L’azione surrogatoria come mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale 

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 SOMMARIO: 

  1. Origini ed evoluzione storica dell’azione surrogatoria
  2. Il Fondamento e la finalità dell’istituto
  3. Funzione e natura della surrogatoria
  4. Natura e limiti del potere del creditore

1.     Origini ed evoluzione storica dell’azione surrogatoria

L’azione surrogatoria è disciplinata dall’articolo 2900 dell’attuale codice civile,  il quale così recita: “Il creditore per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti che, per loro natura e per disposizioni di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare”. Questa formula legislativa ha propria origine diretta nell’art. 1166 del Codice Napoleonico, il quale afferma che “I creditori possono esercitare tutti i diritti e le azioni del debitore, ad eccezione di quelli che sono esclusivamente legati alla persona.”

Questa norma è stata quasi esattamente riprodotta, dapprima, nei codici italiani preunitari (nell’art. 1257 del codice Albertino; nell’art. 1119 del codice delle Due Sicilie; nell’art. 1128 del codice Parmense; nell’art. 1207 del codice Estense) e infine nell’articolo 1234 del codice civile del 1865, secondo cui “I creditori, per il conseguimento di quanto loro è dovuto, possono esercitare tutti i diritti e tutte le azioni del debitore, eccettuati i diritti che sono esclusivamente inerenti alla persona del debitore”.[1]  In realtà non vi è perfetta corrispondenza tra i due enunciati normativi, quello francese e quello italiano, poiché nel primo manca l’inciso “per il conseguimento di quanto loro è dovuto”, che, invece, nel codice civile italiano ha destato problemi in merito alla funzione esclusivamente conservativa o anche esecutiva dell’azione surrogatoria[2].

Tuttavia, sembra essere evidente la derivazione dell’articolo 2900 del codice civile del 1942 dal diritto francese, mentre i codici di lingua tedesca non hanno un istituto simile alla nostra azione surrogatoria, come espressione del potere di sostituirsi al debitore nell’esercizio di posizioni soggettive in vista della futura esecuzione forzata. Ancora ai primi del secolo ventesimo si parlava in Italia, anziché di surrogatoria, di azione obliqua, adoperando il termine francese.  Gli autori italiani, ricostruendo la storia dell’istituto, hanno voluto ricercare fra i testi e le fonti del diritto romano, individuando in questi le origini dell’azione surrogatoria. Il procedimento surrogatorio viene a trovare il suo fondamento, proprio, nel pignoramento di credito del periodo romano postclassico, noto come “pignus nominis in causa iudicati camptum”. Esso era il pegno costituito per ordine del giudice sui beni del debitore, in esecuzione del giudicato. Inizialmente aveva a oggetto solamente le cose corporali, rimanendo fuori crediti e azioni, perché ritenuti intrasmissibili. In seguito se ne ammise l’estensione anche a crediti e azioni non contestate[3].

Per individuare la nascita di tale pignus, è bene ripercorrere alcune tappe che mostrano il modo di operare nell’antico sistema del diritto romano. Nel periodo delle XII tavole la procedura esecutiva era regolata in pochissime norme per manus iniectio. Essa aveva un carattere personale: il reo, condannato o confessus in iure, o soddisfaceva il debito o in caso di inadempimento, era sottoposto alla procedura esecutiva da parte del creditore attraverso la manus inectio[4]. Oltrepassato il carattere strettamente personale, poi, l’esecuzione si spostò sui beni. A vantaggio dei creditori che avevano ottenuto una condanna nei confronti del debitore, era concesso dal pretore la missio in possessionem nel patrimonio del debitore, sviluppatasi nell’epoca giustinianea[5]. Si procedeva, poi, alla bonorum proscriptio e se trascorreva il termine senza che i creditori fossero soddisfatti, erano convocati dal pretore affinché si scegliesse tra essi un magister bonorum che era incaricato di procedere alla vendita dei beni, nell’interesse di tutti i creditori.  Mutarono con il trascorrere degli anni le forme di esecuzione[6]. Con Diocleziano si sostituisce la bonorum distractio alla bonorum venditio: occorreva sempre la missio in bona e la nomina di un curator, tuttavia, i beni non erano più venduti in massa, ma erano separati. Il compito di pagare i creditori spettava al curator, il quale aveva gli stessi poteri del magister nella bonorum venditio, ossia poteva esercitare le azioni in nome del debitore[7]. Quando il pretore voleva dare protezione ai creditori, in seguito ad una sentenza di condanna sfavorevole, poteva, così, dal tempo dell’imperatore Antonino Pio, ricorrere a un altro strumento: un diritto di pegno che era costituito a favore del creditore. Al debitore, condannato o confessus in iure, veniva dato un termine per eseguire il pagamento, trascorso il quale, il pretore ordinava ai suoi ufficiali di impossessarsi dei beni del debitore, sui quali veniva a costituirsi il pegnus ex causa iudicati captum, quale considerato origine della surrogatoria. I beni che potevano essere sottoposti a tale pegno, ossia alla cosiddetta pignoris capio, erano: in primo luogo i mobili, poi gli immobili, e, in caso di insufficienza di questi ultimi, i crediti. Il creditore mai poteva colpire direttamente il nomen pignorato, ma doveva sempre rivolgersi mediante un’istanza al giudice, il quale era titolare dello ius exigendi[8]. Terminata la sua missione, il curatore poteva cedere il posto al magister bonorum che procedeva alla vendita del credito accertato.

I principi del diritto romano passarono attraverso la scuola dei glossatori e con il trascorrere del tempo si avvertì l’esigenza di semplificare il procedimento attraverso il quale il creditore arrivava a colpire i beni del debitore. Per la vendita non fu più richiesta l’escussione mobiliare o immobiliare dei beni del debitore e non fu più richiesta la nomina del curatore. Si affermò che lo stesso creditore pignorante poteva essere nominato curatore, divenendo legittimato a esercitare le azioni del debitore in nome proprio.  Questa divenne la regola e da questo momento in poi non si sentì più la necessità di nominare un curatore. In tale evoluzione è stato trovato dalla dottrina un primo germe del principio della surrogatoria[9].  Nell’epoca del diritto comune, a mano a mano che aumentarono gli scambi, nasceva la necessità di assicurare facilità e sicurezza agli stessi. Si sentì il bisogno di risparmiare denaro che la procedura esecutiva comportava, per come era strutturata e articolata. Si ammise, dunque, la possibilità che il creditore potesse procurarsi un mezzo per procedere in via esecutiva mediante un titolo privato nominato “instrumentum guarentigium”, ossia strumento guarentigiato[10]. Non fu più necessaria l’autorizzazione del giudice contenuta nella condanna per procedere al sequestro o alla vendita dei beni del debitore, ma si lasciava alla libertà dei contraenti la costituzione di un’ipoteca generale sui beni del debitore attraverso l’aggiunta di una clausola contrattuale che venne chiamata “guarantigia” e l’istrumento che ne era monito venne chiamato guarantigiato o confessionato. Tale rimedio permise al creditore di esercitare le azioni del debitore contro qualsiasi terzo, senza sottoporre a pignoramento il singolo diritto né ottenere la condanna del debitore né attendere la scadenza del debito principale con il risultato che il suo procedimento potesse avere una funzione conservativa o esecutiva a seconda dei casi. Il suo effetto principale era, così, “l’istituzione di un’ipoteca generale sui beni del debitore e un’esecuzione parata”.[11] Il creditore appariva legittimato a esercitare tutte quelle azioni che erano necessarie per impedire un depauperamento del patrimonio del debitore, potendo agire, mediante questo strumento, non solamente in via esecutiva, ma anche in sede di cognizione, esercitandoli al posto del debitore inerte. Tale potere del creditore sarebbe stato considerato un vero e proprio potere surrogatorio generale, simile a quello disciplinato nei codici moderni.

Nel diritto francese dell’antico regime, si iniziò a vedere nel sopra citato strumento pretorio del “pignus”, “une espèce de subrogation”, preludio “dell’action oblique” dell’articolo 1166 del codice napoleonico. Questo articolo viene fatto derivare da antichi testi dottrinali dell’antico regime, nei quali si dice che “le leggi permettono ai creditori di esercitare tutte le azioni dei loro debitori, surrogandone i diritti” e si giustifica la surrogazione qualificando il debitore come “negligente” o “ fraudolento”.[12] Si osserva come tale fenomeno sia presente anche nelle decisioni dei parlamenti dell’epoca e in alcune raccolte di diritto consuetudinario francese richiamate già nel XVII da Jean Domat[13]. In definitiva, come non poteva negarsi il diritto del creditore a un pegno generale sui bona, actiones e nomina del debitore, allo stesso modo doveva riconoscersi al primo il potere di esercitare i diritti del secondo[14].

La formula contenuta nell’articolo 1166 del codice francese ha dato luogo, durante il XIX secolo, a incertezze che sono in voga ancora oggi. Si ricordano diverse massime fondamentali, francesi e italiane, che descrissero i contorni dell’istituto[15]. Nel 1862 la Cassazione di Francia precisò che l’esercizio dei diritti e delle azioni del debitore da parte del creditore dava luogo a una legittimazione concorrente, con la conseguenza che per il debitore non veniva meno il potere di disporre delle situazioni che gli spettavano, potendo, perciò, anche dopo che il creditore avesse agito in ordine ad un determinato rapporto, transigere in ordine al diritto soggettivo. Dopo un mezzo secolo la Cassazione italiana aveva occasione di proclamare il medesimo principio. Tali pronunce furono considerate “l’atto di nascita dell’azione surrogatoria generale: in esse ha fine la serie di alterne fasi evolutive e involutive del nostro istituto.[16]

Attraverso un’attenta riproduzione dell’articolo 1166 francese, l’azione surrogatoria approda nell’articolo 1234 del codice civile italiano del 1865. La codificazione italiana ha, infatti, subito una nettissima influenza francese, vigendo il codice francese, seppur in modo non uniforme, in gran parte del territorio italiano. L’articolo 1234 del codice del 1865, sulla scia di quello francese, recita che “ i creditori, per il conseguimento di quanto loro è dovuto, possono esercitare tutti i diritti e le azioni del debitore, eccettuati quei diritti che sono esclusivamente inerenti alla persona del debitore.” Tale formulazione originaria in tema di surrogatoria ha subito novità con l’elaborazione successiva del codice italiano del 1942. Pare che il moderno legislatore, infatti, abbia voluto garantire una soluzione testuale e una modificazione terminologica al nuovo articolo in esame per risolvere grossolani problemi a riguardo, senza, però, approntare innovazioni sostanziali vere e proprie[17].

Anzitutto l’articolo 1234 del codice civile del 1865, nel qualificare l’azione nella sua funzione e nel suo risultato pratico, usava l’espressione “per il conseguimento di quanto è a lui dovuto”. Tale formula sembrava mettere in evidenza la natura di mezzo esecutivo dell’azione. Il legislatore del 1942 non ha seguito questo orientamento e ha comportato una modifica della disposizione. L’articolo 2900, infatti, con più precisione e maggior chiarezza, pone il principio che la surrogatoria serve “ad assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore”, rafforzando la soluzione negativa al problema discusso intorno al carattere esecutivo della surrogatoria, che parte della dottrina aveva risolto in senso affermativo[18]. La norma attuale chiarisce, inoltre, che, per esercitare l’azione surrogatoria, occorre l’esistenza del requisito caratterizzato dall’inerzia del debitore, che può configurarsi quando egli “trascuri” di esercitare diritti e azioni che gli spettano verso i terzi. Per giustificare l’esercizio della surrogatoria è sufficiente che il debitore, pur non rimanendo totalmente inattivo nella tutela dei suoi diritti, non esplichi in questa tutela la necessaria diligenza. La surrogatoria, quindi, si fonda su un comportamento omissivo da parte del titolare del diritto, incorrendo in uno stato di trascuratezza nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue azioni. Per quanto riguarda il requisito dell’inerzia, non serve un’indagine sulle motivazioni che hanno spinto il debitore a trascurare l’esercizio dei diritti, essendo necessaria la verifica per la quale il debitore pur potendo agire, non lo abbia fatto[19].

Inoltre, un ulteriore chiarimento rispetto alla formula del vecchio codice, emerge dalla statuizione secondo cui i diritti e le azioni che il creditore può esercitare al posto del debitore devono avere contenuto patrimoniale.  Tale condizione della patrimonialità, peraltro, sembra essere implicita nella disposizione dell’articolo 1234 del codice civile del 1865, la quale, escludendo dall’ambito applicativo della surrogatoria diritti spettanti esclusivamente alla persona del debitore, poneva tale requisito. Relativamente, poi, alla condizione della non inerenza del diritto alla persona del debitore, la conseguenza è che il creditore non può sostituirsi al debitore nell’esercizio di diritti inerenti ai rapporti familiari o di diritti della personalità[20]. La dottrina sul punto sembra essere concorde nel ritenere che non si tratti di una qualità intrinseca del diritto, ma si determina con riguardo alla natura e al contenuto di tali diritti in relazione alla funzione dell’azione. Le modificazioni fin qui riscontrate non sembrano far emergere una disciplina completamente diversa dell’istituto in questione, ma sembrano mostrare l’intento di procedere a chiarire ambiguità letterali e precisazioni terminologiche.

Un contenuto essenzialmente innovativo sembra essere riscontrato nel secondo comma dell’articolo 2900, secondo cui “Il creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il debitore al quale intende surrogarsi”. Tale formula ammette in via esplicita che l’esercizio dell’azione surrogatoria può avvenire sia in via giudiziale sia in via stragiudiziale, risolvendo in modo affermativo il problema della chiamata del debitore come litisconsorte necessario nel giudizio intentato dal creditore[21].

