La produzione in giudizio dell’attestazione di qualificazione non consente di superare il vizio evidenziato, perché successiva al termine fissato dal bando per la presentazione delle domande di partecipazione e comunque non prodotta all’atto della parteci

Lazzini Sonia 21/10/10
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Nessun idoneo documento, attestante il possesso al 20.12.2006 da parte della Controinteressata s.p.a. di valida certificazione di qualità, è stato acquisito agli atti del procedimento di gara nelle forme previste dal bando, ovvero mediante produzione della attestazione SOA recettiva del predetto requisito

Deve altresì escludersi che la circostanza suindicata, ovvero la validità della certificazione di qualità al 20.12.2006, avrebbe potuto essere acquisita alla gara mediante l’esercizio, da parte dell’amministrazione appaltante, del potere di invitare la parte interessata a procedere alla regolarizzazione dell’attestazione SOA carente, atteso che il possesso, alla predetta data, di un valido certificato di qualità costituisce un elemento sostanziale dell’attestazione SOA, inerente al suo contenuto essenziale, insuscettibile come tale di integrazione postuma

Le ricorrenti deducono, a dimostrazione dell’illegittima ammissione alla gara de qua della società Controinteressata, la carenza in capo alla stessa del requisito di partecipazione di cui al punto 11 del bando (intitolato “condizioni minime di carattere economico e tecnico necessarie per la partecipazione”), a mente del quale “i concorrenti devono possedere: attestazione rilasciata da società di attestazione (S.O.A.) di cui al D.P.R. 34/2000 regolarmente autorizzata, in corso di validità per le seguenti categorie e classifiche: categoria OG7 – Opere marittime – classifica V” (la previsione in oggetto, deve precisarsi, è ribadita dal disciplinare di gara, il quale vi correla, nell’ipotesi di carenza del requisito in discorso, l’espressa comminatoria di esclusione).

Evidenziano al riguardo le società ricorrenti che la società Controinteressata, nel partecipare alla gara, ha prodotto una attestazione rilasciata dall’organismo di attestazione “SOA Nazionale Costruttori” con la quale si da atto che l’impresa citata “possiede la certificazione (art. 2, comma 1, lettera q) D.P.R. 34/2000) valida fino al 14.12.2006 rilasciata da BETA SPA”.

Siffatta certificazione, esse aggiungono, non soddisfa la citata prescrizione della lex specialis, dal momento che la sua validità doveva considerarsi, alla data (20.12.2006) di scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara, ormai cessata.

Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

La doglianza è fondata.

Deve premettersi che l’attestazione rilasciata dagli organismi all’uopo abilitati è funzionale, ai sensi dell’art. 40 d.lgs 12 aprile 2006, n. 163, ad attestare l’esistenza nei soggetti qualificati, tra l’altro, della certificazione di sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000 e alla vigente normativa nazionale, rilasciata da soggetti accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000.

E’ evidente che non assolve a tale funzione una attestazione che richiami, ai fini in discorso, una certificazione di qualità la cui validità sia sottoposta a termine, una volta decorso il termine all’uopo previsto.

Né rileva, da tale punto di vista e sulla scorta delle deduzioni delle parti resistenti, che il soggetto interessato fosse in possesso, pur successivamente al termine suindicato, di valida certificazione di qualità, atteso che, a termini del bando (oltre che della disposizione legislativa citata), l’attestazione rilasciata dalla SOA costituisce lo strumento indispensabile al fine di comprovare il possesso della certificazione di qualità.

A tale riguardo, la produzione in giudizio dell’attestazione di qualificazione n. 10655/10/00 rilasciata da CQOP (Costruttori Qualificati di Opere Pubbliche), rilasciata il 4.1.2007 e sostitutiva dell’attestazione n. 3201/25/00 allegata alla domanda di partecipazione della società Controinteressata, secondo cui l’impresa “possiede la certificazione (art. 2, comma 1, lettera q) D.P.R. 34/2000) valida fino al 10/07/2007 rilasciata da BETA S.P.A.”, non consente di superare il vizio evidenziato, perché successiva al termine fissato dal bando per la presentazione delle domande di partecipazione e comunque non prodotta all’atto della partecipazione alla procedura di gara.

