Commento a: Trib. Monza, Sez. Civ., Dott.ssa Borghi, 6 marzo 2018, n. 616
La fattispecie
All’udienza di convalida di sfratto per morosità compariva l’intimato, regolarmente citato, il quale confessava di aver sospeso il pagamento dei canoni scaduti. Detta decisione era stata presa dal conduttore il quale riteneva che l’immobile locato presentava, sin dalla consegna, gravi vizi e difetti imputabili al locatore. Dunque, l’intimato proponeva opposizione con conseguente mutamento del rito. In ogni caso il Giudice, stante la mancata presentazione da parte dell’intimato di prova scritta e/o dimostrazione della sussistenza di gravi motivi, concedeva ordinanza provvisoriamente esecutiva di rilascio a favore del locatore. Quest’ultimo, in ossequio ai termini di cui al D. Lgs. n. 28/2010 instaurava procedimento di mediazione al quale l’opponente non prendeva parte. Allo stesso modo, l’instaurato giudizio di opposizione veniva interamente celebrato nella contumacia e assenza dell’opponente, pur ricadendo su quest’ultimo l’onere di dover dimostrare la fondatezza delle sollevate eccezioni. A seguito di discussione orale il Giudice era chiamato a pronunciarsi sulla domanda.
Il quesito: Il Giudice del Tribunale di Monza è tenuto a decidere se la mancata comparizione, sia nella fase giudiziale che stragiudiziale, di chi ha dato impulso al giudizio di opposizione sia da ritenere un’azione in mala fede tale da configurare responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Argomentazioni e motivazioni
Partendo dalla premessa per cui l’art. 96, comma terzo, codice di rito è stato introdotto nell’ordinamento al fine di scoraggiare l’abuso del sistema giudiziario, il Giudice compie una disamina concreta della condotta processuale tenuta dall’opponente.
In primo luogo, il Magistrato osserva che non occorre un danno a controparte perché l’istituto della responsabilità aggravata possa trovare applicazione, così come confermato dalla maggioritaria giurisprudenza (Cass. Civ., ord., 30 novembre 2012, n. 21570).
In secondo luogo, il Giudice ritiene che la circostanza per cui l’intimato, dopo aver proposto opposizione senza alcun elemento probatorio a sostegno delle proprie eccezioni, non si sia costituito in giudizio rappresenta una condotta processuale gravemente colposa.
Di fatto, osserva l’interprete, l’abuso consiste anche nell’aver sottratto tempo e risorse alla trattazione di altri giudizi, soprattutto in un ambito, quello civile, ove gli stessi scarseggiano.
Per questo motivo, ritenuto che la sanzione nei confronti dell’opponente potesse essere liquidata a titolo di spese di lite, il Giudice rigettava l’opposizione e condannava, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., l’opponente a versare a favore dell’opposto una somma equitativa di poco inferiore rispetto alla metà di quella riconosciuta a titolo di rimborso delle spese di lite.
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