2.     Il Fondamento e la finalità dell’istituto

Il Libro VI del codice civile, intitolato “Della tutela dei diritti”, Titolo III, intitolato a sua volta “Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione della garanzia patrimoniale”, disciplina al capo V i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale e in specie l’art. 2900, rubricato “condizioni, modalità ed effetti”, riguarda l’azione surrogatoria.

L’azione de qua viene vista come quel particolare mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, consistente “nel potere” o nella “potestà” attribuita dalla legge al creditore, di esercitare diritti e azioni a contenuto patrimoniale, appartenenti al proprio debitore nei confronti di terzi, ogni volta che esso ne trascuri l’esercizio con eventuale danno per la realizzazione del credito. La denominazione azione surrogatoria può indurre a ravvisarvi un’azione tipica e di contenuto particolare che spetta al creditore nei confronti del debitore o dei terzi. In realtà, da tempo, si concorda che in essa viene individuato un diritto potestativo esercitato dal creditore, in via giudiziale o stragiudiziale, e avente a oggetto un diritto altrui con immediata efficacia per il titolare[22]. Con più corretta terminologia dovrebbe parlarsi, quindi, non di azione surrogatoria ma di legittimazione surrogatoria spettante al creditore, poiché il creditore non svolge nessuna azione nei confronti del debitore, al quale si sostituisce ovvero si surroga. La surrogatoria trova il suo specifico fondamento nel “potere” (o “potestà”) con cui il creditore esercita un diritto altrui. Attraverso tale potere, il creditore comprime la libertà di un’autodeterminazione individuale che spetta, per natura, al titolare del diritto[23].

Com’è noto la forma giuridica più completa e intensa di protezione di un interesse è il diritto soggettivo che il titolare può soddisfare “se e quando lo voglia”, ponendosi come eccezionali le limitazioni che la legge apporti a esso[24]. Tale forma di protezione si verifica quando il potere di realizzarlo viene attribuito allo stesso soggetto titolare, alla cui iniziativa, e quindi, alla cui libertà, resta affidato l’uso di strumenti idonei allo scopo[25]. Il diritto soggettivo di ogni individuo viene definito come “una sintesi di una posizione di libertà e di forza”. Tale diritto, però, non può non tollerare limiti, oneri o condizioni, direttive. Tra queste situazioni assume un particolare rilievo quella in cui un soggetto, pur non avendo la titolarità o la contitolarità di un diritto, può, nondimeno, esercitarlo per la soddisfazione del suo interesse, sostituendosi così al titolare. Situazione eccezionale e certamente particolare, poiché limita fortemente l’autonomia e la libertà individuale del titolare.  Suddetta situazione rappresenta, proprio, la posizione del creditore, la cui legittimazione ad agire in surrogatoria è garantita “per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni.” Si è parlato, a tal proposito, di “controllo gestorio” da parte del creditore, quasi a intendere che il patrimonio del debitore resti soggetto a tale controllo e questi non è più padrone della sua sfera patrimoniale[26]. In particolare si ritiene che “il principio a cui deroga l’azione surrogatoria in esame è quello di autonomia di scelta del debitore, il quale, di norma, ha il potere di decidere di non esercitare i propri diritti.  Tuttavia quando la libertà di non esercitare il diritto viene a risolversi in un pregiudizio per il creditore, il rispetto di detta situazione cede di fronte alla legittimazione surrogatoria.”.[27]

La giustificazione della possibilità di limitare la libertà altrui risiede nella cosiddetta garanzia patrimoniale generale, costituita da tutti i beni, presenti, passati e futuri appartenenti al debitore, secondo quanto previsto dall’art. 2740 del codice civile e destinati alla soddisfazione coattiva del creditore in caso di inadempimento.

Fin dall’entrata in vigore del codice del 1865 mai si dubitò che l’azione surrogatoria, inserita nella cornice che comprende tutti “i mezzi di conservazione”, trovasse il suo fondamento proprio nella garanzia patrimoniale del debitore stesso. Una lettura completa dell’articolo 2900 del codice civile può compiersi, infatti, solamente riconducendo al medesimo quadro, nello sfondo comune del principio di responsabilità patrimoniale, le norme del codice di procedura civile che regolano il sequestro conservativo, quelle del codice civile che riguardano gli effetti sostanziali del sequestro (art. 2906 c.c.), del pignoramento, ma anche le norme attraverso cui il legislatore dispone numerose forme di tutela “indiretta” del creditore per conservare l’oggetto della responsabilità del debitore[28]. La funzione di garanzia che, in quel quadro, è assegnata al patrimonio del debitore, rappresenta il nesso che rende sistematico un insieme di “istituti” e norme che saldano le loro ragioni alla nozione di “responsabilità patrimoniale”.[29] La tutela di suddetta garanzia patrimoniale, quindi, comporta che il creditore, agente in surrogatoria, non solo possa esercitarla ai fini di conservare l’attuale consistenza del patrimonio del debitore, ma anche al fine di accrescerlo, aumentando, così, la possibilità di una eventuale soddisfazione coattiva.

Il potere eccezionale affidato al creditore al fine di raggiungere un dato risultato, concerne tutte le situazioni soggettive nelle quali la soddisfazione dell’interesse del titolare dipende dalla cooperazione altrui. Il creditore ha così il potere di controllare l’attività del debitore nella misura richiesta per il mantenimento della garanzia a suo favore, costituita dall’integrità del patrimonio del debitore stesso.

Osservata da un punto di vista del creditore, l’azione in esame dà luogo a un’intromissione nella sfera giuridica del debitore, ma questa altro non è che una esplicazione del potere di gestione e controllo che spetta al creditore, in quanto titolare di un interesse la cui realizzazione dipende dalla cooperazione del debitore. A fondamento dell’azione surrogatoria si ricollega, altresì, il suo effetto immediato, ossia quello di conservare nel patrimonio del debitore un bene che possa uscirne a causa dell’inerzia del debitore nell’esercitare un diritto o nel trascurare di resistere a un’altrui pretesa illegittima, o, ancora, acquisirvi un diritto nuovo rispetto a quello preesistente[30]. In tutti siffatti casi, l’agire del creditore si ripercuote nella sfera del debitore, traendone, il creditore, solamente una utilità mediata, poiché dalla conservazione o dall’incremento del patrimonio del debitore vede assicurate le proprie probabilità di successo. Una completa dimostrazione del fondamento giuridico dell’azione viene fornita dalla dottrina autorevole, la quale evidenzia che le probabilità di successo nell’azione esecutiva possano subire pregiudizi e possano essere compromesse in diversi modi[31]:

  1. attraverso l’occultamento materiale di alcuni beni del debitore;
  2. attraverso la loro alienazione simulata;
  3. attraverso l’alienazione vera a terzi;
  4. attraverso il mancato esercizio dei diritti spettanti al debitore stesso[32].

Di qui la predisposizione da parte dell’ordinamento di appositi rimedi, consistenti rispettivamente nel sequestro, nell’azione revocatoria e nell’azione surrogatoria. Lo scopo di quest’ultima azione è proprio quello di assicurare un bene, inteso come situazione giuridica soggettiva patrimoniale, alla sfera giuridica del debitore, in modo da consentire l’azione esecutiva e la conseguente soddisfazione di un diritto di credito. L’azione surrogatoria costituisce, quindi, un mezzo di tutela indiretta del diritto di credito, in quanto teso a conservare l’oggetto della responsabilità del debitore e assicurare de futuro la realizzazione coattiva del diritto di credito[33].

Sussiste, dunque, un collegamento strumentale tra la legittimazione surrogatoria e la responsabilità patrimoniale. Esso è alla base della dimostrazione che l’esercizio della surrogatoria non può essere attribuito al creditore nel caso in cui non vi sia un pericolo che l’oggetto della garanzia patrimoniale possa essere messo a rischio per effetto dell’inerzia del titolare[34]. Quindi il carattere strumentale della legittimazione surrogatoria non è una generica qualificazione della sua funzione, ma è un carattere connaturale e specifico, nel senso che la legittimazione è riconosciuta solo quando essa sia in concreto uno strumento necessario per mantenere l’oggetto della responsabilità patrimoniale nelle condizioni sufficienti per assicurare la realizzazione coattiva del diritto di credito. Nel delineare il fondamento della surrogatoria, si ribadisce che “il potere che la legge riconosce al creditore non è la conseguenza di un diritto del creditore avente per oggetto i beni del debitore, bensì si pone essere conseguenza ulteriore dello stesso diritto di credito, poiché lo scopo è evitare una lesione di tale diritto, conservando i beni che possono servire mediante l’esercizio dell’azione esecutiva, al fine di assicurare la possibilità di una futura realizzazione.”[35] Non occorre affatto per giustificare la surrogatoria, ammettere l’esistenza di un diritto del creditore sui beni del debitore di natura sostanziale, essendo sufficiente che l’azione in esame venga considerata come un mezzo di conservazione di tutela del diritto di credito.

Diversamente si è posta altra parte della dottrina[36], la quale rinviene il fondamento del potere surrogatorio nel diritto di credito, quale posizione attiva del rapporto giuridico obbligatorio. La responsabilità o garanzia patrimoniale gravante sull’obbligato è a sua volta la risultante dei concreti poteri di ingerenza attribuiti al creditore sul patrimonio del debitore che è vincolato giuridicamente ad adempiere la prestazione dedotta nell’obbligazione. A sostegno di tale tesi si ritiene dunque che “non esistono né un distinto obbligo del debitore a mantenere integro o a incrementare il proprio patrimonio, né un diritto di pegno generale e generico del creditore sui beni del debitore di cui la surrogatoria sia espressione, né un diritto di controllo gestorio sugli stessi beni.”[37]

Non può essere neppur configurato il potere del creditore come un supposto diritto di garanzia, chiamato con il nome di pegno generale, che spetterebbe al creditore su tutti i beni del debitore. Se si ammettesse l’esistenza di un tale diritto di garanzia e se si supponesse la surrogatoria come un mezzo a tutela e difesa di un siffatto diritto, si dovrebbe finire per autorizzare la surrogatoria ogni qualvolta si verifichi un comportamento omissivo del debitore che importi un depauperamento patrimoniale. Giova ricordare, invece, che tale rimedio della surrogatoria è ammesso nella sola ipotesi in cui si temi un pericolo di insolvenza del debitore[38].

Secondo quanto affermato dalla dottrina prevalente vi è stato, anche erroneamente, qualche scrittore che ha visto e ritenuto la surrogatoria come una sanzione di un dovere del debitore di conservare o non diminuire la garanzia patrimoniale[39]. Anzitutto tale teorizzazione è da intendere “errata” perché “a negare l’esistenza di un dovere del debitore è la dimostrazione che la surrogatoria è ammessa indipendentemente dal fatto che l’inerzia del debitore sia dolosa o colposa e quindi anche un’inerzia incolpevole legittima l’intervento del creditore, mentre se l’azione costituisse un rimedio contro la sanzione dell’inadempimento di un obbligo del debitore, non dovrebbe essere applicata qualora l’inerzia sia dovuta a causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.).”[40] In secondo luogo, se si finisse per ammettere un tale dovere in capo al debitore, il creditore che non si trovi più nella condizione di neutralizzare con l’esercizio della surrogatoria i danni che derivino dall’inerzia del debitore stesso, dovrebbe avere diritto al risarcimento dei danni. Si può, invece, osservare bene come la legge non introduce alcun tipo di riferimento esplicito a tale diritto al risarcimento.

In conclusione, la facoltà che il creditore ha di far valere i diritti del debitore non può, dunque, costruirsi come la sanzione di un comportamento illegittimo del debitore né come un mezzo di attuazione specifica di un diritto di credito sui beni del debitore. Essa è da intendersi come uno strumento di conservazione della tutela del diritto di credito, diretto a prevenire un danno futuro e assicurare la realizzazione e la soddisfazione di un futuro diritto di credito.

3.     Funzione e natura della surrogatoria

Il legislatore assegna all’azione surrogatoria la funzione di far conseguire al patrimonio del debitore un bene che il debitore stesso non consegua omettendo di esercitare un diritto a lui spettante verso un terzo, oppure di far conservare un bene che potrebbe uscire dal suo patrimonio, qualora il debitore ometta di esercitare un diritto che gli spetta o ometta di contrastare una pretesa illegittima[41]. Sussiste, dunque, una duplice finalità che caratterizza l’azione surrogatoria.  La prima consiste nell’incrementare il patrimonio del debitore, trasformando in elementi attuali quelli che sono considerati solo potenziali[42]; la seconda, invece, consiste nel mantenere il patrimonio nella sua consistenza reale.

In primis, se l’azione surrogatoria ha come scopo quello di determinare un incremento del patrimonio del debitore, essa suppone già acquisito il diritto a conseguire quell’incremento alla sfera giuridica dello stesso. Si tratta, in tal caso, di porre in essere un’attività necessaria per realizzare concretamente il contenuto di tale diritto, trasformando il diritto al bene in un diritto sul bene. In secundis, quando l’azione surrogatoria tende a evitare una diminuzione patrimoniale, essa suppone che il debitore abbia la facoltà o il potere di impedire che un determinato bene esca dal suo patrimonio e che l’attuazione di tale facoltà dipenda dalla volontà del debitore stesso[43]. Così, ad esempio, può verificarsi che il debitore, essendo pure debitore di un terzo, ometta di eccepire la compensazione o la prescrizione, e quindi, provochi una diminuzione patrimoniale che avrebbe la possibilità di evitare. In tal caso il creditore, sostituendosi a esso nell’esercizio di quelle facoltà, ottiene il risultato di mantenere inalterata la consistenza patrimoniale del suo debitore[44]. Delineata siffatta duplice finalità, sembrano non esservi dubbi circa la natura esclusivamente conservativa dell’azione surrogatoria, nel senso che essa rappresenta un mezzo per assicurare, in un momento logicamente e cronologicamente successivo, l’esito positivo dell’azione esecutiva[45]. Dalla sua funzione conservativa discende la sua natura cautelare, diretta a evitare il pregiudizio che potrebbe in futuro gravare sul creditore dall’inerzia del debitore.

