Liberalizzazioni… non mere illusioni… ma nuove frontiere!

Redazione 15/09/11
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Tutti noi aspettavamo, con ansia, la pubblicazione del Decreto Legge 138 del 13 agosto 2011, rubricato <<Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo>>, al fine di poterci fare un’idea della consistenza della nuova legislazione d’urgenza.

Decreto che se da una parte ha cercato di tenere testa alla speculazione internazionale, fomentata anche dalle tante notizie errate sulle condizioni di stabilità della finanza pubblica che parte dei poteri forti hanno fatto circolare, dall’altra vuole salvaguardare una delle libertà fondamentali di una economia capitalista, quale è la nostra, e precisamente la libertà di iniziativa economica. Decreto prodotto anche dai moniti che l’Unione Europea ha più volte sollecitato per, poi, poter acquistare i titoli di Stato italiani.

Le riflessioni che faremo, non esaustive sicuramente, saranno incentrate sull’articolo 3, rubricato ”Abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche”, inserito nel Titolo II, intitolato “Liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre misure per favorire lo sviluppo>>, del detto Decreto Legge 138, che prevede 12 commi.

Si poteva fare di più? Certamente non spetta a noi dirlo! E’ il Legislatore d’Urgenza che ha portato a liberalizzare molti settori, tenendo, un po’, imbavagliate le categorie delle professioni protette. Settore, quest’ultimo, che ha un potenziale sommerso e che aspetta, ora, un ulteriore valore aggiunto che, con il Decreto 138, è stato non ben affrontato.

Colpa forse delle categorie professionali presenti nel Governo e nel Parlamento? Sicuramente si! Essi sono, un esercito: 87 avvocati; 17 commercialisti; 2 notai; 10 ingegneri; 8 architetti; 8 magistrati; 45 docenti universitari, solo alla Camera dei Deputati1 e 47 avvocati; 6 commercialisti; 2 notai; 10 ingegneri; 5 architetti; 10 magistrati; 31 docenti universitari, al Senato della Repubblica2.

A ciò si aggiunga l’appello del Presidente del Consiglio Nazionale Forense che, in data 13 luglio 2011, che affermò: <<Con l’inserimento di queste norme, che andrebbero discusse in Parlamento in maniere ponderata, si concretizza un abuso della decretazione d’urgenza”, ribatte Alpa che fa un appello agli avvocati parlamentari: “oltre che avvocati comunque in qualità di giuristi non dovrebbero né potrebbero mai votare un provvedimento che è incostituzionale e contrario alle norme europee.>>3

Appello rivolto ai Parlamentari Avvocati in occasione del varo del Decreto legge 98/2011.
Appello che fa rievocare vecchi spettri del passato con la legislazione fascista4. Cambiare tutto per non cambiare nulla scriveva Tommaso di Lampedusa, ne << Il Gattopardo>>.

Nell’art. 3 del decreto 138/2011, il Legislatore d’Urgenza, ha prodotto molto, ma non ha fatto scomparire, da subito, i veri lacci che tengono inchiodati molti giovani laureati, nuovi schiavi dei vecchi padroni.

L’articolo 3, è il perno della quasi riforma liberale, che si aspettava da anni. Enuncia, il detto articolo, nei suoi primi quattro commi: lo Stato ed i suoi Enti devono, entro un anno dalla conversione del decreto medesimo, uniformare gli ordinamenti alla libertà di iniziativa economica, (1 comma). Libertà, che non deve scontrarsi con ciò che la legge dello stesso Stato vieta in modo esplicito5, e cioè: vincoli comunitari (1 comma, lett. a); contrasto con i principi fondamentali della Costituzione (1 comma, lett. b); sicurezza, libertà, dignità umana e contrasto con l’utilità sociale, (1 comma, lett. c); protezione della saluta umana, conservazione degli animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, (1 comma, lett. d); infine con disposizioni che comportano effetti sulla finanza pubblica (1 comma, lett. e).

