I limiti dell’istituto del soccorso istruttorio: lealtà e autoresponsabilità

Redazione 18/10/18
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L’articolo 6 della legge n. 241/1990 prevede che il responsabile del procedimento valuti, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione di un provvedimento, accerti d’ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotti ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, il RUP può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni, o ancora ordinare esibizioni. tale norma, analogamente a quanto previsto dall’articolo 43 del d.P.r. 445/2000, prevede che le Amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi siano tenuti ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle Pubbliche Amministrazioni, previa indicazione, da parte dell’interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessato. Le norme dell’articolo 6 della legge n. 241/1990 e l’articolo 43 del d.P.r. 445/2000 attribuiscono all’Amministrazione poteri di acquisizione di atti e di rettifica delle domande. Esse sono interpretate dalla giurisprudenza in senso restrittivo rispetto alle procedure concorsuali, improntate al principio della par condicio tra tutti i partecipanti alla procedura, pertanto nei concorsi a pubblici impieghi il bilanciamento tra il dovere della PA di provvedere alla regolarizzazione della documentazione presentata dai candidati ed il principio della par condicio tra i partecipanti va ricercato nella distinzione del concetto di regolarizzazione da quello di integrazione documentale: quest’ultima non è mai consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di pari trattamento tra i concorrenti, mentre la regolarizzazione documentale è un onere della PA in forza del principio generale ricavabile dall’art. 6 comma 1 lett. b), legge n. 241/1990.

Il soccorso istruttorio

Il dovere di soccorso istruttorio, in base al quale le Amministrazioni possono invitare i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto di certificati, documenti e dichiarazioni presentati, è comunque subordinato, oltre che al rispetto di detti limiti, alla esistenza in atti di dichiarazioni che siano state effettivamente rese, ancorché non in modo pienamente intellegibile o senza il rispetto dei requisiti formali. Il dovere di soccorso istruttorio, previsto all’art. 6, lett. b) legge n. 241/1990, e il generale favore per la partecipazione, trovano un limite insuperabile nell’esigenza di garantire la par condicio dei candidati. È, infatti, indubbio che il principio di par condicio risulterebbe violato se le opportunità di regolarizzazione, chiarimento o integrazione documentale si traducessero in un’occasione di aggiustamento postumo di talune irregolarità gravi e non sanabili, ovvero in un espediente per eludere le conseguenze associate dalla legge o dal bando all’inosservanza di prescrizioni tassative, imposte a pena di esclusione. Ai sensi dell’art. 6 della legge n. 241/1990, la generale possibilità di chiedere la regolarizzazione delle dichiarazioni lacunose e della documentazione incompleta non è un obbligo assoluto e incondizionato, dovendo essere sempre rispettati alcuni limiti, quali appunto quello della par condicio (che ne esclude l’utilizzazione suppletiva in caso di inosservanza di adempimenti procedimentali significativi) ed il c.d. limite degli elementi essenziali (nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda). Su queste basi, sembra preferibile ritenere che la norma vada necessariamente applicata dall’Amministrazione qualora gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi circa il possesso del requisito di partecipazione ad una procedura, e ciò anche quando lo stesso non sia espressamente documentato ma comunque già in possesso della PA. Il dovere di soccorso istruttorio, in base al quale le Amministrazioni possono invitare i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto di certificati, documenti e dichiarazioni presentati, è dunque subordinato, oltre che al rispetto di detti limiti, alla esistenza in atti di dichiarazioni che siano state effettivamente rese, ancorché non in modo pienamente intellegibile o senza il rispetto dei requisiti formali. Il generale favore per la partecipazione trova, infatti, un limite insuperabile nell’esigenza di garantire la par condicio dei candidati. nella disciplina generale del procedimento amministrativo il potere di soccorso istruttorio ex art. 6, comma 1, lett. b) della legge n. 241/1990 (secondo cui, ricordiamolo,
Art. 6, comma 1, lett. b) della legge n. 241/1990 “…il responsabile del procedimento… può chiedere… la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete… e ordinare esibizioni documentali…”).
Soddisfa la comune esigenza di consentire la massima partecipazione ed orienta l’azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti posseduti, attenuando la rigidità delle forme. Ma si è detto che tale principio non è incondizionato. Emergono, a tal proposito, obblighi di correttezza in capo ai singoli, specificati con il richiamo alle clausole generali della buona fede, della solidarietà e dell’autoresponsabilità, che trovano il loro fondamento sostanziale negli artt. 2 e 97 Cost. e impongono al privato di assolvere oneri di cooperazione, quale, ad esempio, il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete, di compilare moduli, di presentare la prescritta documentazione; conseguentemente, ove sia chiesto un adempimento (rimasto inevaso) entro un dato termine, decorso il quale non è più possibile ottenere in via definitiva o nel determinato procedimento un bene della vita governato dal pubblico potere, tale mancanza non può formare oggetto di domanda d’integrazione o di richiesta di acquisizione a carico della PA in base all’obbligo di soccorso. La produzione postuma di un documento o, parimenti, di un documento richiesto in una determinata forma, non può avere l’effetto di sanare retroattivamente la causa di esclusione o il mancato impedimento della decadenza; sicché non può fondatamente denunciarsi l’omessa attivazione del soccorso istruttorio a fronte della riscontrata assenza della condizione legale per il rilascio del bene vita a cui aspira il privato. del resto, l’istituto del soccorso istruttorio previsto in via generale dall’art. 6 lett. b), della legge n.241/1990 in base al quale l’Amministrazione può invitare il privato a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, è subordinato alla sola esistenza in atti di dichiarazioni che siano state effettivamente rese, ancorché non in modo pienamente intellegibile o senza il rispetto dei requisiti formali. Viceversa, tale soccorso non può operare in presenza di dichiarazioni non già semplicemente incomplete, ma del tutto omesse, in quanto in tal modo l’amministrazione, lungi dal supplire ad una mera incompletezza documentale, andrebbe sostanzialmente a formare il contenuto di un’istanza che costituiva invece onere della parte presentare, quantomeno nelle sue linee essenziali.