Seppure l’inquadramento normativo dell’azione surrogatoria non lasci spazio a equivoci, in dottrina è fortemente dibattuto il carattere da attribuire alla funzione dell’azione surrogatoria. Il tradizionale dibattito scientifico sull’azione surrogatoria oscilla tra una funzione puramente conservativa, una funzione esecutiva (più precisamente satisfattiva), o ancora preparatoria delle azioni cautelari o esecutive in senso proprio.  Tali oscillazioni emergono anche nella giurisprudenza e i conseguenti dubbi nascono sostanzialmente da un equivoco. Esso consiste nel considerare la surrogatoria come un’azione uniforme e autonoma con propri petitum e causa petendi, alla quale ci si sforza di attribuire natura e funzione a sua volta autonome[46]. In realtà, la tradizionale dizione “azione surrogatoria” non ha contenuto o significato tecnico- processuale come quando si indichi il potere di agire in giudizio oppure quando si faccia riferimento a una precisa domanda giudiziale con i propri petitum e causa petendi.

La locuzione legislativa di cui all’art. 2900 del codice civile indica, invece, l’agire in genere del creditore che si sostituisce al proprio debitore inerte nell’esercizio giudiziale e stragiudiziale dei suoi diritti patrimoniali verso i terzi. Di conseguenza in via surrogatoria, il creditore potrà agire esercitando azioni giudiziarie a contenuto patrimoniale di qualunque tipo: cautelari, esecutive, ordinarie e speciali, esperibili secondo le circostanze[47]. Come si è già visto, l’articolo 1234 del codice civile del 1865 attribuiva ai creditori l’azione surrogatoria “per il conseguimento di quanto loro è dovuto”. Questa espressione induceva alcuni autori a ritenere che l’azione surrogatoria potesse avere, accanto alla funzione di conservazione della garanzia patrimoniale, anche una funzione esecutiva, dando al creditore la pretesa di ottenere che il bene oggetto dell’obbligazione venisse versato dal terzo nel proprio patrimonio, invece che nel patrimonio del debitore surrogato. Questa tesi è stata sostenuta da una parte della dottrina[48], la quale riteneva che solo eccezionalmente potesse riconoscersi all’azione una funzione conservativa. A sostegno di tale tesi altresì si affermava che “non si può disconoscere che nove volte su dieci quel creditore che decide di esercitare la surrogatoria, lo fa in vista di uno scopo pratico, quello di realizzare il suo avere. Il legislatore del ’65 è stato più realistico di quanto non si creda, considerando che ha usato nell’art. 1234 la nota frase: per il conseguimento di quanto a loro è dovuto.”[49]

Di contrario avviso era un’altra e larga dottrina, la quale considerava l’azione, di cui all’art. 1234 del codice civile del 1865 avente una funzione essenzialmente conservativa[50]. La finalità conservativa veniva sostenuta sulla base del fatto che al creditore è concesso di conseguire, con l’esercizio di essa, solo la garanzia più o meno integrale e il futuro soddisfacimento di un credito pericolante, non già l’immediato soddisfacimento del credito stesso. Per tale dottrina, l’azione surrogatoria non era altro che un antecedente logico dell’esecuzione forzata.

Anche la giurisprudenza risultava divisa sulla questione relativa alla formulazione contenuta nel codice del 1865[51]. La parte maggioritaria tendeva ad accentuare la finalità di strumento dell’esecuzione dell’azione surrogatoria, adeguandone la disciplina a quella dell’azione esecutiva in genere, ossia richiedendo che per tale azione fosse necessario l’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile. La funzione esecutiva dell’azione surrogatoria è stata sancita dalla Corte di Appello di Milano in una storica sentenza del 1882. Questa decisione fu presa riguardo a un processo che trattava di un diritto di riscatto di immobili venduti, esercitato dal creditore del venditore in surrogatoria. Una volta pagato il prezzo dal surrogante, la domanda era la seguente: deve il bene entrare nel patrimonio del debitore surrogato, riconoscendo all’azione una funzione conservativa, o deve entrare nel patrimonio del surrogante, riconoscendole una funzione satisfattiva?

La Corte d’Appello decise per la seconda ipotesi, osservando che “diversamente facendosi e lasciandosi cioè che rientrassero nel dominio del debitore gli stabili a riscattarsi con danaro del creditore, verrebbe a trovarsi esposto a un maggior pericolo, e l’uso della facoltà in suo favore introdotta dalla legge potrebbe convertirsi in sorgere di nuovi disturbi e danni.[52] La Corte aggiungeva che la soluzione scelta non potesse alterare la par condicio creditorum, poiché per gli altri creditori rimaneva la possibilità di esperire ulteriormente quelle ragioni che crederanno di poter vantare, essendo per loro indifferente che i beni, anziché entrare nelle mani del compratore, passino in quelle del creditore del venditore.

Di contrario avviso, invece, la Corte d’Appello della città di Palermo. La stessa chiamata a giudicare in sede di rinvio, sanciva che il bene “tolto” al terzo attraverso la surrogatoria, andasse rimesso nel patrimonio del debitore. Il collegio precisava che “Certamente, se il prodotto dell’azione che si esercita ex iuribus debitoris si presta ad una pronta appropriazione per parte del creditore, costui può contemporaneamente far domanda di assegnazione a suo favore. Ma anche in tal caso, i momenti dell’una e dell’altra istanza rimangono separati. L’assegnazione avviene come corollario del ritorno del cespite nel patrimonio del debitore.[53] Ancora la funzione conservativa veniva sostenuta in una antica sentenza emanata dalla Cassazione nel 1912. Tale sentenza va letta contrariamente alla citata sentenza della Corte di Appello di Milano del 1882. In essa viene stabilito che “il creditore del venditore, che dichiara di esercitare il diritto di riscatto a mente dell’art. 1234 del codice civile, ha l’obbligo di eseguire il pagamento del prezzo e degli accessori, facendo rientrare la cosa nel patrimonio del suo debitore “per conseguirne l’adeguato prezzo”. [54]

Lo scopo conservativo veniva negato, ancora, dalla Cassazione in una sentenza del 1942[55]. Nel caso di specie si trattava di stabilire se il creditore, agente in surrogatoria, fosse tenuto a provare l’avvenuta denuncia di successione, secondo quanto previsto dalla legge in tema di imposta di successione. La Cassazione, a tal proposito, ha osservato che la detta imposta colpisce una quota di ricchezza trascorsa all’erede o al legatario e che, nel caso di realizzazione di un credito in via surrogatoria, nessun sostanziale incremento di ricchezza subisce il patrimonio dell’erede-surrogato[56]. Secondo la Cassazione, l’articolo 1234 del codice civile escludeva che il bene preteso dovesse entrare prima nel patrimonio del debitore surrogato e poi in quello del creditore surrogante, negando ogni funzione di conservazione dell’azione.

L’evoluzione storica dimostra che l’azione surrogatoria ha svolto in origine una funzione fondamentalmente esecutiva, consentendo al creditore, che agiva esecutivamente, di colpire non soltanto i beni ma anche i diritti del debitore. Gli sviluppi successivi determinarono una profonda modificazione, trasformando la surrogatoria in mezzo di conservazione dei diritti del debitore. Con il passare del tempo, il risultato a cui l’azione tendeva non era più il conseguimento immediato del credito, ma un incremento del patrimonio del debitore, in vista del futuro soddisfacimento[57]. Nel nuovo articolo 2900 del codice del 1942, infatti, vi è stato un cambiamento terminologico che ha portato a sancire che l’esercizio e le azioni altrui non vengono più attribuiti al creditore “per il conseguimento di quanto loro è dovuto”, ma “per assicurare che siano soddisfatte e conservate le ragioni del creditore”.  Questa nuova formulazione, secondo il legislatore, serve a porre meglio in evidenza “la funzione eminentemente conservativa” dell’azione surrogatoria. Sulla base del nuovo dettato legislativo, dunque, la dottrina dominante non ha dubbi sul punto che la funzione del procedimento surrogatorio sia assicurativa-conservativa, ossia cautelare[58].

La tesi a favore della funzione conservativa è sostenuta ed argomentata in modo approfondito dalla dottrina più autorevole[59], la quale ritiene che la conferma circa la funzione conservativa e cautelare da attribuire all’azione si può desumere, anzitutto, dalla stessa lettera della legge. Mentre l’art. 1234 forniva un argomento decisivo a favore dei sostenitori della funzione esecutiva, il nuovo articolo in esame tende ad eliminare ogni equivoco. Anzi la formula esaminata chiarisce ulteriormente la funzione strumentale della surrogatoria. Quando essa procura al debitore un incremento o impedisce una diminuzione può servire ad assicurare un fruttuoso esercizio dell’azione esecutiva o ad assicurare l’esercizio immediato dell’azione cautelare sui beni acquisiti al patrimonio del debitore con il sequestro conservativo e, quindi, solo in via mediata, l’eventuale azione esecutiva. Altresì, a sostegno della funzione conservativa si ritiene che per ammettere che la surrogatoria abbia una funzione satisfattiva, occorrerebbe considerare l’azione non come un semplice strumento a disposizione del creditore per conservare l’oggetto della garanzia patrimoniale, ma come uno strumento che, come l’azione esecutiva, sia adatto a realizzare il contenuto del diritto del creditore, senza il concorso di altri mezzi giuridici. “Tuttavia, qualunque cosa si possa dire da un punto di vista storico, che nel nostro ordinamento la surrogatoria abbia una funzione esecutiva è da escludere[60].

Pertanto, per sostenere la tesi di una funzione esecutiva dell’azione, si dovrebbe ammettere che il terzo, contro cui il creditore fa valere la pretesa del debitore, sia tenuto ad eseguire la prestazione direttamente nei confronti del creditore, che avrebbe il diritto di ritenerla per sé in modo definitivo.  Mentre, ogni qualvolta il creditore si sostituisce al debitore nell’esercizio o nella difesa di un diritto reale o nell’esercizio di un diritto di credito, egli si limita a difendere un bene da un’aggressione altrui soltanto per precostituirsi la possibilità che, attraverso l’esecuzione forzata su quel bene, il suo diritto possa essere coattivamente realizzato. Attraverso la surrogatoria, il creditore recupera dal terzo la cosa del debitore, divenendo un semplice detentore in nome del debitore medesimo. Quando il bene che il creditore intende aggredire non è quello a lui dovuto, egli non ha di regola altra possibilità che quella di convertirlo in denaro attraverso l’espropriazione per crediti. Ciò significa che all’esercizio della surrogatoria, diretta a far conseguire un bene nel patrimonio del debitore, si deve far seguire l’azione esecutiva[61].  Nemmeno ove il creditore si trovi a conseguire dal terzo il bene dovuto dal debitore, ossia la cosiddetta eadem res, potrebbe attribuirsi al rimedio una funzione satisfattiva: anche in tal caso, infatti, il bene realizzato dal creditore dovrà ritenersi acquisito al patrimonio del debitore, nei cui confronti egli resta obbligato al rendiconto e alla restituzione[62].

Resta da considerare l’ulteriore opinione dottrinale secondo cui, in astratto, potrebbe attribuirsi all’azione surrogatoria una funzione satisfattiva. Alcune volte, infatti, viene ammesso che il creditore, agendo in surrogatoria, possa conseguire nel suo patrimonio il bene oggetto dell’obbligazione: “tale effetto satisfattivo, però, anche in tal caso, consegue indirettamente all’esercizio dell’azione”.[63]

A tal proposito, le possibili ipotesi in cui ciò può verificarsi sono sostanzialmente due:

  1. La prima è quella in cui l’oggetto dell’obbligazione è una somma di denaro. Il giudice non può, in tal caso, condannare il terzo, tenuto anch’egli a pagare una somma, a versare la stessa direttamente nelle mani del creditore. E’, però, possibile che il creditore consegua preventivamente quanto dal terzo dovutogli. Il terzo sarebbe, infatti, tenuto a versare la somma nel patrimonio del debitore, ma può compensare questo debito con il proprio creditore. Attraverso l’istituto della compensazione, il creditore, quindi, che abbia ad oggetto un credito certo, liquido ed esigibile, viene autorizzato a ritenere per sé le cose ricevute dal terzo, sino alla concorrenza della quantità a lui dovuta. La posizione del creditore viene assimilata a quella di un adiectus solutionis causa il cui obbligo al rendiconto di quanto ricevuto viene meno con il verificarsi dei presupposti della compensazione.
  2. Nel secondo caso, una cosa determinata costituisce sia l’oggetto dell’obbligazione immediatamente esigibile del debitore verso il creditore, sia l’oggetto dell’obbligazione del debitore verso il terzo. A tal proposito la dottrina autorevole[64] fa l’esempio del locatario, il quale abbia diritto alla consegna della cosa locata ed eserciti verso il terzo, surrogandosi al locatore, l’azione di rivendica o l’azione personale di restituzione. In tale ipotesi, il creditore, agendo in surrogatoria, ottiene dal debitor debitoris lo stesso bene a lui dovuto. Pur mancando un vero e proprio adempimento, si realizza la soddisfazione creditoria e il creditore fonderà il suo diritto a trattenere il bene sul principio del conseguimento dello scopo: il suo interesse si realizza e di riflesso si estingue il correlativo obbligo del debitore.

