L’indennità di esproprio (sintesi illustrativa)

Redazione 02/10/04
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Avv. Paola Romanucci
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Contributo al corso residenziale indetto dal consorzio per la alta formazione e lo sviluppo della ricerca scientifica in diritto amministrativo sul tema: “testo unico in materia di espropriazioni per pubblica utilita’ (d.p.r. 8 giugno 2001 n.327 modificato da d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 302 22 gennaio 2003 n.19)”
L’indennità di esproprio (sintesi illustrativa)
La determinazione dell’indennità di esproprio è uno dei passaggi necessari del procedimento espropriativo, di cui il T.U. si occupa sia con riguardo al procedimento di formazione (con norme contenute nei Capi IV e V), sia con riferimento ai principi di determinazione (Capo VI). Nella parte “procedimentale” sono contenute le maggiori novità, di cui questa breve relazione cercherà di sintetizzare e commentare i passaggi più significativi, rinviando al testo per le parti del procedimento che sostanzialmente ricalcano la normativa esistente. Seguirà una sintesi della parte del T.U. riguardante le regole di determinazione e quantificazione dell’indennità, che, con alcuni correttivi più formali che sostanziali, è un coordinamento di principi normativi già posti e di regole enucleate dalla giurisprudenza.
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Il procedimento di determinazione dell’indennità di esproprio.

Nel procedimento di determinazione dell’indennità di esproprio, il T.U. ha innovato:

a) con l’unificazione dei diversi procedimenti di cui alla legge 2359/1865 e 865/71;
b) con l’eliminazione delle attuali competenze prefettizie e del tribunale, con la concentrazione del procedimento in capo all’ufficio per le espropriazioni, interno a ciascun ente titolare del potere espropriativo;
c) con la generalizzazione dell’indennità provvisoria (che ora è determinata successivamente alla dichiarazione di p.u.);
d) con la soppressione dell’accordo amichevole, duplicato della cessione volontaria di scarsa utilità pratica;

Il procedimento di determinazione dell’indennità di esproprio è suddiviso in due fasi: la determinazione provvisoria (art.20) e la determinazione definitiva dell’indennità (art.21).

Il corpo normativo del T.U. tiene necessariamente conto delle regole fondamentali e generali di partecipazione al procedimento della l.241/90. Vale la pena di prestare particolare attenzione a tutte le disposizioni volte ad incentivare la partecipazione dei soggetti espropriati e a tutelare i diritti dei terzi, perchè è interesse primario dell’ente espropriante evitare sia il contenzioso sul quantum dell’indennità, sia l’illegittimità e l’annullabilità degli atti del procedimento e le conseguenti eventuali responsabilità nei confronti dei terzi.

Procedimento di determinazione dell’indennità provvisoria (art.20)

Fase dell’offerta, con eventuali osservazioni e contraddittorio

La fase dell’offerta contiene una novità, estranea alle normative previgenti, rappresentata da una fase eventuale di istruttoria “partecipata” per la determinazione dell’indennità, volta a coinvolgere i soggetti interessati – proprietario e promotore – per agevolare una determinazione massimamente consensuale, ed evitare sia la successiva fase di determinazione definitiva, sia l’eventuale contenzioso. Per il carattere solo eventuale, l’omissione dell’istruttoria non sembra comporti vizio procedimentale (tuttavia, se espressamente richiesta, il suo diniego deve essere congruamente motivato).

Una volta divenuta efficace la dichiarazione di p.u., il promotore dell’espropriazione forma e notifica ai proprietari l’elenco dei beni da espropriare, con l’offerta delle relative indennità. (E’ da ritenere che la notifica, in luogo del precedente deposito, sia idonea come comunicazione di avvio di procedimento).

Segue una fase possibile di osservazioni e di istruttoria per la valutazione dei beni, in cui proprietario e soggetto tenuto al pagamento (promotore, se diverso dal beneficiario) possono essere invitati ad indicare il valore ritenuto congruo. Al termine di questa fase eventuale, l’autorità espropriante notifica l’atto di determinazione dell’indennità provvisoria al proprietario (nonchè al beneficiario dell’esproprio, se diverso dall’autorità espropriante).