Il secondo comma, informa che, il 1 comma del detto articolo, è principio fondamentale per lo sviluppo e attua la piena tutela della concorrenza tra le imprese. In ciò si può ricavare un implicito richiamo alla sussidiarietà tra gli enti e alle norme comunitarie sulla concorrenza.

Segue, nel terzo comma, la soppressione, alla scadenza del termine di un anno disposto dal 1 comma, delle norme incompatibili con la libertà di iniziativa economica.

Il quarto comma è l’architrave di tutto l’articolo: l’adeguamento di Comuni, Provincie, Regioni, dei propri ordinamenti, costituisce valutazione della virtuosità per i predetti enti.

Il quinto comma chiarisce sulle professioni regolamentate. Punto fermo è l’esame di Stato per l’accesso alle professioni. Mentre gli Ordini devono garantire la libera concorrenza; la diffusione dei professionisti; la pluralità dell’offerta. Così facendo, il Legislatore d’Urgenza ha cercato di rendere direttamente operativa la relazione annuale dell’Autorità6 Garante per la Concorrenza ed il Mercato, presentata alla Camera dei Deputati il 21 giugno 2011. Gli Ordini stessi, entro un anno dalla emananda legge di conversione, devono riformarsi seguendo i criteri che il Legislatore d’Urgenza, impone.

Dunque, una svolta epocale o una mera illusione?

A sentire le voci che circolavano7, il Decreto ha subito un battuta d’arresto prima della sua pubblicazione sulla G.U.R.I. Battuta d’arresto che colpisce tanti giovani laureati che, dopo aver studiato e lasciato il proprio sudore sui libri universitari, devono continuare a fare i servi del padrone.

Il detto articolo 3, al comma cinque, nel voler riformare gli Ordini professionali, descrive nelle sue 7 lettere, un proclama di ampio e rinnovato respiro. La lettera a), di detto articolo parla della libertà di accesso e dell’autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista, con la sola limitazione imposta in forza di interesse pubblico ma senza discriminazione diretta o indiretta di ordine nazionale, (etnico – razziale). Principio di ampio respiro sotto il profilo della dignità umana, in vista di un unico mercato europeo. Segue, il periodo successivo, della stessa lettera affermando che la discriminazione sussiste anche in caso di svolgimento della professione in società in base alla sede legale. Aspetto che dovrebbe superare il limite spaziale della territorialità e confluire, come detto nell’unico mercato europeo.

La successiva lettera b) prevede l’obbligo di formazione continua del professionista. Obbligo disciplinato, come ora accade per taluni Ordini, dai Consigli Nazionali8 dei vari ordini. La violazione comporta illecito disciplinare.

Le successive lettere c) e d), descrivono il tirocinio e il compenso che dovrebbero fare e ricevere i praticanti. Ora, molti Ordini professionali, nei propri codici deontologici, hanno già enucleato il concetto di pagare i propri praticanti. Concetto astratto! Ma c’è sempre l’eccezione alla regola. Regola pacificamente descritta nelle citate lettere, del comma 5 del Decreto in parola. Passo in avanti, con nuovi diritti prescritti. Differenza fondamentale tra la norma contenuta nei codici deontologici, meri principi etici che, se infranti, comportano illecito disciplinare, e le cogenti prescrizioni del Decreto di cui trattasi, che se violate, conferiscono ai praticanti, uno strumento di grande utilità sociale:l’illecito contrattuale. Il risarcimento dei danni, potrà avvenire con la sola prova del contratto stipulato. Dovrà essere il dominus a dimostrare il contrario9.

La lettera e) dispone della tutela dei clienti, con idonea assicurazione del professionista, a garanzia della prestazione, comunicandola al medesimo cliente.

Nella lettera f) si inserisce una novità: l’Ordine, sia a livello territoriale che a livello nazionale, dovrà istituire un organo diverso da quello amministrativo con competenze disciplinari. Le professioni sanitarie sono escluse da questa previsione.

