Misure di sicurezza e sanzioni amministrative: natura giuridica e differenze strutturali

Redazione 12/09/18
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Corte di Cassazione – VI sez. pen. – sentenza n. 1918/2018

Con l’espressione misure di sicurezza si intendono le statuizioni post delictumin quanto la loro applicazione è subordinata alla commissione di un reato, come già emerge dall’art. 202 co. 1 c.p. (“Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto previsto dalla legge come reato”).

Tali misure trovano esplicito riconoscimento a livello costituzionale nell’art 25 co. 3 c.p., per cui:” Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”. Il principio è rafforzato dall’art. 533 co. 1. c.p.p.  che stabilisce “il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza”.

Il codice penale distingue le misure di sicurezza in personali e patrimoniali, a seconda che colpiscano la sfera personale o patrimoniale del soggetto socialmente pericoloso.

Le misure amministrative

Le sanzioni amministrative non implicano la restrizione della libertà e generalmente sono collegate a una misura di carattere economico.

La sanzione amministrativa viene irrogata direttamente da un pubblico ufficiale che accerta l’illecito, senza la necessità di un processo, ma a seguito di un procedimento amministrativo di verifica delle prove dell’illecito.

La sanzione amministrativa, inoltre, non ha ripercussioni sulla fedina penale.

Recente pronuncia della Cassazione

Con la recente sentenza n. 37305/2018 la Cassazione chiarisce le differenze strutturali tra le misure dell’espulsione amministrative, ordinate dalla Autorità amministrativa e che trovano fonte regolatrice nell’art. 13 del d. lgs. n. 286 del 1998 e quelle che vengono disposte dall’Autorità giudiziaria come misure di sicurezza in senso stretto.

Per approfondire leggi “Immigrazione, asilo e cittadinanza” a cura di Paolo Morozzo della Rocca

Le misure di espulsione di natura amministrativa sono funzionali a contrastare l’ingresso illegale o illecita permanenza nel territorio dello Stato.

L’espulsione amministrativa ricorre in tre ipotesi: quando l’ingresso nel territorio dello straniero è irregolare ed esso si è sottratto ai controlli di frontiera; quando lo straniero non abbia richiesto il relativo permesso di soggiorno e qualora sia accertata la pericolosità del soggetto che appartenga a una delle categorie di prevenzione, contemplate dall’art. 1 legge 1423/1956 (ora D.lvo 6 settembre 2011, n. 159).

In conclusione la misura dell’espulsione amministrativa non necessariamente viene disposta come conseguenza di un reato, piuttosto è da considerarsi come uno strumento di controllo della presenza sul territorio. Pertanto, se è ammesso il divieto di reingresso per la durata massima di 5 anni, dall’altro non è ammissibile un controllo della pericolosità del soggetto post delictum come accade con le misure di sicurezza, le quali vengono assunte nei soli casi ammessi dalla legge e alle condizioni del delitto commesso.

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