L’arricchimento da fatto illecito

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Il modello generale della responsabilità civile non è idoneo a fronteggiare quelle fattispecie in cui il vantaggio economico conseguito dal danneggiante risulti di gran lunga più consistente, in termini di profitto, della perdita subita dal danneggiato. Si parla in questo caso di arricchimento da fatto illecito.

Infatti, se si applicassero le norme generali sul risarcimento del danno – in forza delle quali l’autore dell’illecito è tenuto a ripristinare la sfera giuridico-patrimoniale della vittima – si finirebbe comunque per “premiare” oltremodo l’autore della condotta illecita il quale conserverebbe la parte di profitto che eccede il danno riparato.
Quando l’illecito genera un arricchimento del danneggiante superiore alla lesione procurata al danneggiato non ci si può allora limitare a obbligare il danneggiante a riparare il danno, ma occorre obbligarlo alla restituzione del profitto, cioè alla retroversione degli utili.

L’art. 125 dgs. n. 30/2005

A disciplinare questa fattispecie ricorre l’art. 125 d.lgs. n. 30 del 2005 c.d. codice della proprietà industriale il quale prevede che il risarcimento dovuto sia proporzionato non alla lesione subita dal danneggiato, ma agli utili conseguiti dal danneggiante.
In particolare il 3 comma del suddetto articolo prevede la possibilità per il titolare del diritto leso di chiedere “la restituzione degli utili realizzati dall’autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale risarcimento”. A tal proposito è bene precisare che la funzione dello strumento della retroversione degli utili non è quella ripristinatoria cioè fondata sulla necessità di provvedere alla riparazione di un danno subito, ma sanzionatoria, cioè volta a privare il danneggiante dell’utile illecitamente realizzato.
Infatti, una volta che sia stata accertata la contraffazione e sia stata richiesta la restituzione degli utili, non rileva la circostanza che il titolare abbia subito un danno, né l’entità del danno stesso, perché la misura guarda unicamente al profitto realizzato illecitamente dall’autore della condotta contra legem.

Risarcimento del danno

La retroversione degli utili, quindi, conferisce alla vittima la possibilità di ottenere un risarcimento basato non già sulla perdita subita, ma sul profitto realizzato dall’autore dell’illecito.
Essi, pertanto, costituiscono un doppio indice:
– Un indice di funzione risarcitoria. Nel comma 1 dell’art. 125, gli utili sono valutati dal giudice, nell’esercizio del suo potere equitativo, al fine di determinare la perdita subita dal titolare: gli utili, quindi, sono elemento sintomatico del mancato guadagno, cioè sono “indice” di funzione risarcitoria.
-Un indice di funzione sanzionatoria e deterrente. Nel comma 3 dell’art. 125, invece, su richiesta del danneggiato, il profitto costituisce la misura della punizione da infliggere al danneggiante, nella prospettiva di disincentivare futuri illeciti: gli utili, cioè, sono indice di funzione sanzionatoria e deterrente.

 

Avv. Fornaro Pasquale

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