Infine la lettera g), prevede la libertà di pubblicità informativa, con ogni mezzo, delle specializzazioni, dei titoli professionali, la struttura dello studio e i compensi. Le informazioni devono essere trasparenti, corrette, non equivoche e ingannevoli.

Si ritorna alla libertà chiesta dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato.

Il 6 comma prevede la libertà dell’accesso alle attività economiche, ed il 7 comma, descrive che l’accesso e l’esercizio alle attività economiche sia libero e deve garantire la concorrenza. I divieti a detto accesso sono interpretate in modo restrittivo.

L’ottavo comma dispone che entro 4 mesi dall’entrata in vigore del decreto ogni divieto è abrogato. Mentre il 9 comma, con le sue ulteriori 9 lettere aggiuntive, descrive il termine restrittivo.

Il Legislatore d’Urgenza ha, con questi commi, apportato uno scossone, in positivo, al sistema Paese. Scossone che se portato a compimento potrà creare risorse aggiuntive non di poco conto.

I commi 10 e 11, prevedono la possibilità, con decreto ex art. 17, secondo comma, Legge 400/88, di creare restrizioni non previste dal comma 9 dello stesso articolo. Mentre il 12 comma dispone la sostituzione della lettera d) dell’art. 307, comma 10, codice militare.

Sorge una domanda: cosa succede per gli Enti o gli Ordini professionali che non adeguano i propri ordinamenti entro un anno dall’emananda legge di conversione?

Il termine <<entro un anno>> non è perentorio, perché la norma non ha alcuna sanzione, (ad eccezione del comma 4, art. 3, che prescrive la virtuosità solo degli Enti). Tecnica simile a quella usata per la legislazione scolastica del Regno Sabaudo10.

La norma ha previsto due percorsi distinti:

Se nessun Comune, o Provincia o Regione apporta le modifiche di cui all’articolo 3, non saranno considerati virtuosi, come dispone il comma 4 dello stesso articolo, con il rischio di non vedersi assegnate risorse aggiuntive.

Se a non ottemperare al disposto di cui al 5 comma, del medesimo articolo, sono gli Ordini Professionali, di cui alle disposizioni speciali, nulla potrà accadere, perché la norma, non solo non è di tipo perentorio, ma non prevede alcuna sanzione per gli Ordini, come per il citato comma 4.

Dunque due distinte conclusioni, per organi dello stesso Stato: per potersi adeguare, (commi 1 e 4 per Comuni, Province e Regioni) o riformare (per gli Ordini Professionali, commi 1 e 5).

I laureati, ad esempio in Giurisprudenza, non possono affacciarsi nel mondo del lavoro, perché regolamentato da norme fasciste che sopravvivono al sistema Costituzionale.

Con la bozza di decreto 138/2011, i laureati, pensavano di trovare una ulteriore innovazione: la possibilità di sostenere un ulteriore e stressante esame di Stato per poter essere abilitati ed aprire uno proprio studio, mentre per chi non voleva sottoporsi a tale stress, (ad esempio per i praticanti avvocati) poteva, superato un esame dopo un periodo di tirocinio, avere la possibilità di esercitare la professione, con modalità più limitative. In passato il Legislatore ha permesso, ad alcune categorie di soggetti (soprattutto nelle professioni sanitarie) di potersi inserire nel mondo del lavoro con la laurea di primo livello. Purtroppo, in questo Decreto Legge, non si è voluto affrontare la questione e l’esame di Stato deve essere sostenuto come da art. 33, della Costituzione Italiana. Ecco, quindi, la mancata, o limitata, liberalizzazione delle professioni. E’ pregevole evidenziare che il Senatore Lauro, ha presentato il Disegno di legge n. 2852 / 2011 per abolire ordini professionali e esami di stato11.