Secondo la ricostruzione più convincente, l‘accordo consensuale sull’indennità sarebbe un accordo sostitutivo del provvedimento ex art.11 l.241/90, quindi la notifica dell’atto di determinazione dell’indennità provvisoria avrebbe valore di mera proposta e l’atto non sarebbe autonomamente lesivo e impugnabile.
La notifica al proprietario è comunque passaggio necessario, anche per evitare conseguenze risarcitorie nei confronti del proprietario che, a causa della omissione, non abbia potuto addivenire alla cessione volontaria.

Per il generale principio di motivazione degli atti, l’atto di determinazione dovrà recare l’indicazione degli elementi su cui si fonda. In questa fase andrà anche acquisita la dichiarazione ai fini ICI, per l’eventuale riduzione dell’indennità al valore dichiarato ai sensi dell’art.37.

A questo punto, il procedimento per la determinazione provvisoria dell’indennità (art.20) segue due ipotesi alternative:
a) il privato accetta (“condivide”) l’indennità determinata in via provvisoria;
b) il privato non accetta l’indennità determinata in via provvisoria.

a) L’accettazione dell’indennità provvisoria produce effetti e obblighi sostanzialmente innovativi rispetto alla disciplina previgente:

– la dichiarazione di accettazione dell’indennità è irrevocabile (comma quinto);
Per effetto dell’irrevocabilità, il ritardo del pagamento non toglie efficacia all’accettazione, ma produce l’obbligo di corrispondere gli interessi legali ed eventualmente risarcire il danno.

– il proprietario che abbia condiviso la determinazione dell’indennità, deve consentire l’immediata immissione in possesso, contro pagamento di un acconto dell’80% dell’indennità (comma sesto), previa autocertificazione attestante la piena e libera proprietà del bene. In caso di opposizione all’immissione in possesso, l’autorità può procedere con la presenza di due testimoni (modifica introdotta con il d.lgs.302/02, con evidenti intenti acceleratori della procedura espropriativa: neppure la mancata corresponsione della somma toglie efficacia all’obbligo, ma produce soltanto interessi al tasso legale, dal momento della immissione in possesso).

– l’accettazione della indennità comporta l’obbligo del pagamento (comma sesto) da parte del beneficiario e, da parte del proprietario e del beneficiario, l’obbligo della stipula della cessione volontaria del bene (comma nono), anche nella forma di scrittura privata, in assenza della espressa prescrizione dell’atto pubblico.
Posto che 1. la cessione volontaria può intervenire dalla dichiarazione di p.u. e fino all’esecuzione del decreto di esproprio e che 2. l’accettazione obbliga alla stipula della cessione volontaria, ne consegue che ci l’accettazione dell’indennità interverrà solo per somme almeno pari a quelle che spetterebbero in caso di cessione volontaria: è da ritenere, dunque, che l’indennità provvisoria vada fissata tenendo conto delle maggiorazioni stabilite per la cessione volontaria dall’art.45.

– l’atto di cessione volontaria va trascritto all’ufficio dei registri immobiliari.

Con l’accettazione si evita la successiva fase di emanazione del decreto di esproprio.

Tuttavia, malgrado l’accettazione dell’indennità provvisoria, il decreto di esproprio può essere emesso ed eseguito ugualmente dall’autorità espropriante nei seguenti casi:
– dopo aver corrisposto l’indennità, in caso di rifiuto del privato di stipulare l’atto di cessione, o in alternativa alla cessione volontaria;
– dopo avere ordinato il deposito dell’indennità presso la Cassa depositi e prestiti, se il proprietario, condivisa l’indennità, ritarda od omette di dichiarare l’assenza di diritti di terzi sul bene espropriando e di depositare la documentazione comprovante la piena e libera proprietà del bene.

b) Nell’ipotesi di non accettazione dell’indennità provvisoria, l’autorità espropriante dispone il deposito presso la Cassa DD. PP. della somma, ridotta del quaranta per cento se l’area è edificabile, ovvero senza le maggiorazioni di cui all’art.45 se non è edificabile; a questo punto, può essere emesso ed eseguito il decreto di esproprio.

