Con la legge n.176/2023 del 1° dicembre 2023 sono state apportate modifiche al decreto legge n.133/2023, con il quale il governo ha disposto un’ulteriore stretta in materia di immigrazione. Talune disposizioni prevedono correzioni ad errori materiali del decreto legge, mentre le più significative modifiche concernono l’adozione di misure aggiuntive per la repressione del fenomeno migratorio. Si ritiene, tuttavia, che le stesse, unitamente al disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri in data 5 dicembre 2023 di ratifica del trattato con l’Albania, non sembrano dar vita ad una strategia efficace ed organica per il contrasto all’immigrazione clandestina.
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Indice
1. La legge n.176/2023 e le principali modifiche al D.l. 133/2023
La legge n. 176 del 1° dicembre 2023, di conversione del decreto legge n.133 del 5 ottobre 2023,[1] prevede importanti modifiche al testo normativo originario in tema di prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare, protezione internazionale ed accoglienza. Inoltre, la stessa incide profondamente sulla disciplina dei minori stranieri non accompagnati soprattutto in tema di identificazione ed accertamento dell’età nonché in relazione alle misure di accoglienza previste per questa categoria.[2]
In primo luogo, si rende maggiormente incisiva la procedura per l’espulsione dei cittadini extra-UE soggiornanti di lungo periodo in Italia, nei casi in cui sia destinatario di misure di sicurezza diverse dalla detenzione in carcere.
In particolare, tra le misure più significative della legge, si segnala l’art. 01 che viene premesso all’art. 1 del citato decreto legge 133/2023 secondo il quale all’articolo 4, comma 3, terzo periodo, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole: “dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale” sono inserite le seguenti: “, per i reati di cui all’articolo 582, nel caso di cui al secondo comma, secondo periodo, e agli articoli 583 -bis e 583 –quinquies del codice penale,”.
Tale decreto legislativo al terzo periodo dell’art. 4, comma 3, statuisce che non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi i requisiti reddituali o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2 del codice di procedura penale. Con la citata modifica, quindi, lo straniero non verrà ammesso nel territorio nazionale anche per i reati di cui all’art. 582, nel caso di cui al secondo comma, secondo periodo e agli artt. 583-bis e 583- cinquies del codice penale.
L’art. 582 disciplina il reato di lesione personale e nella parte prevista dalla legge di conversione riguarda la procedibilità di ufficio se la malattia cagionata ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità.
Invece, l’art. 583-bis del codice penale regolamenta le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili e prevede che, in assenza di esigenze terapeutiche, chi cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.
Inoltre, l’art. 583-quinquies che riguarda la “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, nel caso in cui dalla lesione derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso, dispone la reclusione da otto a quattordici anni.
In buona sostanza, con questa nuova norma vengono ampliate le fattispecie in cui lo straniero non può essere ammesso nel territorio nazionale o può essere espulso.
Inoltre, all’articolo 20, del citato decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge in questione, dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti commi:
“3-bis .Il giudice, nel pronunciare nei confronti di un cittadino di un altro Stato membro dell’Unione europea una sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per un reato non colposo, quando ritiene di dover irrogare la pena della reclusione entro il limite di tre anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163 del codice penale, nel rispetto dei criteri indicati ai commi 4 e 5 del presente articolo, può sostituire la pena della reclusione con la misura dell’allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale per un periodo corrispondente al doppio della pena irrogata[…]”. In questo modo viene individuata una nuova ipotesi di espulsione nei confronti dello straniero.
Il comma 3-ter precisa invece che nel caso di cui al comma 3 –bis, l’allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva. Vengono così previste delle conseguenze restrittive in seguito all’emanazione di una sentenza non definitiva sulla base di un principio quantomeno discutibile.