E’ interessante sapere come si arrivò ad avere, ad esempio, l’Ordine degli Avvocati. Il Progetto di legge per l’esercizio della professione di Avvocato e Procuratore, in Atti parlamentari, Senato del Regno, Progetti di legge, Sessione 1865-66, doc. n. 27, fu presentato al Senato del Regno, su iniziativa del magistrato e senatore della Destra, nonché Ministro di grazia e giustizia Giovanni De Falco, nella tornata del 23 marzo 1866. Progetto che non vide luce. Nel 1874, una nuova formazione Parlamentare diede vita ad un dibattito forte, in contrapposizione di idee, tra la Destra e la Sinistra. La prima cercava di non avere l’Ordine degli Avvocati, perché si rievocavano le corporazioni e i privilegi dell’Ancien Régime, (che risultò minoritaria); la seconda propendeva per tale Ordine, per la tutela dei diritti.

Il Deputato piemontese della Destra Luigi Tegas, si oppose nettamente all’istituzione dell’Ordine degli Avvocati. Egli sostenne: Prendo poi questa occasione per dire apertamente che sono poco propenso a questa istituzione dell’ordine degli avvocati…

Quest’associazione libera, dove se n’è riconosciuta l’utilità, è sorta spontaneamente senza il bisogno di una sanzione legislativa. Nei luoghi dove è passata nella consuetudine, gli avvocati se ne trovano contenti; nei luoghi invece dove non esiste, non è desiderata per niente; perchè io credo che per aumentare il decoro della professione di avvocato non è necessario questo mezzo; ciascuno provvede indipendentemente alla propria dignità, e la riputazione si acquista coll’uso dell’attività individuale e della virtù personale senza che sia necessario appartenere ad associazioni, a gilde, a corpi, come si usava nei tempi antichi.

Io per verità non veggo in questo che l’imitazione d’un’istituzione francese e nulla più … quantunque io abbia molto rispetto per i luminari del foro francese, io non credo che quest’istituzione abbia potuto influire sulla sua gloria, anzi io credo che abbia dato luogo ad inconvenienti, sia per la libertà dei giovani avvocati, sia per considerazioni politiche: poichè è facile che simili istituzioni in un grande paese deviino ed acquistino un’influenza, che non debbono avere, massime che ne potrebbe nascere un’antagonismo colla magistratura giudicante, i cui effetti potrebbero essere deplorabili. (…) Io credo, con questa disposizione, vulnerato il principio di libertà, e non mi sembra che un’imitazione dello straniero.

La legge non deve intervenire che quando è propriamente necessario il suo intervento; quando l’interesse pubblico esige che si pongano certe condizioni, certi vincoli, certe limitazioni della libertà. Quando non vi è questa necessità nè privata nè pubblica, io ritengo che la limitazione della libertà sia una specie d’arbitrio; un edifizio artifiziale che non serve nè al progresso della scienza, nè all’utile sociale. (…) Ora questa smania di legiferazione e di regolamentazione, che si risolve in tanti pesi che sotto un pretesto ed ora sotto un altro si mettono sul paese, non fa che creare nuove difficoltà.12

La risposta di Paolo Onorato Vigliani, Ministro di Grazia e Giustizia nell’ultimo governo della Destra13, sottolineò l’importanza dell’Ordine per la difesa della libertà e dell’autonomia della magistratura:

Se si vuole una disciplina, non vi sono che due sistemi i quali si possono seguire in questa riforma.

O attribuire alla magistratura l’azione disciplinaria, perchè la eserciti sull’ordine degli avvocati, o deferirla agli avvocati stessi per esercitarla come una specie di giurati sopra i loro colleghi.

E qui io vi domando: l’enunciare questi due sistemi non è egli risolvere la questione? In un Governo liberale, in un Governo che si fonda sopra franchigie costituzionali, non è egli manifesto che il solo sistema che si raccomanda per la sua liberalità, è quello che costituisce la classe stessa degli avvocati giudice e regolatrice dei suoi doveri, della sua dignità e della sua disciplina? La cosa mi pare così manifesta che crederei per verità far torto a quest’Assemblea se mi distendessi più a lungo a dimostrarla.

