Le modalità di instaurazione del contraddittorio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento

Redazione 25/06/19
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di Marco Farina*

* Professore a contratto di Diritto Processuale Civile presso l’Università LUISS di Roma

Sommario

1. Premessa

2. La notificazione del ricorso e del decreto di convocazione secondo l’attuale formulazione dell’art. 15, comma 3, L.F. Cenni generali e legittimità costituzionale della disciplina

3. La notificazione digitale del ricorso e del decreto di convocazione

4. La notificazione mediante deposito presso la casa comunale

5. Le novità del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza

1. Premessa

Nella vigenza della disciplina del procedimento per dichiarazione di fallimento anteriore alla riforma attuata con il d.lgs. 5/2006 e con il d.lgs. 169/2007, si riteneva che il tribunale dovesse disporre la comparizione in camera di consiglio dell’imprenditore effettuando, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione; tuttavia, al fine di assicurare la compatibilità tra il suo diritto di difesa e le esigenze di speditezza ed operatività caratteristiche del procedimento prefallimentare, il tribunale poteva evitare l’adempimento di ulteriori formalità, sia pure normalmente previste dal codice di rito, quando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore fosse imputabile a sua negligenza o condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico.

A seguito della riforma di cui al d.lgs. 5/2006 ed al d.lgs. 169/2007, il principio della necessità del contraddittorio si è tradotto nell’obbligatorietà che il debitore sia raggiunto da una valida notificazione dell’istanza di fallimento e del decreto di convocazione. L’avvenuta procedimentalizzazione del giudizio e delle attività di trattazione ed istruttoria ha implicato, infatti, che la necessità di procedere alla notificazione al debitore del ricorso e del decreto di convocazione all’udienza secondo le pertinenti norme dettate dal codice di rito sia la regola anche quando il debitore, rendendosi irreperibile, si sia sottratto volontariamente o per colpevole negligenza al procedimento, restando la notificazione un adempimento indefettibile[1].

Nella nuova disciplina risultante dalle modificazioni apportate dal d.lgs. 5/2006 e dal d.lgs. 169/2007, era venuta meno, dunque, quella riserva di compatibilità in precedenza delineata tra il diritto di difesa dell’imprenditore e le esigenze e la natura del procedimento prefallimentare non consentendosi più al Tribunale di omettere l’adempimento di ulteriori formalità, sia pure normalmente previste dal codice di rito, quando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore fosse imputabile a sua negligenza; così di conseguenza imponendosi, in quel contesto (ossia nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore del d.lgs. 5/2006 ed il 31 dicembre 2013, v. subito infra), il rigoroso rispetto delle norme processuali in tema di modalità di notificazione degli atti, derogabile solo nella ricorrenza di particolari ragioni di urgenza e su espresso decreto motivato presidenziale a norma del comma 5 dell’art. 15 l.fall.

Per effetto delle modifiche apportate dall’art. art. 17, comma 1, lett. a), del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, il vigente comma 3 dell’articolo 15 l.fall. – applicabile ai procedimenti instaurati dopo il 31 dicembre 2013 – prevede, ora, un autonomo e autosufficiente procedimento notificatorio le cui specifiche scansioni (su cui v. infra) sono reputate, per definizione ed una volta per tutte, idonee ad operare quel dovuto contemperamento dei contrapposti (e parimenti meritevoli di tutela) interessi che vengono in rilievo al momento della instaurazione del contraddittorio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, ossia reputate idonee a garantire un equo bilanciamento tra l’interesse del debitore ad avere piena conoscenza del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza e l’interesse, anche di natura pubblica, a non ritardare ulteriormente ed inutilmente la dichiarazione di insolvenza.

[1] Così, tra le tante, Cass. 5 giugno 2015, n. 11705, Cass. 19 maggio 2014, n. 10954, Cass. 27 settembre 2013, n. 22218, Cass. 29 ottobre 2010, n. 22151.

2. La notificazione del ricorso e del decreto di convocazione secondo l’attuale formulazione dell’art. 15, comma 3, L.F. Cenni generali e legittimità costituzionale della disciplina

Ai sensi del vigente art. 15, comma 3, l.fall., il ricorso e il decreto di convocazione devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti.

Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione a mezzo PEC non risulta possibile o non ha esito positivo, la notificazione del ricorso e del decreto dovrà avvenire, a cura del ricorrente, a mezzo Ufficiale Giudiziario che vi procederà di persona, a norma dell’articolo 107, primo comma, D.P.R. 1229/1959[2], presso la sede dell’impresa risultante dal registro delle imprese. Quando la notificazione non può essere compiuta neppure con questa ulteriore modalità, la stessa si intenderà senz’altro perfezionata con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese.

La norma ha, dunque, introdotto in punto di notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza camerale una disciplina speciale, del tutto distinta ed autonoma rispetto a quella che, nel codice di rito, regola le notificazioni degli atti del processo dovendo, pertanto, escludersi che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi degli artt. 138 e segg. o art. 145 c.p.c. (a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva), nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società[3].

La questione di legittimità costituzionale di tale disciplina è stata giudicata infondata dalla Corte costituzionale[4] che, quanto alla prospettata violazione dell’art. 3 Cost., ha rilevato che l’asserita irragionevole disparità di trattamento rispetto alle modalità richieste per la notifica ordinaria a persona giuridica dall’art. 145 cod. proc. civ. – che, per l’evenienza del mancato reperimento del destinatario presso la sede legale, impone di dare notizia dei prescritti incombenti e consente, alternativamente, la notifica alla persona fisica del legale rappresentante – è esclusa dalla diversità delle fattispecie a confronto, che ne giustifica, in termini di ragionevolezza, la diversa disciplina. A differenza dell’evocato art. 145 c.p.c., esclusivamente finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 15 L.F. ha lo scopo di coniugare la stessa finalità di tutela del diritto di difesa dell’imprenditore collettivo con le esigenze di celerità e speditezza proprie del procedimento concorsuale, prevedendo che il tribunale sia esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità quando la situazione di irreperibilità debba imputarsi all’imprenditore. La specialità e la complessità degli interessi (comuni ad una pluralità di operatori economici, ed anche di natura pubblica in ragione delle connotazioni soggettive del debitore e della dimensione oggettiva del debito) che il legislatore del 2012 ha inteso tutelare giustificano e rendono ragionevole la innegabile diversità tra il descritto procedimento speciale e quello ordinario di notifica.

Quanto alla pur denunziata violazione dell’art. 24 Cost., la Corte ha rilevato che la norma denunciata garantisce adeguatamente il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, proprio in ragione del predisposto duplice meccanismo di ricerca della società. Questa, infatti, ai fini della sua partecipazione al giudizio, viene notiziata prima presso l’indirizzo PEC, del quale è obbligata a dotarsi e che è tenuta a mantenere attivo durante la vita dell’impresa, in forza di un sistema che presuppone il corretto operare della disciplina delle comunicazioni telematiche dell’ufficio giudiziario e che consente di giungere ad una conoscibilità effettiva dell’atto da notificare equipollente a quella conseguibile con i meccanismi ordinari (ufficiale giudiziario e agente postale). Solo a fronte della non utile attivazione di tale primo meccanismo segue la notificazione presso l’indirizzo della sede legale, da indicare obbligatoriamente nel registro delle imprese, la cui funzione è assicurare un sistema organico di pubblicità legale che renda conoscibili ed opponibili ai terzi i dati concernenti l’impresa e le sue principali vicende.

In caso di esito negativo del duplice meccanismo di notifica, il deposito dell’atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, di obblighi impostigli per legge[5].

[2] Essendo, dunque, bandita la notificazione a mezzo posta (così, in motivazione, Cass. 26 giugno 2018 n. 16864).

[3] Cass. 9 novembre 2018, n. 28803, Cass. 26 giugno 2018, n. 16864, Cass. 5 marzo 2018, n. 5080, Cass. 11 dicembre 2017, n. 29630, Cass. 7 agosto 2017, n. 19688, Cass. 12 gennaio 2017, n. 602, Cass. 13 settembre 2016, n. 17946.

[4] Corte Cost., 16 giugno 2016, n. 146.

[5] La medesima questione di illegittimità costituzionale della disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 15, comma 3, l.fall. è stata, quindi, dichiarata manifestamente infondata da Corte cost. 11 luglio 2017, n. 162.