Verificatesi una tra le descritte situazioni, gli altri creditori, che in sede esecutiva potrebbero opporsi ad una condanna diretta del terzo, stante il principio della par condictio creditorum, non potranno reagire, come non potrebbero farlo dinanzi ad un inadempimento spontaneo del debitore. Stando così le cose, si potrebbe pensare che la surrogatoria abbia una funzione immediatamente satisfattiva.  In realtà il creditore, in entrambi i casi, consegue la realizzazione in forma specifica del suo diritto, non come conseguenza immediata dell’esercizio della surrogatoria, ma per effetto di altri mezzi o istituti (quale il conseguimento dello scopo e la compensazione). Anche in questi casi, quindi, è stata negata la legittimazione del creditore a chiedere una condanna diretta del terzo a proprio favore, poiché ciò snaturerebbe la caratteristica funzione del mezzo in esame, che verrebbe trasformato in una espropriazione per crediti[65].

La funzione conservativa, oltre ad emergere dalla disposizione moderna dell’articolo 2900, viene anche sostenuta da gran parte della dottrina, poiché contro la surrogatoria esecutiva è sorta anche la preoccupazione che sia violata la par condicio creditorum e che attraverso la surrogatoria uno dei creditori venga ad avere un vantaggio sugli altri creditori. La surrogatoria, in conclusione, non è direttamente un mezzo di realizzazione del diritto del creditore, ma solo uno strumento per rendere possibile, in un momento logicamente successivo, il sorgere di un mezzo giuridico idoneo a realizzare il diritto del creditore.

Questa costruzione ha resistito nelle sue linee essenziali, essendo stata accettata e sostenuta da tutta la dottrina maggioritaria[66], la quale ha sostenuto fortemente sostenuto una funzione conservativa dell’azione surrogatoria. Nessun atto del creditore che agisce in surrogatoria può essere considerato direttamente satisfattivo delle sue ragioni, poiché gli effetti della surrogatoria si producono in capo al debitore. Lo scopo dell’azione surrogatoria è, infatti, quello di acquisire al patrimonio del debitore un bene che questi omette di conseguire o conservare un bene che potrebbe uscirne[67]. Gli effetti, nell’una e nell’altra ipotesi, si ripercuotono nella sfera del debitore: il creditore avrà una utilità solamente mediata, in quanto dalla conservazione o dall’incremento del patrimonio del debitore, vede indirettamente assicurate o migliorate le probabilità di successo di un’eventuale azione esecutiva[68] .

Per sottolineare la funzione essenzialmente conservativa, viene analizzata altresì l’ipotesi secondo cui può anche accadere che l’obbligo di restituire il bene che il creditore, surrogandosi, fa conseguire dal terzo, venga estinto per compensazione. La conseguenza starebbe nel fatto che il creditore possa rimanere, perciò, in possesso del bene definitivamente acquisito. Tuttavia, tale risultato si mostra come ipotetico ed eventuale e potrebbe venire frustato in itinere da un’eventuale azione esecutiva o cautelare ad opera degli altri creditori. Si presenta come uno strumento del tutto estrinseco al rimedio della surrogatoria, in quanto non consegue all’esercizio di essa, ma è l’effetto di una fattispecie indipendente e autonoma. L’istituto in esame non può che avere quindi una funzione essenzialmente cautelare.

Ancora vi è una parte della dottrina[69] che accetta la costruzione concettuale della funzione conservativa, solo osservando che qualora l’oggetto delle due obbligazioni, ossia quella del debitore verso il terzo e del debitore verso il creditore, sia una cosa determinata, il versamento diretto della stessa nel patrimonio del creditore e la conseguente estinzione del credito per conseguimento dello scopo presenta una “debole autonomia concettuale”, in quanto non fa altro che descrivere il risultato finale del fenomeno e non costituirne il fondamento[70]. In tali ipotesi si può riconoscere all’azione surrogatoria una funzione satisfattiva. Questa lettura si fonda sull’assunto che l’articolo 2900 c.c. distingue tra conservazione e soddisfazione delle ragioni creditorie e sul fatto che il concreto operare dell’istituto, risultante dalle pronunce giurisprudenziali, mostra come al creditore surrogante sia dato eccezionalmente di esigere la somma di denaro o la eadem res dovuta al suo debitore per attribuire efficacia maggiore allo strumento della surrogatoria. Mentre quindi la dottrina dominante ha ampiamente argomentato nel sostenere come la funzione dell’azione surrogatoria sia cautelare, non è mancato chi ha sostenuto che “una funzione conservativa non esclude la possibilità di una soddisfazione, cioè il suo carattere esecutivo e ciò appunto perché il nuovo testo di legge non dà maggiore importanza dell’abrogato articolo 1234, all’uno piuttosto che all’altro carattere esecutivo o conservativo.”[71]

Tuttavia, a coloro che sostengono una funzione satisfattiva dell’azione, è stato criticato di leggere l’azione in esame come una vera e propria esecuzione forzata, venendo meno qualsiasi tutela per il debitore surrogato. Per negare ogni somiglianza tra azione surrogatoria ed esecuzione forzata è bene delineare un raffronto tra esecuzione forzata e funzione satisfattiva dell’azione surrogatoria. In particolare, parte della dottrina, a tal proposito, sottolinea che l’esecuzione forzata è un mezzo di tutela giurisdizionale, il cui fine è quello di rendere concretamente possibile il soddisfacimento del credito, esigendo, rispetto alla surrogatoria, un titolo esecutivo certo liquido ed esigibile, diversi poteri delle parti nel processo e del giudice. Non si vede quindi una possibile analogia con l’art. 2900 del codice civile[72].

Parimenti la dottrina dominante ha ritenuto che non sarebbe esatto qualificare l’azione surrogatoria come un mezzo assicurativo di carattere accessorio ad un procedimento esecutivo o cautelare[73]. Senza dubbio, il creditore, avvalendosi del potere surrogatorio, non può mirare che ad assicurarsi il futuro successo di una eventuale azione esecutiva o anche la possibilità di una specifica misura cautelare, quale, ad esempio, il sequestro conservativo. Da ciò, tuttavia, sarebbe erroneo argomentare il requisito di un cumulo necessario dei vari mezzi a disposizione del creditore. “Se la finalità dell’istituto è, infatti, quella di “assicurare che siano soddisfatte de futuro le ragioni del creditore”, tale risultato è integralmente raggiunto allorché il bene è acquisito o mantenuto nel patrimonio del debitore e si renda o rimanga assoggettato all’azione esecutiva o cautelare.”[74]

In questo contesto rivestono un ruolo rilevante soprattutto le indicazioni giurisprudenziali, dato che la funzione di un istituto può essere compresa solo se si esamina il suo concreto operare. In giurisprudenza è, oggi, affermazione ricorrente che l’azione surrogatoria abbia una funzione eminentemente conservativa, aggiungendosi che solo eccezionalmente possa avere una funzione esecutiva. Tale funzione satisfattiva viene ammessa quando l’azione tende al conseguimento di una somma di denaro dovuta dal terzo al debitore e da questo al creditore, qualora ci sia la possibilità che, se versata nel patrimonio del debitore, venga da quest’ultimo sottratta all’esecuzione del creditore. In tal caso, infatti, la finalità conservativa verrebbe di gran lunga frustata[75].

Si tratta di un’estensione della funzione dell’azione surrogatoria che, per scopi di effettività della tutela, fa chiaramente superare i limiti normativi del mezzo in esame, avvicinandolo alle ipotesi di azione diretta. Ne deriverebbero seri problemi sia di coordinamento con altre azioni, cognitive o esecutive, sia di compatibilità rispetto alle regole sul concorso dei creditori secondo le cause legittime di prelazione. Un tale carattere eccezionalmente satisfattivo dell’istituto viene delineato esplicitamente e argomentato dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 1952 n. 2010. La Suprema Corte ha confermato una sentenza di merito con cui il terzo era stato condannato a pagare una somma di denaro direttamente al creditore agente in surrogatoria. Nel sostenere la sua decisione, ha, così, pronunciato: “L’azione mira alla reintegrazione e al potenziamento del patrimonio del debitore, affinché si ricostituisca e si mantenga intatta la garanzia generale del creditore su di esso. Quindi la funzione naturale e normativa dell’azione è quella conservativa. Ciò peraltro non esclude che possa eccezionalmente adempiere anche la funzione esecutiva, qualora speciali circostanze lo giustifichino. Può verificarsi, infatti, come avvenne nel caso di specie, che l’azione tenda al soddisfacimento di un credito di una somma di denaro dovuta dal terzo al debitore e da questo al creditore e che se fosse pagata al debitore, sarebbe agevolmente sottratta all’esecuzione. Non vi sarebbe motivo di negare, in tal caso, la possibilità di una condanna diretta del terzo a favore del creditore, sia perché questa non ripugna alla natura della surrogatoria, la quale è esercitata per la soddisfazione, sia perché nessun pregiudizio ne deriverebbe per il debitore.[76]

Sulle linee della giurisprudenza testé analizzata si è conformata anche quella più recente. Nella sentenza del 25 gennaio 2017 n. 201, il Tribunale di Lucca, chiamato a giudicare circa la prestazione dovuta dal terzo direttamente al creditore surrogante, si è espresso positivamente riconoscendo che l’azione surrogatoria può avere effetto satisfattivo o satisfattorio solo eccezionalmente ed in particolare quando l’azione esercitata in surroga abbia ad oggetto un’obbligazione pecuniaria che, se adempiuta dal terzo in favore del debitore, determinerebbe il concreto rischio che le somme vengano occultate e quindi sottratte all’esecuzione[77].

La giurisprudenza ha delineato ancora un’altra fattispecie, da considerarsi a parte, dove è stata riconosciuta la funzione satisfattiva dell’azione surrogatoria. In particolare nella pronuncia n. 3129 del 1974 la Corte di Cassazione ha stabilito che il danneggiato può chiedere la condanna diretta del terzo, ossia l’assicuratore, a proprio favore pur agendo il primo in surrogatoria dell’assicurato. Come è stato sottolineato dalla Corte “ poiché a norma dell’articolo 1917 comma 2, l’assicurato può soltanto pretendere che l’assicuratore paghi direttamente al terzo, è in quest’ultima pretesa che il terzo può surrogarsi ai sensi dell’articolo 2900 del codice civile. In questo caso il danneggiato potrà chiedere che il pagamento gli sia eseguito direttamente dall’assicuratore perché proprio questo è l’obiettivo dell’azione al quale si è surrogato.”[78] L’azione surrogatoria ha quindi, in tal caso, una funzione direttamente esecutiva per la particolare natura del potere del debitore in cui il creditore si sostituisce: se infatti l’assicurato ha, in base all’articolo 1917 comma 2, il potere di chiedere all’assicuratore di pagare direttamente al danneggiato, quest’ultimo sostituendosi all’esercizio di tale potere non può che ottenere il pagamento diretto a proprio favore.

Contro un carattere eccezionalmente satisfattivo della surrogatoria sono state sollevate diverse critiche. A tal proposito, vi è stato chi ha ritenuto “esorbitanti” le eccezioni che la giurisprudenza ha ammesso rispetto alla normale funzione dell’azione surrogatoria[79]. Data la frequenza in cui si dovrebbe riconoscere una funzione esecutiva all’istituto in esame, la presunta eccezione finisce così per diventare regola. Si ribadisce, a tal punto, che sul piano sistematico il legislatore ha voluto determinare soltanto la funzione conservativa e non esecutiva dell’istituto, diretta alla conservazione del patrimonio e diretta a preparare il terreno per l’esecuzione forzata[80].

La lunga evoluzione storica, infatti, ha mostrato che la funzione caratterizzante dell’azione surrogatoria è stata quella esecutiva ma con l’entrata in vigore del codice moderno è stata accentuata la sua funzione conservativa.

4.     Natura e limiti del potere del creditore

Il fondamento e la natura del potere attribuito al creditore surrogante hanno destato il sorgere di opinioni discordanti in dottrina. Gravi incertezze si riscontrano anche nella dottrina più autorevole, con riferimento alla qualificazione della posizione del creditore e non soltanto a livello terminologico. In primis, si discute se si tratti di “potestà” o “potere” di compiere atti immediatamente rilevanti per il debitore.

Come osserva la dottrina autorevole[81], la denominazione tradizionale dell’azione surrogatoria non deve indurre in equivoco e far pensare ad un’azione tipica di contenuto particolare che spetti al creditore nei confronti del debitore. Infatti il creditore non svolge alcuna azione nei confronti del debitore al quale si sostituisce.[82] Più correttamente, quindi, si deve parlare di legittimazione surrogatoria, ossia di una potestà attribuita al creditore di esercitare un diritto altrui con efficacia immediata per il titolare.

Diversamente si sostiene che si tratta di un potere generale spettante al creditore e non di una tipica e determinata azione[83]. Si aggiunge, inoltre, che, nonostante la possibilità pratica e teorica di un esercizio stragiudiziale, l’esperienza concreta mostra che lo speciale potere del creditore si proietta essenzialmente nell’ambito della tutela giurisdizionale[84].

