrazione, costituiscano ragionevole indizio (c.d. principio di prova) del possesso del requisito di partecipazione, non espressamente o univocamente documentato;
 
c) in terzo luogo, la regolarizzazione trova ingresso essenzialmente quando si tratta di porre rimedio a incertezze o equivoci generati dalla ambiguità delle clausole del bando e della lettera di invito o comunque presenti nella normativa applicabile alla concreta fattispecie. In questo senso, la giurisprudenza più recente ritiene che ai sensi dell’art. 16 d.lg. n. 157 del 1995, ai fini dell’esercizio del potere dell’amministrazione di invito dei concorrenti alla regolarizzazione della documentazione dei requisiti di partecipazione ad una gara, è condizione necessaria l’equivocità della clausola del bando relativa alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o da chiarire; pertanto, in presenza di una prescrizione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di un’impresa concorrente, l’invito alla regolarizzazione costituisce violazione del predetto principio .>
 
 
a cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO   
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta          ANNO 2000 
 
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
Sul ricorso in appello n. 5375/2000 proposto dal CENTRO REGIONALE S. ALESSIO MARGHERITA ********************** rappresentato e difeso dall’avv. ******************* con domicilio eletto in Roma via Baldo degli ******, n. 272;
 
CONTRO
 
 ALFA A R.L. rappresentata e difesa dall’avv. **************** con domicilio eletto in Roma via Picardi, n. 4 presso l’avv. ****************;
e nei confronti
 
S.C.A.R.L. * non costituitisi;
 
per la riforma
 
della sentenza del TAR LAZIO-Roma: Sezione III TER n. 1316/2000, concernente APPALTO FORNITURA SERVIZIO DI ASSISTENZA.
 
Visto il ricorso con i relativi allegati,
 
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
Visti gli atti tutti della causa,
 
Udito all’udienza del 30 maggio 2006 il relatore Consigliere ************ e uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza;
 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato la ******à  ALFA, seconda nella graduatoria relativa all’appalto per il servizio di assistenza agli utenti presso due sedi di servizio, impugnava il provvedimento di aggiudicazione adottato dal Centro Regionale S. Alessio – Margherita di Savoia in favore della ******à Cooperativa Infermieri Riuniti.
 
La ricorrente deduceva i seguenti motivi di gravame:
 
“Violazione di legge ed eccesso di potere per assoluta carenza di motivazione”;
“Violazione di legge – Eccesso di potere per mancanza di istruttoria e per mancato accertamento dei requisiti richiesti dal bando di gara”.
La ditta aggiudicataria dell’appalto non soltanto avrebbe omesso di produrre il bilancio, ma mancherebbe di esperienza settoriale, al contrario della ricorrente, la quale, invece, avrebbe una comprovata esperienza nel campo.
 
Si costituivano in giudizio l’Amministrazione intimata e la controinteressata, controdeducendo nel merito alle censure sollevate dalla ricorrente e chiedendo il rigetto del gravame.
 
Con sentenza n. 1316 del 26.2.2000, il TAR adìto, disattesa la prima censura, riteneva, invece, fondata la seconda e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso, annullava il provvedimento di aggiudicazione impugnato, compensando le spese di lite fra le parti.
 
Con ricorso notificato il 2.6.2000 e depositato il 9.6.2000 il Centro Regionale S. Alessio – Margherita di Savoia ha impugnato la prefata sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone l’integrale riforma, con conseguente rigetto del ricorso proposto dalla società Partecipazione in primo grado e con ogni consequenziale statuizione di legge, anche in ordine alle spese del doppio grado.
 
Le controparti, benché ritualmente intomate, non si sono costituite nel presente grado di giudizio.
 
Alla pubblica udienza del 30.5.2006 la causa è stata spedita in decisione e successivamente, in data 31.5.2006, è stato pubblicato il dispositivo n. 358.
 
DIRITTO
 
L’appello è infondato.
 
Occorre prendere le mosse dalla regola dettata dall’art. 16 del D.L.vo n. 17 marzo 1995 n. 157.
 
Orbene, come di recente chiarito da questa Sezione (cfr. Cons. St., sez. V, 6.3.2006, n. 1068), la disposizione racchiusa nell’art. 16 del D.L.vo n. 17 marzo 1995 n. 157 (secondo cui <<le amministrazioni aggiudicatrici invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati >>) nel recepire la direttiva Ce 18 giugno 1992 n. 50 – che ha introdotto la possibilità di chiedere chiarimenti od integrazioni per certificati e documentazioni presentati, relativamente ai requisiti di idoneità soggettiva nonché delle capacità economiche e tecniche per partecipare ad appalti di forniture – con l’inciso <<invitano, se necessario>>, ha chiarito e rafforzato il significato art. 34 della direttiva stessa trattandosi di una disposizione che, per le varie realtà amministrative degli Stati comunitari ed il diverso atteggiarsi delle funzioni pubbliche, è stata formulata con riferimento al concetto di potere perchè l’azione amministrativa non fosse considerata ultra vires o senza potere.
 