Si apre, quindi, la fase di determinazione dell’indennità definitiva.

Procedimento di determinazione dell’indennità definitiva (art.21)

Anche per questa fase (art.21), sono previsti due procedimenti alternativi, che sintetizzano quelli della disciplina previgente, con eliminazione della competenza prefettizia alla redazione dell’elenco dei proprietari che non hanno accettato l’indennità provvisoria, e riduzione del ruolo del tribunale alla nomina del terzo perito.

A seguito di invito notificatogli dalla p.a.:

a) il proprietario che non abbia condiviso l’indennità provvisoria accetta di avvalersi di un collegio peritale per la determinazione dell’i. definitiva (co.2-14). Se il proprietario non accetta la determinazione in via peritale, l’autorità ordina il deposito presso la Cassa DD.PP. dell’eventuale maggiore importo dell’indennità (rispetto all’importo depositato a seguito della non accettazione della indennità provvisoria).
b) il proprietario non accoglie l’invito ad avvalersi della stima peritale: alla determinazione provvede la Commissione provinciale di cui all’art.41. (commi 15-16).

Procedimento di determinazione urgente dell’indennità provvisoria (art.22)

La norma introduce nel sistema una disposizione fortemente innovativa, tanto da giustificare nella stesura originaria del T.U. (DPR 327/2001) la eliminazione del procedimento di occupazione d’urgenza. Il soggetto espropriante può acquisire la immediata disponibilità dell’immobile mediante il decreto di esproprio e l’immissione in possesso, prima di versare l’indennità, ma comunque dopo averla determinata, seppure in via d’urgenza e provvisoria (comma primo).
Si tratta di una fase alternativa alla determinazione provvisoria, che si svolge senza indagini, formalità e contraddittorio preventivo. Se viene accettata, il procedimento ha un esito consensuale; se non viene accettata, si apre le fase di determinazione definitiva.

Il decreto di esproprio, con determinazione urgente dell’indennità, può essere emanato ed eseguito anche per gli interventi strategici (l. 443/2001) e nel caso in cui il numero dei destinatari della procedura espropriativa sia superiore a 50.

Fase del pagamento o del deposito dell’indennità (art.26-31)

Per la fase di pagamento o deposito dell’indennità (Capo V, artt.26-31), il T.U. riproduce sostanzialmente la disciplina della legge fondamentale del 1865, salvo che, in luogo degli uffici giudiziari o del prefetto, alle operazioni di pagamento dell’indennità è preposta l’autorità espropriante, presso la quale deve essere anche depositata la stima dei periti, eventualmente incaricati della determinazione dell’indennità.
Questa fase è particolarmente connotata dalla tutela dei terzi titolari di diritti reali o personali sul bene: basti notare che l’autorità non può autorizzare il pagamento diretto all’espropriato, ma deve disporre per il deposito della somma, in tutte le ipotesi in cui è presente l’interesse di un terzo (titolare di ipoteca, titolare di diritto reale o personale, lo stesso soggetto tenuto al pagamento).
Alla pari del pagamento tardivo, il deposito tardivo, come pure il deposito di una somma inferiore a quella determinata, causa obbligo di corresponsione di interessi moratori al tasso legale, salvo il risarcimento del maggior danno.

Seguono la fase di pubblicità del provvedimento di pagamento o deposito dell’ indennità a tutela dei terzi, la decorrenza del termine per l’opposizione dei terzi, quindi il pagamento da parte del promotore e l’emissione del decreto di esproprio.

Anche la disciplina del pagamento dell’indennità definitiva (art.28) appartiene al sistema di garanzia dei terzi, perchè, nel caso in cui vi siano state contestazioni sulla indennità definitiva o sul pagamento di essa, l’autorità espropriante autorizza il pagamento solo se le contestazioni siano state definite o risolte con accordo tra tutte le parti interessate.