La norma del bando violata dall’amministrazione non attiene infatti alla sussistenza in fatto del requisito richiesto dal bando (il possesso di valida certificazione di qualità), ma alla produzione in allegato alla domanda di partecipazione, nel rispetto delle scadenze temporali prescritte dalla lex specialis, del documento (l’attestazione SOA) preordinato a comprovarne il possesso del requisito de quo.

Altrettanto dicasi del certificato di qualificazione n. 8403/03/S rilasciato da BETA s.p.a., recante quale data della prima emissione il 27.2.2003 e quale data della emissione corrente l’8.6.2006, certificato di cui la nota di BETA s.p.a. prot. n. STO/AMN/4381 del 31.1.2007, indirizzata al Comune di Montecorice, attesta la perdurante ed attuale validità avendo la società interessata “sempre ottemperato alle previste verifiche annuali”, sì che “il certificato, alla data del 21.12.2006, epoca della gara in oggetto, era in corso di validità”.

Invero, deve ribadirsi che nessun idoneo documento, attestante il possesso al 20.12.2006 da parte della Controinteressata s.p.a. di valida certificazione di qualità, è stato acquisito agli atti del procedimento di gara nelle forme previste dal bando, ovvero mediante produzione della attestazione SOA recettiva del predetto requisito.

Deve altresì escludersi che la circostanza suindicata, ovvero la validità della certificazione di qualità al 20.12.2006, avrebbe potuto essere acquisita alla gara mediante l’esercizio, da parte dell’amministrazione appaltante, del potere di invitare la parte interessata a procedere alla regolarizzazione dell’attestazione SOA carente, atteso che il possesso, alla predetta data, di un valido certificato di qualità costituisce un elemento sostanziale dell’attestazione SOA, inerente al suo contenuto essenziale, insuscettibile come tale di integrazione postuma (cfr., sui limiti del potere di integrazione, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 6 luglio 2005, n. 1119).

La domanda di annullamento proposta dalle società ricorrenti, ed integrata con i motivi aggiunti, deve quindi essere accolta, potendo dichiararsi assorbite le doglianze non esaminate.

 

 

A cura di *************

 

Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 203 del 15 febbraio 2008 pronunciata dal Tar Campania, Salerno

 

REPUBBLICA ITALIANA

N.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 102/2007 REG. RIC.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA – SALERNO

Prima Sezione

ANNO

 

composto dai Signori:

Dott. Sabato GUADAGNO – Presidente

Dott. ******************** – Consigliere

Dott. ************ – Primo referendario, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

1) sul ricorso n. 102/2007, e relativi motivi aggiunti, proposto dalla RICORRENTE s.r.l., in proprio e quale capogruppo della costituenda A.T.I. con la RICORRENTE DUE di ***********, e da quest’ultima, in proprio e quale mandante della costituenda A.T.I. con la RICORRENTE s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avv. ************, elettivamente domiciliati in Salerno presso la Segreteria del T.A.R.;

contro

il Comune di Montecorice, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. ***************, elettivamente domiciliato in Salerno, al corso G. Garibaldi n. 103, presso lo studio del difensore;

e nei confronti

della CONTROINTERESSATA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t.;

della ALFA. s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con l’Impresa ALFA DUE s.p.a., e della Impresa ALFA DUE s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con l’impresa ALFA., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avv. ************* e dall’Avv. *****************, elettivamente domiciliati in Salerno, alla piazza XXIV Maggio n. 26, presso lo studio dell’Avv. ***************;

per l’annullamento

– del verbale di gara del 21.12.2006, con il quale è stato affidato alla A.T.I. ALFA. – Impresa ALFA DUE s.p.a. l’appalto avente ad oggetto i lavori di completamento del porto turistico di Agnone, POR Campania 2000/2006, misura 4.6, nella parte in cui ha ammesso alla selezione la impresa Controinteressata s.p.a., nonché dell’ivi allegato verbale di gara con il quale è stata dichiarata aggiudicataria provvisoria la A.T.I. ALFA. – Impresa ALFA DUE s.p.a.;

