Micropermanenti: mancanza di accertamento strumentale e risarcibilità del danno

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Presa di posizione sulle cd. “micropermanenti” che fa venir meno il rigore post-riforma del 2012 secondo cui, ai sensi del novellato art. 139 Cod. Assicurazioni, “le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.
Commento a Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – n. 37477 del 22-12-2022

Corte di Cassazione – Sez. III Civ. n. 37477 del 22-12-2022

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Indice

1. La vicenda al vaglio della Suprema Corte

Nel mese di dicembre del 2013, si verificava un incidente stradale in seguito al quale, il conducente di un veicolo veniva trasportato in ambulanza presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale più vicino dove gli veniva diagnosticata una “lesione cranica non commotiva, distrazione cervicale e trauma policontusivo”. L’evoluzione della lesione i relativi postumi, venivano valutati successivamente da un medico legale, il quale accertava la presenza di danni biologici, sia temporanei che permanenti. In particolare, il CTU nominato ribadiva il suddetto profilo diagnostico relativo alle lesioni riportate e, anche in considerazione della presenza nel paziente di una discopatia a livello cervico-lombare, valutava i postumi permanenti nella misura del 2,5% accertata dal punto di vista obbiettivo/clinico ma non accertata, né accertabile strumentalmente.
Il Giudice di Pace, sulla base delle predette conclusioni, rigettava le richieste di parte attrice in merito alla sussistenza di postumi. Veniva quindi proposto appello davanti al Tribunale di Bologna che confermava la sentenza di primo grado.
La parte soccombente decide quindi di proporre ricorso per Cassazione denunciando la violazione o falsa applicazione dell’art. 139, comma 2 cod. assicurazioni, come modificato dalla L. n. 27 del 2012, art. 32, comma 3, ter ed innovato dalla L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 19, e dolendosi che il Tribunale non avesse  ritenuto che, in base alla detta disposizione, il danno biologico permanente per lesioni di lieve entità fosse da risarcire non solo quando la lesione emerga da un accertamento medico clinico strumentale obiettivo, ma anche quando la stessa sia oggettivamente percepita dal medico legale in sede di esame obiettivo/visivo (visita medica), vale a dire mediante ispezione (vista), palpazione (tatto), auscultazione e percussione (udito).
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2. Il principio enunciato dalla Suprema Corte

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso, richiama un principio già insito nel nostro sistema secondo cui il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dia una dimostrazione ragionevole.
In particolare, in virtù di tale principio, nel caso di danno alla salute, è irrilevante la sintomatologia soggettiva solo riferita dal danneggiato e né può pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, supposti, possibili ma non probabili (Cfr. Cass. 18773/2016, Cass. 249942017; Cass. 1272/2018; Cass. 22066/2018; Cass. 10816/2019; Cass. 11218/2019).
Pertanto, il D.L. n. 1 del 2012, art. 32, comma 3 ter e (finché sia stato applicabile) comma 3 quater, non deve essere inteso come una norma che pone limiti ai mezzi di prova (essa non impedisce, dunque, di dimostrare l’esistenza d’un danno alla salute con fonti di prova diversi dai referti di esami strumentali), né può essere inteso come una norma che pone limiti alla risarcibilità del danno, imponendo di lasciare senza ristoro i danni che non attingano una soglia minima di gravità.
Detta disposizione, infatti, non è altro che una norma che deve essere letta in funzione del predetto principio e deve essere intesa nel che, l’accertamento del danno alla persona deve essere condotto secondo una rigorosa criteriologia medico-legale, nel cui ambito, tuttavia, non sono precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l’unico mezzo utilizzabile ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all’esame obiettivo (criterio visivo) e all’esame clinico.
Nel caso di specie, il Tribunale, ritenendo irrisarcibili i lamentati postumi permanenti (micropermanenti) solo perché “non corroborati da alcuna verifica clinico-strumentale” benché le lesioni stesse “siano state clinicamente-visivamente rilevate”, non si è attenuta a tali regole, sicché sul punto la impugnata sentenza è stata cassata con rinvio ad altro  Tribunale competente.

3. L’accertamento delle micropermanenti e gli esami strumentali

Secondo la Cassazione, alcune lesioni possono essere accertate senza la necessità di esami strumentali. La valutazione dell’esperto medico, basata sulla sua esperienza clinica, può fornire al giudice conclusioni scientificamente documentate e giuridicamente ineccepibili sulle lesioni.
L’attestazione medico-legale accurata, eseguita nel rispetto delle procedure standard, è in grado di determinare, infatti, se e in quale misura percentuale sia presente una lesione.
A tal fine, spiega la Corte, che la valutazione del danno alla persona deve essere condotta seguendo rigorosi criteri medico-legali, e che all’interno di tali criteri, anche nel caso di lesioni minori e permanenti, sono ammissibili diverse fonti di prova.
I criteri di valutazione scientifici del danno biologico, che includono il criterio visivo, il criterio clinico e il criterio strumentale, non sono gerarchicamente ordinati e devono essere utilizzati dal medico legale, secondo le procedure standard, per garantire l’oggettività della valutazione sia delle lesioni che dei loro eventuali postumi.
Per tali ragioni, si giunge quindi alla conclusione che gli esami strumentali non sono l’unico mezzo utilizzabile, ma sono alternativi all’esame oggettivo (basato su criteri visivi) e all’esame clinico, che è affidato al medico legale.

4. Considerazioni finali

Con la sentenza in commento, la Cassazione sostiene quindi che l’accertamento medico legale, in caso di micropermanenti, eseguito in conformità alle leges artis, può determinare se una lesione esiste e qual è la percentuale ad essa attribuibile.
In altre parole, secondo la Corte suprema, la valutazione del danno alla persona deve essere condotta secondo un criterio medico-legale rigoroso, ma all’interno di questa valutazione, anche le fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali sono ammissibili, anche per lesioni di lieve entità.
Gli esami strumentali, infatti, non sono l’unico mezzo utilizzabile per accertare il danno biologico, ma rappresentano solo una delle opzioni alternative all’esame obiettivo (criterio visivo) e all’esame clinico, affidati al medico legale. Inoltre, i criteri scientifici utilizzati in medicina legale per accertare e valutare il danno biologico (vale a dire il criterio visivo, il criterio clinico e il criterio strumentale) non sono gerarchicamente ordinati tra di loro e non vanno intesi in modo univoco, ma devono essere utilizzati dal medico legale secondo le regole professionali, per garantire l’obiettività dell’accertamento, sia per le lesioni che per i relativi postumi.
Esistono, quindi, lesioni che possono ben essere accertate senza ricorrere necessariamente agli esami strumentali, non potendo trascurarsi l’esperienza clinica dello specialista, capace di rassegnare al giudice conclusioni sulle lesioni scientificamente documentate e ineccepibili anche dal punto di vista giuridico.
Ad impedire il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, dunque, non è di per sé l’assenza di riscontri diagnostici strumentali, ma piuttosto l’assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, che ben può essere compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest’ultimo caso munito dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c.

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