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L’entità dell’indennità di espropriazione (art.32-42)

La storia dei criteri di determinazione dell’indennità di espropriazione delle aree con vocazione edificatoria è vicenda molto tormentata. L’espropriazione rappresenta il massimo grado di manifestazione della potestà pubblica di comprimere la proprietà privata e, dunque, una giusta determinazione dell’indennità di esproprio è il modo in cui viene monetizzato il bilanciamento delle ragioni della proprietà privata con gli scopi della funzione pubblica. La ricerca di questo delicato e complesso punto di equilibrio riflette, nelle leggi che si succedono, l’evoluzione dall’idea ottocentesca dello stato “liberale” (strumento di garanzia delle libertà individuali), alla nozione, propria delle moderne costituzioni, di stato “sociale” che, in ragione del perseguimento di scopi pubblici, giustifica anche delle consistenti limitazioni ai diritti individuali, come previsto dall’art.42 Cost.: si oscilla, allora, da un “massimo storico” di indennità equivalente al valore venale del bene, come nella legge del 1865, fino a un “minimo storico” corrispondente al valore agricolo medio, come è nella legge 865 del 1971 “per la casa” mod. dalla l.10/77; in mezzo ai due estremi, stanno i criteri di stima “mediati”, come quello previsto dalla legge per Napoli del 1885 n.2892 (semisomma del valore venale e dei fitti coacervati degli ultimi 10 anni), fino all’art.5bis della l.359/92 che, nelle more di una disciplina organica, fissa la semisomma del valore venale e reddito dominicale rivalutato degli ultimi 10 anni, meno il 40 percento. La Corte Costituzionale, nel salvare i criteri (come l’art.5bis) o nel falcidiarli (come per il valore agricolo applicato alle aree edificabili della l.865/71), ha precisato in più occasioni il principio di “serio ristoro” che, in sintesi, esige che il valore venale sia parte del procedimento di stima come parametro necessario, seppure non esclusivo, e che il sistema di calcolo non scenda sotto un necessario livello di congruità. Nello stesso senso è anche la Corte europea dei diritti dell’uomo (sent.25.3.99, con cuila cd. “accessione invertita” è dichiarata contraria all’art.1 del Protocollo 1): le finalità pubbliche giustificano un indennizzo inferiore al valore venale, ma esso deve essere comunque in rapporto ragionevole con il valore venale del bene espropriato.
Lo si consideri giusto o sbagliato, sta di fatto che, con la generalizzazione del criterio indennitario di cui al 5bis, l’indennità si attesta su una misura pari all’incirca al 32 percento del valore venale del bene. Persiste, allora, il problema della disparità di trattamento tra proprietari di aree edificabili ed i proprietari di aree agricole o non edificabili, per le quali la determinazione dell’indennità, fondata sul criterio del valore agricolo medio, appare evidentemente più equa.

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Sul piano normativo, il T.U., con alcune opportune precisazioni lessicali e con l’integrazione di principi generali desunti dalla giurisprudenza, si limita a riprodurre la disciplina previgente, fondata sul doppio sistema di calcolo per le aree edificabili (art.5bis l.359/92), comunque ancorato al valore venale come parametro essenziale della stima, e per quelle non edificabili, basato sul valore agricolo medio (art.16 l.865/71).

Rileva, tuttavia, l’orientamento giurisprudenziale che amplia la nozione di edificabilità oltre l’edilizia residenziale abitativa e vi ricomprende le trasformazioni del suolo riconducibili alla nozione tecnica ed economica di edificazione (S.U. 172/01), come capannoni industriali, stabilimenti balneari, ristorazioni, attività di escavazione, aree destinate a servizi.