Superata è da considerare la tesi secondo cui il creditore, surrogandosi al debitore, succede nei suoi diritti. Tale tesi era stata originariamente sostenuta da una parte della dottrina[85], la quale riteneva che “si trattava non di creare diritti nuovi ma di subingredire in diritti esistenti e di esercitarli come farebbe lo stesso debitore, accettandoli nei termini e nelle condizioni in cui si trovano.[86] Tuttavia, con il tempo, tale posizione è stata abbandonata. La dottrina recente è concorde, infatti, nel ritenere che la successione o il subingresso possano far pensare ad una perdita della facoltà di esercitare il diritto da parte del titolare, mentre la surrogatoria non trasferisce le situazioni soggettive del debitore surrogato, ma dà luogo ad una legittimazione concorrente. Al contrario, si ritiene che il creditore esercita un vero e proprio “potere” attraverso il quale fa valere la medesima posizione sostanziale di cui è titolare il debitore[87]. Si ha dunque un’azione propria del creditore, sorretta da una legittimazione ad agire e a contraddire di carattere secondario, che ha come presupposto una legittimazione primaria.

Nella dottrina più recente, una parte ravvisa nell’azione surrogatoria l’esercizio di un diritto potestativo avente ad oggetto la realizzazione di un diritto altrui con efficacia immediata per il titolare[88]. Contrariamente, quella prevalente sostiene la seconda tesi secondo cui si tratti di un potere e non di una potestà. Il nucleo essenziale dell’istituto, infatti, è stato individuato nell’esercizio dell’azione o del diritto che spetta al debitore nei confronti dei terzi e proprio tale caratteristica fa sì che questo esercizio si possa qualificare come “potere”.[89] Seppure, quindi, la qualifica di potere sia da preferirsi, resta da accertare se questo potere debba essere inteso come una posizione soggettiva da contrapporre al diritto soggettivo o se, viceversa, a base di esso sia ravvisabile uno specifico diritto soggettivo attribuito dalla legge al creditore. Vero è che, secondo una tendenza dottrinale molto diffusa, l’elemento caratterizzante del diritto soggettivo, che ne costituisce il momento giuridico-formale, è sempre un potere.  Ma allo stesso tempo è del pari vero che esistono situazioni in cui il soggetto ha la possibilità di conseguire, con un atto della sua volontà, una determinata modificazione giuridica. Situazioni che non possono essere qualificate come diritti soggettivi.

La categoria più facilmente individuabile di poteri giuridici è quella caratterizzata dal fatto che il titolare può, con un suo atto volontario, disporre o realizzare l’interesse altrui. Si precisa che, a riguardo, sia meglio parlare di potestà più che di potere per evitare equivoci, poiché anche il potere si risolve in un diritto soggettivo[90]. In ogni caso il concetto di potere o di potestà come entità propriamente distinta dal diritto soggettivo è emersa dall’analisi delle ipotesi in cui un soggetto, in funzione della sua qualità determinata normalmente legata ad un ufficio, abbia la possibilità giuridica di creare, modificare o estinguere una preesistente situazione giuridica nell’interesse di un altro soggetto. In via esemplificativa si possono delineare le figure del tutore, del curatore del fallimento, del custode di un bene pignorato o sequestrato, del curatore dell’eredità giacente, dell’esecutore testamentario, nonché del rappresentante. Nelle ipotesi richiamate l’alienità dell’interesse, che costituisce la ragione dell’attività, può considerarsi un elemento sufficiente al fine di negare che il potere del soggetto agente sia qualificabile come diritto soggettivo, che rappresenta, invece, un elemento caratterizzante della tutela di un interesse proprio.

La posizione del titolare di un ufficio, quella del rappresentante, del sostituto ed altre ancora è stata, perciò, correttamente qualificata come titolarità di un potere o di una potestà. Potestà che si esercita attraverso il compimento di atti che producono i loro effetti giuridici nella sfera patrimoniale del titolare dell’interesse di cui si dispone o che viene ad essere realizzato.  La figura del creditore, a favore del quale concorrono le condizioni che possono giustificare l’esercizio della surrogatoria, è in tutto analoga a quella del titolare di un ufficio, di un rappresentante o del sostituto. Tuttavia, in tali ipotesi, l’attuazione dell’interesse altrui è normalmente un effetto esclusivo e assai evidente dell’attività del soggetto titolare del potere, mentre, nell’ipotesi del creditore, si nota una commistione tra la cura dell’interesse proprio del creditore medesimo e la cura di quello del debitore. Non bisogna, però, confondere i due profili, che non si sovrappongono, ma si trovano in un rapporto di strumentalità[91] .

Il potere del creditore, infatti, di esercitare i diritti del proprio debitore è certo attribuito a tutela di un interesse esclusivo del primo di natura conservativa, ma “quando quel potere viene concretamente esercitato attraverso il compimento di determinati atti giuridici, i quali sono decisivi per l’attuazione della volontà della legge esistente a favore del debitore e contro un terzo, l’interesse che quegli atti sono chiamati a realizzare, è indubbiamente quello del debitore.[92]

Non si deve confondere, ovviamente, tra l’interesse del debitore che costituisce un elemento obiettivo del diritto, ossia l’oggetto della tutela giuridica, e l’interesse occasionale e di fatto del creditore a far valere il meccanismo di tutela. L’interesse del debitore non è quindi immediatamente tutelato, ma riceve una protezione eventuale, anche se temporalmente antecedente, in quanto dipendente dalla decisione del creditore di agire nell’esercizio del potere previsto dalla legge, nonché strumentale alla realizzazione del suo diritto di credito[93]. A tal proposito, si osserva che il titolare di un diritto soggettivo che sia giuridicamente capace, abbia normalmente il potere discrezionale di porre o meno in essere gli atti necessari per la realizzazione e la difesa del suo diritto, ossia per l’attuazione di un suo interesse tutelato dalla norma[94]. Una siffatta discrezionalità, che è espressione di libertà e di autonomia del soggetto, può giocare in un senso o nell’altro, determinando un comportamento positivo o negativo, in relazione ad impulsi occasionali o ad apprezzamenti contingenti. La discrezionalità dell’esercizio del diritto da parte del titolare non costituisce, però, un momento essenziale ed imprescindibile del medesimo. Si pensi all’ipotesi di un incapace, dove né si può parlare di una discrezionalità del titolare né di una piena discrezionalità del rappresentante legale il quale, in virtù degli obblighi derivanti dal suo ufficio, ha addirittura il dovere di esercitare i diritti dell’incapace e, solo in alcune ipotesi, ha un potere discrezionale limitato di agire[95]. E’ perfettamente chiaro che allora la legge intenda, alcune volte, prescindere dalla valutazione dell’interesse del titolare di un diritto a far valere o meno quest’ultimo e che l’esercizio del diritto diventi contenuto di un dovere di un altro soggetto o oggetto di un potere discrezionale attribuito ad un’altra persona diversa dal titolare[96]. Secondo la dottrina, queste osservazioni sono sufficienti a dimostrare che il concreto esercizio del potere attribuito al creditore si manifesta come un’attività destinata alla realizzazione obiettiva di un interesse altrui (del debitore) e idonea a produrla.  Tale potere si caratterizza, così, per la necessità di realizzare entrambi gli interessi: quello soggettivo del creditore surrogante e quello obiettivo del debitore surrogato[97].

Da un punto di vista del risultato finale dell’attività del creditore, la differenza concettuale rispetto all’attività del rappresentante legale o volontario o del titolare di un ufficio non è facilmente evidente.  Le differenze vi sono ma sono del tutto relative all’aspetto funzionale[98]. Il rappresentante o il titolare di un ufficio hanno la potestà di realizzare un interesse alieno, allo scopo di tutelare un interesse mediato del titolare del diritto o di terzi, ma non per soddisfare un interesse proprio. L’attribuzione, invece, al creditore, del potere di esercitare il diritto del proprio debitore tende in definitiva alla realizzazione di un interesse del creditore medesimo. Si può dire che il creditore agisce nel proprio interesse per l’attuazione di un interesse altrui. Ne consegue che la cura dell’interesse alieno è per il rappresentante o per il titolare dell’ufficio un vero e proprio dovere, mentre per il creditore la cura dell’interesse del debitore è rimessa semplicemente alla valutazione discrezionale del primo[99]. Alla luce di siffatte considerazioni, la conclusione a cui è giunta la dottrina maggioritaria è che la potestà del creditore, attribuitagli dall’articolo 2900 del codice civile, è una potestà eminentemente discrezionale, la quale costituisce, a sua volta, un limite dell’analogo potere discrezionale che il debitore ha solitamente di esercitare o meno i suoi diritti[100]. Il legislatore autorizza, quindi, il creditore a sostituirsi al debitore in quanto il primo ha interesse a prevenire un danno futuro. E’ altrettanto vero che l’attribuzione di un tale potere non fa venir meno la circostanza che il creditore, nel momento in cui effettivamente opera al posto del debitore, realizza il diritto di questo, ossia ne attua l’interesse[101]. Al contrario, parte della dottrina ritiene che, invece, la legge attribuisce il potere surrogatorio al creditore per facilitare la realizzazione di un suo interesse: il soddisfacimento del credito. Sembra da condividere, pertanto, la tesi secondo cui viene garantita al creditore una tutela diretta e il suo potere di agire diventa un vero e proprio diritto soggettivo[102].

Ancora, secondo un’altra prospettiva si nega che il creditore, di cui all’articolo 2900 del codice civile, sia titolare di un vero e proprio diritto soggettivo[103]. A tal proposito si afferma che, poiché il codice non enuncia i requisiti del diritto oggettivo, si dovranno limitare le considerazioni alla gamma delle figure di diritto soggettivo accolte dalla dottrina tradizionale nella sua complessa evoluzione, confidando che tra di esse debba trovarsi la definizione valida in sede di interpretazione di quegli articoli del codice che parlano di diritto soggettivo, come ad esempio l’art. 2934 del codice civile. Si possono individuare quali elementi in comune abbia la posizione del creditore di cui all’art. 2900 del codice civile rispetto alla posizione del normale titolare di un diritto ad un comportamento altrui. Tutti e due possono intentare un’azione e ad entrambi l’azione è concessa per la protezione di un interesse proprio. Del pari sono evidenti quali elementi intervengano nel normale diritto soggettivo e quali, invece, mancano nella posizione surrogatoria. Il titolare di un diritto non può di norma essere privato della sua posizione da un atto potestativo di un estraneo, mentre la posizione del creditore che agisce in surrogatoria anzitutto dipende dalla sussistenza di un diritto soggettivo presso il debitore e si presenta dunque come una posizione accessoria rispetto al debitore. “Ulteriormente, il primo può disporre, rinunciare o cedere la propria posizione, mentre il secondo manca di ogni potere di disporre dei diritti del debitore.” [104]  Messe in luce siffatte differenze, si sancisce che il creditore di cui all’articolo 2900 del codice civile non è titolare di un vero diritto soggettivo, bensì è titolare di una situazione che gli concede di procedere in via surrogatoria ad un comportamento corrispondente all’esercizio di un diritto altrui[105].

Malgrado le opinioni divergenti riguardanti la natura del potere del creditore, nessun dubbio sussiste, invece, relativamente ai limiti quantitativi e qualitativi su cui esso si fonda. Se è vero che, in primis, tutti i beni presenti e futuri del debitore sono assunti ad oggetto della garanzia patrimoniale, è d’altro canto vero che, anche secondo la lettera della legge, l’ingerenza esterna nell’esercizio dei suoi diritti ed azioni non è fine a se stessa, ma ha “lo scopo di assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni.” A tal proposito, si sostiene che il potere conferito al creditore, ai sensi dell’articolo 2900 del codice civile, nasce e si fonda su limiti quantitativi e qualitativi che lo contrassegnano[106]. Da qui scaturisce un limite generale ed intrinseco al potere di surroga, costituito dalla corrispondenza o proporzionalità quantitativa e qualitativa, tra il diritto del creditore e l’entità del patrimonio del debitore costituente la garanzia patrimoniale[107]. Questo limite è costituito dall’interesse del creditore agente in surrogatoria; tale interesse, quando l’iniziativa del creditore stesso si esplica nella proposizione di una domanda giudiziale in luogo del debitore inerte, rientrerà nello schema dell’articolo 100 del codice di procedura civile e si aggiungerà, così, all’interesse concreto ed attuale relativo alla domanda proposta. La dottrina autorevole afferma che, affinché suddetto interesse sussista e quindi l’iniziativa surrogatoria sia ammissibile, si richiede che ricorra il pericolo di perdere la garanzia patrimoniale, che a sua volta costituisce una condizione di ammissibilità di ogni mezzo di conservazione[108]. Deve, altresì, sussistere il timore del creditore che i beni del debitore non siano sufficientemente idonei ad assicurare in via esecutiva il soddisfacimento del credito. In particolare, per i crediti aventi ad oggetto sin dall’origine una somma di denaro, la proporzionalità da cui scaturisce l’interesse giuridico concreto, specifico ed attuale del creditore, si risolve in un rapporto quantitativo tra l’entità del credito e quella del patrimonio del debitore. Il pericolo di perdere la garanzia sussiste quando i beni facenti parte della sfera del debitore appaiono quantitativamente e qualitativamente insufficienti ad assicurare il soddisfacimento del creditore, attraverso la loro liquidazione volontaria e coattiva[109].