3. La notificazione digitale del ricorso e del decreto di convocazione

Quanto alle concrete modalità di notificazione del ricorso e del decreto a mezzo PEC a cura della cancelleria è stato precisato che, ai fini del suo perfezionamento, occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell’avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente[6], mentre non ha rilievo l’annotazione con la quale il cancelliere, prima ancora della ricevuta di avvenuta consegna, abbia invitato il creditore istante ad attivare il meccanismo sostitutivo previsto dal penultimo periodo del medesimo articolo 15, comma 3, L.F.[7].

Si è anche precisato che l’articolo 15, comma 3, l.fall. non prevede particolari modalità attestative circa l’impossibilità di eseguire la notifica a mezzo PEC, né richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l’esito negativo dell’invio, ben potendo l’esito della notifica essere attestato dal can-celliere al quale sia stato affidato il compito di procedere alla notifica in via telematica[8].

La notifica telematica del ricorso per dichiarazione di fallimento si perfeziona nel momento in cui perviene all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario, precedentemente comunicato dal medesimo al tempo della sua iscrizione nel registro delle imprese salva, tuttavia, la possibilità per l’imprenditore di fornire la prova che il predetto indirizzo sia erroneo per fatto a sé non imputabile[9].

Ed infatti, la notificazione a mezzo PEC del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza è valida ancorché pervenga ad un indirizzo PEC errato se quell’indirizzo corrispondeva a quello che la società debitrice, così raggiunta, aveva presso il registro delle imprese atteso che tutte le imprese devono comunicare il proprio esatto indirizzo PEC alla CCIAA, a pena della sospensione dell’iscrizione di qualunque atto presso il registro, ricadendo sul legale rappresentante della società curare che l’indirizzo denunciato sia quello di cui è titolare l’ente rappresentato e che esso non muti non competendo, quindi, nessun onere di controllo o verifica né a carico dell’Ufficio camerale, né a carico delle parti del procedimento prefallimentare[10].

Ovviamente, neppure sussisterà alcuna nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per violazione del principio del contraddittorio le volte in cui il ricorso introduttivo ed il decreto di convocazione siano stati notificati a mezzo PEC ed il destinatario alleghi di esserne venuto a conoscenza successivamente alla udienza per non aver tempestivamente consultato la propria casella di posta elettronica certificata[11].

[6] Cass., 7 luglio 2016, n. 13917.

[7] Cass. 2 novembre 2015, n. 22352. È anche opportuno rilevare che – secondo quanto statuito da Cass. 19 novembre 2018, n. 29732, nonché da Cass. 21 luglio 2016, n. 15035 – la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare il perfezionamento della notificazione, ossia che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario; tale documento, tuttavia, non fa prova fino a querela di falso e le sue risultanze possono essere contraddette con qualsiasi mezzo di prova, atteso che, da un lato, gli atti che godono di tale fede privilegiata costituiscono un numero chiuso e non sono suscettibili di estensione analogica e, dall’altro, l’art. 16 del d.m. n. 44 del 2011 si esprime in termini di “opponibilità” ai terzi ovvero di semplice “prova” dell’avvenuta consegna del messaggio, e ciò tanto più che le attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata, a differenza di quelle apposte sull’avviso di ricevimento dall’agente postale nelle noti-fiche a mezzo posta, aventi fede privilegiata, non si fondano su un’attività allo stesso delegata dall’ufficiale giudiziario.

[8] Cass. 28 marzo 2017, n. 8014

[9] Cass. 7 dicembre 2018, n. 31777.

[10] Cass. 3 gennaio 2017 n. 31. In un caso in cui la Corte d’Appello aveva accolto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento per violazione del principio del contraddittorio in quanto il ricorso era stato notificato ad un indirizzo PEC che, seppur riconducibile alla destinataria in base alle attestazioni del registro INIPEC, di fatto non era stato abilitato all’uso da parte della società fallenda, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte territoriale avesse in quel caso erroneamente obliterato il meccanismo notificatorio previsto dalle norme sopra richiamate non avendo considerato che l’indirizzo PEC al quale era avvenuta la notificazione era l’indirizzo comunicato dalla fallenda all’ufficio camerale, nella piena responsabilità del legale rappresentante della società stessa, senza che avesse alcuna rilevanza il fatto che tale indirizzo fosse di pertinenza (anche) di un’altra società (Cass. 21 giugno 2018, n. 16365; nello stesso senso, nella giurisprudenza di merito, App. L’Aquila 14 marzo 2017 che ha rigettato il reclamo sul presupposto che il ricorso ed il decreto di comparizione erano stati notificati all’indirizzo PEC che risultava dal certificato camerale della società debitrice, pur essendo utilizzato da altre quattro diverse imprese).

