L’organismo di diritto pubblico e la sua operatività nei settori speciali

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SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. L’attività amministrativa pubblica di soggetti privati: principi e garanzie comuni del modello organizzativo pubblico in forma privatistica. – 3. L’ Organismo di diritto pubblico: definizione e profili evolutivi. – 4. L’ente strumentale operante nei settori speciali: la disciplina applicabile agli appalti destinati a “scopi estranei”. – 5. Conclusioni

 

  1. Introduzione.

Il legislatore può sforzarsi di prevedere tutte le casistiche possibili ed immaginabili per regolare ogni eventuale contrasto sociale, ma il risultato non potrà mai essere completo ed esaustivo; il contesto a cui le norme si applicano, cambia, rendendo così le leggi inadeguate e soggette a continua revisione[1].

Vi sono ambiti in cui la legislazione ha subito modifiche non così rilevanti, ma per il diritto amministrativo non si può dire altrettanto.
In questi ultimi quindici anni questa materia ha subito una metamorfosi degna di rilievo, basti pensare alle leggi “Bassanini”, alle modifiche alla legge sul procedimento amministrativo o alla nuova disciplina sui contratti pubblici.

Si è avviato, così, un procedimento di modernizzazione del sistema amministrativo e dell’intero Paese, che ha portato il cittadino ad invocare il legittimo diritto ad una vita migliore nel quotidiano rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Ciò è praticabile solamente attraverso un atteggiamento critico dell’Amministrazione, volta alla correzione dei propri errori e al miglioramento dei propri servizi.

La Pubblica Amministrazione è al servizio del cittadino e come tale deve dare garanzia, informazione e controlli per collocarsi appunto a servizio della Comunità, in aderenza al principio di legalità e nel rispetto dei principi generali dell’Ordinamento.

La storia del decentramento dei poteri pubblici e della progressiva destrutturazione dell’assetto positivo dell’apparato amministravo soggettivamente inteso, nel corso del tempo ha portato ad un’ibridazione delle soggettività amministrative, che hanno sfumato i confini tra pubblico e privato.

L’incapacità di distinguere il pubblico dal privato porta con sé il pericolo dell’elusione di quel sistema di regole poste da sempre a garanzia del cittadino contro possibili abusi della Pubblica Amministrazione, aprendo spazio a devianze e a comportamenti collusivi.

Di fronte al dilagare di nuovi apparati di natura ibrida ed incerta, come ad esempio gli organismi di diritto pubblico, non riconducibili agli schemi tradizionali dell’organizzazione amministrativa, a cui sempre più spesso sono affidate funzioni naturalmente pubbliche, la giurisprudenza comunitaria è stata costretta a trovare una soluzione, onde evitare che le regole dell’evidenza pubblica fossero puntualmente eluse.

Nel corso della presente trattazione si provvederà ad analizzare l’evoluzione storica della figura dell’organismo di diritto pubblico, fortemente influenzata dalla normativa e della giurisprudenza europea,  che ha generato un un ampio dibattito a livello nazionale, sia dottrinale che giurisprudenziale, con riferimento alla disciplina applicabile alle singole attività da essa esercitate.

Quello che è evidente, come osservato da autorevole dottrina, è che con la nozione in esame la giurisprudenza comunitaria non abbia voluto ampliare il novero dei soggetti pubblici, ma solo delimitare l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina sugli appalti pubblici, garantendo così l’effetto utile e l’applicazione uniforme della stessa in tutti i peculiari ordinamenti degli Stati membri dell’Unione.

Spesso, nella prassi, l’attività di diversi organismi pubblici, formalmente privati ma sostanzialmente amministrativi, non sempre risulta assoggettabile in toto alla disciplina pubblicistica che regola l’azione della  P. A.[2].

E’ in quest’ottica che si inserisce anche la nozione di ente strumentale, ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016, operante nei settori speciali (ad esempio quello del sistema aeroportuale), correlativamente legata all’interrogativo circa la possibilità di essere qualificato come organismo di diritto pubblico anche nelle ipotesi in cui eserciti attività connotata da carattere imprenditoriale, secondo criteri di redditività e con assunzione del relativo rischio di impresa, sì come previsto dal dettato privatistico.

Solo un approccio funzionale, di stampo sostanzialistico, finalizzato a garantire l’effetto utile delle normative di settore, è in grado di ristabilire l’equilibrio e la certezza delle regole da applicare di volta in volta in concreto.

 

  1. L’attività amministrativa pubblica di soggetti privati: principi e garanzie comuni del modello organizzativo pubblico in forma privatistica.

L’evoluzione storica dell’organizzazione dei pubblici poteri ha evidenziato il passaggio da una struttura piramidale fortemente accentrata ad una disaggregata, in cui l’apparato amministrativo pubblico diviene strumento per la realizzazione e il soddisfacimento degli interessi e dei bisogni della collettività.

Da qui, l’esigenza di affiancare alle pubbliche amministrazioni, organismi dotati di personalità giuridica, deputati ad assolvere, in via ausiliaria e strumentale, compiti pubblicistici, ancorché non gestiti direttamente dal pubblico per ragioni di carattere tecnico-organizzativo ed economico.

È, da tempo, invalsa la prassi, da parte delle amministrazioni pubbliche, di ricorrere al modulo societario, nella forma della totale o parziale partecipazione pubblica, per mezzo dell’utilizzo di soggetti di natura sostanzialmente amministrativa ma formalmente privatistica, onde perseguire, utilitaristicamente, fini di interesse pubblico, ovvero di erogazione di servizi pubblici alla collettività di riferimento.

Su questa prospettiva, si può anche rilevare che il nucleo oggi del diritto amministrativo è proprio quello di essere il diritto dei principi e delle garanzie comuni che attengono all’attività amministrativa[3], sia di regolazione che di prestazione, nel perseguire i fini o gli interessi della collettività o del gruppo sociale di riferimento e che corrispondono nel medesimo tempo ad altrettanti diritti dei consociati.

La disciplina dell’attività amministrativa è così concepita anche quando sia svolta da soggetti privati controllati da soggetti pubblici.

Ne scaturisce, quindi, la relativa indifferenza delle tecniche o delle modalità con cui l’attività è esercitata, vale a dire con modalità di diritto pubblico o di diritto privato, per usare le partizioni tradizionali[4], poiché ciò che importa è l’affermazione e il rispetto dei principi e delle garanzie che oggi si conviene costituiscano il diritto amministrativo, come diritto dei principi e dei diritti da osservarsi nell’agire amministrativo e che ne formano il patrimonio comune, derivante fra l’altro sia da principi di diritto pubblico che di diritto privato, con riguardo alla collettività.

Vi è pertanto un patrimonio di principi e garanzie che investe pubblico e privato che va complessivamente (e in ogni caso) osservato, essendo a tal fine irrilevante che si tratti di attività amministrativa resa con modalità di diritto privato o di diritto pubblico. Si pensi a come la formazione dei contratti della pubblica amministrazione, che in tutti gli ordinamenti europei è procedimentalizzata e retta da regole comuni, venga considerata da noi e in altri Paesi attività di diritto pubblico, mentre in altri è considerata attività precontrattuale di diritto privato. La sostanza dei principi e delle garanzie pare tuttavia essere equipollente[5].

Peraltro è stato rilevato che ogni attività avente in sé i caratteri funzionali dell’amministrazione pubblica non può o non deve essere sottratta alla tutela giurisdizionale propria dell’attività amministrativa.

Nel medesimo tempo si è affermato che risulta ininfluente la qualificazione o la natura del soggetto rispetto all’attività cui è preposto. Potenzialmente possono essere impiegate le diverse figure soggettive offerte dal mondo dei soggetti del diritto privato, grazie anche alla relativa flessibilità di conformazione statutaria e organizzativa che queste presentano. Ma non va dimenticato – come è stato più volte sottolineato in dottrina[6] – che l’esigenza di assicurare l’affermazione e il rispetto dei principi e delle garanzie della funzione si riverbera implicando specifici vincoli, anche sull’organizzazione dei soggetti privati.L’organizzazione (o la struttura) è servente alla funzione, come insegna d’altra parte l’art. 97 Cost. e come tale i principi della funzione si traducono o si possono tradurre in principi o vincoli organizzativi. Esemplari, in tal senso sono, i limiti all’esercizio di funzioni pubbliche da parte di privati, non potendosi ritenere che possano essere esercitate le funzioni identificative dello Stato che comportano l’uso della forza[7].

Questa sembra essere la prospettiva che accomuna tutt’oggi in generale gli ordinamenti considerati in tema di attività amministrativa esercitata da soggetti privati. Ed è sulla base di tale prospettiva che emerge il tema, su cui dottrina e giurisprudenza hanno posto per anni l’attenzione, delle ‘‘amministrazioni pubbliche in forma privatistica’’ (secondo la dizione invalsa ormai nella sistemazione dottrinale)[8], o meglio, delle ‘‘organizzazioni pubbliche in forma privatistica’’ (così definita dalla giurisprudenza)[9].

Si è visto come queste siano costituite da un complesso di soggetti che per definizione sono variamente collegati, se non incorporati, nell’organizzazione delle strutture dipendenti dalle istituzioni pubbliche di governo, avendo peraltro il carattere di soggetti privati, pur essendo espressione di iniziative e di risorse pubbliche in tutto o in parte, e risultando per lo più dalla esternalizzazione o dalla trasformazione di strutture precedentemente definite pubbliche, disposte al fine di conseguire condizioni di maggior efficienza o al fine di associare privati e risorse private nella conduzione dell’attività amministrativa.