– della determinazione dirigenziale n. 196 del 30.12.2006, con la quale l’appalto suindicato è stato definitivamente aggiudicato alla controinteressata;

per il riconoscimento

del risarcimento in forma specifica mediante l’aggiudicazione dei lavori ovvero, in subordine, del risarcimento per equivalente dei danni subiti in conseguenza dei provvedimenti impugnati, con la condanna dell’ente al pagamento di una somma pari all’utile d’impresa, nella misura del 10% del prezzo netto offerto, nonché alle spese sostenute ai fini della partecipazione alla gara;

2) sul ricorso incidentale proposto dalla ALFA. s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo con l’Impresa ALFA DUE s.p.a., e dall’Impresa ALFA DUE s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avv. ************* e dall’Avv. *****************, elettivamente domiciliati in Salerno, alla piazza XXIV Maggio n. 26, presso lo studio dell’Avv. ***************;

per l’annullamento

del verbale di gara del 21.12.2006, nella parte in cui non si provvede ad escludere l’offerta del R.T. RICORRENTE – RICORRENTE DUE per difetto dei requisiti di partecipazione;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visto anche il ricorso incidentale;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all’udienza del 19 Dricorrente duebre 2007 il dott. ************;

Uditi i difensori presenti come da verbale;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Deduce la parte ricorrente di aver partecipato alla procedura aperta indetta dal Comune intimato, con bando del 7.11.2006, per l’aggiudicazione dell’appalto avente ad oggetto i lavori di completamento del porto turistico di Agnone.

Evidenzia altresì che il bando prevedeva, quale requisito di ammissione, il possesso di attestazione SOA OG7, classifica V, e deduce che, ammessi 38 concorrenti, operato il cd. taglio delle ali e fissata la media al 26,037%, è stata dichiarata aggiudicataria provvisoria la A.T.I. ALFA. – Impresa ALFA DUE s.p.a., la quale ha proposto il ribasso del 25,30%.

Espone quindi che tale risultato è derivato dalla illegittima ammissione alla gara, e quindi dal concorso della relativa offerta alla determinazione della media predetta, dell’impresa Controinteressata s.p.a., benché sprovvista dell’attestazione di qualità in corso di validità alla data (20.12.2006) stabilita per la presentazione delle offerte.

Sottolineando che, ove la media venisse calcolata senza considerare l’offerta della menzionata impresa Controinteressata s.p.a., essa risulterebbe aggiudicataria dell’appalto, formula, al fine di conseguire l’annullamento dei provvedimenti impugnati, le seguenti censure di illegittimità: 1) l’impresa Controinteressata s.p.a., alla data fissata per la presentazione delle offerte (20.12.2006), era priva della valida attestazione di qualità richiesta dal punto 11 del bando, emergendo dall’attestazione SOA da essa esibita che la certificazione di qualità sarebbe scaduta il 14.12.2006; 2) la carenza di una valida certificazione di qualità comportava la prestazione della cauzione provvisoria nella misura intera, non potendo applicarsi la riduzione di cui si è invece avvalsa la società Controinteressata.

Con i motivi aggiunti depositati il 31.1.2007, la società ricorrente ha esteso il gravame alla sopravvenuta determina di aggiudicazione definitiva dell’appalto alle società controinteressate, riproponendo le medesime censure formulate con il ricorso originario.

I difensori del Comune di Montecorice e delle intimate società ALFA. ed Impresa ALFA DUE s.p.a. si oppongono all’accoglimento del ricorso, deducendo che l’impresa Controinteressata era in possesso della certificazione di qualità valida sino al 10.7.2007.