Responsabile del procedimento

La disposizione infatti stabilisce, tra i compiti del responsabile del procedimento, quello (lett. a) di valutare, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione di provvedimento, nonché (lett. b) di accertare d’ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adottare ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali. Orbene, sul piano lessicale, questo dovere di soccorso istruttorio può essere collegato alla sola carenza o alla scarsa intelligibilità dei requisiti formali e, dunque, alla sola esistenza in atti di dichiarazioni che siano state effettivamente rese, senza che con ciò sia possibile integrare elementi essenziali mancanti o omessi. Pertanto, anche se non è previsto un obbligo assoluto e incondizionato di chiedere la regolarizzazione delle dichiarazioni lacunose e della documentazione incompleta, l’istituto del soccorso incontra sempre dei precisi limiti, in primis, quello della par condicio, che ne esclude l’utilizzazione suppletiva nel caso di inosservanza di adempimenti procedimentali significativi, ma anche quello degli elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda. L’art. 6 della legge n. 241/1990 del 1990 va necessariamente applicato dall’Amministrazione qualora gli atti tempestivamente prodotti contribuiscano a fornire ragionevoli indizi circa il possesso del requisito di partecipazione ad una procedura. Sulla base di quanto sin qui detto, il soccorso istruttorio sarà sicuramente un’attività dovuta quando l’istanza presentata risulti in ogni caso completa, ma mancante di qualche parte ritenuta necessaria o essenziale dalla PA. In tali casi, negare il soccorso istruttorio equivale a violare il dovere di lealtà sotteso alla previsione dell’art. 6 legge n. 241/1990. da ultimo, è opportuno osservare che ai sensi dell’art. 6 della legge n. 241/1990 tale facoltà incontra altresì il limite dell’imparzialità (che impone alla PA di trattare situazioni analoghe allo stesso modo), del buon andamento e della trasparenza. Il dovere di soccorso istruttorio, e il generale favore per la partecipazione, trovano pertanto un limite insuperabile nell’esigenza di garantire la speditezza dell’azione amministrativa la quale risulterebbe violata se le opportunità di regolarizzazione, chiarimento o integrazione documentale si traducessero in occasione di aggiustamento postumo di irregolarità gravi e non sanabili, ovvero in espediente per eludere le conseguenze associate dalla legge al rigetto dell’istanza.

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