Mobbing e licenziamento illegittimo

Redazione 17/09/18
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È considerato illegittimo, anche qualora non contrasti con specifiche disposizioni, il licenziamento disposto a conclusione di un percorso vessatorio di mobbing (1).

Infatti, la giurisprudenza individua una serie di ipotesi in cui si può parlare di licenziamento illegittimo, ad esempio:

– nell’ipotesi in cui l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia stato ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro il lavoratore ha facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, con la conseguenza che nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta il licenziamento deve considerarsi illegittimo;

– la direttiva n. 92/85/CEE non tutela contro il licenziamento una lavoratrice nell’ipotesi in cui, nel corso di una fecondazione in vitro, al momento del licenziamento sia già avvenuta la fecondazione degli ovuli ma non ancora il trasferimento degli ovuli fecondati nel corpo della donna. Tuttavia un licenziamento motivato dal fatto che la donna si stia sottoponendo al trattamento di fecondazione in vitro costituirebbe discriminazione basata sul sesso, vietata dalla direttiva n. 76/207/CEE, e quindi dovrebbe essere considerato illegittimo (2);

– è illegittimo il licenziamento irrogato al lavoratore sulla base della disciplina collettiva per assenze verificatesi sette volte in un anno in giorni seguenti le festività o le ferie, ove tali assenze siano giustificate da idonea certificazione medica: la norma contrattuale collettiva deve infatti interpretarsi come relativa alle sole ipotesi di assenze ingiustificate (3);

– è illegittimo il provvedimento di licenziamento per inidoneità didattica di un insegnante di scuola media incaricato di supplenza annuale, adottato dal preside senza previa comunicazione all’interessato delle irregolarità e carenza riscontrate (4);

– è illegittimo il licenziamento intimato per superamento dei termini per la conservazione del posto di lavoro qualora non risultino superati i maggiori termini previsti dalla contrattazione collettiva per l’ipotesi di riconoscimento della natura professionale della malattia intervenuto in sede giudiziaria (5);

– è illegittimo il licenziamento di un giornalista, accusato di aver redatto alcuni articoli ingiuriosi e diffamatori nei confronti dei vertici aziendali e del direttore e di essersi rivolto nei confronti di quest’ultimo con toni aggressivi e inurbani, allorché da parte dell’editore non sia fornita la piena prova della colpevolezza del lavoratore, non essendo all’uopo sufficiente un semplice sospetto a suo carico (6); – è illegittimo il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto nel caso in cui la datrice di lavoro sia responsabile nella lesione della salute del dipendente (7);

– è illegittimo il licenziamento disciplinare intimato allorchè la contestazione tardivamente formulata abbia determinato un effetto di “cumulo” di singole infrazioni che, ove contestate separatamente e tempestivamente, non sarebbero state tali da integrare gli estremi della giusta causa (8).

In caso di licenziamento illegittimo: il danno deve essere risarcito

Il danno da risarcire in caso di licenziamento illegittimo e di esercizio del diritto di opzione deve essere commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell’indennità sostitutiva e non fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta (9). Le ragioni anche di ordine “sistematico” di questa soluzione interpretativa sono state molto efficacemente ricordate sin dalla decisione della Cass. civ., n. 24199 del 2009 secondo la quale “il sistema dell’art. 18 cit., si fonda sul principio di effettiva realizzazione dell’interesse del lavoratore a non subire, o a subire al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo”; principio che Cass. civ., n. 6342 del 2009 chiama “di effettività dei rimedi” e che impedisce al datore di lavoro di tardare nel pagamento dell’indennità in questione assoggettandosi al solo pagamento di rivalutazione e interessi. Il principio di effettività dei rimedi giurisdizionali, espressione dell’art. 24 Cost., significa per quanto qui interessa che il rimedio risarcitorio, ossia del risarcimento del danno sopportato dal lavoratore per ritardato percepimento dell’indennità sostitutiva, prevista dall’art. 18 della l. 700/1970 e successive modifiche, deve ridurre il più possibile il pregiudizio subito dal lavoratore e, in corrispondenza, distogliere il datore di lavoro dall’inadempimento o dal ritardo nell’adempiere l’obbligo indennitario l’ammontare del risarcimento del danno da ritardo deve essere pari alle retribuzioni perdute, fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto (10).