Le predette società hanno anche proposto ricorso incidentale, con il quale hanno da un lato dedotto l’inammissibilità dei motivi aggiunti perché non corredati da autonoma procura ad litem, dall’altro lato hanno contestato l’ammissione alla gara della parte ricorrente, rilevando che: 1) sussiste incertezza assoluta sull’identità della persona che ha sottoscritto la domanda di partecipazione per la capogruppo-mandataria, atteso che essa è stata formulata da ***************, nato a Cassino il 23 luglio 1951, persona fisica diversa dall’amministratore unico, nato lo stesso giorno ma nell’anno 1949; 2) la discrepanza tra le generalità dichiarate nell’offerta e quelle risultanti dal documento allegato priva la domanda dei requisiti di cui all’art. 38 del T.U. n. 445/2000; 3) è stata violata la regola del bando di gara prescrivente, a pena di esclusione, la redazione dell’istanza di partecipazione sul modulo predisposto dall’amministrazione e munito di timbro di congiunzione tra i fogli staccati, essendo le domande di partecipazione presentate dalle partecipanti al raggruppamento temporaneo RICORRENTE – RICORRENTE DUE prive del richiesto timbro di congiunzione; 4) nel plico contenente l’offerta del raggruppamento temporaneo RICORRENTE – RICORRENTE DUE non era contenuta la quietanza di versamento in originale, ma solo copia conforme, peraltro sprovvista dell’attestazione di conformità all’originale, in violazione dell’art. 1, comma 67, l. 23 dricorrente duebre 2005, n. 266, delle disposizioni applicative emanate dall’Autorità di Vigilanza in data 26 gennaio 2006 e 17 gennaio 2007 e dell’art. 8, lett. c), del bando.

Il ricorso principale e quello incidentale quindi, dopo la discussione delle parti, sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

E’ impugnato, con il ricorso in esame, il provvedimento con il quale l’amministrazione comunale intimata ha provvisoriamente aggiudicato alla A.T.I. ALFA s.p.a.– Impresa ALFA DUE s.p.a. l’appalto avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di completamento del porto turistico di Agnone.

Le censure formulate con l’atto introduttivo sono poi state estese al sopravvenuto provvedimento di aggiudicazione definitiva a favore dell’A.T.I. suindicata.

Deducono in particolare le società ricorrenti, rispettivamente mandante e mandataria della costituenda A.T.I., che, ove la media delle offerte fosse stata calcolata omettendo di considerare l’offerta dell’impresa Controinteressata s.p.a., illegittimamente ammessa alla gara, esse si sarebbero assicurate l’aggiudicazione dell’appalto in discorso.

Tanto sinteticamente premesso, occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti (e, di riflesso, di improcedibilità del gravame principale) articolata dai difensori delle società aggiudicatarie, fondata sul mancato rilascio, in occasione della loro proposizione, di una nuova procura ad litem.

L’eccezione non può essere accolta.

Come affermato dalla più recente giurisprudenza, infatti, “i motivi aggiunti possono essere validamente proposti sulla scorta del mandato conferito al difensore per il ricorso originario allorché con essi si impugnano atti che fanno parte di uno stesso procedimento, e ciò in quanto la procura conferita dagli interessati deve ritenersi comprensiva di tutti i poteri processuali necessari a rimuovere le illegittimità che hanno determinato la lesione per la quale è stata richiesta la tutela giurisdizionale” (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 giugno 2007, n. 3331).

E’ d’uopo a questo punto scrutinare il ricorso incidentale presentato dalle predette società controinteressate e volto a contestare la legittimità dell’ammissione alla gara delle società ricorrenti.

Con la prima delle censure formulate dai ricorrenti incidentali, viene dedotta l’incertezza assoluta inficiante la domanda di partecipazione alla gara presentata dalla ricorrente società RICORRENTE, capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con la società RICORRENTE DUE: ciò in quanto la domanda medesima è stata sottoscritta dal sig. ***************, nato a Cassino il 23.7.1951, laddove l’amministratore unico della predetta società è nato il 23.7.1949.