Dal momento che queste figure sono state, specie in tempi recenti, oggetto di non poche variazioni di disciplina è certo difficile formulare al riguardo considerazioni sufficientemente unitarie.

La tradizione italiana di far coincidere la soggettività pubblica dell’ente con la natura oggettivamente pubblica dell’attività svolta, ha indotto spesso (sia il legislatore che la giurisprudenza) a far rientrare le nuove figure fra gli enti pubblici, rispolverando in particolare la matrice giurisprudenziale della teoria degli indici di pubblicità degli enti[10]. Si può osservare che, nella prospettiva di una concezione oggettivo-funzionale dell’agire amministrativo, semmai gli indici di pubblicità andrebbero ricercati con riguardo all’attività e non ai soggetti.

Se è vero che questi soggetti restano variamente incorporati nell’apparato pubblico, essi appaiono piuttosto ‘‘moduli organizzativi’’ dell’attività amministrativa pubblica e come tali vanno considerati indipendentemente dall’essere enti pubblici.

La stessa Corte Costituzionale[11] parla di ‘‘attività amministrativa in forma privatistica’’ e non di soggetti o amministrazioni pubbliche.

A tal proposito negli anni, il legislatore[12] ha cercato di perseguire l’obiettivo di assicurare ai destinatari dei provvedimenti e ai terzi, un livello di garanzie con riguardo alle attività amministrative esercitate da tali soggetti[13] non inferiore a quello ottenibile nei confronti delle pubbliche amministrazioni[14], ampliando la nozione di amministrazioni pubbliche per ricomprendervi anche ‘‘i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo’’[15].

Come appena evidenziato, le attività di tali enti, in particolare a quelle riferite all’art. 1, comma 1 ter, l. n. 241/1990, sono assoggettate al regime amministrativo, in ragione del fatto che, per un verso[16], tali attività sono rette dagli stessi principi e criteri cui è sottoposta l’attività amministrativa delle pubbliche amministrazioni, e per l’altro, ai privati esercenti dette attività sono applicabili l’art. 2 bis, comma 1 e 2[17], l. n. 241/1990 che estendono ad essi sia l’obbligo di concludere il procedimento amministrativo entro il termine previsto, sia l’obbligo di risarcire il danno cagionato dall’inosservanza dolosa o colposa di detto termine.

Occorre, però, tener conto che l’esercizio delle attività amministrative da parte dei soggetti privati presuppone il conferimento (ex lege o in base ad apposito atto dell’amministrazione autorizzato dalla legge) di potestà amministrative, di tal che i casi di esercizio privato di attività amministrative debbono essere disciplinati dal diritto positivo[18].

Se però si passa dal piano delle indicazioni generali a quello più specifico delle regole applicabili all’attività e all’organizzazione di tali enti, non si può non rilevare la frammentarietà e spesso il contenuto disomogeneo delle stesse. Si tratta di regole che costituiscono espressione di una precisa linea di tendenza del diritto positivo, individuabile nella sottoposizione delle società partecipate ad una serie di vincoli riferibili alle p.a.

La ratio di detta estensione è ravvisabile nella considerazione che le società a partecipazione pubblica, al ricorrere di determinati presupposti, sono assimilabili alle amministrazioni pubbliche, in quanto ‘‘la veste societaria e` neutra non essendo … di per sè incompatibile con il riconoscimento della natura di soggetto pubblico’’[19] .

Si deve sottolineare, tuttavia, come per il legislatore talvolta rilevi, a tali fini, il controllo societario in mano pubblica determinato ai sensi del codice civile, mentre altre volte sia richiesta una partecipazione pubblica maggioritaria.

Orbene, se l’estensione di regole di diritto pubblico a società a partecipazione pubblica ha inciso anche su alcuni aspetti strutturali o organizzativi delle medesime[20], essa appare dettata da finalità diverse che mai condurranno alla piena equiparazione di enti societari a pubbliche amministrazioni, in quanto nei primi la struttura organizzativa è comunque disciplinata dal diritto privato.

Peraltro, è ben noto che l’utilizzo indiscriminato di persone giuridiche private in forma societaria da parte di soggetti pubblici può condurre – e spesso, infatti, conduce – alla elusione dei fondamentali istituti pubblicistici di garanzia che presiedono all’organizzazione e all’attività degli stessi soggetti pubblici. Senza dubbio, viene colto e messo in chiara luce un dato della realtà fattuale che non può più essere ignorato o aprioristicamente assunto come dato “normale”.

Quello dell’utilizzo, da parte delle amministrazioni pubbliche, di moduli organizzatori ed operativi, mutuati dal diritto privato, che, in ossequio formale a generiche istanze di semplificazione ed efficienza, in verità altro scopo non sembrano possedere se non quello di sfuggire alle garanzie ed ai controlli imposti dalle discipline pubblicistiche.

E’ apparso, allora, assai condivisibile il suggerimento proposto da autorevole dottrina[21], nel senso di superare, in queste ipotesi sempre più numerose, il “velo” formale della personalità giuridica privatistica nella società per azioni in mano pubblica, almeno in tutti quei casi in cui l’ente pubblico, avvalendosi dello strumento societario, intenda di fatto – ed illegittimamente – eludere le discipline pubblicistiche alle quali altrimenti sarebbe sottoposto.sottoposto.

Ciò sarebbe ammissibile – ed anzi doveroso – in quanto, il meccanismo attraverso cui dovrebbe realizzarsi questo disvelamento della personalità giuridica viene fatto consistere nella applicazione all’ente societario della stessa disciplina pubblicistica che l’ente pubblico, proprio mediante l’utilizzo fraudolento dell’ente societario, intendeva eludere.

Il giudice delle leggi, a tal proposito, in due decisioni originate da ricorsi promossi in via diretta da alcune Regioni, ha enucleato una netta distinzione: quella tra attività amministrativa in forma privatistica e attività di impresa. Nel primo caso vi è attività amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da società di capitali che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondo caso, vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico, in regime di concorrenza. Le disposizioni oggetto di sindacato costituzionale, ad avviso della Consulta, ‘‘mirano a separare’’ (o comunque ‘‘a rafforzare la distinzione tra’’) le due sfere di attività, al fine di evitare ‘‘che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione’’[22], in palese violazione dei principi di leale concorrenza e trasparenza.

Tale impianto ricostruttivo è stato ripreso dai giudici di Palazzo Spada in due importanti decisioni[23], nelle quali sono stati anche precisati i criteri sulla cui base deve operarsi detta distinzione, individuabili segnatamente: nelle modalità di costituzione della società; nella fase di organizzazione; nella natura dell’attività svolta; nel fine perseguito.

Il Giudice amministrativo, dopo aver sottolineato che tanto le imprese pubbliche in forma societaria quanto le società che svolgono attività amministrativa non sono riconducibili ad un modello unitario, ponendo in rilievo con riguardo alle seconde come, tra quelle, siano comprese anche le società-organismi di diritto pubblico, che risultano caratterizzate dal fatto che i loro compiti sono svolti ‘‘non con metodo economico, ma mediante l’esercizio di una attività che non implica assunzione del rischio di impresa’’, di tal che detta nozione di matrice comunitaria, ‘‘trasposta sul piano interno, significa che l’organismo deve sostanzialmente perseguire esclusivamente gli interessi pubblici previsti dalle normative di settore’’[24].

 

 

  1. L’ Organismo di diritto pubblico: definizione e profili evolutivi.

La riconducibilità o meno di un determinato soggetto giuridico alla figura dell’organismo di diritto pubblico presenta caratteri di particolare e notoria complessità[25] . E ciò in quanto si tratta di una nozione che, nata nel diritto europeo e poi recepita nell’ordinamento interno, è definita sulla base di indici “sintomatici” di carattere generale che, di volta in volta, necessitano di essere rilevati rispetto alla specifica fattispecie oggetto di indagine.

A livello sistematico, l’elaborazione di questa nozione è diretta ad evitare che soggetti sostanzialmente pubblici, sulla base della loro veste formale di natura privatistica, possano sottrarsi all’applicazione della disciplina pubblicistica in materia di scelta del contraente.

Nell’ottica di consentire un miglior inquadramento delle tematiche oggetto d’indagine, occorre partire da un’analisi del dato normativo europeo per arrivare a quello nazionale[26].

La nozione di organismo di diritto pubblico non coincide con una figura giuridica a sé stante, ma costituisce un criterio qualificante che nasce nell’ambito del diritto europeo[27] al fine di attrarre, nella sfera di operatività della disciplina in tema di contratti pubblici, soggetti sostanzialmente pubblici indipendentemente dalla loro forma giuridica (pubblica o privata)[28].

Essa si basa dunque su indici sostanziali allo scopo di “snidare la pubblicità reale che si nasconde sotto diverse forme” [29]

Se l’obiettivo principale dell’Unione Europea è la realizzazione di un mercato unico concorrenziale, la conseguenza immediata è la sottoposizione al rispetto delle procedure di evidenza pubblica di soggetti che, benché formalmente privati, non agiscono nel mercato seguendo le logiche concorrenziali.

In questo modo, potrà evitarsi che tali soggetti operino animati da finalità diverse, compromettendo la piena realizzazione di un mercato unico[30].

La questione trae origine dal fatto che la direttiva comunitaria di prima generazione (71/305/CEE) in tema di affidamenti di appalti pubblici di opere, limitava il suo ambito soggettivo di efficacia alle sole amministrazioni aggiudicatrici individuate nello Stato, negli enti pubblici territoriali e nelle persone giuridiche enumerate nell’allegato I[31], avente carattere tassativo[32], e che avrebbe generato l’indubbio merito di garantire la certezza del diritto.