Per quanto concerne la procedura speciale di trattazione della richiesta di una domanda di protezione internazionale “reiterata” (cioè successiva rispetto ad una prima domanda di protezione già presentata e già rigettata definitivamente nel merito), già l’art. 3 del decreto legge n.133/2023 prevedeva espressamente che sia il Questore, sentito il Presidente della Commissione territoriale, l’autorità competente all’esame. Ma la legge introduce ora anche una nuova disciplina in materia di disposizioni in materia di protezione internazionale. Infatti, al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25[3], vengono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 29 –bis , dopo il comma 1 è inserito il seguente: “1-bis . Fuori dei casi di cui al comma 1, quando la domanda reiterata è presentata nella fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, convalidato dall’autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 13, comma 5 –bis, e 14, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il questore, sulla base del parere del presidente della Commissione territoriale del luogo in cui è in corso il predetto allontanamento, procede con immediatezza all’esame preliminare della domanda e ne dichiara l’inammissibilità, senza pregiudizio per l’esecuzione della procedura di allontanamento, quando non sussistono nuovi elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale ai sensi dell’articolo 29, comma 1, lettera b),[4] fermi restando i divieti di espulsione di
cui all’articolo 19 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.[5] Quando sussistono nuovi elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale o del divieto di espulsione ai sensi del predetto articolo 19, la Commissione territoriale competente procede all’ulteriore esame[…]”. In questo modo viene velocizzata la procedura di espulsione del migrante irregolare, facendo salvo il riesame da parte della Commissione territoriale solo in presenza di nuovi elementi rilevanti sulla base di una valutazione discrezionale.
Di dubbia legittimità costituzionale appare poi la modifica del comma 17 del citato decreto legislativo n. 25/2008. Infatti, si prevede che “Quando il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e l’impugnazione ha ad oggetto una decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi degli articoli 29, 29 –bis e 32, comma 1, lettera b –bis ), il giudice, quando rigetta integralmente il ricorso, procede in conformità all’articolo 74 del testo unico del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115[6], e provvede alla revoca ai sensi dell’articolo 136, comma 2, del medesimo testo unico. Se non ritiene le pretese del ricorrente manifestamente infondate, ne indica le ragioni nel decreto di cui al comma 13, primo periodo, del presente articolo[…]”. Inoltre, quando il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e il giudice rigetta l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione adottata dalla Commissione territoriale dichiara contestualmente cessata l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Nello stesso modo procede quando è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione adottata dalla Commissione territoriale e perviene, prima dell’adozione del decreto decisorio la comunicazione dell’avvenuta espulsione. Sempre in materia di spese di giustizia viene modificato l’articolo 130 –bis del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia dispese di giustizia, di cui al menzionato decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; infatti, le parole: “al difensore non è liquidato alcun compenso” sono sostituite dalle seguenti: “il difensore non ha diritto alla liquidazione del compenso e il giudice dell’impugnazione ne dà atto nel provvedimento decisorio”. Si tratta di disposizioni che hanno un’efficacia deterrente, ma che costituiscono un pericoloso vulnus al diritto di difesa garantito dall’art. 24, secondo e terzo comma, della nostra Carta Costituzionale, secondo i quali la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
L’art. 5 della legge n.176/2023 disciplina, poi, la materia dei minori stranieri non accompagnati e apporta delle modifiche al decreto legge n.133/2023; in particolare, prevede, tra l’altro, al numero 2, in linea di principio, che “A conclusione della fase di prima accoglienza nelle strutture governative di cui al comma 1[7], i minori non accompagnati sono inseriti nel Sistema di accoglienza e integrazione, di cui all’articolo 1 –sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e in particolare nei progetti specificamente destinati a tale categoria di soggetti vulnerabili. La capienza del Sistema è commisurata alle effettive presenze dei minori non accompagnati nelle strutture di cui ai commi 1 e 3 –bis ed è comunque stabilita nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, di cui all’articolo 1 –septies del citato decreto-legge n. 416 del 1989[8], da riprogrammare annualmente, e del fondo di cui all’articolo 21, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145. A tal fine gli enti locali che partecipano alla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo prevedono specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non accompagnati”.
Le eccezioni a tale disciplina sono stabilite dal successivo n.4 il quale introduce un nuovo comma 3-bis il quale stabilisce che “In presenza di arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati, qualora l’accoglienza non possa essere assicurata ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, è disposta dal prefetto, ai sensi dell’articolo 11, l’attivazione di strutture ricettive temporanee esclusivamente dedicate ai minori non accompagnati, con una capienza massima di cinquanta posti per ciascuna struttura. Le strutture di cui al precedente periodo possono essere realizzate anche in convenzione con gli enti locali, con oneri a valere anche sul fondo di cui all’articolo 21, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2023, n. 145[9][…].Desta perplessità la circostanza che il prefetto possa attivare strutture temporanee esclusivamente destinate ai minori accompagnati perché tali strutture devono possedere dei requisiti rigorosi per la tutela dei minori e quindi dovrebbe essere prevista per legge la collaborazione obbligatoria e non eventuale da parte dei Comuni.