I presenti contributi sono tratti da 

Mobbing. Tutele processuali e percorsi psiconeuroimmunologicii

Il presente testo, con materiale online tra cui formuario e giurisprudenza, è strumento operativo sia per i professionisti che per chiunque si trovi ad affrontare le problematiche connesse al fenomeno del mobbing. Si analizza l’argomento sotto due aspetti: uno giuridico e l’altro medico. Da un punto di vista giuridico si prende in considerazione il fenomeno in esame sia sotto il profilo sostanziale che processuale, indicando nel dettaglio i singoli comportamenti mobbizzanti, le responsabilità e le possibili tutele (giuridiche ed extragiuridiche) da attivare. La dignità della persona umana e il rispetto nei confronti dei lavoratori nei luoghi di lavoro costituiscono un punto qualificante della convivenza civile e, al contempo, una misura incentivante per una maggiore produzione lavora- tiva. Infatti, un ambiente di lavoro, dove siano bandite forme di violenza morale nei confronti dei lavoratori costituisce un punto essenziale anche per la migliore produttività aziendale. Invece, da un punto di vista medico, si analizza, in primis, il ruolo svolto dallo stress, sia acuto sia cronico, nell’innescare cambiamenti nella fisiologia dell’intestino e nella salute mentale e, in secondo luo- go, si presentano le principali metodiche utilizzate per rilevare una situazione di stress da lavoro correlato, attraverso l’impatto che quest’ultimo ha sulla salute psico-fisica del lavoratore.  Nicola Botta, laureato in Pedagogia, in Psicologia clinica, in Medicina e Chirurgia e specializzato in Psicoterapia Cognitiva e Psiconeuroimmunologia. Dal 1983 ad oggi lavora come Psicologo Clinico presso l’Asl di Salerno. È stato docente di Psicologia del Lavoro dal 2006 al 2011 presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Attualmente, è docente di Psiconeuroimmunologia presso l’Open Academy of Medecine, a Venezia. Dal 1999 è responsabile del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia presso l’UOSM DS 67, dell’Asl di Salerno. Dal 2000 si occupa di mobbing come coordinatore del gruppo di lavoro presso la stessa Asl. Autore di numerosi libri e scritti in materia del mobbing. Rocchina Staiano, Avvocato, Docente in Diritto della Previdenza ed assicurazioni sociali e in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro presso l’Università di Teramo; Docente/formatore in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, ai sensi del D.M. 5 marzo 2013; Docente in vari Corsi di formazione e di master; Membro dei collegi dei probiviri della Cisl Regione Campania; Componente esterno della Commissione Lavoro e della Commis- sione Rapporti Internazionali UE del CNF; Consigliera di Parità della Provincia di Benevento. Autrice di numerose pubblicazioni e di contributi in riviste, anche telematiche.  

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Note

(1) Pret. bologna, 20 novembre 1990, in Giur. It., 1991, I, 2, p. 84: nella specie, trattavasi di licenziamento intimato per assenze plurime ingiustificate nei confronti di un lavoratore, il cui figlio era affetto da malattia inguaribile ed il cui padre era deceduto nello stesso periodo per infarto, che, a causa dei predetti gravi eventi, peraltro noti all’azienda, aveva omesso di presentare tempestivamente le formali giustificazioni delle assenze.

(2) App. Firenze, 29 ottobre 2004, in Riv. Critica Dir. Lav., 2005, p. 449.

(3) Corte giustizia Comunità europee, Grande sez., 26 febbraio 2008, n. 506, in Famiglia e Diritto, 2008, n. 4, p. 402.

(4) Cass. civ., sez. lav., 8 gennaio 1987, n. 47, in Riv. It. Dir. Lav., 1987, II, p. 826.

(5) TAR Lazio, Latina, 14 giugno 1988, n. 465, in www.giustizia-amministrativa.it: in materia di licenziamento per inidoneità didattica del personale docente non di ruolo della scuola secondaria, va applicata la procedura garantistica dettata dall’art. 112, d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 per le ipotesi di dispensa dal servizio dei docenti di ruolo attesa la mancanza di previsioni specifiche disciplinanti il loro licenziamento, al fine di consentire anche ad essi di fornire le proprie giustificazioni in un arco di tempo prefissato dall’amministrazione, tenute presenti le conseguenze gravemente pregiudizievoli per l’interessato collegate all’adozione del provvedimento di licenziamento.

(6) Pret. San Miniato, 4 maggio 1990, in Toscana Lavoro Giur., 1990, p. 968.

(7) Cass. civ., sez. lav., 14 febbraio 2013, n. 3675, in Mass. Giur. It., 2013.

(8) Cass. civ., sez. lav., 11 giugno 2013, n. 14643, in Mass. Giur. It., 2013: nella specie, l’assenza per malattia era stata determinata dal mobbing subito dal lavoratore.

(9) Trib. Livorno, 30 aprile 2001, in Riv. Critica Dir. Lav., 2001, p. 1099: nella specie la società aveva contestato cumulativamente, a oltre un anno dall’inizio della condotta illecita, l’uso privato del telefono aziendale.

(10) Così Cass. civ., sez. lav., 17 settembre 2012, n. 15519, in Lav. Giur., 2012, n. 12, p. 1217.

(11) Cass. civ., sez. lav., 3 gennaio 2013, n. 41, riportata on line.

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