In realtà, un criterio del genere mostrò sin da subito le proprie lacune, atteso l’elevato numero di soggetti giuridici, anche di natura privatistica,  operanti nell’ambito dei singoli Stati membri che, pur avendo connotazioni pubblicistiche, non erano tuttavia qualificabili come pubblici alla stregua di valutazioni formali.

Fu, pertanto, necessario l’intervento della Corte di Giustizia che arrivò a considerare come non esaustivo l’elenco di cui al citato Allegato I[33].

Nacque dunque l’esigenza di privilegiare una nozione funzionale del concetto di Stato, al fine di estendere la portata applicativa della normativa europea in materia di appalti.

In questa prospettiva, sul piano della giurisprudenza sovrannazionale, una prima importante pronuncia è rappresentata dalla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia nella causa C-249/71 (Buy Irish), nella quale, seppure non venne delineata la figura dell’organismo di diritto pubblico, fu comunque esaltata proprio la nozione funzionale di Stato[34], configurando come di dominanza pubblica un ente che era di diritto privato secondo la normativa irlandese.

È proprio sulla scia di questo orientamento, e con il chiaro intento di colmare le lacune che la precedente direttiva faceva sorgere, che venne elaborata la direttiva 89/440/CE[35], la quale, per la prima volta, definisce  tale un soggetto giuridico che sia, contestualmente: a) dotato di personalità giuridica; b) sottoposto a influenza pubblica dominante[36]; c) istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale[37].

Si tratta di una nozione che è sostanzialmente rimasta invariata[38] sino alle direttive di ultima generazione e nell’ambito della quale incertezze interpretative rimangono nonostante negli anni la Giurisprudenza della Corte di Giustizia[39], abbia avuto modo di delineare puntualmente i profili che qualificano l’organismo di diritto pubblico attraverso la concomitanza delle tre condizioni fondamentali.

Si tratta, tuttavia, di requisiti generici la cui applicazione ha creato non poche difficoltà di interpretazione.

Le maggiori incertezze interpretative, come anche sottolineato dalla sentenza oggetto di commento, sono state sempre principalmente incentrate attorno al terzo requisito (c.d. teleologico), che, come noto, si compone a sua volta di due elementi: quello positivo, rappresentato dal fatto che le esigenze perseguite (rectius le attività svolte) dall’organismo siano riconducibili ad un interesse generale[40]; e quello negativo, relativo al carattere non industriale e non commerciale delle esigenze di interesse generale perseguite[41].

La Direttiva 2014/24/UE (Direttiva Appalti), ha chiarito tuttavia alcuni dei concetti, in chiave giuridica, con riferimento a detti organismi.

La stessa è stata recepita con d.lgs 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), in base al quale, all’art. 3, lett. d), definisce “organismi di diritto pubblico”, “qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV: 1) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;2) dotato di personalità giuridica; 3) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.

Per organismi di diritto pubblico devono, quindi, intendersi quei soggetti istituiti al fine di soddisfare specificamente bisogni di interesse generale[42] aventi carattere non industriale e commerciale, dotati di personalità giuridica e la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è sottoposta a controllo di quest’ultimi, oppure i cui organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico.

La giurisprudenza nazionale ha, pertanto, equiparato la nozione di organismo di diritto pubblico a quella di pubblica amministrazione al fine di estendere all’organismo di diritto pubblico la disciplina pubblicistica in materie del tutto estranee alle procedure di evidenza pubblica, non limitandosi, quindi, ad individuare gli organismi di diritto pubblico al solo fine dell’applicazione della normativa in tema di appalti pubblici.

Un ente può essere, pertanto, qualificato organismo di diritto pubblico[43], in ogni caso, con conseguente soggezione al diritto comunitario degli appalti, anche se svolge attività promiscue e molteplici, vale a dire sia attività volte a soddisfare un bisogno di interesse generale di carattere non commerciale o industriale, sia attività con tale carattere[44].

Con la definizione del legislatore comunitario, si è quindi modificato l’impostazione iniziale, sostituendo il criterio enumerativo con il riferimento ad una categoria, quella di “organismo di diritto pubblico”[45], di cui vengono forniti solo degli indici, e la cui concretizzazione è rimessa caso per caso al giudice[46]. Si tratta di tre criteri che denotano una stretta dipendenza dall’autorità pubblica, che indipendentemente dalle modalità formali della sua attuazione, è tale da influenzare le decisioni dell’organismo in materia di appalti pubblici, determinando la possibilità che considerazioni diverse da quelle economiche guidino le decisioni, e, in particolare, il rischio che gli offerenti o i candidati nazionali siano preferiti, creando quegli ostacoli alla libera circolazione dei servizi e delle merci[47], che l’applicazione delle direttive sugli  appalti pubblici intende evitare.

E’ ormai pacifico che i tre indici caratterizzanti l’organismo di diritto pubblico hanno carattere cumulativo[48].

Ciò vuol dire non solo che questi indici rivelatori devono coesistere, ma anche che essi si integrano e si compenetrano a vicenda, di modo che l’uno serve a meglio definire ed a completare il senso degli altri[49].

Alla luce di quanto evidenziato, le differenze tipologiche tra impresa pubblica e organismo di diritto pubblico, riguardano più segnatamente, “le modalità di svolgimento dell’attività – economica e non economica – e la conseguente possibile compatibilità, esistente soltanto per le imprese pubbliche, tra scopo di interesse pubblico e scopo di lucro”[50].

Ne consegue che l’organismo di diritto pubblico diviene pubblica amministrazione (in maniera fissa e immutevole), solo nello svolgimento di quel tratto di attività esplicitamente sottoposto ad una disciplina di diritto amministrativo. Il che, peraltro, consente di giustificare, anche sul piano costituzionale, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo che non avrebbe spazio se dovesse predicarsi la natura privatistica dell’organismo di diritto pubblico, perché si avrebbe una controversia tra due soggetti (il partecipante alla gara e la stazione appaltante) entrambi privati[51].

L’equiparabilità dell’organismo di diritto pubblico alla pubblica amministrazione non vale, tuttavia, sempre e comunque. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, per l’attribuzione della qualifica di “organismo di diritto pubblico” si deve procedere attraverso la verifica del possesso del requisito inerente l’interesse generale mediante l’accertamento delle modalità di funzionamento e/o gestione dell’organizzazione. Si tratta di un requisito positivo la cui sussistenza non esclude che si debba altresì verificare il requisito negativo, cioè il “carattere non industriale o commerciale” dell’interesse perseguito.

In altri termini, la circostanza che l’attività di un soggetto risponda più o meno direttamente ad un interesse generale non comporta automaticamente l’inquadramento del soggetto nell’ambito degli organismi di diritto pubblico, poiché anche un interesse generale può essere perseguito con una logica commerciale ossia imprenditoriale[52].

Sono numerose le pronunce della Corte di giustizia che escludono l’ascrivibilità al novero degli organismi di diritto pubblico di soggetti che, pur partecipati in misura maggioritaria dal soggetto pubblico ed aventi ad oggetto attività di interesse generale, operano sul mercato secondo una logica imprenditoriale[53].

Si tratta al contrario, “di una equiparazione settoriale, funzionale e dinamica, perché strettamente legata all’affidamento dei contratti. Quando svolge altre attività, l’organismo di diritto pubblico dismette la sua veste pubblicistica e soggiace di regola al diritto privato. Esso è, quindi, un ente pubblico dinamico, funzionale e cangiante. Questa connotazione funzionale non caratterizza soltanto l’organismo di diritto pubblico, ma rappresenta ormai un connotato di molti altri soggetti. Quando un ente viene dalla legge sottoposto a regole di diritto pubblico, quell’ente, limitatamente allo svolgimento di quell’attività procedimentalizzata, diviene, di regola, “ente pubblico” a prescindere dalla sua veste formale. Deve essere ribadito che lo diviene non in maniera statica ed immutevole, ma dinamica e mutevole, perché dismette quella veste quando svolge altre attività non procedimentalizzate[54].

Per diverso tempo le amministrazioni pubbliche, attraverso un modus operandi che rivolgeva l’attenzione unicamente alla sussistenza del fine della soddisfazione di bisogni di interesse generale, escludendo il requisito negativo del ‘‘carattere non industriale o commerciale’’, avevano consentito un ampliamento della nozione di organismo di diritto pubblico, apparentemente necessario per evitare facili elusioni nell’applicazione delle direttive sugli appalti, mediante l’introduzione di sempre nuove categorie giuridiche astratte[55], quali le s.p.a., frutto di privatizzazioni soltanto formali o la creazione delle c.d. società in house, capaci di differenziarsi da quella di pubblica amministrazione soltanto per il diverso nomen juris[56].

Il Giudice Europeo e le supreme magistrature italiane, sono chiaramente intervenute, per porre rimedio a tale “anomalia di sistema applicativo”, ridimensionando la categoria dell’organismo di diritto pubblico, attribuendo carattere dirimente all’assenza del rischio d’impresa nella gestione dell’attività[57] e spostando l’interesse dagli aspetti meramente formali a quelli sostanziali della gestione, così da appurare se la conduzione di un ente partecipato avvenga secondo logiche imprenditoriali e in regime di concorrenza, anche al fine di escludere che la copertura dei costi sia automaticamente ed incondizionatamente assicurata da finanziamenti e/o ricapitalizzazioni effettuati da enti pubblici.

