La violazione degli obblighi informativi. Brevi cenni sull’apparato rimediale dopo le sentenze a Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2007

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Una volta delineati gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario e la loro finalità di protezione nei riguardi dell’investitore, occorre fare accenno alle conseguenze generate dalla violazione degli stessi.

La violazione dei c.d. obblighi di condotta posti a carico dell’intermediario è stata sanzionata dalla giurisprudenza secondo diversi criteri, sino all’intervento della Suprema Corte a Sezioni Unite che ha ridisegnato integralmente il quadro sanzionatorio.

Un iniziale orientamento di merito riteneva che la violazione di tali obblighi integrava una violazione di norme imperative, dalla quale discendeva la nullità degli atti conclusi ai sensi dell’articolo 1418 comma 1 codice civile (c.d. nullità virtuale) .1

Fondamento di tale sillogismo logico era la valutazione dell’articolo 21 T.U.F. e della normativa regolamentare Consob come norme imperative, la cui violazione integrava l’applicazione della sanzione di nullità prevista dall’articolo 1418 comma 1 del codice civile (c.d. nullità virtuale).

La qualificazione di tali norme quali norme imperative risiedeva, secondo i sostenitori di tale teoria, nella natura costituzionale degli interessi dalle stesse tutelati (articolo 47 Cost.).2 La ricostruzione operata ha trovato conferma anche in una risalente decisione della Suprema Corte la quale ha precisato che “ove le norme imperative siano in linea generale inderogabili dalla volontà dei privati, in relazione a tali valori, tutto ciò che sia programmato o compiuto in contrasto con essi è interamente nullo, necessariamente estendendosi la illiceità della condotta all’atto compiuto, per il rilievo che la sanzione di invalidità ha in relazione all’interesse perseguito dalla norma che risulterebbe frustrato[..].”

La decisione prosegue poi statuendo che “ciò posto, con riguardo alla fattispecie in esame non par dubbio che la normativa introdotta dalla legge 2.1.1991 n. 1 consideri interessi di carattere generale, che vanno dalla tutela dei risparmiatori uti singuli, a quella del risparmio pubblico, come elemento di valore della economia nazionale, a quella della stabilità del sistema finanziario, come considerata dalla direttiva 93-22 CEE del 10.5.1993; alla esigenza di preservare il mercato da inquinamenti derivanti dall’impiego di risorse provenienti da circuiti illegali, a quella di rendere efficiente il mercato dei valori mobiliari, con vantaggi per le imprese e per la economia pubblica, interessi tutti chiaramente prevalenti su quelli del privato, che pure di riflesso ne rimane tutelato, e che attribuiscono alla iscrizione nell’albo, alla autorizzazione, ai successivi controlli una valenza che trascende la formale e ordinata gestione dell’attività ed investe l’atto in cui essa si sostanzia, essendo interesse dell’ordinamento rimuoverlo, per le turbative che crea sul sistema finanziario generale.”3

Avverso tale ricostruzione, a lungo tempo maggioritaria nella giurisprudenza, si poneva un contrario orientamento, il quale precisava che l’inosservanza degli obblighi di informazione e dei doveri di condotta non debba essere sanzionata con la nullità degli ordini di acquisto, in quanto, affinché ciò avvenga occorre che la violazione di norme imperative riguardi elementi intrinseci del contratto e non la condotta tenuta dai contraenti.4

La distinzione che tale tesi compie è quella che intercorre tra violazione di regole di condotta e violazione di regole di validità. Occorre, quindi, affinché vi sia nullità che la violazione interessi il contenuto o la struttura del contratto e non soltanto elementi estrinseci del contratto.

L’opinione giurisprudenziale in esame è stata autorevolmente avallata anche dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con le sentenze del 2007. La Corte di Cassazione, infatti, con le sentenze 26724 e 26725 del 2007 ha di fatto puntualizzato e chiarito quello che sono i rimedi alla violazione degli obblighi di condotta dell’intermediario.