[11] Cass. 14 marzo 2017, n. 6518.

4. La notificazione mediante deposito presso la casa comunale

Nel caso in cui, per qualsiasi ragione (e, quindi, anche per cause imputabili al destinatario, ad es. perché la sua casella PEC è piena e non è più abilitata a ricevere messaggi) la notificazione telematica non sia possibile, la notificazione del ricorso e del decreto dovrà avvenire a mezzo ufficiale giudiziario presso la sede risultante dal registro delle imprese.

Se la notificazione non si può perfezionare neppure presso tale luogo perché ivi il debitore risulti irreperibile, allora la notificazione si esegue e contestualmente si perfeziona, senza nessun altro incombente, mediante il mero deposito dell’atto presso la casa comunale.

Quanto alla possibilità di procedere alla notificazione mediante deposito presso la casa comunale si è ritenuto che il presupposto della irreperibilità della società presso la sua sede come risultante dal registro delle imprese ricorre anche laddove si accerti che, in precedenza, la società sia stata in concreto rintracciata presso la sede risultante dal registro, purché l’ufficiale giudiziario abbia svolto, in occasione di questo ulteriore e successivo accesso presso il medesimo luogo, ricerche documentate nella relazione di notifica e chiesto informazioni in modo adeguato così da consentire di presumere che il diverso esito delle precedenti notificazioni sia riconducibile non ad una doverosa e diligente attività di ricerca del destinatario ma a circostanze fortunate non sempre ripetibili[12].

Con riferimento a tale meccanismo sostitutivo di notificazione, in giurisprudenza si è precisato che nel caso di irreperibilità della società presso la sede risultante dal registro delle imprese la notificazione eseguita, anziché mediante deposito presso la casa comunale, ai sensi degli articoli 139 o 140 c.p.c. nei confronti del socio illimitatamente responsabile non può naturalmente considerarsi invalida risultando palesemente più cautelativa, sotto il profilo della conoscibilità, rispetto alla notificazione prevista, in tali casi, dall’articolo 15, comma 3, l.fall. fermo restando, tuttavia, che, nell’ipotesi in esame, tutte queste ultime forme alternative di notificazione sono facoltative, in quanto ove non sia stata possibile la notifica digitale, né quella presso la sede risultante al registro delle imprese, ci si trova in una condizione (legale) di irreperibilità che giustifica l’immediato ricorso alla forma speciale di notificazione del ricorso che si ha per perfezionata al momento stesso del deposito presso la casa comunale[13].

Rimane, quindi, confermato che nel caso di impossibilità di procedere con la notificazione telematica e di documenta irreperibilità del debitore presso la sede risultante dal registro delle imprese, la notificazione del ricorso e del decreto di convocazione si intenderà perfezionata con il mero deposito presso la casa comunale senza necessità di eseguire alcun ulteriore adempimento informativo previsto da norme del codice di rito dichiaratamente inapplicabili in virtù della disciplina speciale ed autosufficiente somministrata dall’art. 15, comma 3, l.fall.

[12] Cass. 9 novembre 2018, n. 28803.

[13] Cass. 26 giugno 2018, n. 16864. Nella giurisprudenza di merito (App. L’Aquila 8 luglio 2015), ancorché con decisione rimasta isolata e contraria al principio di integrale autosufficienza della disciplina dettata dall’art. 15, comma 3, L.F. in punto di notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza così come sopra ricostruito, si è ritenuto che, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata, al deposito presso la casa comunale dovrebbe necessariamente far seguito la spedizione da parte dell’ufficiale giudiziario della raccomandata con avviso di ricevimento prevista dall’art. 140 c.p.c.

5. Le novità del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza

L’art. 40, 5, 6, e 7 comma, del D.lgs. 14/2019[14] contiene previsioni relative alla instaurazione del contraddittorio nei confronti del debitore in caso di domande di apertura di una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza proposta “da un creditore, da coloro che hanno funzioni di controllo e di vigilanza presso l’impresa o dal pubblico ministero” sostanzialmente equivalenti a quelle oggi contenute nel terzo comma del vigente articolo 15, comma 3, L.F.