Ciò posto, dei tre requisiti fissati dalla disposizione di cui all’art. 3, lett. d), d.lgs 18 aprile 2016, n. 50 — che devono essere concomitanti[58] — occorre da ultimo evidenziare com quello teleologico[59] — che non impedisce che l’organismo possa parzialmente svolgere anche attività diverse da quelle non industriali o commerciali — risulta sussistente tutte le volte che il soggetto concretamente considerato conduca (o cominci a condurre) un’attività contrassegnata prevalentemente da due elementi definiti:

— l’assenza di criteri imprenditoriali nella gestione dell’attività stessa (dato che potrebbe riscontrarsi, ad esempio, se si verificasse che il soggetto non impronta la sua attività alla ricerca profitto o non sostiene integralmente le eventuali perdite gestione o, meglio sopporta “rischio di  gestione” che caratterizza l’attività imprenditore)[60];

— lo svolgimento di quell’attività in un regime non concorrenziale[61] (ciò che si potrebbe desumere, ad esempio, dal fatto che il soggetto pratica, i propri servizi, tariffe o condizioni contrattuali inferiori a quelli correnti sul mercato).

La presenza di questi “sintomi” ha condotto la giurisprudenza[62] a collocare nella categoria degli organismi di diritto pubblico tutte quelle entità “latu sensu” strumentali che gli enti pubblici utilizzano per prestare determinati servizi anche laddove vi sia già un mercato concorrenziale di riferimento[63], purché si verifichi che quelle medesime entità non operano seguendo le comuni regole del mercato, ossia senza sopportare i rischi connessi alla tipologia di attività svolta[64].

Dunque, nell’ottica di ampliare il perimetro del concetto di bisogni di interesse generale a carattere non industriale o commerciale, “è indifferente che siffatti bisogni siano anche soddisfatti o possano esserlo da imprese private[65], poiché il requisito teleologico ricorre ove il committente, pur operando in situazione di esposizione alla concorrenza[66], non subisce effettivamente il c.d. rischio di impresa della propria attività[67].

In aggiunta a ciò, il Consiglio di Stato, nel corso degli anni, ha peraltro riconosciuto come non sia necessario che l’ente abbia, in via esclusiva o prevalente, lo scopo di soddisfare esigenze di interesse generale non aventi carattere commerciale o industriale, ben potendo perseguire, oltre a tale scopo, anche quello di soddisfare interessi con carattere commerciale o industriale, cosicché ‘‘lo status di organismo di diritto pubblico non dipende dall’importanza relativa, nell’attività dell’organismo medesimo, del soddisfacimento di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale’’[68], essendo il medesimo configurabile anche laddove ‘la soddisfazione dei bisogni di interesse generale costituisce solo una parte relativamente poco rilevante delle attività effettivamente svolte’’ dall’ente[69].

Al contempo, però, come più di recente ricordato dallo stesso giudice europeo, l’organismo di diritto pubblico si caratterizza,  tuttavia, per il suo asservimento al soddisfacimento di esigenze di interesse generale che deve comunque perseguire lasciandosi “guidare da considerazioni diverse da quelle economiche[70]. Sicché appare difficile poter sostenere che i bisogni generali perseguiti abbiano carattere non industriale o commerciale nel caso in cui: a) il soggetto persegua scopi di lucro; b) e, comunque, subisca il rischio di un’eventuale gestione non remunerativa, sopportando le eventuali perdite, senza poter quindi usufruire di misure pubbliche che lo preservino dal rischio d’impresa[71].

La sussistenza di tale ultimo aspetto, come detto, più specificatamente, vige quando la partecipazione azionaria pubblica non sia prevista al fine di ripianare eventuali perdite e la società deve far fronte alle situazioni di dissesto finanziario con ricorso agli ordinari strumenti di finanziamento mediante il concorso determinante dei soci privati.

Più segnatamente, l’assenza dell’intervento pubblico nel ripianamento delle perdite e, quindi, il fatto di subire il rischio di impresa, esclude che un soggetto (che può anche perseguire finalità di interesse generale) compia scelte in base a valutazioni di carattere non imprenditoriale ed assicura che la società persegua il proprio oggetto sociale con criteri di rendimento, efficacia e di redditività e, di conseguenza, il rispetto delle norme e dei principi del trattato europeo, venendo così meno la necessità, che costituisce la ratio della figura comunitaria dell’organismo di diritto pubblico, di seguire una gara pubblica nell’affidamento di un appalto[72].

  1. L’ente strumentale operante nei settori speciali: la disciplina applicabile agli appalti destinati a “scopi estranei”.

Ciò posto, ricostruita l’esatta delimitazione della nozione di organismo di diritto pubblico, per come sopra evidenziato, più di recente, si è posta la questione se un ente strumentale[73], ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016, operante nei settori speciali[74], come ad esempio nel caso di un sistema aeroportuale,  possa o meno essere qualificato come organismo di diritto pubblico nelle ipotesi in cui eserciti attività connotata da carattere imprenditoriale, secondo criteri di redditività e con assunzione del relativo rischio di impresa, senza che i soggetti pubblici legati all’ente possano intervenire per ripianare eventuali perdite di esercizio.

A tal proposito, appare opportuno effettuare una disamina sulla disciplina applicabile agli appalti destinati a “scopi estranei”[75] alle finalità istituzionali degli enti committenti (e quindi non direttamente strumentali alle attività prese in considerazione dalla disciplina sui settori speciali).

Infatti, nel caso in cui il committente non sia, in ragione delle sue caratteristiche soggettive, riconducibile nel novero dei soggetti tenuti all’applicazione della disciplina relativa ai settori ordinari (non sia cioè qualificabile, per quel che qui rileva, come organismo di diritto pubblico), i c.d. “appalti estranei” saranno sottratti tout court alla normativa in tema di contratti pubblici e, potranno, dunque, essere affidati a terzi secondo le regole del diritto comune.

Di converso, ove il committente sia, invece, inquadrabile nel novero delle amministrazioni pubbliche (e quindi, sempre per quel che qui rileva, qualificabile come organismo di diritto pubblico), troverà comunque applicazione la disciplina relativa ai settori ordinari.

Ed infatti, una volta escluso che un soggetto sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, l’eventuale operatività della disciplina pubblicistica in tema di settori speciali è strettamente legata all’oggetto dell’appalto che si intende affidare.

Questa troverà applicazione solo ove il contratto sia strettamente funzionale all’attività istituzionale che l’ente aggiudicatore svolge nel settore speciale di propria pertinenza (c.d. nesso di strumentalità).

Nel caso in cui, invece, si tratti di “appalto estraneo” al settore speciale in cui opera l’ente, allora questo potrà procedere al relativo affidamento senza soggiacere a vincoli pubblicistici e seguendo invece le regole del diritto privato[76].

Ad esempio, nel caso di una società che gestisce il settore aeroportuale, l’appalto, per soggiacere alla disciplina pubblicistica, deve avere ad oggetto attività di natura strumentale al settore speciale, rientranti nel perimetro di cui all’art. 119 del D.Lgs. n. 50/2016, necessarie a soddisfare specifiche  esigenze di funzionamento della relativa struttura, relative al traffico aereo, dal momento dell’atterraggio a quello del decollo, nonché a quelle immediatamente e direttamente correlate allo svolgimento del servizio di trasporto, che riguardano merci e passeggeri; caso contrario sarà assoggettato alle norme dia ambito civilistico.

A conferma della bontà di tale interpretazione è possibile richiamare la sentenza del Consiglio di Stato n. 7031 del 12/12/2018, secondo la quale i giudici di Palazzo Spada, nell’analizzare la specifica questione sottopostagli[77], confermando i pretendi orientamenti, hanno ribadito il principio secondo cui, se una società a partecipazione pubblica “non è costituita per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, questa non può qualificarsi organismo di diritto pubblico[78]…osta al riconoscimento del requisito in questione, anche la circostanza che detta società, eserciti la sua missione in un contesto economico concorrenziale con i privati, non usufruendo di misure pubbliche che la preservino dal rischio di impresa. non risultando la stessa.

Sempre secondo i Supremi Giudici,  “è infatti irrilevante che la società sia stata costituita per soddisfare un interesse di carattere generale (quale, nel caso posto all’attenzione, è quello alla mobilità), perché ciò che assume preminenza è la modalità con cui il detto bisogno viene perseguito perseguito in concreto”… conseguentemente in tali ipotesi, la società va “ricompresa nella categoria degli “enti aggiudicatori”, che pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici, né imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente”.

Con tale pronuncia l’organo Supremo di Giustizia Amministrativa, ha avuto modo di precisare, e nello stesso tempo ribadire, che “la disciplina dettata per i settori speciali opera solo se l’affidamento si pone in rapporto di mezzo a fine rispetto al settore speciale di pertinenza”.

Trattandosi quindi del c.d. “nesso di strumentalità”[79],  questo, secondo la giurisprudenza prevalente[80], deve essere inteso in senso restrittivo.

Secondo pacifica giurisprudenza amministrativa, la “chiave di volta” per comprendere l’eventuale riconducibilità di un soggetto nella nozione di organismo di diritto pubblico risiede principalmente nell’individuare la ricorrenza o meno del carattere non commerciale o industriale dei bisogni[81], che non pare sussistere in caso di gestione dell’attività da parte dell’ente secondo criteri di efficacia e redditività tipici dell’imprenditore privato e con assunzione del rischio di impresa[82], come nella fattispecie esaminata dalla sentenza in commento.

In sostanza, diventa irrilevante che un soggetto sia stato costituito per soddisfare un interesse di carattere generale[83] (quale, come nel caso in specie, è quello alla mobilità caratterizzante il core business di Aeroporti di Roma), perché ciò che assume preminenza è la modalità con cui il detto bisogno viene perseguito.