Secondo la tesi delle Sezioni Unite, “la violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d’intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d’investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria in questione. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei su accennati doveri di comportamento può però determinare la nullità del contratto di intermediazione, o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell’art. 1418 c.c., comma 1“.5

Nel passaggio della decisione sopra richiamato la Corte delinea la responsabilità per la violazione degli obblighi di condotta secondo un criterio radicalmente diverso rispetto alla tesi della nullità virtuale.

Secondo l’accennata distinzione tra regole di validità e regole di condotta, il Supremo Collegio statuisce che se la violazione avviene precedentemente o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di intermediazione si determineranno obblighi risarcitori a carico dell’intermediario secondo lo schema della responsabilità precontrattuale; ove invece tali violazioni avvengano in sede di operazioni di investimento la sanzione sarà quella della responsabilità contrattuale e potrà condurre anche alla risoluzione del contratto. Viene, invece, esclusa categoricamente la sanzione della nullità virtuale del contratto di intermediazione o degli ordini in esecuzione di esso.

La decisone trova il suo precedente giurisprudenziale, peraltro citato nella decisione delle Sezioni Unite, in un’altra sentenza della I Sezione della Cassazione, la quale aveva già precisato che “la contrarietà a norme imperative, considerata dall’art. 1418,comma 1, c.c; quale “causa di nullità” del contratto, postula, infatti, che essa attenga ad elementi “intrinseci” della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura o il contenuto del contratto (art. 1418, secondo comma, c.c.) i comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l’esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale e s’intende, allora, che la loro eventuale illegittimità, quale che sia la natura delle norme violate, non può dar luogo alla nullità del contratto (Cass. 9 gennaio2004, n.111; 25 settembre 2003,n. 14234); a meno che tale incidenza non sia espressamente prevista dal legislatore (ad es. art.1469 ter , quarto comma, c.c; in relazione all’art. 1469 quinquies, comma 1 stesso codice).”6

Le Sezioni Unite, quindi, pur premettendo, che la normativa dettata dalla abrogata Legge 1 del 1991 avesse carattere imperativo, ha precisato che la sua violazione non basta da sola a determinare la nullità del contratto stipulato dalle parti. E’, infatti, necessario secondo la ricostruzione citata che la violazione interessi disposizioni che attengano alla struttura o al contenuto del contratto e non norme di comportamento, la cui violazione sarebbe causa di nullità soltanto se espressamente sancito da una norma.7

La breve analisi del nuovo sistema sanzionatorio precisato dalle citate sentenze del 2007 permette di evidenziare come sia determinante per l’investitore in primo luogo avere contezza del momento in cui si verifica la violazione degli obblighi di comportamento imposti dal legislatore all’intermediario professionale. Se essi si verificano nella fase antecedente o concomitante la stipulazione del contratto quadro di intermediazione ciò porrà a carico dell’intermediario una responsabilità di tipo precontrattuale con obblighi di tipo risarcitorio; mentre, invece, laddove si verifichino nel momento effettivo delle operazioni di investimento, quali atti esecutivi del contratto quadro suddetto, si avrà una responsabilità di tipo contrattuale che potrà determinare anche la risoluzione del contratto. In nessun caso, invece, tali violazioni daranno luogo a nullità (virtuale) del contratto.

1 Sull’argomento: V. Montani, L’investitore in cerca di tutela: in bilico tra nullità e risoluzione contrattuale, in Danno e Resp. 11, 2011, 1056, A. Zanardo, La violazione degli obblighi di comportamento a carico degli intermediari nella prestazione di servizi di investimento: una questione ancora aperta, in Resp. Civ., 1, 2011, 29 ss.,

2 P. Morandi, Violazione delle regole di condotta degli intermediari finanziari: rimedi esperibili, in Obbl.e Contr., 1, gennaio, 2009, 47 e ss..