Fanno eccezione alla regola del cd. doppio binario e sono indennizzate sulla base del valore venale del bene:

a) le opere private di pubblica utilità, non comprese in piani di zona (PEEP) o di insediamenti produttivi a fini pubblici (art.36). Il T.U. ha chiarito il dubbio discendente dall’art.5bis: l’indennità è commisurata al valore venale, indipendentemente dalla vocazione edificatoria del bene. Il motivo è che il maggiore sacrificio economico del proprietario espropriato per esigenze di contenimento della finanza pubblica è giustificabile per interventi di trasformazione direttamente collegati al perseguimento dell’interesse pubblico, e non a fronte di un perseguimento di tali fini “mediato” dall’interesse economico di altro soggetto privato.

b) Le costruzioni legittimamente realizzate (art.38): l’indennità dell’area già edificata è determinata nella misura del valore venale della costruzione, se legittima. Se questa è abusiva, l’indennità è calcolata solo sull’area di sedime. Recepito un principio giurisprudenziale di non separabilità dell’area di sedime dalla costruzione legittima, mentre l’area edificata abusivamente vale area “nuda”. Se vi è domanda di sanatoria, l’espropriante accerta la sanabilità della costruzione in via “incidentale”, sentito il comune.
Per sanatoria (S.U. 499/99) deve intendersi sia la cd. sanatoria di conformità ex art.13 l.47/85, sia il condono edilizio.

(art.32, determinazione del valore del bene) I criteri generali di determinazione del valore del bene fissano sul piano normativo gli orientamenti della giurisprudenza, soprattutto quella costituzionale (con particolare riferimento a Cost.442/93):

a) il valore del bene va determinato sulla base delle sue caratteristiche al momento della cessione o dell’emanazione del decreto;
risulta superata, così, l’ambiguità della formulazione del 5bis, che riferendo la valutazione al momento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, non chiariva il momento di valutazione, nè che del vincolo espropriativo non si dovesse tener conto. Peraltro, il dubbio era già stato risolto da Corte Cost. 442/93 che, nel “salvare” la costituzionalità dell’articolo, aveva accolto questa interpretazione giurisprudenziale della norma. Il principio dell’irrilevanza del vincolo espropriativo è ribadito dall’art.37 co.3, che impone di tenere conto delle possibilità legali ed effettive di edificabilità.

b) a tal fine, deve tenersi conto dei vincoli di qualsiasi natura, compresi quelli di destinazione urbanistica, escluso il vincolo preordinato all’esproprio;
rileva, in altre parole, la distinzione tra vincoli espropriativi, preordinati in modo specifico all’espropriazione del bene, indennizzabili in caso di reiterazione e non rilevanti sulla stima del bene, e vincoli conformativi, stabiliti in via generale e preventiva, non indennizzabili e rilevanti sulla valutazione del bene (ad es. i vincoli di destinazione propri della cd. zonizzazione, le zone di rispetto stradale, ferroviario, cimiteriale, paesaggistico, idrogeologico etc.). Questi ultimi “conformano” il diritto di proprietà in ragione di interessi pubblici prevalenti sul diritto dominicale, come previsto dall’art.42 Cost, conferiscono all’area una ridotta capacità edificatoria e pertanto hanno incidenza negativa sulla determinazione dell’indennità.
S.U.173/01 ha ritenuto che anche i piani urbanistici generali – che di norma contengono vincoli conformativi – possono in via eccezionale contenere vincoli sostanzialmente espropriativi, quindi ininfluenti sulla stima, se riferiti a beni determinati in funzione della localizzazione dell’opera e non ad una generalità dei beni in base a criteri predeterminati. Dunque, non è la collocazione del vincolo in questo o quel piano che ne garantisce la natura conformativa o ablativa – e dunque l’incidenza o meno sulla stima – ma la sua intrinseca natura, in relazione al suo oggetto e al suo scopo.

c) non si tiene conto delle migliorie, costruzioni, piantagioni intraprese dopo la comunicazione dell’avvio del procedimento espropriativo.

In altri termini, le vicende migliorative o peggiorative provocate dal procedimento ablatorio non influiscono sulla valutazione.

L’indennità di esproprio per aree edificabili (art.37)

Col T.U. diventa definitivo il criterio di determinazione dell’indennità di esproprio per aree edificabili, dettato in via temporanea dall’art.5-bis della legge 359/92, in base al quale essa è pari alla semisomma, diminuita del 40 percento del valore venale del bene e del reddito dominicale, rivalutato e moltiplicato per dieci (comma primo).