Sicché, un soggetto[84] operante nei settori speciali non dovrebbe essere qualificato come organismo di diritto pubblico nelle ipotesi in cui eserciti attività connotata da carattere imprenditoriale, secondo criteri di redditività e con assunzione del relativo rischio di impresa, senza che i soggetti pubblici legati all’ente possano intervenire per ripianare eventuali perdite di esercizio[85].

Il costante orientamento giurisprudenziale, sia nazionale che eurounitario, è nel senso che l’organismo di diritto pubblico si caratterizza per il suo asservimento al soddisfacimento di esigenze di interesse generale che persegue, lasciandosi “guidare da considerazioni diverse da quelle economiche“, quand’anche parte della sua operatività sia svolta sul mercato[86].

E’ quindi in queste prospettive che viene ad assumere una particolare rilevanza l’esatta delimitazione della nozione di organismo di diritto pubblico, necessaria per comprendere la disciplina applicabile agli appalti destinati a “scopi estranei”[87] . Ed infatti, una volta escluso che un soggetto sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, avuto riguardo dell’oggetto dell’appalto che si intende affidare, e quindi se trattasi di “appalto estraneo” al settore speciale in cui opera l’ente, questi potrà certamente procedere al relativo affidamento applicando unicamente le regole di diritto privato.

Va da se, quindi, che l’acquisizione di beni o servizi funzionali ad attività estranee al settore speciale costituente il “core business” del concessionario, o a esso solo indirettamente connesse, non è soggetta all’esperimento di procedure ad evidenza pubblica.

Tale considerazione, secondo l’orientamento consolidato[88], porta a ritenere che ciò che costituisce elemento dirimente ai fini della qualificazione di un soggetto come organismo di diritto pubblico è la verifica concreta in capo al soggetto del c.d. ‘‘rischio di impresa’’. Infatti, perché sussista un organismo di diritto pubblico la partecipazione pubblica al capitale sociale deve rispondere all’esigenza di garantire il perseguimento di interessi pubblici secondo logiche diverse da quelle di mercato, poichè, eventuali perdite della società sono ripianate con l’apporto finanziario pubblico, e non attraverso i normali strumenti previsti dal diritto societario, con l’intervento determinante dei soci privati.

 

  1. Conclusioni.

Come si è visto, il parametro normativo necessario a distinguere il regime giuridico applicabile agli appalti di competenza di un ente aggiudicatore operante nei settori speciali è costituito dall’esistenza o meno di un nesso di strumentalità tra l’oggetto dell’affidamento e l’attività istituzionale di quest’ultimo.

Ed infatti, in caso di assenza della strumentalità, trova applicazione l’art. 14 del D.Lgs. n. 50/2016, per il quale la disciplina sui settori speciali “non si applica agli appalti e concessioni aggiudicati dagli enti aggiudicatori per scopi diversi da perseguimento delle attività di cui agli articoli da 115 a 121[89].

La portata del concetto di strumentalità è stata chiarita, in via generale, da numerosi interventi giurisprudenziali, seppur non sempre univoci[90]: in carenza di utili indicazioni normative, infatti, è soprattutto alla giurisprudenza che si deve la definizione, seppure con indirizzi non sempre uniformi, di cosa debba intendersi per rapporto di strumentalità[91].

Secondo la prevalente e più recente in giurisprudenza[92], il rapporto di strumentalità può configurarsi ove sussista un rapporto diretto con l’attività propria svolta dagli enti aggiudicatori e non, invece, indiretto (ad esempio con i luoghi dove l’attività non viene effettivamente svolta, ma solo organizzata), sancendo di fatto una interpretazione restrittiva del concetto di strumentalità che ragionevolmente consente di ritenere compresi nella nozione di strumentalità tutti gli affidamenti in assenza dei quali l’ente aggiudicatore non sarebbe in grado di svolgere la concreta attività individuata dagli artt. dal 115 al 121 del D.Lgs. n. 50/2016, sia per ragioni di carattere tecnico, sia in quanto necessari per far fronte agli obblighi assunti dal gestore del servizio pubblico o dell’infrastruttura attinente ad un servizio pubblico.

In ragione di ciò, la conseguenza a cui si perviene è, pertanto, che l’acquisizione di beni o servizi funzionali ad attività estranee al settore speciale costituente il “core business” di un concessionario, o a esso solo indirettamente connesse, non è soggetta all’esperimento di procedure ad evidenza pubblica[93], proprio in ragione del restrittivo senso in cui deve essere intesa la nozione di strumentalità.

I giudici di Palazzo Spada, hanno spesso ribadito che, la creazione dell’organismo di diritto pubblico, da parte del legislatore europeo, non a caso, ha inteso evitare che gli Stati membri eludano l’obbligo di espletare procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto sul mercato di beni, servizi e forniture utilizzando moduli organizzativi di diritto privato.

Ne deriva che la figura dell’organismo pubblico non ricorre, pertanto, quando il soggetto eserciti la sua missione in un contesto economico concorrenziale con i privati e non usufruisca di misure pubbliche che lo preservino dal rischio di impresa.

Orbene, qualora una società privata a partecipazione pubblica[94] agisce in un mercato concorrenziale, sopportando il connesso rischio dimpresa, diventa allora irrilevante che la stessa sia stata costituita per soddisfare un interesse di carattere generale, perché ciò che assume preminenza è la modalità con cui il detto bisogno viene perseguito.

Conseguentemente, in presenza di tali circostanze, la società de qua dovrà essere ricompresa nella categoria dei c.d. “enti aggiudicatori”, di cui al punto 1.2. dell’art. 3, lett. e) del codice dei contratti pubblici, il quale contempla quei soggetti che “pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici né imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente”.

Poiché gli operatori di cui al citato punto 1.2. sono tenuti ad applicare le norme del codice dei contratti pubblici (per la parte relativa ai settori speciali), solo se l’affidamento si pone in rapporto di mezzo a fine rispetto al settore speciale di pertinenza, occorre verificare, anche allo scopo di individuare il giudice cui spetta decidere la controversia, se nella specie ricorra il detto nesso di strumentalità.

Conseguentemente, l’assenza dell’intervento pubblico nel ripianamento delle perdite e, quindi, il fatto di subire il rischio di impresa, esclude che un soggetto (che può anche perseguire finalità di interesse generale), compia scelte in base a valutazioni di carattere non imprenditoriale, anzi assicura che la società persegua il proprio oggetto sociale con criteri di rendimento, efficacia e di redditività e, di conseguenza, il rispetto delle norme e dei principi del trattato europeo, venendo così meno la necessità, che costituisce la ratio della figura europea dell’organismo di diritto pubblico, di espletare le procedure di gara secondo gli schemi dell’evidenza pubblica[95].

Se la modalità è da ricollegarsi ad un’attività di carattere imprenditoriale, che come tale persegue lo scopo industriale e/o commerciale della società, essa caratterizza anche la qualificazione giuridica della società medesima; ragion per cui, non è possibile in tali casi considerare l’ente partecipato come un organismo di diritto pubblico.

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Note

[1] CERULLI IRELLI V., L’ amministrazione «costituzionalizzata» e il diritto pubblico della proprietà e dell’impresa, Giappichelli, Torino, 2019, p. 18.

[2] ROVERSI M., La teoria dellente pubblico in forma di società, considerazioni critiche, Giappichelli, Torino, 2015, p. 89.

[3] CASSESE S., Diritto amministrativo. Una conversazione con Luisa Torchia, Bologna, Il Mulino, 2014, p. 43.

[4] RIVOLA E., CAVALLINI I. “Lazienda speciale per la governance dei servizi pubblici alla luce della recente giurisprudenza del Consiglio di Stato”, in Azienditalia, n. 10/2019, p. 1408.

[5] IUDICA G., CARULLO A., Commentario breve al Codice degli appalti, Cedam, Padova, 2018, p. 331 ss.

[6] GAROFOLI R., Lorganismo di diritto pubblico, NelDiritto, Milano, 2008, p. 572.

[7] MERUSI F., Sentieri interrotti della legalità. La decostruzione del diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna, 2007, p. 125.

[8] CERULLI IRELLI V., L’ amministrazione «costituzionalizzata» e il diritto pubblico della proprietà e dell’impresa, Giappichelli, Torino, 2019, p. 214.

[9]  Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2013, n. 122.

[10] Sul punto si veda GALLI D., CAVINA A., Ambito di applicazione e principi generali, Cedam, Milano, 2017, p. 74.

[11] Corte Costituzionale sent. n. 326/2008 e n. 148/2009.

[12] Si veda l’art. 133, 1o comma, lett. e), n. 1, D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

[13] Le quali, in virtù della loro sottoposizione al rispetto dei principi di cui all’art. 1, comma 1, L. n. 241/ 1990 e ss. m. i., sono state procedimentalizzate.

[14] Si consideri, infatti, che, a norma del comma 1 ter dell’art. 1, L. n. 241/1990, come modificato dall’art. 1, comma 37, L. n. 190/2012, ‘‘I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge’’.

[15] Si veda l’art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 104/2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo).

[16] In seguito all’integrazione, operata all’art. 1, 1o comma, L. n. 241 cit. dall’art. 7, 1o comma, L. 18 giugno 2009, n. 69.

[17] Aggiunti dall’art. 7, L. n. 69/2009.

[18] CINTOLI F., IELO D., I profili soggettivi. I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Cedam, Padova,2014, p. 255.

[19] Si veda sul punto Cons. di Stato, Sez. VI, 24 novembre 2010 n. 5379, in http://www.giustizia-amministrativa.it., la quale, ancorché sia riferita al caso della RAI S.p.a., costituisce espressione di un più generale indirizzo della giurisprudenza amministrativa.