La censura non può essere accolta.

La natura della rilevata discrasia, infatti, è suscettibile di essere agevolmente colta mediante l’esame della stessa domanda di partecipazione alla gara della società RICORRENTE, la quale contiene, a pag. 1, l’indicazione del 23.7.1951 quale data di nascita dell’amministratore unico sig. ***************, ed a pag. 2 l’indicazione, al medesimo fine, del 23.7.1949: circostanza, questa, tale da evidenziare la riconducibilità della predetta discrasia ad un mero errore materiale commesso nella predisposizione della domanda di partecipazione.

Ebbene, se si considera che alla domanda di partecipazione è allegata la copia del documento di riconoscimento del firmatario della domanda, dal quale si evince che il sig. *************** è nato a Cassino il 23.7.1949, non resta che concludere che l’evidenziata discrepanza, di ordine meramente formale, avrebbe potuto essere emendata dall’amministrazione intimata, ove ritenuto necessario, mediante l’esercizio del potere di invitare la parte interessata a regolarizzare la domanda in questione: ciò in quanto dalla stessa documentazione ad essa allegata avrebbero potuto desumersi gli elementi atti a chiarire il rilevato contrasto di carattere squisitamente formale.

I rilievi svolti, nel dimostrare la natura di mera irregolarità della rilevata incongruenza formale della domanda di partecipazione della società RICORRENTE, consentono altresì di escludere ogni decisiva incidenza della stessa sulla valida attuazione, da parte della medesima società, delle formalità di cui all’art. 38 d.P.R. 28 dricorrente duebre 2000, n. 445.

Con successiva doglianza, le società ricorrenti incidentali lamentano il vizio di violazione del bando inficiante la domanda di partecipazione delle società ricorrenti principali, richiedendo quello la redazione della medesima istanza mediante l’utilizzo del modulo predisposto dall’amministrazione, compilato in ogni sua parte e munito di timbro di congiunzione sui fogli staccati.

Nemmeno tale doglianza è meritevole di accoglimento.

Deve al riguardo sottolinearsi che se il bando (così come il relativo capitolato di gara) esige l’utilizzazione, a pena di esclusione, del modello di domanda di partecipazione predisposto dall’amministrazione, esso non commina analoga sanzione per l’ipotesi della mancata apposizione, sui distinti fogli costituenti la predetta domanda, del timbro di congiunzione.

In secondo luogo, occorre rilevare che la finalità cui è funzionale la predetta formalità – garantire la serietà dell’istanza di partecipazione e la responsabilità del firmatario in ordine alle dichiarazioni in essa contenute – è stata nella specie assicurata mediante l’apposizione, su ciascuno dei fogli di cui si compongono le predette domande (anche se non in posizione tale da congiungere formalmente i fogli stessi), dell’impronta del timbro delle società cui le stesse sono rispettivamente imputabili e della firma dei soggetti dichiaranti.

Con l’ultima censura, infine, le società ricorrenti incidentali deducono la violazione dell’art. 1, comma 67, l. 23 dricorrente duebre 2005, n. 266, delle disposizioni applicative emanate dall’Autorità di vigilanza in data 26 gennaio 2006 e 17 gennaio 2007 nonché dell’art. 8, lett. c), del bando, affermando che nel plico contenente l’offerta del raggruppamento temporaneo RICORRENTE – RICORRENTE DUE non era contenuta la quietanza in originale di versamento del contributo previsto dalle disposizioni citate, ma solo copia conforme della stessa, peraltro sprovvista dell’attestazione di conformità all’originale.

La censura non è condivisibile.

In primo luogo, il bando di gara, nel prevedere che alla domanda di partecipazione sia allegata “ricevuta in originale di pagamento del contributo all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici”, non prevede la sanzione dell’esclusione per l’ipotesi di esibizione di mera copia della ricevuta di versamento.

