L’ergastolo ostativo e la pronuncia di illegittimità della Consulta in data 15 aprile 2021.

Andrea Cazzato 23/04/21
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Il presente articolo intende essere chiarificatore in merito alla disciplina dell’ergastolo ostativo, introdotto nel 1992 e dichiarato Costituzionalmente illegittimo in data 15 aprile 2021 dalla Corte Costituzionale.

L’ergastolo ostativo.

In seguito alle stragi di mafia culminate con la strage di Capaci e la strage di Via D’Amelio, nel 1992 si riscontrò la necessità di reprimere le condotte mafiose in modo maggiormente repressivo. Da ciò ne scaturì la nascita dell’ergastolo “ostativo”, la cui disciplina fa riferimento all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario (contenuta nel D.L. n. 152/1991), consistendo in un’espressione che, coniata dalla dottrina, avevo lo scopo di indicare la perpetuità della pena detentiva nei casi in cui il condannato (per reati di mafia, si intende) non appare incline a collaborare con la giustizia.

A differenza del comune ergastolo, quello “ostativo” non permette che il detenuto benefici di determinati permessi (come il lavoro esterno, i permessi premio, la liberazione condizionale, la semilibertà e le misure alternative alla detenzione); i suddetti benefici non sono vietati in modo assoluto, in quanto i detenuti potrebbero beneficiarne a condizione che, ai sensi dell’art. 58-ter o.p., collaborino con la giustizia. I reati elencati nell’art. 4-bis o.p. (disciplinante l’ergastolo “ostativo”) sono i delitti commessi per finalità di terrorismo, di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, reati di pedopornografia, prostituzione minorile, tratta di persone, riduzione o mantenimento in schiavitù, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona a scopo di estorsione. In più sono menzionati i reati in materia di droga e traffico di migranti.

Affinché sia negata la concessione dei benefici penitenziari (previste dall’art. 4-bis o.p.), è richiesta la presenza della pericolosità sociale; I suddetti benefici possono essere concessi ai detenuti per uno dei delitti ivi previsti, purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Ulteriori due eccezioni che sopravvengono alla regola generale sono: la collaborazione impossibile o e la collaborazione irrilevante. Ovvero il caso in cui la collaborazione offerta risulti irrilevante oppure, l’accoglimento delle responsabilità avvenuto mediante sentenza irrevocabile, renda impossibile una collaborazione utile.

Le imponenti limitazioni previste dall’art. 4-bis o.p. hanno fatto emergere la famosa espressione “fine pena mai”, in quanto l’ergastolo ostativo, a differenza dell’ergastolo comune, può coincidere con l’intera vita del condannato, tramutandosi quindi in una pena perpetua.

 

Il contrasto dell’ergastolo ostativo con la Carta Costituzionale: in ultimo, la pronuncia della Consulta del 15 aprile 2021.

L’ergastolo ostativo è ritenuto da molti in contrasto con i principi della nostra Costituzione, in particolare con l’art. 27 della stessa, norma che disciplina la funzione rieducativa della pena. La maggior parte di coloro che erano contrari ad un tale istituto, propendevano per un’incostituzionalità basata sulla discriminazione dei condannati che scelgono di non collaborare per ragioni diverse, che non avessero, però, collegamento alcuno con la criminalità organizzata (dunque, venendo meno, la pericolosità richiesta dall’art. 4-bis o.p.).

Occorre sottolineare che, dapprima la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ravvisato una violazione dell’art. 3 della CEDU, ritenendo la legge di cui all’art. 4-bis o.p. consistente in un trattamento degradante ed inumano, ed in seguito la Corte Costituzionale, nel 2019, ha dichiarato illegittimo l’ergastolo ostativo anche in relazione ai condannati per delitti a stampo mafioso, i quali possono comunque accedere ai permessi premio laddove il Magistrato di sorveglianza accerti che il detenuto abbia dato piena prova di partecipare al percorso rieducativo.

In ultimo, in data 15 aprile 2021, la Consulta (Corte Costituzionale), in Camera di Consiglio, ha esaminato la questione di legittimità sollevata dalla Cassazione sul suddetto regime da applicare i condannati per reati di stampo mafioso che, non collaborando con la giustizia, chiedano l’accesso alla liberazione condizionale. I giudici hanno statuito che la disciplina dell’ergastolo ostativo preclude in modo assoluto la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale a chi non abbia collaborato utilmente con la giustizia, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro.

In breve, la Consulta ha dichiarato la disciplina di cui all’art. 4-bis o.p. incostituzionale in quanto contrastante con gli art. 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo tre della CEDU. La stessa Corte, infine, ha rilevato che “l’accoglimento immediato della questione rischierebbe di inserirsi in modo non adeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata”, concedendo al parlamento un anno di tempo per modificare la normativa (entro maggio 2022).

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