Misure per la giustizia: le proposte del CNF

Redazione 22/07/13
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Anna Costagliola

Di fronte all’iniziativa del Governo che, nel contesto delle disposizioni contenute nel D.L. 69/2013 (cd. decreto del fare) per far fronte alla grave situazione di crisi economica che sta attanagliando il Paese, ha dettato anche specifiche misure volte ad implementare l’efficienza del sistema giustizia, il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha preso posizione in ordine all’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza per intervenire in una materia così articolata e complessa come quella della giustizia. Si contesta, pertanto, la opportunità,  politica e costituzionale, di ricorrere, nella materia de qua, al decreto legge il cui utilizzo desta notevoli perplessità, relative in particolare alla circostanza che l’adozione del decreto legge e i tempi rapidi del procedimento parlamentare di conversione non sono idonei a garantire un’adeguata discussione e ponderazione degli interessi in conflitto.

Sebbene l’Avvocatura prenda atto della «necessità e urgenza» di rilanciare l’economia, anche attraverso una significativa implementazione del sistema giudiziario civile, tuttavia auspica per il futuro che le iniziative in materia di giustizia siano adottate facendo ricorso a provvedimenti circoscritti a tale materia, mediante la predisposizione di un disegno di legge organico. Dal punto di vista della efficiente amministrazione della giustizia, infatti, è necessario ricostituire un quadro complessivo coordinato, organico e sistematico della disciplina per far sì che gli operatori (magistrati e avvocati) e i cittadini che si rivolgono al giudice possano contare su norme chiare, precise, e non introdotte con provvedimenti d’urgenza, frutto di improvvisazione e privi di concertazione con le categorie interessate.

Per far fronte allo stato di affanno della giustizia civile, il CNF suggerisce alcune soluzioni alternative a quelle adottate dal Governo con il D.L. 69/2013, nella convinzione che il recupero di efficienza del sistema giustizia vada realizzato anche attraverso la predisposizione di valide alternative al ricorso alla giurisdizione, capaci di coniugare qualità, efficienza e costi calmierati.

Nella indicata direzione si propone innanzitutto la disciplina delle Camere arbitrali dell’Avvocatura, in conformità con la previsione dell’art. 39, co. 1, lett. n), della L. 247/2012. Si tratta di organismi costituiti presso ciascun Ordine degli Avvocati, al fine di amministrare arbitrati rituali mediante arbitro unico o, su richiesta delle parti, apposito collegio. La Camera è composta dai membri del Consiglio dell’Ordine, con il compito di tenere ed aggiornare l’elenco degli arbitri, oltre che assegnare gli incarichi. Per la definizione dei requisiti per l’iscrizione nell’elenco e dei criteri per l’assegnazione degli incarichi è previsto apposito Regolamento ministeriale, da adottarsi previo parere del CNF. Particolarmente significativi appaiono i poteri attribuiti alla Camera arbitrale per ciò che riguarda la competenza a concedere decreto ingiuntivo per le cause di valore inferiore o uguale a 100.000 euro e a decidere del relativo giudizio di opposizione, sempre previo accordo delle parti.

Altrettanto rilevante, proprio con riguardo al problema della gestione del contenzioso arretrato, pare la previsione relativa alla possibilità, per il giudice di primo grado, di disporre, su richiesta delle parti, la prosecuzione del giudizio dinanzi alla competente Camera arbitrale dell’Avvocatura.

Una seconda proposta, che si colloca anch’essa sul piano dei meccanismi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione, riguarda l’introduzione di una procedura di negoziazione assistita da un avvocato. Tale procedura si fonda sull’accordo tra le parti, che non abbiano ancora agito in giudizio, di cooperare con buona fede e lealtà per risolvere in via amichevole il conflitto o la controversia tramite l’assistenza dei propri legali. Sono escluse dall’ambito di operatività di detta procedura le controversie in tema di diritti indisponibili e le controversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro dipendente, alla certificazione dei contratti di lavoro e alla materia previdenziale.

L’accordo raggiunto tra le parti può essere omologato dal giudice. In caso di mancato accordo e successiva azione in giudizio, le parti saranno dispensate dall’esperire il tentativo di conciliazione o la mediazione obbligatoria.

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