La norma prosegue precisando che”[…] Nei casi di estrema urgenza la realizzazione o l’ampliamento delle strutture ricettive temporanee di cui al primo periodo sono consentiti in deroga al limite di capienza stabilito dalla medesima disposizione, nella misura massima del 50 per cento rispetto ai posti previsti. Sono assicurati in ogni caso i servizi indicati nel decreto di cui al comma 1 del presente articolo[…]. Si ritiene che tali strutture, anche a causa della promiscuità, non siano in grado di garantire ai minori non accompagnati quegli standard di accoglienza indispensabili per tale fascia di età.
Inoltre, la legge stabilisce anche che “[…]L’accoglienza nelle strutture ricettive temporanee non può essere disposta nei confronti del minore di età inferiore a quattordici anni ed è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento nelle strutture di cui al comma 2 del presente articolo. In caso di momentanea indisponibilità delle strutture ricettive temporanee di cui al presente comma, il prefetto dispone la provvisoria accoglienza del minore di età non inferiore a sedici anni in una sezione dedicata nei centri e nelle strutture di cui agli articoli 9 e 11, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, prorogabile al massimo di ulteriori sessanta giorni e comunque nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente allo scopo destinate[…]. Viene quindi escluso opportunamente da tale previsione il minore di età inferiore a quattordici anni e comunque non appare conforme alla normativa nazionale e comunitaria l’accoglienza dei minori con età non inferiore ai sedici anni nelle strutture per adulti che potrebbe determinare una pericolosa commistione. Si osserva al riguardo che in data 31 agosto 2023 la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha già condannato l’Italia al risarcimento del danno per non aver garantito adeguata accoglienza e tutela ad una ragazza minorenne originaria del Ghana, vittima di precedenti violenze nel Paese di origine ed in Libia, violando la convenzione ONU sui diritti dell’ Infanzia.
La norma infine prevede che dell’accoglienza del minore non accompagnato nelle strutture è data notizia, a cura del gestore della struttura, al Comune in cui si trova la struttura stessa, per il coordinamento con i servizi del territorio. Si tratta di una diposizione necessaria perché la tutela dei minori è di competenza dei servizi di assistenza comunale, anche se forse poteva essere prevista la comunicazione alla Procura del Tribunale per i minorenni.
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2. l disegno di legge di ratifica del trattato con l’Albania
In data 5 dicembre 2023 il Consiglio dei Ministri, ha approvato un disegno di legge di ratifica del Protocollo tra il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania e il Governo della Repubblica italiana per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, stipulato a Roma il 6 novembre 2023.[10]
Preliminarmente si osserva che nei due centri che verranno realizzati in Albania nei pressi del porto di Shengjin, a circa 70 chilometri a nord della capitale Tirana, e a Gjader, dove si trova una ex base dell’aeronautica militare albanese, potranno essere condotte “esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all’esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell’Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso”. In sostanza, questo accordo sarà applicato solo peri migranti soccorsi in acque extraeuropee, perché, in caso contrario, la deroga alle norme nazionali prevista dal disegno di legge sarebbe stato inevitabilmente in contrasto con quelle del diritto europeo che si applicano in territorio o in mare europeo.[11]
Il testo, come precisa il comunicato stampa del governo, autorizza alla ratifica del Protocollo, ne ordina l’esecuzione e introduce disposizioni di coordinamento, di organizzazione, in materia di personale e di spese, di giurisdizione e per l’individuazione della legge applicabile, anche penale sostanziale e processuale penale.