[20] Basti pensare all’obbligo di esperire procedure selettive pubbliche per l’assunzione del personale o agli obblighi di trasparenza prescritti dalla c.d. legge anticorruzione.

[21] CARINGELLA F. ,PROTTO M., Codice e regolamento unico dei contratti pubblici,  Dike, Roma, 2011, p. 34.

[22] Si veda rispettivamente Corte cost., 1 agosto 2008, n. 326 e Corte cost., 8 maggio 2009, n. 148, in http://www.cortecostituzionale.it , in relazione rispettivamente all’art. 13, D.L 4 luglio 2006, n. 223, conv. con mod. dalla L. 6 agosto 2006, n. 24828 e all’art. 3, 27o-32o commi L. 24 dicembre 2007, n. 244.

[23] Si veda Cons. di Stato, Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574, nonché Cons. di Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2013, n. 122, in http://www.giu- stizia-amministrativa.it.

[24] Si veda Cons. di Stato, Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574, cit.

[25] Sul punto si veda CINTIOLI F., IELO D., I profili soggettivi, in VILLATA R., BERTOLISSI M., DOMENICHELLI V., SALA G., I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Cedam, Padova, 2014, p. 255; CARINGELLA F., Corso di diritto amministrativo, Cedam, Milano, 2018, p. 1007.

[26] Art. 3, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 50/2016

[27] Per un approfondimento sulle origini della nozione di organismo di diritto pubblico, si veda PICOZZA E., I contratti con la pubblica amministrazione, in FRANCHINI C., I contratti con la pubblica amministrazione, UTET, Torino, 2007, p. 14.

[28] In questi termini, ex multis, GALLI D., I settori speciali, in Giorn. dir. amm., 2016, p. 470.

[29] TORREGROSSA G., I principi fondamentali dellappalto comunitario, in Gli appalti nel settore energetico, Milano, 1994, p. 14.

[30] CANCRINI A., FRANCHINI C, VINTI S., Gli accordi quadro e i sistemi dinamici di acquisizione” in Commentario al Codice degli appalti pubblici, Utet, Torino, 2014, p. 370-388.

[31] Tale allegato qualificava come persone giuridiche di diritto pubblico, in tutti gli Stati membri “le associazioni di diritto pubblico costituite dagli enti pubblici territoriali come le associazioni di Comuni, i consorzi intercomunali, i Gemeindeverbaende” e, in Italia, le università statali, i consorzi per i lavori interessanti le università; gli istituti superiori scientifici e culturali, gli osservatori astrofisici, geofisici, vulcanologici; gli enti di riforma fondiaria; le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”.

[32] Oggi, a livello nazionale, l’elenco degli organismi di diritto pubblico è riportato nell’allegato IV al D.Lgs. n. 50/2016, che ha però carattere meramente esemplificativo e non tassativo.

[33] Corte di Giustizia, sentenza Beentjes del 20/9/1988, causa 31/87, la quale evidenziò che “la finalità della direttiva, consistente nell’effettiva attuazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi in materia di appalti di lavori pubblici, sarebbe compromessa se l’applicazione del regime della direttiva dovesse essere esclusa per il solo fatto che un appalto di lavori pubblici è stato aggiudicato da un ente che, pur essendo stato creato per svolgere funzioni attribuitegli dalla legge, non rientra formalmente nell’amministrazione statale. Di conseguenza, si deve ritenere che un organismo le cui funzioni e la cui com- posizione sono contemplate dalla legge e che dipende dalla pubblica amministrazione per quanto riguarda la nomina dei suoi membri, la garanzia degli obblighi derivanti dai suoi atti ed il finanziamento degli appalti che esso ha il compito di aggiudicare, rientri nella nozione di Stato, anche se formalmente non fa parte dello Stato”.

[34] Altra importante decisione, nell’ottica della positivizzazione della nozione di organismo di diritto pubblico, è la sentenza 20 settembre 1988, C-31/87 (Beentjes).

[35] Si tratta, come noto, della direttiva europea che ha modificato la Dir. n. 71/305/CEE in tema di “procedure di aggiudica- zione degli appalti di lavori pubblici”. L’art. 1, lett. b, della direttiva considerava le amministrazioni aggiudicatici: “lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico”.

[36] Per un approfondimento sul requisito dell’influenza dominante, vedasi il parere del Cons. Stato 26 ottobre 2018, n. 2427, che ha escluso la riconducibilità nella nozione di organismo di diritto pubblico della Libera Università LUMSA proprio per carenza di tale requisito.

[37] Cfr. art. 1, lett. b), Dir. 440/89/CE.

[38] In realtà, rispetto alla versione originaria di cui alla Dir. 440/89/CEE, nella quale si faceva riferimento ai “bisogni” di interesse generale, l’attuale art. 2, par. 1, n. 4), Dir. 2014/24/UE richiama il concetto di “esigenze” di interesse generale .

[39] In particolare con la Corte di Giustizia, 10 aprile 2008, causa C-393/06, Sez. Quarta, pres. K. Lenaerts, Avv. gen. D. Ruiz-Jarabo Colomer, parti Ing. Aigner / Fernwarme Wien GmbH.

[40] Per un approfondimento sul concetto di “bisogni di interesse generale”, vedasi, tra i molti CINTIOLI F., Di interesse generale e non avente carattere industriale o commerciale: il bisogno o lattività?, in SANDULLI M.A., Organismi e imprese pubbliche, natura delle attività e incidenza sulla scelta del contraente e tutela giurisdizionale, in Serv. pubbl. app., suppl., n. 4/2004; GAROFOLI R., Lorganismo di diritto pubblico, in Trattato dei contratti pubblici, Milano, 2008, p. 555 e ss.

[41] Per un approfondimento sul concetto di “carattere non industriale o commerciale”, vedasi, tra i molti, GUCCIONE C., La nozione di organismo di diritto pubblico nella più recente giurisprudenza comunitaria, in Giorn. dir. amm., Milano, 2003, p. 1027 e ss.

[42] Per “bisogni di interesse generale” come precisato, tra l’altro, dalla Suprema Corte di Cassazione. SS.UU. n. 97/2000 e 2637/06, devono intendersi quelli riferibili ad una collettività di soggetti, di ampiezza e contenuto tali da giustificare la creazione di un apposito organismo, sottoposto all’influenza dominante dell’autorità pubblica, deputato alla loro soddisfazione. Le principali conseguenze derivanti dalla qualificazione di un soggetto all’interno della categoria degli organismi di diritto pubblico consistono: 1) nell’obbligo di conformarsi alle direttive comunitarie in tema di appalti e a ciò che ne consegue, in termini di istituti connessi; 2) nella sottoposizione alla disciplina sul diritto di accesso agli atti ex art. 22 L. 241/1990; 3) all’applicazione della disciplina penale della P.A., con riferimento all’attività svolta nella qualità di stazione appaltante che indice o gestisce una procedura di gara.

[43] L’impresa pubblica e l’organismo di diritto pubblico perseguono entrambi finalita` di interesse pubblico. Le differenze riguardano, in- vece, le modalita` di svolgimento dell’attivita`, l’impresa pubblica per- segue, infatti, finalita` di interesse pubblico in campo industriale e commerciale, secondo canoni tipici delle imprese commerciali, pre- figgendosi il fine lucrativo anche laddove il rilievo pubblicistico delle attivita` potrebbe prescindere dal conseguimento di un profitto.

[44] Come più volte rilevato, la giurisprudenza comunitaria ha, infatti, chiarito che non è necessario che l’organismo sia destinato a soddisfare in via esclusiva bisogni generali privi carattere commerciale o industriale, ma al contrario è sufficiente che una parte anche minima dell’attività presenti tale qualità, anche se quella residua riveste carattere commerciale o industriale, perché l’ente debba catalogarsi come organismo di diritto pubblico, in ossequio ad esigenze di certezza del diritto ed alla ratio di estendere, nei casi dubbi, le ipotesi di assoggettabilità alle regole dell’evidenza pubblica, a fronte di figure organizzative comunque riconducibili all’ambito pubblicistico. Cfr. Corte Giustizia CE, 15 gennaio 1998, causa C-44/96, Mannesmann.

[45] Si noti che per ragioni poco comprensibili la direttiva 93/38 sui settori esclusi parla di tali requisiti riferendoli, però, agli “enti di diritto pubblico”. Non si crede, tuttavia, che questa differenza possa avere delle ragioni sostanziali.

[46] Nell’opera di concretizzazione, tuttavia, i giudici comunitari devono sempre fare riferimento ai principi comunitari. In tal senso si veda MARCHEGIANI G., La nozione di Stato inteso in senso funzionale nelle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici e sua rilevanza nel contesto generale del diritto comunitario, in Riv. It. Dir. Pubb. Com., 2002, p. 1243.

[47] Come precisato dal giudice europeo, l’attribuzione di un appalto pubblico ad una società mista senza attivare procedimenti selettivi concorsuali violerebbe il diritto della concorrenza, offrendo ai soci privati dei vantaggi indebiti rispetto ai concorrenti. Sul punto Corte giust., 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, Stadt Halle.

[48] Il giudice amministrativo esamina gli elementi fattuali per verificare attraverso quale modalità l’attività di interesse generale alla mobilità è perseguita: la Corte europea, per verificare la sussistenza del controllo pubblico ha più volte ribadito la necessità di tenere conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti. Sul punto si veda Corte Giustizia UE, 22 maggio 2003, causa C-18/01, Korhonen, punti 48 e 49, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comun., 2004, p. 262.

[49] Sul punto si veda ROVERSI M., La teoria dellente pubblico in forma di società, considera- zioni critiche, Giappichelli, Torino, 2015, p. 15 e ss..