Infine, per considerare legittimo l’esercizio del potere surrogatorio è necessario che l’interesse del creditore surrogante conservi il requisito dell’attualità sino al raggiungimento del fine che la norma si propone di tutelare. Se pertanto si verifica una qualsiasi causa di estinzione del credito originario nel corso dell’attività legata all’esercizio del potere surrogatorio, deve ritenersi che ad essa risponda una contemporanea carenza di legittimazione attiva. Come si osserva[110], infatti, l’esercizio del potere si rivelerebbe inutile al fine di conservare la garanzia patrimoniale per un credito già soddisfatto: “la sua prosecuzione darebbe luogo ad un’ipotesi di “eccesso” rispetto alla portata della norma.[111] Venuta meno la legittimazione, il creditore dovrà astenersi dal compiere qualsiasi atto di esercizio del potere surrogatorio ed interrompere quelli che abbia in corso, salvo l’obbligo di darne avviso al debitore a seconda delle circostanze e secondo la regola dell’ordinaria diligenza, che presiede ogni atto di esercizio di un diritto altrui.

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Note

[1] In tal senso si esprime ROSELLI F., I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Utet, Torino, 1990, pag. 16, riconosce l’analogia tra l’articolo 1234 del codice civile italiano e l’articolo 1166 del codice napoleonico.

[2] Ibidem. Si analizza la differenza tra l’articolo 1166 del codice napoleonico e l’articolo 1234 del codice civile italiano, evidenziando come nel codice italiano l’ammissibilità dell’azione surrogatoria in capo ai creditori ”per il conseguimento di quanto loro è dovuto” destò numerose incertezze e dissensi in dottrina circa la natura da attribuire al rimedio in esame.

[3] SACCO R., Il potere di procedere in via surrogatoria, Parte generale, Giappichelli, Torino, 1955, pag. 30, ripercorre le tappe dell’antico sistema del diritto romano, rinvenendo lo sviluppo dell’azione surrogatoria nell’istituto del cosiddetto pignus romano. Il suddetto rimedio in esame, traendo origine dal diritto romano, ha poi subito un’evoluzione all’interno dei diversi procedimenti esecutivi speciali nati nel sistema francese napoleonico, per poi approdare nel codice civile italiano del 1865 e infine in quello moderno del 1942.

[4] D’AVANZO W., L’azione surrogatoria, Cedam, Padova, 1939, pag. 9.

[5] ROSELLI F., op.cit., pag.19, spiega che l’istituto della missio in possessionem, introdotto nell’epoca giustinianea, indica il potere del giudice di immettere un determinato soggetto nella detenzione o nel possesso di un complesso di beni, al fine di costringere il proprietario dei beni stessi a tenere un certo comportamento oppure a scopo meramente cautelare. Prima dell’introduzione di detto istituto, spiega l’autore, che la procedura esecutiva ben si prestava ad avere un carattere personale. Essa si fondava sulla “legis actio per manus iniectio”, la quale non aveva ancora carattere giuridico, ma si riduceva all’esecuzione forzata da parte del creditore contro il suo debitore. Il creditore trascinava a viva forza il debitore dinanzi al magistrato e imponeva le mani, recitando la formula che acquistava solennità.

[6] SACCO R., op.cit., pag. 30.

[7] CANTONI A.E., L’azione surrogatoria nel diritto civile italiano, Società Editrice Libraria, Milano, 1908, pag. 5.

[8] FERRARA F., Natura giuridica dell’azione surrogatoria, in Foro it., 1904, pag. 1402.

[9] CICU A., L’obbligazione nel patrimonio del debitore, Giuffrè, Milano, 1948, pag. 91.

[10] ROSELLI F., op.cit., pag. 16, ritiene che l’introduzione della cosiddetta “guarentiga”, ossia della garanzia, nel diritto medievale italiano, rappresenta una rilevante evoluzione, che permette la nascita della possibilità che un documento notarile, per la prima volta, possa essere considerato idoneo a costituire una forza esecutiva.

[11] In tal senso SACCO R., op.cit., pag. 30, osserva che lo strumento guarentigiato non è altro che, nell’epoca del diritto comune, un precedente dell’azione surrogatoria odierna, poiché attraverso lo stesso il creditore poteva assicurarsi di non vedere lesa la sua garanzia patrimoniale. Era uno strumento che permetteva al creditore di creare un’ipoteca su tutti i beni del debitore, affinché il primo potesse agire sia in sede esecutiva sia in sede di cognizione, esercitando tutte le azioni che il debitore trascurava di esercitare.

[12] Sul punto ROSELLI F., op.cit., pag.16, sottolinea come l’articolo 1166 del codice napoleonico deriva dagli antichi testi dottrinali dell’antico regime francese.

[13] Jean Domat è stato un giureconsulto francese, studioso di legge romana.

[14] Così ZUCCONI C., L’origine storia dell’azione surrogatoria, Società editrice libraria, Milano, 1910, pag.777; BETTI E., Teoria generale delle obbligazioni, vol. II, Milano, Giuffrè, 1955, pag. 156; CICU A., L’obbligazione nel patrimonio del debitore, Giuffrè, Milano, 1948, pp. 91-92, il quale sosteneva che anche il nome azione surrogatoria sia di derivazione francese, connesso a un’ipotesi di rinuncia all’eredità da parte di un erede in frode ai creditori. Per poter consentire al creditore di procedere con l’esecuzione sui beni ereditati rinunciati, si ritenne necessaria un’autorizzazione del giudice a surrogarsi al debitore nell’accettare l’eredità.

[15] SACCO R., op.cit., pag. 50, descrive due massime della Cassazione francese e della Cassazione italiana, le quali confermano la definitiva introduzione del rimedio surrogatoria nel sistema del diritto e determinano la fine dei diversi istituti differenti che hanno portato alla nascita dell’azione de qua.

[16] Ivi, pag. 52.

[17] NICOLÒ R., Della conservazione della responsabilità patrimoniale, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja- G. Branca, Tutela dei diritti, Libro VI, sub art. 2900, Azione surrogatoria, Zanichelli- Soc. ed. del “Foro Italiano”, Bologna – Roma, 1953, pag. 8, afferma che la disposizione normativa inserita nel nuovo codice del 1942 ha come scopo quello di evitare equivoci in relazione alla norma in esame, in quanto il legislatore attuale si pone deciso nell’affermare la finalità e la funzione della surrogatoria. Se mediante l’interpretazione dell’articolo 1234 del codice del 1865 potevano sorgere dubbi circa la natura della surrogatoria, attraverso il nuovo articolo 2900 si pone fine ai dubbi nascenti in dottrina.  L’istituto ha essenzialmente una finalità conservativa.

[18] NICOLÒ R., op.cit., pag. 10; EULA E., Dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in Comm. cod. civ., diretto da D’Amelio e Finzi, Libro VI, “Della tutela dei diritti”, Firenze, 1943, ritiene che nel nuovo codice si attribuisce all’azione una funzione esclusivamente conservativa, eliminando la funzione esecutiva; nello stesso senso si orienta MASUCCI L., L’azione surrogatoria nel nuovo codice civile, in Riv. dir. Priv., 1943, 45.

[19] ROSELLI F., op.cit., pag. 18; NICOLÒ R., op.cit., pag. 153, rilevano che l’inerzia del debitore, affinché possa costituire un fatto idoneo a garantire la legittimazione surrogatoria, non deve essere necessariamente colposa, essendo escluso il requisito dell’imputabilità. Si esclude la possibilità di agire in surrogatoria, qualora manchi la “trascuratezza” da parte del debitore di esercitare diritti e azioni che spettano verso terzi.

[20] NICOLO R., op.cit., pag. 9; DE SANCTIS RICCIARDONE A., Surrogatoria (azione), in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XXX, Roma, 1993, pag. 2, ritengono che il nuovo codice ha altresì aggiunto un chiarimento consistente nel fatto che i diritti e le azioni del debitore debbano avere contenuto patrimoniale.

[21] NICOLÒ R., op.cit., pag. 13, sostiene che il comma 2 dell’articolo 2900 costituisce un’importante innovazione legislativa, dal momento che viene esplicitata l’esigenza che il debitore surrogato sia chiamato in causa dal creditore surrogante. In difetto di detta formalità, la conseguenza si estrinseca nel mancano esperimento degli effetti della sentenza emanata. Si presuppone, in tal caso, lo sviluppo di una norma procedurale, disciplinata dall’articolo 102, che configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario; MONTELEONE G.A., Due questioni sull’azione surrogatoria, in Riv.dir.proc., 1980, 279, sancisce che nonostante tale possibilità di esercizio stragiudiziale, l’esperienza concreta dimostra come la surrogatoria venga esercitata sempre in sede di tutela giurisdizionale.

[22] NICOLÒ R., Della conservazione della garanzia patrimoniale, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja- G. Branca, Tutela dei diritti, Libro VI, sub art. 2900, Azione surrogatoria , Zanichelli- Soc. ed. del “Foro Italiano”, Bologna – Roma, 1953, pag. 17; GIAMPICCOLO G., Azione surrogatoria, in Enciclopedia del diritto, vol. IV, Giuffrè, Milano, 1959, pag. 951, sostengono che anche laddove il creditore agisca giudizialmente, non svolge nessuna azione tipica nei confronti del debitore, ma fa valere nei confronti del terzo l’azione singola che in concreto spetterebbe al debitore. Esclude l’idea che possa parlare, allora, di azione surrogatoria in sé, quanto piuttosto di “legittimazione surrogatoria”.

[23] DE SANCITS RICCIARDONE A., op.cit., pag. 3, rileva che, individuata la ratio dell’articolo 2900 nell’intenzione del legislatore di prevenire un’eventuale lesione del credito, oggetto della tutela che si ricava dalla norma appare lo stesso diritto di credito e fondamento dell’azione “il potere” del creditore, interessato a surrogarsi al proprio debitore, responsabile nei suoi confronti ai sensi dell’articolo 2740 del codice civile.

[24] ROSELLI F., I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Utet, Torino, 1990, pag. 14.

[25] Ibidem.

[26] CICU A., L’obbligazione nel patrimonio del debitore, Giuffrè, Milano, 1948, pag. 97, ritiene che, sussistendo la possibilità da parte del creditore di esercitare diritti e azioni spettanti al debitore, si sviluppa una vera e propria facoltà creditoria di determinare un controllo sulla sfera giuridica e patrimoniale del debitore. Si presenta un’intromissione nella sfera altrui, che costituisce un limite alla libertà di autonomia individuale, spettante al singolo titolare; PACCHIONI G., Delle obbligazioni in generale, in Dir. Civ. italiano, parte II, Cedam, Padova, 1941, pag. 141, parla dell’esistenza di un duplice dominio patrimoniale che si scinde in un diritto del debitore sui beni propri e in un dominio patrimoniale del creditore sui beni medesimo, risolventesi nel suddetto controllo gestorio.

[27] BELLÈ  R., Surrogatoria (azione), in Il Dir. Encl. Giur., vol. XV, Milano, 2007, pag. 564, precisa che la libertà di scelta del debitore e la sua autonomia processuale sono destinate a permanere a fronte di diritti non patrimoniali o comunque tali da coinvolgere scelte strettamente personali. L’autore suppone che l’autonomia del debitore può subire interferenza e la giustificazione di tale interferenza si individua nel principio di responsabilità patrimoniale generale, che stabilisce che il debitore risponde dell’intera sfera patrimoniale, composta sia di elementi attivi che di elementi passivi.

[28] NICOLÒ R., op.cit., pp. 44-46, indica a titolo di esempio gli art. 498, 974, 1015 co.3, 1113 e 2789 del codice civile.

[29] DE SANCTIS RICCIARDONE A., op.cit., pag. 2, sottolinea che la funzione di garanzia che risulta assegnata al patrimonio del debitore rappresenta il nesso che rende sistematico un insieme in apparenza poco omogeneo di norme e istituti, saldando le ragioni di ognuno alla nozione di responsabilità patrimoniale. in questo senso si costituisce l’intera disciplina sui mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale.

[30] NICOLÒ R., op.cit., pag. 18; EULA E., Dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, in Comm. cod. civ., diretto da D’Amelio e Finzi, Libro VI, “Della tutela dei diritti”, Firenze, 1943, pag. 831.

[31] In tal senso NICOLÒ R., op.cit., pag. 18; GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 951, entrambi rinvengono lo scopo dell’azione surrogatoria nell’acquisizione al patrimonio del debitore di un bene che questi omette di conseguire o nella conservazione nel patrimonio medesimo di un bene che potrebbe uscirne o venir menomato per ciò che il debitore non fa valere verso i terzi.

[32] ROSELLI F., op. cit., pag. 16, precisa che l’azione surrogatoria costituisce un rimedio avente finalità conservativa, in quanto tendente non già a realizzare direttamente il diritto di credito, bensì a conservare o ad acquisire nel patrimonio del debitore quei beni che potranno essere necessari per tale realizzazione.

[33] BELLÈ R. Surrogatoria (azione), in Il Dir. Encl. Giur. , vol. XV, Milano, 2007, pag. 2.

[34] In tal senso ROSELLI F., op.cit., pag. 20, sostiene che, proprio in virtù di tale collegamento, sono determinate le condizioni cui è subordinata l’attribuzione della potestà surrogatoria al creditore e in particolare la condizione dell’interesse. Le condizioni che permettono l’espletamento della surrogatoria sono, altresì, l’esistenza di un credito, di un’inerzia pregiudizievole e il pericolo d’insolvenza. Tuttavia, il requisito che determina la possibilità di far sorger la legittimazione surrogatoria, altro non è che l’interesse alla conservazione della garanzia patrimoniale, che si qualifica come requisito assolutamente necessario affinché sorga la legittimazione surrogatoria.

[35] NICOLÒ R., op.cit., pag. 18.

