L’ordine di ispezione ex art. 118 c.p.c.: una disamina della giurisprudenza di legittimità

Redazione 24/02/20
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La disciplina dell’ordine di ispezione ex art. 118 c.p.c. attraverso le più importanti pronunce della giurisprudenza di legittimità.

Il presente contributo in tema di ordine di ispezione ex art. 118 c.p.c. è tratto da “Le prove nel processo civile” nella parte scritta da Maria Teresa Bartalena.

Ordine di ispezione, ordine di esibizione e richiesta di informazioni alla Pubblica Amministrazione: una ratio comune.

Ad accomunare questi tre strumenti probatori, diversi per presupposti, modalità di acquisizione della prova e modalità di recepimento di questa al processo, è la circostanza che essi rappresentano una extrema ratio, per cui possono essere ammessi discrezionalmente dal giudice su istanza di parte o d’ufficio quando la parte non può provare altrimenti i fatti dedotti in giudizio (Cass. n. 10752/2016; Cass. n. 18761/2014; Cass. n. 1484/2014). In questo senso, la giurisprudenza citata asserisce che l’intervento del giudice, in ogni caso, non possa essere suppletivo e sostitutivo della regola dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. e quindi non sia idoneo a sanare il mancato assolvimento di quell’onere per inerzia della parte, a presidio, tra le altre cose, del principio di imparzialità del giudice rispetto alle parti (Comoglio, 2010). Dalla funzione residuale di questi strumenti probatori derivano una serie di corollari, di cui ampiamente infra.

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L’ordine di ispezione di persone e di cose: dottrina e giurisprudenza

Collocato tra le disposizioni generali, al titolo v “Dei poteri del giudice”, l’art. 118 c.p.c. stabilisce al comma 1 che «il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della causa, purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo e senza costringerli a violare uno dei segreti previsti agli artt. 351 e 352 del codice di procedura penale».

In primo luogo, l’ispezione può avere ad oggetto la persona, tanto una delle parti come un terzo, o beni mobili ed immobili di cui il soggetto sia in possesso. Il giudice pone sotto osservazione la persona od il bene materiale e, per questo motivo, l’attività ispettiva costituisce una prova diretta: non è quindi necessaria una valutazione di attendibilità (Mandrioli, 2018; luiso, 2017; Grasselli, 2015), e la prova viene acquisita nel giudizio mediante processo verbale.

Per quanto riguarda la persona, l’attività ispettiva può riguardare sia le caratteristiche esterne che la condizione degli organi interni e, finanche, aspetti psicologici (Consolo, MariConda, 2018), purché vi sia in ogni caso il rispetto della persona (art. 260 c.p.c.). A quest’ultimo riguardo, l’art. 93 disp. att. c.p.c. prevede la possibilità che chi è sottoposto ad ispezione «può farsi assistere da persona di fiducia che sia riconosciuta idonea dal giudice». Il giudice istruttore ex art. 258 c.p.c. generalmente effettua di persona l’attività ispettiva, anche al di fuori del tribunale, perché altrimenti verrebbe meno la natura di prova diretta (luiso, 2017); qualora esigenze di servizio lo impediscano, però, può delegare il giudice istruttore del luogo secondo il meccanismo della rogatoria di cui all’art. 203 c.p.c.; infine il giudice, nel caso di ispezione di persone, può essere dispensato dal partecipare all’ispezione, nominando a tal fine un consulente tecnico che proceda all’esame.

Per quanto riguarda le cose sottoponibili ad ispezione sono quelle «in [loro] possesso», intendendo il concetto di possesso in senso molto ampio, comprendente anche la mera detenzione. In definitiva, ciò che rileva è l’esistenza di un collegamento materiale con la cosa, per cui rientrano in questa categoria non solo beni mobili ed immobili, ma anche luoghi.

Come affermato da un’autorevole dottrina «L’ispezione è, in sostanza, lo strumento col quale si acquisisce l’efficacia probatoria di cose, luoghi o corpi di persone, ossia oggetti che, non essendo acquisibili al processo come documenti, possono soltanto essere fatti materia di osservazione, sì da poter acquisire al processo il risultato di tale osservazione» (Mandrioli, 2018). In seconda istanza, occorre rilevare come questo costituisca uno dei mezzi di prova che il giudice può esperire d’ufficio, in deroga alla regola generale di cui all’art. 115, c. 1, c.p.c. per cui sono le parti ed il pubblico ministero a proporre le prove che il giudice è poi tenuto a valutare. In questo senso è nella discrezionalità del giudice che, infatti, «può» ordinare l’ispezione, la valutazione delle circostanze e della eventuale necessità di richiedere questo mezzo di prova. In particolare, l’organo decisionale è tenuto a verificare che:
a) l’ispezione sia indispensabile per la rappresentazione dei fatti di causa;

b)  essa non comporti un grave danno per la parte o per il terzo;

c)  attraverso l’ispezione non si costringa la parte od il terzo a violare i segreti professionali previsti dagli attuali artt. 200-202 c.p.p.

Il requisito dell’indispensabilità dell’ispezione   

Il requisito dell’“indispensabilità” dell’ispezione, ha assunto nel tempo una differente connotazione, in ragione del coordinamento del parametro in questione con quello dell’entità del danno potenziale dell’ispezione, da valutare sub b). Un primo orientamento, più rigido, riteneva che l’ispezione potesse essere esperita solo qualora non vi fosse altro mezzo per dare prova dei fatti, per cui era richiesta al giudice «un’indagine più profonda e, comunque diversa da quella alla quale si sobbarca nel fissare la concludenza di ogni altro incombente istruttorio» (Andrioli, 1960); a questo si è contrapposta quell’orientamento per cui qualora si verificasse che i presumibili danni causati dall’ispezione fossero di lieve entità, il requisito sub a) si sarebbe potuto attenuare. Di conseguenza, sarebbe stata sufficiente la verifica della rilevanza ed utilità del mezzo di prova per una migliore conoscenza dei fatti oggetto del procedimento per poter procedere ad ispezione.