[50] Si veda Cons. di Stato, Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574, cit.

[51] Cfr. Consiglio di Stato Consiglio di Stato, Sez. VI, 11/7/2016 n. 3043

[52] CAVINA A.,Organismo di diritto pubblico e mercato concorrenziale: un indizio che non fa la prova, in Urb. e app., n. 4/ 2017, p. 507-519.

[53] Corte giust., 10 maggio 2001, cause riunite C-233/99 e C-260/ 99, Agora` Srl e Excelsior Snc di Pedrotti Bruna & C. contro Ente Autonomo Fiera Internazionale di Milano, dove si precisa che: ‘‘la nozione di bisogni di interesse generale aventi carattere non industria- le o commerciale non esclude bisogni che siano parimenti soddisfatti o possano esserlo da imprese private’’.

[54] Cfr. Consiglio di Stato Consiglio di Stato, Sez. VI, 11/7/2016 n. 3043.

[55] Nonostante il carattere settoriale della normativa europea, che riferiva la nozione di organismo di diritto pubblico alla sola fase di aggiudicazione degli appalti ad evidenza pubblica, la qualificazione è stata sovente utilizzata, per attribuire natura pubblica a entità di diritto privato esercenti attività commerciali per fini d’interesse generale, attraverso l’elaborazione del concetto di neutralità delle forme assunte dagli organismi partecipati. Cfr. Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1207. Cfr. Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1207. In tale pronuncia il giudice amministrativo affermava che la forma organizzativa prescelta da una data entità non era altro che un mero dato neutrale in quanto il perseguimento di un pubblico fine non risultava contrastare con lo scopo di lucro, apparendo d’altro canto sufficiente che la società fosse costituita per il precipuo scopo di offrire un servizio per il soddisfacimento dei bisogni della collettività.

[56] La giurisprudenza comunitaria ha chiarito che non è necessario che l’organismo sia destinato a soddisfare in via esclusiva bisogni generali privi di carattere commerciale o industriale, ma al contrario è sufficiente che una parte anche minima dell’attività presenti tale qualità, anche se quella residua riveste carattere commerciale o industriale, perché l’ente debba catalogarsi come organismo di diritto pubblico, in ossequio ad esigenze di certezza del diritto ed alla ratio di estendere, nei casi dubbi, le ipotesi di assoggettabilità alle regole dell’evidenza pubblica, a fronte di figure organizzative comunque riconducibili all’ambito pubblicistico. Per tutte Corte giust. CE, 15 gennaio 1998, causa C-44/96, Mannesmann.

[57] Sul punto, Consiglio di Stato, 18 dicembre 2017, n. 5930; Consiglio di Stato, 26 luglio 2016, n. 3345.

[58] Per tutte Corte di Giustizia 15 Gennaio 1998, caso Mannesmann. Si veda pure CIRILLO G. P., La società pubblica e la neutralità delle forme giuridiche soggettive, in Riv. Dir. Comm., 2016, p. 245.

[59] Il perseguimento di soddisfazione specifica di esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale.

[60] Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha avuto modo di evidenziare che è quest’ultimo l’elemento che assume “preminenza” per ricomprendere o meno un soggetto giuridico nella nozione di organismo di diritto pubblico, posto che il carattere industriale o commerciale dell’interesse generale può ritenersi integrato qualora quest’ultimo sia perseguito dall’ente secondo criteri di “redditività tipici dell’imprenditore e con assunzione del rischio di impresa”.

[61] L’assenza di una concorrenza articolata, per quanto rappresenti un importante indice di riferimento, non pare tuttavia poter costituire presupposto, di per sé sufficiente, perché possa configurarsi un organismo di diritto pubblico. Ciò che è peraltro confermato sul piano della normativa interna, posto che il nostro ordinamento contempla espressamente la possibilità che una società pubblica non operante in regime di concorrenza non rientri nella nozione di organismo di diritto pubblico (cfr. art. 1, comma 3, terzo periodo, D.Lgs. n. 50/2016).

[62] Diverse sentenze più recenti della Corte di Giustizia si sono orientate verso una tendenziale riespansione della nozione di organismo di diritto pubblico dovendo questa “essere estensivamente intesa” in quanto funzionale alla liberalizzazione dei mercati: in questa prospettiva, sentenza Adolf Truley, Corte di Giustizia 27 febbraio 2003, causa C-373/2000, con la quale il giudice europeo, seppure in via indiretta, ha riconosciuto la natura di organismo di diritto pubblico di un ente interamente posseduto dalla città di Vienna e costituito al fine di erogare servizi mortuari e di pompe funebri, ribadendo il principio secondo il quale la circostanza che l’organismo operi in situazione di concorrenza sul mercato rappresenta un indizio, ma non la prova certa che il bisogno di interesse generale abbia carattere commerciale o industriale; contra Corte di Giustizia 16 ottobre 2003, sentenza SIEPSA, causa C-283/00, secondo la quale l’assenza di un ambiente concorrenziale può rappresentare elemento determinante per ritenere sussistente il requisito teleologico. È stata così qualificata come organismo di diritto pubblico, una società spagnola in mano pubblica che, pur avendo le caratteristiche formali di una S.p.a. con fini di lucro, svolgeva servizi in un settore – quello della pianificazione e creazione di centri penitenziari – sottratto alla concorrenza.

[63] Sul punto si veda VINTI S., Note critiche in merito all’elevazione dell’organismo di diritto pubblico ad archetipo della personalità giuridica “a regime amministrativo”, in Raccolta di Studi in onore di Franco Bassi, 2013, p. 45.

[64] SCOCA F. G., La pubblica amministrazione e la sua evoluzione, Giappichelli, Torino, 2014, p. 57.

[65] Così, Corte di Giustizia 10 aprile 2008, sentenza Ing. Aigner., causa C-393/06.

[66] Si ribadisce altresì che: ‘‘la mancanza di un mercato non può ovviamente derivare dal fatto che in esso operi la sola società pubblica, ma occorre stabilire se un mercato abbia la possibilità di esistere valutando le caratteristiche dei beni e dei servizi offerti, i loro prezzi, nonché la presenza anche solo potenziale di più fornitori’’. Cfr. anche Cons. di Stato, Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574.

[67] A maggiore precisazione Consiglio di Stato, Sez. V, 30 gennaio 2013, n. 570, precisa che: “in definitiva, solo la dimostrazione che l’attività della società venga svolta con metodo non economico, senza rischio di impresa, e che la stessa opera in un mercato non concorrenziale e` utile al fine della qualificazione quale organismo di diritto pubblico: la circostanza che in concreto i compiti siano svolti non con metodo economico, ma mediante l’esercizio di una attività che non implichi assunzione del rischio di impresa può desumersi innanzitutto da una connotazione interna dell’assetto societario’’.

[68] Sul punto LA ROSA G., Lorganismo di diritto pubblico. La non industrialità nella giurisprudenza, in Le Istituzioni del Federalismo, n 2/2007, pp. 299-305.

[69] Si veda LIBERTINI M., Organismo di diritto pubblico, rischio dimpresa e concorrenza: una relazione ancora incerta, in Contr. e impr., 3/2008, p. 1202; sul punto anche Corte giust., 15 gennaio 1998, in causa C-44/96; Corte giust., 10 aprile 2008, in causa C-393/06.

[70] Così Corte di Giustizia 5 ottobre 2017, sentenza VLRD, causa C-567/15.

[71] GOISIS F., Il problema della natura e della lucratività delle società in mano pubblica alla luce dei più recenti sviluppi dellordinamento nazionale ed europeo, in Dir. Econ., 2013, p. 52.

[72] Sul punto si veda, Cons. di Stato, Sez. V, 30 gennaio 2013, n. 570, dove si precisa che: “In definitiva, solo la dimostrazione che lattività della società venga svolta con metodo non economico, senza rischio di impresa, e che la stessa opera in un mercato non concorrenziale è utile al fine della qualificazione quale organismo di diritto pubblico: la circostanza che in concreto i compiti siano svolti non con metodo economico, ma mediante lesercizio di una attività che non implichi assunzione del rischio di impresa può desumersi innanzitutto da una connotazione interna dellassetto societario’’. Si ribadisce altresì che: ‘‘la mancanza di un mercato non può ovviamente derivare dal fatto che in esso operi la sola società pubblica ma occorre stabilire se un mercato abbia la possibilità di esistere valutando le caratteristiche dei beni e dei servizi offerti, i loro prezzi, nonché la presenza anche solo potenziale di più fornitori’’. Cfr. anche Cons. di Stato, Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574.

[73] La cui nozione ricomprende le amministrazioni aggiudicatrici (nell’ambito delle quali sono inclusi gli organismi di diritto pubblico), le imprese pubbliche e i soggetti privati operanti in virtù di diritti speciali o esclusivi (art. 3, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 50/2016). Le società c.d. strumentali possono essere non soltanto società a partecipazione totalitaria pubblica ma anche miste, le quali, laddove siano affidatarie di appalti pubblici, sono qualificabili come partenariati pubblico privati istituzionalizzati.

[74] GALLI D., Settori ordinari e settori speciali: complementarietà o alternatività?, in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2019, p.  227.

[75] Sulla definizione dei c.d. “appalti estranei” si veda Consiglio Stato, Ad. Plen., 1° agosto 2011, n. 16.

[76] In tal caso, l’ente, sotto il profilo soggettivo, non avrebbe natura di organismo di diritto pubblico, ma rientrerebbe nel novero degli enti aggiudicatori, di cui all’art. 3, comma 1, lett. e), punto 1.2 del D.Lgs. n. 50/2016, quale soggetto operante “in virtù di diritti speciali o esclusivi”, concessi dall’autorità competente.