Anche nelle nuove disposizioni di prossima entrata in vigore si continua a prevedere, infatti, che il ricorso ed il decreto di convocazione vengano, innanzi tutto, notificati a cura dell’ufficio mediante invio di un messaggio di posta elettronica certificata all’indirizzo del debitore risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC).

Tuttavia, a differenza di quanto oggi prevede il terzo comma dell’art. 15 L.F., il sesto comma dell’art. 40 CCII prevede che nel caso di esito negativo della notificazione a mezzo PEC “per causa imputabile al destinatario”, la notificazione si esegue, sempre a cura della cancelleria, “mediante l’inserimento nell’are web riservata ai sensi dell’art. 359. La notificazione si ha per eseguita nel terzo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento”.

L’art. 359 CCII prevede, infatti, l’istituzione, a cura del Ministero dello sviluppo economico sentita l’Agenzia per l’Italia digitale, presso ciascun tribunale di una “area web riservata” destinata, appunto, ad ospitare gli atti che non sia stato possibile notificare a mezzo di posta elettronica certificata per causa imputabile al destinatario. La concreta funzionalità di tale sistema sostitutivo di notificazione, tuttavia, è rimandata all’adozione di un decreto emanato dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero della giustizia e con il Ministro della pubblica amministrazione, che dovrà definire le modalità tecniche e i contenuti dell’area web riservata; in ragione di ciò, l’art. 361 CCII prevede che nel caso di notificazione a mezzo PEC risultata impossibile per cause imputabili al destinatario “sino all’emanazione del decreto di cui all’art. 359, si applicano le disposizioni di cui al comma 7 dell’art. 40”.

Diversamente da quanto accade oggi, dunque, nel caso in cui la notificazione telematica non si perfezioni per causa imputabile al destinatario non dovrà procedersi con la tradizionale modalità di notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario: sarà, al contrario, sufficiente procedere con un meccanismo sostitutivo di notificazione che, come pare evidente, difficilmente potrà garantire una effettiva conoscibilità dell’atto al destinatario.

Il comma 7 dell’art. 40 CCII, infine, contiene sostanzialmente la medesima previsione oggi contenuta nell’art. 15, comma 3, L.F. per il caso in cui non sia stato possibile procedere con la notificazione a mezzo PEC, ossia prevede la necessità di procedere alla notificazione a mezzo ufficiale giudiziario presso la sede risultante dal registro delle imprese “o, per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, presso la residenza” con la ulteriore previsione per cui “quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese ovvero presso la residenza per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, e si perfeziona al momento del deposito. Per le persone fisiche non obbligate a munirsi del domicilio digitale, del deposito è data notizia anche mediante affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio e per raccomandata con avviso di ricevimento”.

In ragione di quanto già detto in precedenza, deve precisarsi che tale modalità di notificazione alternativa sarà, però, utilizzabile solo ed esclusivamente nei casi in cui alla notificazione telematica non si sia potuto procedere per causa non imputabile al destinatario.

La disposizione contenuta nel comma 7 dell’art. 40 CCII necessita, crediamo, di qualche doverosa precisazione con riguardo all’ipotesi in cui destinatario della notificazione sia un soggetto “non obbligato a munirsi del domicilio digitale” secondo l’espressione adoperata dal legislatore delegato nel settimo comma dell’art. 40.

A tal proposito conviene cominciare con l’osservare che, nel vigore dell’art. 15, comma 3, L.F., si ritiene che le modalità di notificazione ivi previste non siano applicabili nei confronti del socio illimitatamente responsabile (persona fisica) di cui sia richiesto il fallimento in estensione ai sensi dell’art. 147 l.fall. atteso che questi, a differenza dell’imprenditore individuale, non è obbligato ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata, né il riferimento alla sede della impresa risultante dal registro delle imprese può in essere intesa siccome riferita alla residenza del socio persona fisica[15].

Secondo l’art. 40, comma 7, CCII, invece, si prevede espressamente una modalità di notificazione “autonoma” ed integralmente disciplinata senza rinvio alle apposite norme dettate dal codice di rito applicabile anche nei confronti di soggetti non iscritti nel registro delle imprese e, dunque, non obbligati a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata[16].