La riduzione del 40 percento non si applica nel caso di accordo di cessione, o se l’accordo non sia stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato o se a questi sia stata offerta una indennità provvisoria che, attualizzata, risulti inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva. (Il parametro degli otto decimi è un opportuno deterrente contro una determinazione iniqua, non previsto nella legge del ’92).
Ai fini dell’edificabilità di un’area, si tiene conto delle possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell’accordo di cessione o dell’emanazione del decreto di esproprio (comma terzo): la formulazione non scioglie il dubbio se le possibilità legali ed effettive debbano coesistere o siano piuttosto alternative. La giurisprudenza sembra essere passata da una preferenza per la sufficienza anche della sola edificabilità di fatto ad un più recente orientamento che fa prevalere il criterio dell’edificabilità legale, mentre la cd. edificabilità di fatto gioca un ruolo integrativo o suppletivo (in caso di decadenza della previsione urbanistica o di sua mancanza), in quanto la previsione legale di edificabilità risulta condizionata dalle possibilità concrete ed oggettive dell’area. In altre parole, l’edificabilità di fatto non incide sull’an, ma sul quantum dell’indennità di esproprio.
Più problematico è il criterio di esclusione delle possibilità legali di edificabilità: dice la norma che non sussistono le possibilità legali di edificazione quando l’area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta stabilito per legge o per atto di pianificazione (comma quarto).

Per valutare l’edificabilità “di fatto” di un’area, il T.U. rinvia – come già aveva, inutilmente, fatto il legislatore del 1992 – ad un regolamento governativo di là da venire; nelle more dell’adozione del regolamento, l’edificabilità di fatto si verifica sulla base delle caratteristiche oggettive dell’area (commi quinto e sesto), come la conformazione del terreno, l’accessibilità, lo sviluppo edilizio circostante, la presenza di opere di urbanizzaz. primaria e di servizi.

Le costruzioni abusive non hanno rilievo ai fini della qualificazione edificabile di un’area.

L’indennità di esproprio non può essere superiore al valore dichiarato ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) antecedente alla determinazione formale dell’indennità. Il “tetto” della dichiarazione ai fini ICI è considerato un criterio di calcolo autonomo ed integrativo rispetto a quello generale dell’art. 5bis.

Un’innovazione riguarda i proprietari che siano coltivatori diretti: sia nell’ipotesi di aree edificabili ma utilizzate per scopi agricoli, sia per l’ipotesi di aree agricole effettivamente utilizzate, ad essi spetta una identica indennità aggiuntiva, pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato (la norma serve a evitare sperequazioni tra soggetti che svolgono la medesima attività e a risarcire, oltre la perdita della proprietà privata, la lesione del diritto costituzionale del lavoro).

La stessa indennità è dovuta al fittavolo, mezzadro o compartecipante costretto ad abbandonare il fondo, coltivato da almeno un anno, per effetto della procedura espropriativa.

L’indennità per l’esproprio di area non edificabile, artt. 40-42

La disciplina per le aree non edificabili, come visto, si basa sostanzialmente sulle regole già fissate dalla l. del 1971.

Per le aree effettivamente coltivate, l’indennità definitiva è determinata in base al valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o effettiva utilizzazione diversa da quella agricola (art.40 comma primo).

Per le aree non coltivate, l’indennità è commisurata al valore agricolo medio, corrispondente al tipo di coltura prevalente nella zona ed al valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati (comma secondo).
Il valore agricolo medio dei terreni nell’ambito delle singole regioni agrarie è determinato per ogni anno solare dalle commissioni prov.li, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati.

Per la determinazione dell’indennità provvisoria si applica il criterio del valore agricolo medio, determinato annualmente dalla commissione provinciale (di cui al successivo art.41), corrispondente al tipo di coltura in atto nell’area da espropriare (comma terzo)
Avv. Paola Romanucci

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