Non è invalida la sentenza la cui epigrafe non riporta i capi di imputazione

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

Il fatto

Il Tribunale di Trieste aveva riconosciuto la penale responsabilità degli imputati infliggendoli rispettivamente la pena di euro 516,00 di ammenda e di euro 400,00 di ammenda fermo restando però che, nell’intestazione della sentenza, era stata riportata un’imputazione per oltraggio ex art. 341-bis cod. pen. non corrispondente al contenuto della sentenza di condanna che faceva riferimento a fatti integranti la contravvenzione di occupazione del demanio marittimo.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Proponeva ricorso per Cassazione uno degli imputati deducendo violazione di legge in relazione all’art. 546 cod. proc. pen. in quanto, nell’intestazione della sentenza, era stato riportato un capo di imputazione afferente ad un distinto procedimento cosicché indebitamente ad esso aveva fatto richiamo il Giudice in motivazione mentre, a fronte di ciò, per il ricorrente, non avrebbe potuto comunque richiamarsi l’orientamento secondo cui è sufficiente che i fatti ascritti possano desumersi dal complessivo contenuto della decisione, nel presupposto che le sentenze di primo e di secondo grado si integrano a vicenda, in quanto nel caso di specie era stata pronunciata solo sentenza di primo grado affetta dunque da nullità.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era dichiarato inammissibile in quanto la formulata censura, per la Cassazione, non era idonea a configurare una causa di nullità della sentenza impugnata.

Difatti, per la Suprema Corte, benché per errore fosse stata trascritta nell’epigrafe di tale sentenza un’imputazione riferita al delitto di oltraggio ex art. 341-bis cod. pen., veniva rilevato come nel fascicolo processuale fosse contenuto il decreto di citazione dal quale risultava che oggetto di contestazione era la contravvenzione di cui all’art. 1161 cod. nav..

A fronte di ciò, gli Ermellini rilevavano come la sentenza di condanna fosse stata pronunciata proprio in relazione al fatto oggetto di tale contestazione essendosi fatto specifico riferimento agli elementi idonei a comprovare la condotta di indebita occupazione del demanio marittimo, reiterativa di altra già oggetto di precedente pronuncia tenuto conto altresì del fatto che la pena irrogata risultava essere stata corrispondente a quella prevista dall’art. 1161 cod. nav..

Da ciò si giungeva alla conclusione secondo cui la sentenza aveva conto in concreto del fatto contestato, a prescindere dall’imputazione erroneamente trascritta, essendo del tutto inconferente il passo della motivazione nel quale si richiamava l’imputazione trattandosi di un richiamo da doversi interpretare, per il Supremo Consesso, coerentemente alla luce dell’effettiva ed inequivoca contestazione.

Orbene, alla luce delle argomentazioni sin qui enunciate, veniva su tali basi richiamato l’orientamento alla stregua del quale «non è affetta da alcuna invalidità la sentenza la cui epigrafe non riporta i capi di imputazione, ben potendo l’enunciazione dei fatti e delle circostanze che formano oggetto della contestazione essere contenuta nel corpo del provvedimento, in quanto l’art. 546, comma terzo, cod. proc. pen. sanziona a pena di nullità la sola mancanza o incompletezza del dispositivo» (Sez. 6, n. 43465 del 7/10/2015; in senso conforme anche Sez. 3, n. 39894 del 28/5/2014, in cui si faceva riferimento alla possibilità di valorizzare integrativamente il decreto di citazione a giudizio; più in generale, per l’esclusione di profili di nullità, si rinvia anche a Sez. 3, n. 28675 del 24/9/2020, e Sez. 2, n. 5500 del 9/10/2013).

L’inammissibilità del ricorso, infine, per i giudici di piazza Cavour, impediva di procedere in sede di legittimità alla correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado, correzione cui avrebbe dovuto peraltro provvedere il Tribunale di Trieste.

Conclusioni

La decisione in esame desta interesse nella parte in cui chiarisce che non è invalida la sentenza la cui epigrafe non riporta i capi di imputazione.

Difatti, in tale pronuncia, richiamandosi precedenti conformi, è ivi postulato che non è affetta da alcuna invalidità la sentenza la cui epigrafe non riporta i capi di imputazione ben potendo l’enunciazione dei fatti e delle circostanze, che formano oggetto della contestazione, essere contenuta nel corpo del provvedimento in quanto l’art. 546, comma terzo, cod. proc. pen. sanziona a pena di nullità la sola mancanza o incompletezza del dispositivo.

E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla luce di tale approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva in cui si deduca l’invalidità di una decisione per il sol fatto che in essa non sono riportati i capi di imputazione.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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