La disposizione in esame, dunque, non ha inteso assegnare alle amministrazioni aggiudicatrici una mera facoltà o un potere eventuale, ma ha piuttosto inteso codificare un ordinario modus procedendi, volto a far valere, entro certi limiti (come si dirà fra breve), la sostanza sulla forma (o, peggio, sul formalismo dell’esibizione della documentazione in gara), orientando l’azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica (cfr. Cons. St., sez. VI, 14.11.2003, n. 7275); l’istituto comunitario di carattere generale è, pertanto, diretto ad evitare che la esigenza della massima partecipazione possa essere compromessa da carenze di ordine meramente formale nella documentazione (cfr. Cons. St., sez. V, 17.2.1999, n. 177).
 
Merita di essere precisato, tuttavia, che tale disposizione incontra dei limiti applicativi che la giurisprudenza ha individuato:
 
a) nel limite del principio della par condicio tra i concorrenti: la disposizione de qua non può essere utilizzata per supplire alla inosservanza di adempimenti procedimentali o alla omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 22.4.2002, n. 2191);
 
b) nel limite degli elementi essenziali (ovvero dei profili sostanziali), nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda (cfr. Cons. St., sez. IV, 9.12.2002, n. 6684). Tale limite deve essere, tuttavia, temperato dall’osservazione secondo cui è possibile ricorrere all’integrazione nelle ipotesi in cui gli atti tempestivamente prodotti e già in possesso della amministrazione, costituiscano ragionevole indizio (c.d. principio di prova) del possesso del requisito di partecipazione, non espressamente o univocamente documentato;
 
c) in terzo luogo, la regolarizzazione trova ingresso essenzialmente quando si tratta di porre rimedio a incertezze o equivoci generati dalla ambiguità delle clausole del bando e della lettera di invito o comunque presenti nella normativa applicabile alla concreta fattispecie. In questo senso, la giurisprudenza più recente ritiene che ai sensi dell’art. 16 d.lg. n. 157 del 1995, ai fini dell’esercizio del potere dell’amministrazione di invito dei concorrenti alla regolarizzazione della documentazione dei requisiti di partecipazione ad una gara, è condizione necessaria l’equivocità della clausola del bando relativa alla dichiarazione od alla documentazione da integrare o da chiarire; pertanto, in presenza di una prescrizione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di un’impresa concorrente, l’invito alla regolarizzazione costituisce violazione del predetto principio (cfr. Cons. St., sez. V, 4.2.2004, n. 364; Cons. St., sez. V, 4.7.2002, n. 3685).
 
Alla luce del superiore quadro normativo e del relativo corredo giurisprudenziale, il Collegio ritiene che, poiché, come correttamente rilevato dai primi giudici, in base al chiaro disposto della lettera di invito del 5.4.1993, “… la mancanza di uno qualsiasi dei documenti richiesti comporta l’esclusione dalla gara” e poiché tra i documenti espressamente richiesti (E/1) figura, alla voce 9, la copia dei bilanci societari degli ultimi due anni, e questi, invece, non risultano essere stati presentati, ne consegue che, in aperta violazione di tale disposizione, l’Amministrazione intimata, nove giorni dopo l’avvenuta aggiudicazione (13.9.1993) ha ottenuto le copie dei bilanci relativi agli ultimi due anni, mentre la controinteressata, aggiudicataria della gara, avrebbe dovuto presentarli all’atto della domanda di partecipazione alla gara.
 
Né, come pure fondatamente sottolineato dal giudice di prime cure, può condividersi l’assunto secondo il quale la produzione di una parte del bilancio – e, precisamente, della relazione del consiglio di amministrazione di cui all’art. 2428 c.c. – contenente gli elementi da prendere in considerazione al fine di consentire la valutazione della situazione economica, poteva essere ritenuta equivalente al richiesto bilancio, in quanto la stessa dicitura utilizzata dall’Amministrazione nella lettera di invito (costituente, com’è noto, assieme al bando di gara, lex specialis della procedura ad evidenza pubblica), nella quale viene indicato quale unico documento da presentare proprio il bilancio, pena l’invalidità dell’offerta, esclude tale possibilità.    
 
Il ricorso in appello di cui in epigrafe va, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
 
In mancanza di costituzione delle controparti, non si fa luogo a pronuncia sul capo relativo alle spese di giudizio.
 
      P.Q.M.
 
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
 
      Nulla sulle spese.
 
      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
      Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 30.5.2006, con l’intervento dei sigg.ri
 
**************                                 Presidente
 
Chiarenza Millemaggi Cogliani          Consigliere
 
*********                                        Consigliere
*************                                 Consigliere
 
************                                  Consigliere, estensore
 
 
L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE
 
f.to ************     f.to **************
 
 
IL SEGRETARIO
 
f.to *******************
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
      il.16/7/2007……………………………………..
 
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 
IL DIRIGENTE
 
********************
 
 
 N°. RIC. 5375/2000.

Lazzini Sonia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento