La revoca dell’assegno di divorzio

Redazione 09/01/18
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Il dies a quo della revoca dell’assegno di divorzio

La Corte di Cassazione torna ad occuparsi dell’assegno divorzile, con l’ordinanza n. 30257 dello scorso 15 dicembre. In particolare, i giudici di legittimità sono intervenuti in merito ai presupposti per l’assegnazione dell’assegno nonché relativamente al momento di decorrenza dell’eventuale revoca del beneficio.

Nel caso di specie, in primo grado, la ex moglie aveva ottenuto il riconoscimento di un assegno mensile pari a 700,00 euro. La situazione veniva completamente ribaltata in sede di gravame, dove il giudice del merito ha ritenuto che l’eventuale beneficiaria non avesse provato in alcun modo l’insussistenza di una situazione patrimoniale che non le permettesse di condurre una vota dignitosa.

Invero, dopo venti anni di matrimonio, al momento della separazione di fatto, l’allora ancora moglie aveva continuato a svolgere uno stile di vita normale, senza rappresentare alcuna difficoltà e senza chiedere alcun aiuto al proprio coniuge. Anzi, ella aveva addirittura acquistato un appartamento.

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Il giudizio di legittimità

Ha proposto dunque ricorso la ex moglie, ritenendo che la Corte d’Appello non avesse tenuto in debita considerazione il patrimonio riconosciuto all’ex marito, di gran lunga superiore ai beni di proprietà della stessa e ciò avrebbe inevitabili conseguenze in termini di squilibrio patrimoniale tra le parti. Inoltre, non sarebbero state valutate neppure le risorse economiche dell’ex coniuge e nemmeno lo stile di vita tenuto in costanza di matrimonio.

La Suprema Corte, riconoscendo la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio, ha ritenuto che la ricorrente non avesse fornito la prova della sua difficoltà a mantenersi autonomamente. Inoltre, l’accertamento dell’insussistenza del diritto all’assegno divorzile spiega i propri effetti dal momento in cui si verifica il presupposto fattuale per il suo ottenimento, vale a dire dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento del matrimonio. Pertanto, non è corretta l’interpretazione della ricorrente per cui il dies a quo decorrerebbe dalla pubblicazione della sentenza di secondo grado, vale a dire della pronuncia con cui l’assegno veniva revocato.

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