Quindi io debbo esortare caldamente la Camera a voler ammettere la costituzione del collegio degli avvocati, e credo che in questo modo essa non esporrà il paese ad alcun pericolo, mentre invece il fare una legge sopra la professione degli avvocati, senza ammettere la costituzione dell’ordine, sarebbe un vero regresso, un passo retrivo.14

La novità introdotta dalla lettera g), del comma 9, del detto articolo 3, del citato Decreto Legge, è la liberalizzazione dalle e delle restrizioni alle attività economiche. Come detto, mentre il comma 8 del detto articolo 3, fa cadere ogni limitazione entro 4 mesi dopo l’entrata in vigore del presente decreto, il successivo comma 9, precisa: << il termine restrizione, ai sensi del comma 8, comprende:>>, e la successiva lettera g) descrive:<<la limitazione di una attività economica attraverso l’indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all’operatore>>

E’ una rivoluzione copernicana, per le attività economiche!

La lettera g) ha portata profondamente innovativa, nel settore commerciale.

Noi siamo stati abituati, con la Dottrina Commerciale15, a dividere, le attività commerciali, in due grandi categorie: le società di persone e le società di capitali. A loro volta esse si dividono in otto tipi di società, (società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società per azioni, società in accomandita per azioni, e società a responsabilità limitata, società cooperative e mutue assicuratrici), così come disposto dalla legislazione nazionale fino al 2001. Successivamente sono state introdotte altri due tipi societari e cioè la società europea (SE) nel 2001, e la società cooperativa europea (SCE) nel 2003.

Il Decreto Legge 138, nel togliere ogni restrizione, ha dato facoltà ai soggetti non di poter scegliere il tipo di società che serve per operare nel settore, ma la libertà di poter operare senza che vi sia una indicazione tassativa della forma giuridica. Quindi, si può creare attività economica di grande rilevanza senza dire a quale tipo societario si appartenga, creando, sicuramente, confusione per l’affidamento dei terzi.

E se posso creare attività economica senza obbligo di forma giuridica, cosa scriverà il notaio rogante, nella successiva trasmissione alla Camera di Commercio per i relativi adempimenti? Sono forse stati abrogati in modo implicito, anzi, entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, gli artt. 2199 e 2200 C.C.?

E se non ho obbligo di tipo di società, come sarà tassato il soggetto? Quale sarà l’imposizione da applicare?

Molte sono le novità contenute nell’art. 3 del citato Decreto 138/2011.

Concludendo, si dovrebbe prendere in seria considerazione la proposta del fu Deputato Tegas, perché si possa arrivare alla vera liberalizzazione delle professioni. C’è da dire che, ad avviso di chi scrive, sarebbe opportuno liberalizzare le professioni, tout court, perché il percorso universitario, è già formativo. Percorso che dovrebbe solo aggiungere la pratica che è già disposta nei corsi post-laurea, quale le Scuole di Specializzazione delle Professioni Legali, che completano la teoria (lezioni frontali tenute da Docenti universitari, da Magistrati, Avvocati abilitati davanti alle Magistrature Superiori, Notai) alla pratica, (stage presso gli Uffici Giudiziari delle Corti di Appello – P.M.- G.I.P.- G.U.P- Tribunale in Composizione Monocratico e Collegiale -) come da decreto interministeriale 21/12/1999 n. 537, (Regolamento recante norme per l’istituzione e l’organizzazione per le Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali).

Per quanto riguarda la descritta situazione delle attività economiche, si rende comprensibile, in un momento di crisi globale, la valenza del detto Decreto, anche se, forse, fa sconvolgere le fondamenta delle nozioni fin qui conosciute.

Quindi… Liberalizzazioni…non mere illusioni… ma nuove frontiere!