In primo luogo si introduce la clausola di equiparazione delle aree previste dal Protocollo alle zone di frontiera o di transito previste dal citato decreto legislativo n.25/2008, nelle quali si prevede l’espletamento delle procedure accelerate in frontiera. Tali aree sono assimilate rispettivamente agli hotspot e ai centri di permanenza per il rimpatrio di cui al Testo unico sull’immigrazione. Nelle aree albanesi, poi, potranno essere condotti esclusivamente i migranti imbarcati su mezzi delle autorità italiane all’esterno del mare territoriale italiano o di altri Stati membri dell’Unione Europea. Nei confronti di tali migranti è sancita l’applicazione della disciplina italiana e, quindi, europea in materia di immigrazione e di ammissione degli stranieri nel territorio nazionale, con contestuale individuazione esplicita della competenza del Tribunale di Roma. Tale previsione ingolferà ulteriormente gli uffici del Tribunale della Capitale già al collasso e renderà più difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa.
Viene, anche, previsto che nei confronti dei migranti presenti nelle strutture del Protocollo è garantito il rispetto di tutti i diritti previsti dalla normativa generale italiana ed europea in materia.
A tale proposito si prevede che per garantire l’immediata instaurazione del rapporto di difesa e assistenza tecnica, sono disciplinate le modalità con cui il migrante può rilasciare a distanza la procura speciale al difensore. Si attribuisce, altresì, al responsabile della struttura situata in territorio albanese la responsabilità di adottare tutte le misure necessarie a garantire il tempestivo e pieno esercizio del diritto di difesa del migrante, anche assicurando a quest’ultimo il diritto di conferire riservatamente con il suo difensore con modalità audiovisive; con le stesse modalità sarà sempre garantita la partecipazione del difensore alle udienze. È anche previsto che il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale svolga le proprie funzioni nelle aree situate in territorio albanese. Si auspica che tali previsioni siano attuate pienamente e non costituiscano solo principi di carattere generale non garantiti in concreto.
Anche per la realizzazione e gestione delle strutture site in territorio albanese, il testo prevede a tal fine una generale clausola di deroga, in materia di contratti pubblici, ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, del codice delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea. In questo modo potrà essere violato il principio di legalità e non garantito il monitoraggio degli appalti al fine di prevenire eventi corruttivi.
Per quanto concerne la disciplina amministrativa, viene individuata la competenza del Prefetto, del Questore e della Commissione territoriale con costituzione ad hoc di apposite sezioni di Roma per i provvedimenti da adottare nei confronti dei migranti.
Si prevede, poi, la costituzione di un nucleo di coordinamento e raccordo alle dipendenze della Questura di Roma e – presso le strutture site in Albania – di un nucleo di polizia giudiziaria, di un nucleo di polizia penitenziaria e di un apposito ufficio di sanità marittima, aerea e di confine. Tali previsioni costituiranno un onere aggiuntivo alle finanze dell’erario.
Per quanto concerne la tutela della sicurezza il disegno di legge stabilisce che il migrante che commette un delitto all’interno delle strutture del Protocollo sia punito secondo la legge italiana se vi è la richiesta del Ministro della giustizia (ferma la necessità della querela della persona offesa, ove si tratti di reato procedibile a querela). La richiesta del Ministro non è necessaria per i delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 3 anni.
Oltre alla disposizione in materia di norme penali sostanziali, il disegno di legge prevede anche una disciplina processuale. In particolare:
- quando è esercitata la giurisdizione penale, l’autorità giudiziaria e la polizia giudiziaria svolgono direttamente le rispettive funzioni anche nelle aree individuate dal Protocollo (quindi, senza necessità di ricorrere allo strumento della rogatoria), precisazione opportuna per velocizzare gli eventuali procedimenti penali;
- le notificazioni sono eseguite da operatori del nucleo di polizia giudiziaria istituito presso le aree del Protocollo e le comunicazioni e i depositi possono sempre essere eseguiti con modalità telematiche. Tale disposizione appare in linea con le attuali modalità di svolgimento dei processi e si giustifica anche per la distanza dei due centri dal territorio italiano;
- nei casi di arresto in flagranza o fermo, è previsto che il personale del nucleo di polizia giudiziaria trasmetta il verbale, entro quarantotto ore, al pubblico Ministero di Roma e che, nelle successive quarantotto ore, si svolga l’udienza di convalida presso il Tribunale di Roma. Questi termini, che sembrano perentori, difficilmente potranno essere rispettati e rischieranno di invalidare i procedimenti avviati;
- l’udienza di convalida si svolge sempre a distanza, con le modalità previste in via generale per gli atti compiuti da remoto, dal Codice di procedura penale. Anche questa appare una disposizione necessaria per garantire uno svolgimento celere dei procedimenti;
- all’esito della convalida, ove il giudice applichi la misura cautelare della custodia in carcere, l’indagato è trasferito presso strutture idonee ubicate nelle aree del Protocollo. Quando il giudice dispone una misura diversa dalla custodia cautelare in carcere o la liberazione dell’arrestato o del fermato, è previsto che il migrante resti comunque sottoposto al trattenimento nelle strutture in territorio albanese. In questo modo i due centri istituiti assumeranno anche le caratteristiche proprie degli istituti penitenziari determinando una pericolosa commistione tra detenuti e internati;
- per tutta la durata del trattenimento strumentale all’espletamento della procedura accelerata in frontiera (quattro settimane), il procedimento penale è sospeso, ferma la possibilità di compiere gli atti urgenti;
- si prevede infine che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere quando è acquisita la prova dell’esecuzione del rimpatrio dell’autore, con due eccezioni: 1. delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; 2. imputato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, finché la misura non è revocata o dichiarata estinta. Si tratta di una semplificazione di natura processuale che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe favorire il rimpatrio degli stranieri nei Paesi di origine.