[77] Il Consiglio di Stato era stato chiamato ad esaminare e decidere la questione avente ad oggetto l’affidamento per la realizzazione e gestione, all’interno del sedime aeroportuale di Aeroporti di Roma, di alcune aree destinate all’ attività di cambiavalute. In particolare, la questione giuridica rimessa all’organo Supremo di Giustizia Amministrativa riguardava la delimitazione del c.d. “nesso di strumentalità”, circa l’applicazione della disciplina pubblicistica, o meno, nel  caso di appalti nei settori speciali.

[78] Ai sensi dell’art. 3, lett. d), del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

[79] Sul punto si veda Cons. Stato, Ad. Plen., 1 Agosto 2011, n. 16, ove si è chiarito che il rapporto di strumentalità tra appalto e settore speciale andrebbe inteso come finalizzazione dell’oggetto dell’affidamento al core business dell’attività speciale dell’ente aggiudicatore. In particolare, al fine di sostenere la strumentalità dell’appalto è necessario che l’oggetto contrattuale possa essere affidato esclusivamente da operatori che svolgono una specifica attività nell’ambito dei settori speciali e che l’appalto stesso si ponga in termini dimezzo a fine con l’attività propria del settore speciale. Analogamente cfr. T. A.R. Lazio, Sez. III ter, 11 ottobre 2007, n. 10893, ove si è dichiarato insussistente il nesso di strumentalità in relazione alla fornitura di gasolio per il riscaldamento degli uffici di Poste Italiane S.p.a. Contra T.A.R. Lazio, Sez. III, 27 luglio 2018, n. 8511 ha ravvisato la sussistenza del predetto nesso nell’ipotesi di fornitura di arredi degli ufficiali postali dislocati sul territorio nazionale

[80] Per tutte, Consiglio di Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6534.

[81] Nel senso di escludere la ricorrenza del requisito teleologico nel caso in cui le attività esercitate dall’ente committente, pur legate a interessi generali, siano realizzate mediante criteri di redditività tipici dell’imprenditore privato, vedasi: SANDULLI M.A., Verso una coerente delimitazione dellambito pubblicistico alle attività di effettiva rilevanza pubblica: sottratti a gara e affidati al giudice ordinario laffidamento delle aree commerciali della sta- zione Termini di Roma e gli appalti sotto soglia dei privati gestori di servizi pubblici , nota a Cass. Civ. sez. un. 4 maggio 2006, n. 10218, in Giust. amm., 2006, p. 502 e ss.

[82] D’altronde, come pure autorevolmente affermato, da Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5930, per integrare il requisito teleologico, non è sufficiente la partecipazione, finanche totalitaria, della pubblica amministrazione al capitale sociale del gestore di un servizio pubblico se non accompagnata da una previsione che obbliga l’ente pubblico partecipante al ripiano delle perdite a prescindere dalla partecipazione detenuta nella società di gestione.

[83] Sono numerose le pronunce della Corte di Giustizia che escludono l’ascrivibilità al novero degli organismi di diritto pubblico di soggetti che, pur partecipati in misura maggioritaria dal soggetto pubblico ed aventi ad oggetto attività di interesse generale, operano sul mercato secondo una logica imprenditoriale: Corte Giustizia, 10 maggio 2001, cause riunite C-233/99 e C260/99, Agora` Srl e Excelsior Snc di Pedrotti Bruna & C. contro Ente Autonomo Fiera Internazionale di Milano, in Urb. e Appalti, 2001, p. 981.

[84] La cui nozione ricomprende le amministrazioni aggiudicatrici (nell’ambito delle quali sono inclusi gli organismi di diritto pubblico), le imprese pubbliche e i soggetti privati operanti in virtù di diritti speciali o esclusivi (art. 3, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 50/2016).

[85] Al fine di escludere la configurabilità di Aeroporti di Roma quale organismo di diritto pubblico, la sentenza in commento ha attribuito poi una certa rilevanza anche all’esistenza di “un mercato concorrenziale, quale deve indubbiamente ritenersi quello tra scali aeroportuali, nel quale i diversi gestori si confrontano mirando ad incentivare l’afflusso di vettori aerei (e quindi di passeggeri), attraverso la leva dei servizi offerti e dei diritti aeroportuali”.

[86] Nello stesso senso, nei confronti della stessa Societa`, si veda gia` Cass., S. U., 18 aprile 2016, n. 7663, in Giust. Civ. Mass., 2016

[87] Sulla definizione dei c.d. “appalti estranei” si veda Consiglio Stato, Ad. Plen., 1° agosto 2011, n. 16.

[88] Consiglio di Stato, Sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5930, in Foro Amm., 2017, n.12, p. 2393

[89] Invero, rispetto alla impostazione sopradescritta, la struttura e le disposizioni del Codice degli Appalti potrebbero sollevare alcuni dubbi interpretativi. Ciò in quanto l’art. 14 prevede l’esclusione dall’ambito di applicazione del “presente codice” degli “appalti estranei” degli enti aggiudicatori, legittimando l’interpretazione letterale secondo cui tutti gli appalti non funzionali, ivi compresi quelli delle amministrazioni aggiudicatrici (e quindi degli organismi di diritto pubblico), possano essere tout court sottratti alla disciplina pubblicistica.
Paradossale effetto di ciò, sarebbe che, sul piano oggettivo, i contratti non funzionali (in quanto “esclusi dall’ambito di applicazione del codice”) affidati da amministrazioni aggiudicatrici non sarebbero soggetti alla disciplina sui settori ordinari, ma dovrebbero essere affidati nel solo rispetto dei principi previsti all’art. 4 (e, dunque, economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità, ecc.). Sennonché, come è stato già osservato nel presente lavoro, una siffatta conclusione si porrebbe in contrasto con la disciplina europea che ricomprende sempre le amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito di applicazione della disciplina pubblicistica (direttiva UE n. 24/2014), con conseguente necessità di disapplicare la normativa nazionale, sul punto contraria al diritto europeo. In realtà, i dubbi interpretativi legati alla formulazione dell’art. 14 (riproduttivo dell’art. 19 della Dir. UE n. 25/2014) sembrano riconducibili ad un difetto di coordinamento sul piano redazionale della disciplina nazionale, posto che è stata riproposta la stessa formulazione contenuta nella Dir. n. 25/2014 senza tenere conto del carattere omnicomprensivo del Codice (che recepisce non solo la direttiva n. 25 ma anche la n. 24 e la n. 23). In sostanza, altro è l’esclusione disposta a livello europeo dalla direttiva sui settori speciali limitatamente al proprio ambito di applicazione (cfr. art. 19, Dir. n. 25); altro è l’erronea e pedissequa trasposizione dell’art. 19 della Dir. n. 25 in un provvedimento (il D.Lgs. n. 50/2016) che ha un ambito di applicazione totalizzante in quanto riferito tanto ai settori ordinari che a quelli speciali. Per un maggiore approfondimento sul punto si veda GALLI D., Settori Speciali, in CORRADINO M., GALLI D., GENTILE D., LENOCI M.C., MALINCONICO C., I contratti pubblici, Ipsoa, Milano, 2017, p. 1040 e ss.

[90] Per un approfondimento sui molteplici e complessi temi legati agli appalti pubblici nei settori speciali, si veda NICODEMO A., Impresa pubblica e settori speciali, Giappichelli, Torino, 2018.

[91] In questo senso, secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/2011, il rapporto di strumentalità tra appalto e settore speciale va inteso come finalizzazione dell’oggetto dell’affidamento agli scopi propri (core business) dell’attività speciale dell’ente aggiudicatore.

[92] In linea con l’orientamento prevalente, infatti, anche di recente il nesso di strumentalità è stato giustamente considerato assente nel caso di un appalto avente per oggetto la vigilanza degli uffici amministrativi di una società del gruppo ENEL (T.A.R. Catania, Sez. III, 13 dicembre 2018, n. 2378). Sempre in linea con questa impostazione, seppur in altro ambito, è stato ritenuto sussistente il nesso di strumentalità tra il servizio di “sorveglianza sanitaria” (visite mediche di revisione del personale) messo a gara da ATAC, azienda che gestisce il trasporto pubblico locale su gomma del Comune di Roma, e il settore speciale dei servizi di trasporto, alla luce dello stretto legame, ricostruito in termini di rapporto di mezzo a fine, tra le attività di controllo medico dei conducenti di bus, oggetto dell’appalto, e la mission istituzionale di ATAC (T.A.R. Roma, 18 febbraio 2013, n. 1778).

[93] A conferma si veda Consiglio Stato, Ad. Plen., n. 16/2011, cit.; Consiglio Stato, 19 novembre 2018, n. 6534; Consiglio Stato, 26 maggio 2015, n. 2639; Corte di Giustizia UE 10 aprile 2008, C-393/06.

[94] La partecipazione pubblica di una Spa non comporta di per se ́ l’attrazione nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici, ma puo`assumere rilevanza ai fini della salvaguardia delle dinamiche di concorrenza e libero mercato, tutelate sia dal legislatore comunitario che nazionale (Cass. Civ, Sez. un., n. 26806/2009; Corte cost., 28 marzo 2013, n. 50).

[95] Sul tema si rinvia a MAMELI B., Gli organismi di diritto pubblico alla luce delle nuove direttive, in Giur. It., 2014, p. 1797 e ss.; MAMELI B., Lorganismo di diritto pubblico: profili sostanziali e processuali, Giuffrè, Milano, 2003. In giurisprudenza, Cass. Civ, S. U., 7 aprile 2010, n. 8225, in Giur. It., 2010, p. 2287.

Salvatore Faraci

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