 

3 http://www.altalex.com/index.php?idnot=14904, Manovra, Cnf: no liberalizzazioni selvagge. Così si demoliscono le professioni! -Consiglio Nazionale Forense, comunicato 13.07.2011 – CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE – COMUNICATO STAMPA – Manovra, Cnf: evitiamo liberalizzazioni selvagge. Così si demoliscono le professioni. – Il Cnf, in seduta permanente, critica duramente gli emendamenti al dl 98/2011 in queste ore depositati in commissione bilancio al senato. “Vi è abuso della decretazione d’urgenza”. Appello ai parlamentari avvocati: “Non votate norme incostituzionali”. Intanto raccolte già circa 90 adesioni alla protesta contro l’abolizione dell’esame di Stato. Articolo a firma Claudia Morelli – Responsabile CNF Comunicazione e rapporti con i Media

4 E’ notorio che il Regio Decreto Legge 27 novembre 1933, n, 1578, (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 1933, n. 281 e convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1934, n. 24) conferisce al Consiglio Nazionale Forense un potere che va oltre la odierna VI Disposizione Transitoria e finale della Costituzione Italiana.

Paolo Alvazzi del Frate, Sulle origini dell’Ordine degli Avvocati: Dall’ancien Régime all’Italia liberale. (Il testo riproduce, in traduzione italiana e con alcune modifiche, un intervento presentato a Lione al Colloquio su Ordres, Chambres et Associations. L’évolution de l’organisation des professions judiciaires et juridiques en Europe du XVIIIe siècle à nos jours, Università di Lyon III, 4 – 5 febbraio 1994), afferma:

<<1. L’Ordine degli avvocati e dei procuratori fu istituito in Italia dalla Legge n. 1938 dell’8 giugno 1874. Con la nascita dell’Ordine si concludeva un lungo dibattito giuridico e politico che si era svolto, a partire dalla proclamazione del Regno d’Italia, sulla necessità di unificare la disciplina delle professioni forensi in tutto il territorio nazionale. A tal riguardo ebbero importanza fondamentale da un lato il modello francese, diffuso nella Penisola nel periodo napoleonico, e, dall’altro la tradizione, antica e profondamente radicata negli ordinamenti di diritto comune, delle corporazioni di mestieri. Sin dalla Restaurazione erano apparse evidenti non solo la necessità di istituire forme di controllo statale, ma anche l’esigenza di autonomia di una professione la cui importanza e rilevanza politica erano ormai riconosciute per la garanzia dei diritti dei cittadini, anche nei confronti dello Stato>>.

H. M. HESPANHA, Introduzione alla storia del diritto europeo, Bologna, 2003, (a cura di A. MAZZACANE) pag. 277, <<La sovranità- scrive nel 1934 Manuel Rodrigues (1889-1946), ministro della Giustizia (1932-1940) di Salazar – appartiene allo Stato. Ciò vuol dire: non c’è potere trascendentale, il potere appartiene alla Nazione organizzata. Ne risulta che allo Stato spetta creare la norma della sua esistenza e degli elementi che la costituiscono […]. Lo Stato è la fonte di ogni regola normativa […]. Il cittadino non può ricorrere a un principio estraneo al suo paese, e neppure invocare le regole dell’unanimità.(Politìca, direito e justiça, Coimbra, 1943, p.41). Non era che un corollario dell’affermazione di Mussolini (Carta del lavoro, dich. I)secondo la quale la nazione <<è un organismo che ha scopi, vita e mezzi d’azione superiori a quelli degli individui isolati o associati che la compongono. Essa è una unità morale, politica ed economica integralmente realizzata nello Stato fascista. Di questa politica di sacralità dello Stato e di subordinazione del diritto ad esso fa parte anche una più stretta regolamentazione della giustizia: statuti giudiziari che vincolano completamente il giudice alla legge, controllo degli ordini professionali degli avvocati, in particolare attribuendo loro poteri di natura pubblica (in Portogallo nel 1926, in Italia nel 1934) e assoggettandoli a tutela legale, introduzione di meccanismi di disciplina della giurisprudenza da parte dei tribunali superiori, e così via>>.