3. Conclusioni
Anche la conversione in legge del decreto legge n.133/2023 e l’approvazione del disegno di legge di ratifica del protocollo con l’Albania non sembrano realizzare una strategia organica ed efficace per il contrasto dell’immigrazione clandestina.
Non solo, ma tali disposizioni, non eliminano in taluni casi, i dubbi di legittimità costituzionale e di contrasto alla normativa europea, come accertato con le citate ordinanze del Tribunale di Catania e di altri giudici italiani sotto la vigenza del citato decreto legge n.133/2023.
Infatti, l’equiparazione delle aree albanesi agli hotspot e ai centri di permanenza per il rimpatrio di cui al Testo unico sull’immigrazione riproporrà le stesse problematiche previste dalla normativa di cui allo stesso decreto legge n.133/2023 e sconfessate dalle citate ordinanze giurisdizionali. Si è tuttavia in attesa delle decisioni della Corte di Cassazione adita dall’Avvocatura Generale dello Stato che farà definitivamente luce sulle menzionate vicende processuali.
Inoltre, si deve constatare che l’accordo raggiunto in data 4 ottobre 2023 tra i 27 Paesi europei sul testo chiave del regolamento delle crisi dei migranti, improntato alla solidarietà obbligatoria, è ben lontano da essere realizzato.
Si deve quindi prendere atto che difficilmente prima delle prossime elezioni europee del giugno 2024 potrà essere messa a punto una disciplina organica ed efficace di contrasto all’immigrazione clandestina che gli attuali provvedimenti del governo non sembrano realizzare compiutamente.
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Note
- [1]
P. Gentilucci, D.l. 133/2023: ulteriore stretta in materia di immigrazione, in Dirito.it del 9 ottobre 2023.
- [2]
In vigore la legge n. 176 del 2023: modifiche alla disciplina dei MSNA, in Osservatorio regionale del Piemonte sull’immigrazione e il diritto di asilo del 7 dicembre 2023.
- [3]
Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.
- [4]
Art. 29, comma,1, lett.b. “[…] Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:
b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso […]”. - [5]
«Art. 19. (Divieti di espulsione e di respingimento. Disposizioni in materia di categorie vulnerabili). – 1. In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione di opinioni politiche, di personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
- [6]
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.
- [7]
“Art. 19 (Accoglienza dei minori non accompagnati). — 1. Per le esigenze di soccorso e di protezione immediata, i minori non accompagnati sono accolti in strutture governative di prima accoglienza a loro destinate[…]”.
- [8]
Convertito con legge 28 febbraio 1990, n.39 recante: “Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato”.
- [9]
“Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.
- [10]
P. Gentilucci, Il trattato Italia-Albania sui centri di detenzione, in Diritto.it del 13 novembre 2023.
- [11]
Redazione, Accordo Italia-Albania, via libera del Cdm al ddl di ratifica. A Tirana solo migranti soccorsi in acque extraeuropee, in Il quotidiano nazionale del 5 dicembre 2023.
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