[36] In tal senso SACCO R., Il potere di procedere in via surrogatoria, Parte generale, Giappichelli, Torino, 1955; MONTELEONE G.A., Della tutela dei diritti, in Commentario del codice civile, a cura di Bonilini e Chizzini, Utet, Torino, 2015, pag. 760, fermamente negano che il fondamento potere surrogatorio possa essere ricercato nella sanzione della violazione di un obbligo spettante al debitore o nel diritto di controllo gestorio sui beni appartenenti al patrimonio del debitore. Il fondamento va, quindi, ricercato esclusivamente nel rapporto giuridico obbligatorio che lega il creditore al debitore, ossia nell’esistenza di un diritto di credito che deve essere soddisfatto.

[37] MONTELEONE G.A, Della tutela dei diritti, cit., pag. 761; GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 951; SACCO R., op.cit., pag. 89, precisano che dalla negazione di un diritto soggettivo di pegno generale deriva l’impossibilità di considerare illecito il comportamento del debitore che trascura di esercitare i suoi diritti.

[38] In tal senso GIAMPICCOLO G., op. cit., pag. 951, individua quale presupposto essenziale per l’esperimento dell’azione surrogatoria l’esistenza di un eventus damni; la dottrina attuale nega la possibilità di configurare il potere del creditore come un diritto soggettivo di pegno generale: NATOLI U., BIGLIAZZI GERI L., I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Giuffrè, Milano, 1974, pag. 2; CICU A., L’obbligazione nel patrimonio del debitore, Giuffrè, Milano, 1948, pag. 97, ritiene che se la garanzia che la legge offre al creditore su tutti i beni del debitore avesse natura di diritto reali di garanzia del patrimonio “questo dovrebbe essere conservato integro, indipendentemente dalla sua efficienza a garantire il credito. Al contrario, solo le omissioni del debitore, capaci di costituire un pericolo effettivo, possono giustificare il ricorso a un mezzo di conservazione.

[39] In tal senso NICOLÒ R., op.cit., pag. 20, osserva che a dimostrazione dell’impossibilità di individuare la surrogatoria come conseguenza di una violazione di un dovere del debitore si trova il fatto che la surrogatoria è ammessa indipendentemente dal fatto che l’inerzia del debitore sia dolosa o colposa. Quindi l’autore nega fermamente che possa sussistere un dovere in capo al debitore di mantenere intatta la sua garanzia patrimoniale; GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 958, osserva che la surrogatoria non vuole costituire una sanzione a un comportamento illegittimo del debitore, in quanto tutela non un diritto autonomo di garanzia ma lo stesso diritto di creditore. Ancora SACCO R., op.cit., pag. 89, esclude che il comportamento del debitore inerte possa ritenersi illegittimo.  Nel senso di dovere del debitore di conservare il proprio patrimonio; BETTI E., Teoria generale delle obbligazioni, vol. II, 4, Giuffrè , Milano, 1955, pag. 163, ritiene che il debitore è vincolato a non disperdere la garanzia ai sensi dell’art. 1175 del codice civile, concretizzantesi in dovere di astensione da atti illeciti.

[40] NICOLÒ R., op.cit., pag. 21.

[41] NICOLÒ R., Della conservazione della garanzia patrimoniale, in Commentario c.c., a cura di A. Scialoja- G. Branca, Tutela dei diritti, Libro VI, sub art. 2900, Azione surrogatoria, Zanichelli- Soc. ed. del “Foro Italiano”, Bologna -Roma, 1953 , pag. 16, sottolinea la duplice finalità da attribuire all’azione surrogatoria: quella di accrescere il patrimonio del debitore o di mantenerlo nella sua consistenza reale, ossia di conservarlo.

[42] CANTONI A.E, L’azione surrogatoria nel diritto civile italiano, Società editrice libraria, Roma , 1908, pag. 22, individua nel potere surrogatorio la facoltà di creditore di trasformare, da potenziali ad attuali, i beni presenti nel patrimonio del debitore medesimo. Poiché i beni del debitore costituiscono oggetto di garanzia patrimoniale, è bene precisare che si tratta di beni potenzialmente soggetti all’esecuzione forzata. E’ soltanto attraverso l’esercizio surrogatorio che il creditore si assicura l’esatta e futura realizzazione di tale esecuzione.

[43] In tal senso GIAMPICCOLO G., Azione surrogatoria, in Enciclopedia del diritto, vol. IV, Giuffrè, Milano,1959, pag. 952; NICOLO’ R., op.cit., pag. 9, ritengono che la legittimazione ad agire in surrogatoria dipenda dalla trascuratezza del debitore di esercitare i diritti e le azioni che lo stesso vanta verso terzi.

[44] NICOLÒ R., op.cit., pag. 10.

[45] Ivi, pag. 9.

[46] In tal senso MONTELEONE G.A., Della tutela dei diritti, in Commentario del codice civile, a cura di Bonilini e Chizzini, Utet, Torino, 2015, pag. 760 ; MONTELEONE G.A., Profili sostanziali e processuali dell’azione surrogatoria, Giuffrè, Milano, 1975, pag. 160, ritiene che sia da escludere la considerazione in base alla quale l’azione surrogatoria sia da intendersi quale azione tipica e particolare, con un proprio oggetto, ossia con proprio petitum. Essa altro non è che la stessa azione che sarebbe spettata al debitore, qualora fosse stato egli stesso ad agire. La denominazione dell’azione in esame potrebbe lasciare spazio a equivoci circa la sua natura quale azione tipica e autonoma. Tuttavia, sostiene l’autore, per evitare che sia considerata un’azione con propri petitum o causa petendi, è bene parlare di legittimazione surrogatoria e non di azione.

[47] MONTELEONE G.A., Della tutela dei diritti, cit., pag.760, ritiene che l’azione surrogatoria altro non è che l’azione che avrebbe dovuto esercitare il debitore se non fosse rimasto inerte.

[48] In tal senso si è espresso D’AVANZO W., La surrogatoria, Cedam, Padova, 1939, pag. 80, ribadiva che l’intento del legislatore non era quello di attribuire all’azione surrogatoria una finalità essenzialmente conservativa, ma quello di assicurare al creditore, tramite tale rimedio, uno scopo piuttosto pratico e quindi essenzialmente esecutivo; NATOLI U., L’attuazione de rapporto obbligatorio, vol. III, Giuffrè, Milano, 1963, pag. 21, precisa che per l’esperibilità dell’azione fosse necessario che il credito fosse liquido ed esigibile e che l’attore fosse munito di titolo esecutivo.

[49] Sic D’AVANZO W., op.cit., pag. 82; al contrario si orienta PACCHIONI G., Delle obbligazioni in generale, in Dir.civ.it., parte II, Padova, 1941; BARASSI L., La teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1948, pag. 218, escludevano recisamente la funzione esecutiva dell’azione surrogatoria.

[50] In tal senso ZUCCONI C., Natura ed effetti dell’azione surrogatoria, in Riv. dir. Civ., 1911, pag. 452.; FERRARA F., Natura giuridica dell’azione surrogatoria, in Foro it.,1904; PACCHIONI G., op.cit.,pag. 147; SACERDOTI G. , Sull’azione surrogatoria, Note critiche, in Riv. Universale di dottrina e di giurisprudenza, 1910, pag. 149, osservavano come la parola “conseguimento”, adottata nell’art. 1234 del codice civile del 1865, voleva significare che l’azione surrogatoria non doveva essere idonea a comportare l’immediata soddisfazione del creditore, ma che era preordinata al pagamento, immediato o differito nel tempo e ritenevano che l’azione surrogatoria costituisse l’antecedente logico dell’esecuzione.  Infine PACIFICI MANZONI E., Istituzioni di diritto civile, vol. IV, V ed., Torino, 1927, pag. 452, ritiene che quando il creditore mira ad assicurare direttamente lo scopo dell’azione bisogna parlare di surrogazione giudiziaria, in quanto il creditore esercita diritti e azioni in nome del debitore e la notifica della sua domanda priva i terzi di pagare il debitore.

[51] ROSELLI F., I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Utet, Torino, 1990 , pag. 34.

[52] App. Milano 29 Marzo, 1882, in Giur. it., 1883, II, 545.

[53] App. Palermo, 3 dicembre 1888, in Foro it., 1889, I , 359.

[54] Cass., 4 novembre 1912, in Giur.it., 1913, I, 488, con nota di CLAPS T., Sull’indole giuridica dell’azione surrogatoria nel diritto positivo italiano, in Foro it., 1913, pag. 560, il quale afferma la funzione conservativa dell’azione, accostando la surrogatoria alla revocatoria, differenziandole perché la prima rimedierebbe a una omissione e la seconda a una commissione.

[55] Cass., 25 giugno 1942, n. 1801, in Foro.it., 1943, I, 340.

[56] Cass., 25 giugno 1942, n. 1801, cit., 340.

[57] PATTI S., L’azione surrogatoria, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, vol. 20, II, Utet, Torino, 1998, pag. 121, ripercorre gli sviluppi che l’azione surrogatoria ha subito nel corso degli anni, fino a dimostrare come, nel codice attuale, essa è caratterizzata da una funzione esclusivamente conservativa.

[58] In tal senso GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 953; VECCHIO M., Brevi note sulla pretesa funzione esecutiva dell’azione surrogatoria, nota a Cass., 12  gennaio 1972, n.72, in Foro it., I, 3561, escludono la funzione esecutiva dell’azione surrogatoria, poiché l’intento del legislatore è quello di garantire la conservazione dei beni nel patrimonio del debitore.  Dalla nuova disposizione legislativa emerga il carattere strumentale dell’azione surrogatoria, la quale serve soltanto ad assicura la possibilità che il creditore possa, in un secondo momento, esercitare un’azione esecutiva.

[59] NICOLÒ R., op.cit., pag. 16, nega che l’azione in esame possa avere una funzione esecutiva, dal momento che non può configurarsi come un’azione testa esclusivamente a realizzare il contenuto del diritto del creditore, ma ha la funzione di incrementarne il patrimonio.

[60] NICOLO’ R., op.cit., pag. 11.

[61] In tal senso NICOLÒ R., op.cit., pag. 12; GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 952; TAGLIAPIETRA S., Azione surrogatoria in funzione satisfattiva? , in Quadrimestre, 1991 pag.132, ritengono che, neppure qualora il creditore ottenga dal terzo il bene a lui dovuto, l’azione surrogatoria acquisisca una funzione satisfattiva, poiché il creditore ha l’obbligo di restituire tale bene al debitore. Il bene non sarà, pertanto, acquisito direttamente nel patrimonio del creditore, ma dovrà conseguire necessariamente nel patrimonio del debitore. Sarà poi il creditore ad agire nei confronti del debitore.

[62] In tal senso, anche GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 950, ritiene che sarebbe da escludersi una funzione satisfattiva dell’azione surrogatoria anche nell’ipotesi relativa a un diritto vantato dal creditore verso il terzo, avente a oggetto lo stesso bene dovuto dal debitore al creditore stesso.

[63] In tal senso NICOLÒ R., op. cit., pag. 13.

[64] In tal senso NICOLÒ R., op.cit., pag. 14, prevede la possibilità che in due distinte ipotesi l’azione surrogatoria possa avere in astratto una funzione satisfattiva. Si tratta delle ipotesi in cui il diritto di credito, vantato dal creditore, abbia a oggetto una somma di denaro o una cosa determinata. Tuttavia, anche in tal caso il creditore realizza in forma specifica il suo diritto non immediatamente, bensì attraverso altri mezzi, quali la compensazione o il conseguimento dello scopo. Quindi il soddisfacimento in capo al creditore non deriva dall’azione surrogatoria in sé, ma dall’esperimento di altri strumenti autonomi e distinti rispetto alla surrogatoria.

[65] In tal senso, PATTI S., op.cit., pag. 123, nega la possibilità di una funzione esecutiva anche qualora l’azione abbia a oggetto una eadem res, dal momento che il rimedio in esame subirebbe una trasformazione in un’espropriazione per crediti.

[66] In tal senso GARDELLA TEDESCHI B., Surrogatoria (azione), in Dig. Civ., Utet, 2008, pag. 35; SACCO R., Il potere di procedere in via surrogatoria, Parte generale, Giappichelli, Torino, 1955, pag. 160; NICOLÒ  R., op.cit., pag. 10; GAZZONI F., Manuale di diritto privato, 2013, pag. 693; GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 950; DISTASO N., I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Utet, Torino, 1973, pag. 28, non ammettono che la surrogatoria possa avere una funzione satisfattiva e che possa determinare un effetto traslativo di beni nel patrimonio del creditore, il quale, di fronte ad atti di distrazione dei beni perseguiti, non ha che da provvedere mediante il sequestro o il pignoramento . Gli effetti degli atti compiuti dal creditore surrogante si ripercuotono sul patrimonio del debitore, data la finalità conservativa dell’azione in esame. Pertanto, gli atti compiuti in surrogatoria non si presentano come immediatamente satisfattivi dell’interesse del creditore, ma soltanto idonei a ottenere la futura realizzazione coattiva del credito.

[67] GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 950, sostiene che la possibilità di estinguere il credito per compensazione costituisce un rimedio estrinseco al rimedio della surrogatoria.  Si tratta di un rimedio che non permette al creditore surrogante di trattenere definitivamente per sé i beni oggetto della sua garanzia, poiché egli stesso potrebbe subire un’azione cautelare o esecutiva da parte degli altri creditori.

[68] Ibidem.

[69] PATTI S., op.cit., pag. 123, si pone a sostegno di una prevalente funzione conservativa dell’azione surrogatoria e osserva che talvolta la giurisprudenza ha riconosciuto eccezionalmente all’azione in esame una funzione satisfattiva. Accetta, quindi, una funzione esclusivamente conservativa, senza escluderne la possibilità che il creditore possa esigere direttamente la condanna dal terzo.

[70] Ivi, pp. 103-110.

[71] GIOIA A., L’azione surrogatoria nel diritto vigente, Napoli, 1955, pp. 32-33.

[72] MONTELEONE G.A., Profili, cit., pag. 94, delinea in modo netto gli elementi che differenzialo l’azione esecutiva dall’azione surrogatoria, al fine di escludere un’analogia tra le stesse. L’azione esecutiva, a differenza della surrogatoria, costituisce un rimedio avente una finalità immediata, ossia quella di sottoporre a pignoramento i beni oggetto del patrimonio del debitore. Al contrario l’azione surrogatoria è strumentale all’azione esecutiva, garantendone la possibilità di una futura attuazione.

[73] In questo senso in dottrina CANTONI A.E., op.cit., pag. 22; CICU A., L’obbligazione nel patrimonio del debitore, Giuffrè. Milano, 1948, pag. 95; FERRARA F., op.cit., pag.1401, ritengono la surrogatoria uno strumento preparatorio di un procedimento esecutivo.

[74] GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 950.

[75] Cass., 14 aprile 1947, n.547, in Sett. Cass., 1947,104; Cass., 25 giugno 1942, in Foro it., 1943, I, 340; Cass., 23 gennaio 1957, n. 199, in Mass. Giust. Civ., 1957, 87.

[76] Cass., 4 luglio 1952,n. 2010, in Giur. compl. Cass.civ., 1953, I, 75.

[77] Trib. Lucca, 25 gennaio 2017 n. 201. Recentemente la Cass. civ., sez. II, con ordinanza n. 22975 del 2 ottobre 2017, sancisce la funzione conservativa dell’azione in esame. La Corte si trova a decidere circa la possibilità di esercitare in via surrogatoria la domanda di risarcimento del danno causato da irragionevole processo, rispondendo negativamente. La Corte a proposito ricorda che l’azione ha una finalità conservativa e cautelare e quindi ha come scopo l’incremento del patrimonio del debitore. Nel caso di specie i ricorrenti proponevano ricorso contro un decreto del consigliere delegato della Corte di Appello di Ancona che aveva accolto solo parzialmente la domanda di riparazione per eccessiva durata di un processo instaurato precedentemente. La S.C. ritiene che in tema di durata non ragionevole del processo, l’erede della parte deceduta nel corso del giudizio precedente, ha diritto all’indennizzo iure proprio solo per il periodo successivo alla sua costituzione volontaria, in quanto prima di tale momento potrebbe non essere a conoscenza del processo.

[78] Cass., 25 ottobre 1974, n. 3129, in Arch. Civ., 1975, 389.

[79] In tal senso STELLA G., L’azione surrogatoria, in Nuova giurisprudenza civile, 2001, I, pag. 287, critica le “deviazioni giurisprudenziali” in merito alla funzione conservativa dell’azione in esame, considerandole, ormai, una regola e non più un’eccezione ; BELLÈ R., Surrogatoria (azione), in il Diritto encicl. Giur., vol. XV, 2007, 564 , si è espresso nel senso che un corretto utilizzo della surrogatoria imporrebbe di riconoscere il solo effetto di far rientrare nel patrimonio del debitore una determinata utilità, suscettibile a sua volta di essere pignorata o, nel caso in cui occorra, di essere assoggettata a sequestro conservativo. Una finalità satisfattiva riconosciuta al rimedio in esame non risulterebbe essere coerente con i fini e con i caratteri che le sono tipici secondo il modello dell’attuale disposizione legislativa.

[80] STELLA G., op.cit., pag. 288.

[81] In tal senso NICOLÒ R., Della conservazione della garanzia patrimoniale, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja-G. Branca, sub art. 2900 , Azione surrogatoria, Zanichelli- Soc. ed. del “Foro Italiano”, Bologna – Roma, 1953, pag. 16; GIAMPICCOLO  G., Azione surrogatoria, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1959, pag. 951, entrambi escludono che la surrogatoria possa configurarsi come un’azione tipica dal contenuto autonomo e uniforme. L’azione surrogatoria non è altro che la stessa azione che sarebbe spettata al debitore, se ad agire fosse stato lo stesso. Non presenta né proprio petitum né propria causa petendi.

[82] Ivi, pag. 952.

[83] MONTELEONE G.A, Due questioni sull’azione surrogatoria, in Riv. Dir .proc., 1980, 279, sottolinea che il potere surrogatorio sia da configurarsi quale un potere inteso generale e non un potere specifico e determinato. E’ il potere del creditore di esercitare un controllo e una gestione sul patrimonio del debitore, affinché lo stesso non subisca un depauperamento o una diminuzione.

[84] Ibidem.

[85] BORSARI L., Commentario del codice civile italiano, Unione tipografica torinese, Torino, 1871, pag. 579, configurava l’azione surrogatoria come una fattispecie analoga alla successione da parte del creditore, nei diritti altrui. Si tratta di una teorizzazione che, con lo sviluppo dell’istituto ha subito una devoluzione, in quanto la dottrina moderna ritiene che il titolare non perda la facoltà di esercitare il proprio diritto. Ogniqualvolta sia il debitore agisca, anche nel corso dell’azione, di sua iniziativa, viene meno la legittimazione creditoria.

[86] Ibidem.

[87] BETTI E., Teoria generale delle obbligazioni, Milano, Giuffrè, 1955, pag. 163.

[88] In particolare parla di “diritto potestativo” gravante sul creditore surrogante GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 952.

[89] NICOLÒ R., op.cit., pag. 30; SACCO R., Il potere di procedere in via surrogatoria, Giappichelli, Torino, 1955, pag. 290, parlano di potere, ossia della possibilità, sussistente in capo al titolare di un diritto, di determinare, con la sua volontà, modificazioni della propria sfera giuridica.  Si tratta di un potere che, esercitato dal titolare, permette allo stesso di disporre dei propri diritti e delle proprie azioni, rinunciando a essi o cedendoli.  Potere analogo sussiste in capo ad un soggetto, diverso dal titolare, che ha la possibilità di compiere diritti e azioni spettanti al titolare, senza, però, avere la capacità di disporne.

[90] Così NICOLÒ R., op.cit., pag. 31, ritiene, appunto, che sia meglio parlare di potestà più che di potere per evitare che possano sorgere in dottrina equivoci a riguardo, dal momento che anche il potere può risolversi in un diritto soggettivo.

 

[91] NICOLÒ R., op.cit., pag. 30.

[92] Ivi, pag. 31.

[93] PATTI S., L’azione surrogatoria, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, vol. 20, II, Utet, Torino, 1998, pag.128, osserva che l’interesse del debitore si presenta come obiettivo e strettamente dipendente dalla volontà del creditore di agire in surrogatoria. Esso non subisce una tutela, per così dire immediata, bensì si tratta di un interesse sottoposto a una tutela mediata, ossia strumentale all’esercizio in via surrogatoria del potere creditorio. Di contro qualifica l’interesse del creditore come occasionale, ossia scaturente dalla necessità di salvaguardare il patrimonio del debitore, per realizzare una soddisfazione coattiva del credito.

[94] Ivi, pag. 127. Si rileva che, ad eccezione di rare ipotesi in cui non sussiste nessuna forma di discrezionalità, solitamente il titolare di un diritto soggettivo ha il potere di decidere se agire o meno per la realizzazione dei suoi diritti. La discrezionalità viene meno, qualora sia la legge a sancire i casi in cui il titolare sia sostituito da un soggetto diverso, nella tutela dei suoi diritti.

[95] Così NICOLÒ R., op.cit., pag. 34, sostiene che la legge talvolta permette al rappresentante di sostituirsi al titolare del diritto in virtù di un siffatto obbligo o dovere giuridico stabilito dalla legge e che limita la capacità di agire del titolare stesso. La legge prescinde dalla volontà del titolare del diritto di far valere o meno quest’ultimo, garantendo un potere discrezionale di esercizio a una persona diversa dal titolare stesso.

[96] Ivi, pag. 32. Si prende in esame sia la figura del rappresentante legale, del titolare di un ufficio sia quella del creditore surrogante, individuandone, allo stesso tempo, un’analogia, ma anche una diversità. La differenza fra le suddette figure viene delineata in base al fatto che, nel primo caso, si è investiti del potere di realizzare un interesse altrui, mentre il creditore surrogante agisce per realizzare un interesse proprio. L’autore precisa che una cosa è infatti l’interesse tutelato, attraverso la forma giuridica del diritto soggettivo, altra cosa è l’interesse che può costituire l’impulso in un determinato momento ad attuare concretamente o a trascurare l’attuazione dell’interesse tutelato

[97] Così ROSELLI F., I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Utet, Torino, 1990, pag. 26, osserva che, attraverso l’azione surrogatoria, si realizza preliminarmente l’interesse creditorio a mantenere integra la garanzia patrimoniale e che dalla soddisfazione di tale interesse, poi, deriva la soddisfazione dell’interesse del debitore.

[98] NICOLÒ R., op.cit., pag. 32, rinviene le differenze tra la posizione del creditore e quella del rappresentante o del sostituto, sostenendo che si tratta di differenza senz’altro estrinseche alla loro posizione.

[99] In tal senso PATTI S., op.cit., pag. 131, evidenzia come nella rappresentanza l’agire nomine alieno non costituisce una funzione di collegamento strumentale tra i due interessi, ma una diretta conseguenza del fondamento del potere e della legittimazione del creditore.

[100] In tal senso GIAMPICCOLO G., op. cit., pag. 956; NICOLÒ R., op.cit., pag. 34, entrambi configurano la potestà surrogatoria dotata di un’ampia discrezionalità, la quale limita fortemente l’autodeterminazione individuale del debitore. Un limite che incontra, altresì, la potestà gravante sul creditore è quello di non poter porre in essere atti di disposizioni, che sono strettamente ed esclusivamente legati alla capacità del titolare del diritto.

[101] NICOLÒ R., op.cit., pag. 35 , osserva come il creditore surrogante agisce in virtù di una combinazione tra l’interesse obiettivo del debitore e quello soggettivo del creditore medesimo; anche NATOLI U., BIGLIAZZI GERI L., I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Giuffrè, Milano, 1974, pag. 41, riprendono questa costruzione, sia pure con diversa formula, vedendo nel creditore surrogante la titolarità di “un diritto potestativo”, ossia di un diritto che consente di provocare un effetto, una modificazione nella sfera giuridica del terzo, a prescindere dal concorso di volontà dello stesso, ma nell’interesse proprio. Essi, a fondamento della loro tesi, sono fermi nell’affermare che è la possibilità di pregiudizio dell’interesse del creditore e non di quello del debitore a giustificare l’esperimento dell’azione surrogatoria

[102] Così MONTELEONE G.A. Profili sostanziali e processuali dell’azione surrogatoria, Giuffrè, Milano,1975, pag. 119, ritiene che si parla, nel caso di esercizio dell’azione surrogatoria, di diritto soggettivo che si configura in capo al creditore legittimato ad agire; diritto soggettivo analogo a quello di cui gode il titolare, nell’esercizio dei suoi diritti; in questo senso anche SANTORO- PASSARELLI F., Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1974, pag. 279.

[103] In tal senso SACCO R., Il potere di procedere in via surrogatoria, Parte generale, Giappichelli, Torino, 1955, pag. 297, sostiene, al contrario, che sia da escludere che il creditore sia titolare di un vero e proprio diritto soggettivo, rinvenendo la differenza con gli articoli del codice civile in cui emergono figure di diritti soggettivi, attribuiti ai rispettivi titolari. Dalla negazione di un diritto soggettivo, deriva l’impossibilità di considerare illecito il comportamento del debitore che trascura di esercitare i suoi diritti.

[104] SACCO R., op.cit., pag. 299.

[105] Ivi, pag. 300.

[106] In tal senso MONTELEONE G.A., Della tutela dei diritti, in Commentario del codice civile, a cura di Bonilini e Chizzini, Utet, Torino, 2015, pag. 762, osserva che il potere di cui gode il creditore surrogante sia caratterizzato da una serie di limiti, considerati intrinseci alla natura del rispettivo potere. Tale limite non è altro che l’interesse creditorio, il quale deve essere proporzionato al diritto di credito, oggetto della responsabilità patrimoniale.

[107] MONTELEONE G.A., Profili, cit., pag. 136.

[108] Così GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 951, ribadisce, a sostegno  di una legittimazione surrogatoria, la sussistenza di un pericolo di insolvenza, derivante da un’inerzia pregiudizievole del debitore. L’eventus damni determina la nascita di un interesse conservativo del creditore alla realizzazione futura del diritto di credito.

[109] In tal senso MONTELEONE G.A., Della tutela dei diritti, cit., pag. 762, afferma che il limite gravante sul potere creditorio, consiste essenzialmente in una corrispondenza proporzionale, quantitativa e qualitativa, tra l’interesse del creditore a vedere soddisfatto il proprio diritto di credito e il patrimonio del debitore, oggetti di garanzia.

[110] DE SANCTIS RICCIARDONE A., Surrogatoria (azione), in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XXX, 1993, pag.2; GIAMPICCOLO G., op.cit., pag. 956, pongono in luce che la legittimazione surrogatoria sussiste fintantoché sussiste l’interesse del creditore, scaturente dall’inerzia pregiudizievole debitoria. Con il venir meno dell’interesse conservativo, si pone fine anche alla legittimazione surrogatoria di cui godeva il creditore.

[111] DE SANCTIS RICCIARDONE A., op.cit., pag. 2, limita la legittimazione surrogatoria alla sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge. In mancanza degli stessi, si configurerebbe un’ipotesi di eccesso del potere rispetto alla volontà espressa dal legislatore.

Beatrice Nobili

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