Secondo una giurisprudenza recente la meno rigorosa interpretazione in merito all’indispensabilità dovrebbe applicarsi nel caso delle prove ematologiche o del DnA per dimostrare il rapporto di filiazione, tanto che il rifiuto senza giusto motivo di sottoporsi a tali esami potrà essere valutato dal giudice come argomento di prova ex art. 116, comma 2 c.p.c. (tra le molte, Cass. 6025/2015)

Per attestare l’indispensabilità e le ulteriori garanzie, il giudice, nell’ordinare l’ispezione dovrà puntualmente e motivatamente delimitarne il tempo, luogo ed il modo art. 258 c.p.c. e dovrà esserci una corrispondenza tra l’oggetto dell’osservazione del giudice ed i fatti allegati da una delle parti.

L’assenza di danno per la parte che subisce l’ispezione

Sub b) si richiede che l’ispezione ordinata dal giudice non sia tale da arrecare un grave danno alla parte che la subisce. A parte il rilievo fatto sopra circa il modo di esperimento dell’ispezione, e quindi con i limiti del rispetto della libertà della persona o dei danni materiali che potrebbero essere inferti alla cosa oggetto di osservazione, occorre considerare anche il danno che potrebbe risultare dall’esteriorizzare i risultati dell’analisi e l’eventuale lesione dei diritti alla privacy e alla riservatezza, anche nella propria abitazione (tutelata dall’art. 14, Cost.), il know-how ed il patrimonio brevettuale di un’impresa.

Il rispetto del segreto professionale

Limite assoluto è quello di cui al punto c), per cui la sottoposizione ad ispezione non deve essere tale da portare il soggetto alla violazione dei segreti professionali di cui agli artt. 200-202 c.p.p. (ex artt. 351 e 352 c.p.p.).

Da tali elementi si deduce la natura di extrema ratio dell’ispezione, con la conseguenza che non possono essere disposte ispezioni a fini meramente investigativi ed esplorativi, alla ricerca di prove concrete. Come innanzi detto, il giudice in questo caso sopperirebbe alla mancata allegazione delle prove delle parti, in violazione del principio di imparzialità del giudice e della regola sull’onere della prova.

Nella valutazione di questi tre elementi e, quindi, nella scelta circa la necessità di esperire l’ispezione il giudice opera discrezionalmente. La discrezionalità del giudice si sostanzia diversamente a seconda che eserciti o meno la facoltà di ispezione di cui all’art. 121 c.c. Qualora il giudice ritenga che siano rispettati i requisiti di cui agli artt. 118 e 121 c.p.c. egli può disporre l’ispezione con ordinanza e quest’ultima deve contenere una motivazione in ordine al rispetto dei presupposti stabiliti nelle disposizioni richiamate. In questo modo si assicura che la decisione possa essere oggetto di indagine da parte della Corte di Cassazione anche in considerazione del più generale principio di cui all’art. 111. comma 6, Cost. (Cass. 1484/2014). Al contrario, la decisione del giudice di non ammettere il mezzo di prova al processo non può essere censurata in sede di legittimità ex art. 360, n. 5 c.p.c. (nella sua precedente formulazione) per omesso esame di un fatto decisivo o per difetto di motivazione (Cass. n. 18761/2016; Comoglio).

Le conseguenze del rifiuto ingiustificato di sottoporre sé o le cose in proprio possesso ad ispezione è differenziato a seconda che il rifiuto provenga dalla parte o dal terzo. nel caso in cui sia la parte ad opporsi senza giusto motivo il giudice potrà considerare tale comportamento alla stregua di argomento di prova ex art. 116 c.p.c. con la possibilità di ricavarne elementi da porre, insieme con altri, a fondamento della propria decisione. Per quanto riguarda il terzo, la sua estraneità al processo rende inefficace la sanzione prevista per la parte, per cui è prevista una sanzione da 250 a 1.500 euro.

Un particolare tipo di ispezione è l’esperimento giudiziale, che, al contrario della fattispecie di cui all’art. 118 c.p.c., non riguarda cose o persone nella loro staticità, ma ha ad oggetto una rappresentazione dei fatti dinamica. Si tratta pertanto di una ricostruzione a posteriori dei fatti di causa, per cui, al contrario dell’ispezione di cui sopra, costituisce non una prova diretta ma presuntiva,

Il presente contributo in tema di ordine di ispezione ex art. 118 c.p.c. è tratto da “Le prove nel processo civile” nella parte scritta da Maria Teresa Bartalena.

Le prove nel processo civile

L’opera affronta i singoli mezzi di prova, tipici e atipici, analizzandone caratteristiche e valore, al fine di guidare il professionista nella scelta più corretta per sostenere la propria linea difensiva.La peculiarità del volume consiste nella trattazione della prova in relazione ai singoli tipi di procedimento: oltre alle prove nell’ambito del rito ordinario, gli Autori affrontano la tematica in relazione, fra gli altri, al procedimento di separazione, al procedimento monitorio e a quello cautelare.La trattazione si sviluppa basandosi sul dato normativo e sulle recenti pronunce giurisprudenziali relative all’utilizzo nonché alla portata probatoria dei singoli mezzi di prova, aiutando in tal modo l’operatore ad orientare il proprio lavoro, confrontandosi con casi pratici.a cura di Gianluca MorrettaAvvocato, partner dello studio R&P Legal, con particolare esperienza nel contenzioso civile e commerciale. 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