G. SILVESTRI, Lo Stato senza principi la sovranità dei valori nelle democrazie pluraliste, Torino 2005, pag. 52.

<<…La scomparsa di un potere coordinatore, ma non coordinato, in grado di esprimere una volontà suprema non condizionabile, è premessa teorica indispensabile per affermare la positività dei limiti nelle attribuzioni dei poteri e degli enti, che esercitano funzioni autoritative in un dato territorio .>>

5 www.guritel.it: GURI n. 188 del 13/8/2011:<< 1. In attesa della revisione dell’articolo 41 della Costituzione, Comuni, Province, Regioni e Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed e’ permesso tutto cio’ che non e’ espressamente vietato dalla legge nei soli casi di:…omissis>>

7 http://www.avvocati-part-time.it/, <<Decreto di ferragosto 13/8/2011: niente liberalizzazioni delle professioni (c’era in bozza), …omissis… Cosa c’era nella “bozza di decreto legge di ferragosto” in tema di liberalizzazione delle professioni e cosa è stato invece deciso dal Governo? c’era 1) l’abolizione dell’esame di stato solo per i commercialisti e gli esperti contabili; c’era 2) la possibilità di una carriera alternativa per quanti non superino l’esame di stato da avvocato. Il praticante avvocato avrebbe potuto essere abilitato al patrocinio nelle “cause minori” dopo sei mesi (oggi può esserlo dopo un anno) e non avrebbe avuto più sulla testa la spada di Damocle del superamento dell’esame da avvocato entro sei anni: avrebbe potuto esercitare “a vita” come una sorta di legale junior;…omissis>>

8 Ad esempio, il Consiglio Nazionale Forense, potrà riproporre la circolare 30.09.2010 n° 29-C-2010, sulle specializzazioni, già dichiarato nullo dal TAR Lazio.

9 P. FAVA (a cura di) La responsabilità civile, Milano 2010.

10 Mi riferisco alla prima legge che regolamentò il settore della Scuola. La legge Casati, (13/11/1859), all’articolo 326, ultimo periodo, stabiliva sanzioni penali per i negligenti. Ma nella nota 1960, a firma del Sostituto Procuratore del Re del Distretto di Modica, indirizzata al Regio Ispettore agli Studi della Provincia di Noto, avente per oggetto:<<Pei renitenti alla istruzione elementare>>, si affermò: <<Nel codice penale in vigore non trovo disposizione alcuna che rende punibile la negligenza di cui fa capo l’art. 326 della legge 13 novembre 1859 per la istruzione pubblica>>., così in M. GIARRIZZO, La legislazione scolastica nel Regno d’Italia e la situazione nella provincia di Noto, Avola 2011, pag. 12 e ss.

11www.avvocatipart-time.it: news di Martedì 02 Agosto 2011 ore 15:29 dell’avv. Maurizio Perelli

12 Paolo Alvazzi del Frate ,op. cit. nota n. 42, Atti parlamentari, Discussioni Camera dei deputati, Legisl. XI, Sess. 1873-74, 24 marzo 1874, pp. 2607 -2608

13 Paolo Alvazzi del Frate ,op. cit. nota n. 43, Governo Minghetti, 10 luglio 1873 – 18 marzo 1876.

14 Paolo Alvazzi del Frate ,op. cit. nota n. 44 Ibid., p. 2612. Sul Vigliani si veda G. ARMANI, s.v., in Il Parlamento italiano 1861-1988, III, 1870-1874. Il periodo della Destra da Lanza a Minghetti, Milano 1989, pp. 227-228.

15 G.F. CAMPOBASSO, Manuale di Diritto Commerciale, Torino 2010.

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