In giurisprudenza si evidenziano le seguenti decisioni: Tribunale di Mantova 18 marzo 2004, Tribunale di Firenze, 30 maggio 2004, Tribunale di Venezia 22 novembre 2004, Tribunale di Palermo 17 gennaio 2005, Tribunale di Firenze 18 febbraio 2005, Tribunale di Brindisi 21 febbraio 2005, Tribunale di Santa Maria C.V., 01 marzo 2005, Tribunale di Parma 06 luglio 2005,Tribunale di Marsala 12 luglio 2005, Tribunale di Brindisi 22 luglio 2005, Tribunale di Treviso 10 ottobre 2005, Tribunale di Parma 21 ottobre 2005, Tribunale di Torino 07 novembre 2005, Tribunale di Catania 25 novembre 2005, Tribunale di Brindisi 16 dicembre 2005, Tribunale di Trani 31 gennaio 2006, Tribunale di Foggia 15 maggio 2006, Tribunale di Teramo 18 maggio 2006, tribunale di Firenze 04 dicembre 2006, Tribunale di Brindisi 18 agosto 2006,Tribunale di Brindisi 18 luglio 2007,Tribunale di Ravenna 12 ottobre 2009, Tribunale di Milano 20 marzo 2006, tutte in www.ilcaso.it

3 Cassazione Civ. 07 marzo 2001, n. 3272, in www.ilcaso.it, Sez.I, Doc.261/2001

4 P. Morandi, Op.Cit, pag.51.,

In giurisprudenza tra le altre si indica: Tribunale di Trento 01 febbraio 2007, Tribunale di Trani 06 giugno 2007, Tribunale di Vicenza 15 giugno 2007, tribunale di Roma 20 marzo 2008, Tribunale di Vicenza 29 gennaio 2009, tribunale di Ferrara 20 maggio 2010, Tribunale di Firenze 21 febbraio 2006, Tribunale di Rimini 221 marzo 2006, tribunale di Milano 26 aprile 2006, Tribunale di Foggia 21 aprile 2006, Tribunale di Modena 10 maggio 2006, Tribunale di Padova 17 maggio 2006, Tribunale di Firenze 29 maggio 2006, Tribunale di Lecce 12 giugno 2006tribunale di Biella 29 settembre 2006, Tribunale di Firenze 23 ottobre 2006, Tribunale di Vicenza 16 novembre 2006,Tribunale di Pescara 10 giugno 2008, Tribunale di Trapani 03 aprile 2013, in wwwilcaso.it

5 Cassazione Civ. S.U., 19 dicembre 2007 n. 26725in Pluris Cedam ed in I contratti, 3, 2008, 221 e ss; conforme cassazione Civ. S.U., n. 26724 dicembre 2007 n. 26724, in Danno e Resp., 5, 2008, 525. In dottrina: V. Scognamiglio, Regole di comportamento nell’intermediazione finanziaria: l’intervento delle S.U. (commento a sent. Cass. S.U. n. 26724/2007) in Le Società, 4,2008,455 e ss, V. Roppo e G. Afferni, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, (commento a sent. Cass. n. 19024/2005) in Danno e Responsabilità, 1, 2006, 29 ss, D. Maffeis, Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezioni Unite e la notte( degli investitori) in cui tutte le vacche sono nere, in I Contratti, 4,2008,403, V. Sangiovanni, Inosservanza delle norme di comportamento: la Cassazione esclude la nullità ( commento a sent. Cass. S.U. n. 26725/2007) in I Contratti 3, 2008, 231 , A. Gentili, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, in I Contratti, 4, 2008, 393 e ss.

6 Cassazione Civ., I Sez., 29 settembre 2005, n. 19024, in NGCC, 2006, 897

7 A. Zanardo, Op. Cit., in La Resp. Civ., 1,2011, 30

Avv. Cocchi Francesco

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