Deve subito osservarsi, peraltro, che nei confronti di tali soggetti non sarà mai possibile, per definizione, la notificazione digitale di cui al comma quinto dell’art. 40, di talché per essi si applicherà sempre e comunque la sola notificazione di persona presso la loro residenza disciplinata dal comma 7 del medesimo articolo 40, con la conseguenza per cui detta previsione finisce per apparire del tutto irragionevole sia in ragione della “limitazione” impressa alle forme di notificazione ammissibili[17], sia in ragione della quanto meno ingenua previsione contenuta nell’ultimo periodo del richiamato comma 7 dell’art. 40.

Il senso della disposizione, infatti, non è chiaro[18]: poiché, infatti, il deposito presso la casa comunale di cui al comma 7 dell’art. 40 (e quello di cui al comma terzo dell’attuale art. 15 L.F.) avverrà nei casi di riscontrata irreperibilità, non si comprende in che modo questo ulteriore adempimento informativo – che avrà fatalmente il medesimo esito negativo dell’originario accesso dell’ufficiale giudiziario[19] – possa arrecare un pur minino vantaggio al destinatario in termini di conoscibilità dell’atto.

Il timore è che il legislatore delegato sia incorso in un plateale equivoco, ossia che abbia ritenuto che quel deposito presso la casa comunale previsto dall’art. 40, comma 7, CCII (e, oggi, dal terzo comma dell’art. 15 L.F.) equivalga al deposito di cui all’art. 140 c.p.c., mentre è evidente che detto deposito equivale – mutare quel che c’è da mutare – al deposito di cui all’art. 143 c.p.c.; deve, insomma, ribadirsi che qualora l’ufficiale giudiziario riscontri, al momento dell’accesso presso la residenza del debitore, una irreperibilità solo temporanea, questi allora dovrà procedere ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e la notificazione si avrà per eseguita dal momento del ricevimento della raccomandata informativa ivi prevista.

[14] Con il quale, come noto, è stato emanato il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza destinato ad entrare in vigore, fatte salve talune eccezioni, decorsi 18 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale avvenuta il 14 febbraio 2018 e, quindi, il prossimo 15 agosto 2020.

[15] Cass. 26 giugno 2018, n. 16864.

[16] Poiché l’articolo 40 si riferisce alla domanda proposta contro un debitore per l’apertura di una delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza previste dal CCII, il riferimento ai soggetti che non sono obbligati a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata non è limitato al caso di socio-persona fisica illimitatamente responsabile fallibile in estensione ma si estende anche al debitore civile sovraindebitato che può essere sottoposto a procedura di liquidazione controllata su domanda dei creditori (arg. ex art. 268, comma 1, CCII).

[17] La notificazione dovrà avvenire, infatti, necessariamente di persona (essendo bandita la notificazione a mezzo posta) e, per di più, solo presso la residenza (senza, quindi, poter fare riferimento a quegli altri luoghi pur presi in considerazione, per le notificazioni alle persone fisiche, dall’art. 139 c.p.c.).

[18] Né è di aiuto la relazione governativa in cui può leggersi che “La disposizione disciplina le modalità della notificazione del ricorso. Si tratta di notificazione telematica, che dovrebbe essere la regola generale per instaurare il contraddittorio in base alla legge delega n. 155/2017 (articolo 2, primo comma, lettera i), essendo stato riprodotto, per la prima parte, l’art. 15, terzo comma, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, con un’importante variante garantistica, per l’ipotesi di notificazione non possibile o negativa non per causa riferibile al destinatario. Se per ogni soggetto essa si perfeziona, come nel regime vigente, dopo una ricerca infruttuosa della persona, dunque con il deposito dell’atto presso la casa comunale, per i debitori non obbligati a munirsi di PEC scatta un ulteriore adempimento, con intento rafforzativo della notifica avvenuta, comunque non incidente sul momento del perfezionamento, e cioè la notizia del deposito con affissione dell’avviso presso l’abitazione o l’ufficio e la spedizione di raccomandata con avviso di ricevimento”.

[19] Atteso che (i) da un lato, l’affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione sarà un adempimento materialmente impossibile da eseguire perché, molto semplicemente, la riscontrata irreperibilità del debitore che giustifica il deposito presso la casa comunale ai sensi del comma 7 dell’art. 40 CCII esclude che possa individuarsi in quel medesimo luogo una “abitazione”, e (ii) dall’altro, la raccomandata informativa, addirittura con avviso di ricevimento, non potrà che sortire il medesimo esito radicalmente negativo.

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