La responsabilità ex recepto

Redazione 14/02/19
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La responsabilità ex recepto è un’ipotesi di responsabilità oggettiva per inadempimento dell’obbligazione di cose in custodia.

La custodia solitamente è considerata un’obbligazione accessoria a quella principale di consegna, come viene disciplinato dall’art. 1177 c.c., in forza del quale:” L’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna“.

Il contratto di deposito

Il contratto di deposito è disciplinato agli artt. 1766 e ss. c.c., i quali prevedono un modello di responsabilità del depositario avente carattere soggettivo, per cui è previsto ai sensi dell’art. 1780 c.c., se la detenzione della cosa viene meno al depositario per un fatto a lui non imputabile, egli è liberato dall’obbligazione di restituire la cosa.

A sostegno dell’acclarata responsabilità da inadempimento soggettiva per colpa, vige la previsione di cui all’art. 1768 c.c. secondo cui il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia.

La responsabilità nel contratto di deposito muta a secondo che sia un soggetto dotato di particolari qualità professionali che facciano sorgere in capo al creditore depositante un legittimo affidamento circa la sicurezza dei beni depositati e la regolare esecuzione dell’obbligazione di custodia.

Sono i casi, ad esempio, del deposito in albergo ex art. 1783 cod. civ., del deposito nei magazzini generali ex art. 1787 cod. civ., del servizio bancario delle cassette di sicurezza ex art. 1839 cod. civ. ed anche del trasporto di cose ex art. 1683 cod. civ., in cui l’obbligazione di custodia ha carattere accessorio rispetto all’obbligazione principale di consegna.

Nei casi sopra elencati, la responsabilità del debitore si configura in termini oggettivi, a prescindere dalla diligenza, per il solo fatto della perdita, deterioramento o distruzione della cosa oggetto di deposito: il soggetto obbligato può andare esente da responsabilità solo se prova l’incidenza di un fattore dal medesimo non governabile né prevedibile, come la forza maggiore o il caso fortuito.

Ciò si spiega in quanto il soggetto tenuto alla custodia, in questi casi, è un soggetto che professionalmente esercita questo tipo di attività e, pertanto, la diligenza impostagli richiede che il medesimo appronti tutte le misure necessarie per far fronte, in termini di prevedibilità, agli eventi che possano rendere impossibile o difficoltosa l’esecuzione della prestazione.

 

Il contratto di parcheggio

Lungamente discussa la natura giuridica del contratto di parcheggio. Difatti, parte della dottrina lo considera un contratto misto, l’altra quale contratto atipico ex art. 1322 co. 2 c.c.

Nel negozio misto confluirebbero un contratto di deposito e dei diritti di godimento del bene immobile. All’opposto, dando credito alla seconda teoria che stabilisce che il contratto si considera come atipico, occorre valutare quale sia l’elemento dominante se la locazione o il deposito.

La qualificazione del contratto è volta a stabilire gli aspetti della responsabilità.

In conclusione, la responsabilità ex recepto costituisce un esempio di responsabilità da inadempimento aggravata dall’evento: non dunque un tipo di responsabilità rientrante nel modello generale della colpa, ma una responsabilità di tipo oggettivo per il solo fatto della perdita, deterioramento o distruzione del bene oggetto di custodia.

Sul punto la Corte di Cassazione n. 3863/2004 ha stabilito :” Dunque, oggetto del contratto di parcheggio, che si è formato attraverso mezzi meccanici, è la messa a disposizione di uno spazio ed essa si combina con la custodia, allo stesso modo in cui avviene nel contratto di deposito, nel quale l’obbligo della custodia è elemento essenziale (art. 1766 cod. civ.),  come questa Corte ha già dichiarato (sent. 23 agosto 1990, n. 8615), affermando che il contratto di parcheggio delle autovetture è contratto atipico per la cui disciplina occorre fare riferimento alle norme relative al deposito e che pertanto comporta l’affidamento del veicolo al gestore del   parcheggio con l’obbligo di custodirlo e restituirlo nello stato in cui gli è stato consegnato.

Le conferme di quest’impostazione stanno, sia nel fatto che nella vita sociale la funzione pratica del contratto di posteggio è di liberare l’automobilista da ogni preoccupazione relativa alla custodia del veicolo, sia in quello che la detenzione del veicolo, conseguita dal titolare dell’area di parcheggio, aderisce allo schema del contratto di deposito, nella parte in cui l’art. 1766 cod. civ. pone la custodia a carico del depositario.

Si deve pure aggiungere che il significato oggettivo di questo comportamento prevale su eventuali condizioni generale di contratto predisposte dall’impresa di parcheggio, che escludano un obbligo di custodia”.

Stabilita, infatti, che la custodia è elemento del contratto di parcheggio meccanizzato, si ricava che l’imputabilità del furto è connaturata all’inadempimento dell’obbligo di diligenza indicato dall’art. 1768, primo comma, cod. civ.

Qualora il gestore renda noto che il parcheggio da lui gestito è incustodito, le Sezioni Unite hanno aderito all’orientamento minoritario stabilendo che nel caso specifico si avrà un contratto di locazione ex artt. 1588 e 1590 c.c.

Il contratto di ormeggio

Il contratto può invece dar luogo ad un affidamento del natante agli addetti alla struttura, e, attraverso essi, all’altro contraente (eventualmente in applicazione degli artt. 2203 ss. c.c.), che comporta l’obbligo della sua custodia, sì da renderlo assimilabile ad un deposito (artt. 1766 ss. c.c.) e da rendere applicabili le relative disposizioni.

Pertanto il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo.

Il depositario non si libera della responsabilità ex recepto provando di avere usato nella custodia della res la diligenza del buon padre di famiglia prescritta dall’art. 1768 c.c., ma deve provare a mente dell’art. 1218 c.c. che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile.

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