La sussistenza della condotta colposa del medico non dimostra anche la sussistenza del nesso di causa

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Riferimenti normativi: artt. 1218 e 2043 c.c
Precedenti giurisprudenziali: Cass. n. 3704/2018; Cass. N. 26824/2017; Cass. N.26825/2017;

Fatto

Dopo un ricovero ospedaliero urgente e il successivo intervento chirurgico a cui era stato sottoposto il minore, i genitori dello stesso si erano rivolti al Giudice di primo grado per ottenere da parte della struttura sanitaria locale e dai due medici che ivi operavano, in via solidale, il risarcimento dei danni subiti dal minore a causa della tardività con cui era stato consigliato il trasferimento in ospedale per il trattamento dei sintomi manifestati dal bambino, riconoscendo nella condotta dei medici una responsabilità medica.
In particolare, infatti, secondo il racconto fatto al Giudice, i genitori, dopo la manifestazione di alcuni sintomi particolari, avevano accompagnato il figlio presso l’ambulatorio pediatrico dell’Ospedale locale dove era stata diagnosticata una sospetta artralgia post-infettiva, per la cura della quale era stata prescritta una terapia antinfiammatoria a domicilio. Poco più tardi, visto il peggiorare dei sintomi agli arti inferiori, i genitori avevano contattato il medico che, uditi i sintomi descritti al telefono dalla madre del bambino, aveva consigliato di riportare il bambino in ospedale solo il mattino seguente, anziché consigliare l’immediato ricovero ospedaliero, ritardando in tal modo un intervento chirurgico necessario ed indispensabile. Di fatti, il giorno successivo, i medici della struttura sanitaria locale, rilevata la condizione di salute del bambino, disponevano immediatamente il suo trasferimento presso la Clinica Pediatrica del Policlinico Universitario della città di Udine, presso la quale il bambino veniva immediatamente sottoposto ad intervento chirurgico di laminectomia ed asportazione della malformazione midollare.

La decisione del Tribunale

Il Giudice di primo grado valutate le risultanze probatorie nonché le risultanze della relazione della CTU, ha ritenuto non accoglibile la richiesta di risarcimento danni per responsabilità medica avanzata dai genitori del minore per i danni subiti dalla tardiva prescrizione del ricovero ospedaliero da parte dei medici della struttura sanitaria locale.
Secondo il Tribunale di primo grado la domanda di risarcimento danni non poteva essere accolta perché non era stato provato dalla parte attrice l’esistenza del nesso di causalità tra la condotta del medico e l’evento lesivo, incombendo sulla parte attrice l’onere della prova.
Il Giudice di primo grado nell’elaborazione del suo convincimento ricorda che nell’ambito della responsabilità medica la giurisprudenza si è espressa in modo unanime nel ritenere che, al pari della responsabilità contrattuale, anche nella responsabilità medica incombe sulla persona che ha subito il danno l’onere di provare il nesso causale tra la condotta negligente, imprudente o imperita del medico e il pregiudizio stesso.
Su questa scia il Giudice di primo grado ha richiamato una sentenza della Corte di Cassazione (n.3704/2018) secondo la quale nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso di causalità provando che la condotta del medico sia stata, secondo il criterio del più probabile che non, causa del danno, così che ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata.
Un’altra interessante pronuncia della Cassazione richiamata dal Giudice in occasione della formazione del suo giudizio nel caso di specie, è quella in cui la Corte di Cassazione ritiene che la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causa tra questa ed il danno costituiscono l’oggetto di due accertamenti concettualmente distinti; secondo al Corte di legittimità la sussistenza della condotta colposa non dimostra anche la sussistenza del nesso di causa. Infatti l’art 1218 c.c. solleva il creditore dell’obbligazione, che si afferma non adempiuta, solo dall’onere di provare la colpa del debitore inadempiente, ma non anche dall’onere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore ed il danno di cui la domanda il risarcimento. Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente danneggiato dimostrare l’esistenza del nesso causale tra condotta del medico e il danno di cui il danneggiato chiede il risarcimento.
Nel caso di specie, dunque, seppur il Giudice ritiene che il ritardo con cui il bambino è stato ricoverato presso la Clinica Pediatrica del Policlinico Universitario della città di Udine è imputabile ad una condotta colposa del medico che non ha consigliato l’immediato ricovero, non ritiene provato il nesso di causalità tra questa condotta ed il danno subito dal bambino.
Secondo la consulenza tecnica del perito nominato d’ufficio, una malformazione con le caratteristiche presentate dal minore nel caso in esame avrebbe comunque, indipendentemente dal ritardo con cui è stato operato il ricovero presso altra struttura sanitaria, avuto gli stessi esiti di quelli effettivamente verificatesi. In altri termini, secondo la CTU la patologia presentata dal minore avrebbe avuto sostanzialmente la stessa evoluzione e i severi postumi sarebbero stati, con ogni probabilità, gli stessi da quelli avuti, con la conseguenza che una diagnosi più tempestiva della patologia non avrebbe avuto possibilità di ridurre le conseguenze verificatesi in concreto.
Tenuto conto del parere tecnico, il Giudice ha ritenuto che non era possibile sostenere con un grado sufficiente di probabilità secondo il criterio civilistico del più probabile che non che laddove l’intervento chirurgico fosse stato più tempestivo l’esito della patologia sarebbe stato più favorevole, per tale ragione, non essendo stato provato il nesso causale tra il ritardo colposo del medico e il danno subito dal piccolo paziente, la domanda doveva essere rigettata.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

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