Inoltre, l’art. 3, comma 2, della deliberazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture del 26 gennaio 2006 (adottata ai sensi dell’art. 1, comma 67, l. 23 dricorrente duebre 2005, n. 266, e sostanzialmente riprodotto, in parte qua, dall’art. 3, comma 3, della deliberazione del 10 gennaio 2007), nel prevedere l’obbligo per i partecipanti alle pubbliche gare di provvedere “al pagamento della contribuzione quale condizione di ammissibilità alla procedura di selezione del contraente” e quello di “dimostrare, al momento di presentazione dell’offerta, di avere versato la somma dovuta a titolo di contribuzione”, sanzionando la violazione di tale obbligo con l’esclusione dalla procedura di gara, non richiede espressamente che la ricevuta di versamento del contributo sia prodotta in originale.

Ne consegue che la produzione di copia, dichiarata conforme all’originale dal legale rappresentante della società RICORRENTE, della ricevuta del versamento rilasciata dalla Banca di Roma, offrendo sufficienti garanzie circa l’avvenuto adempimento dell’obbligo di pagamento del contributo, impone di respingere la censura esaminata.

Acclarata l’infondatezza del ricorso incidentale, è d’uopo procedere all’esame delle censure formulate dalle società ricorrenti principali.

Le stesse deducono, a dimostrazione dell’illegittima ammissione alla gara de qua della società Controinteressata, la carenza in capo alla stessa del requisito di partecipazione di cui al punto 11 del bando (intitolato “condizioni minime di carattere economico e tecnico necessarie per la partecipazione”), a mente del quale “i concorrenti devono possedere: attestazione rilasciata da società di attestazione (S.O.A.) di cui al D.P.R. 34/2000 regolarmente autorizzata, in corso di validità per le seguenti categorie e classifiche: categoria OG7 – Opere marittime – classifica V” (la previsione in oggetto, deve precisarsi, è ribadita dal disciplinare di gara, il quale vi correla, nell’ipotesi di carenza del requisito in discorso, l’espressa comminatoria di esclusione).

Evidenziano al riguardo le società ricorrenti che la società Controinteressata, nel partecipare alla gara, ha prodotto una attestazione rilasciata dall’organismo di attestazione “SOA Nazionale Costruttori” con la quale si da atto che l’impresa citata “possiede la certificazione (art. 2, comma 1, lettera q) D.P.R. 34/2000) valida fino al 14.12.2006 rilasciata da BETA SPA”.

Siffatta certificazione, esse aggiungono, non soddisfa la citata prescrizione della lex specialis, dal momento che la sua validità doveva considerarsi, alla data (20.12.2006) di scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara, ormai cessata.

La doglianza è fondata.

Deve premettersi che l’attestazione rilasciata dagli organismi all’uopo abilitati è funzionale, ai sensi dell’art. 40 d.lgs 12 aprile 2006, n. 163, ad attestare l’esistenza nei soggetti qualificati, tra l’altro, della certificazione di sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000 e alla vigente normativa nazionale, rilasciata da soggetti accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000.

E’ evidente che non assolve a tale funzione una attestazione che richiami, ai fini in discorso, una certificazione di qualità la cui validità sia sottoposta a termine, una volta decorso il termine all’uopo previsto.

Né rileva, da tale punto di vista e sulla scorta delle deduzioni delle parti resistenti, che il soggetto interessato fosse in possesso, pur successivamente al termine suindicato, di valida certificazione di qualità, atteso che, a termini del bando (oltre che della disposizione legislativa citata), l’attestazione rilasciata dalla SOA costituisce lo strumento indispensabile al fine di comprovare il possesso della certificazione di qualità.

A tale riguardo, la produzione in giudizio dell’attestazione di qualificazione n. 10655/10/00 rilasciata da CQOP (Costruttori Qualificati di Opere Pubbliche), rilasciata il 4.1.2007 e sostitutiva dell’attestazione n. 3201/25/00 allegata alla domanda di partecipazione della società Controinteressata, secondo cui l’impresa “possiede la certificazione (art. 2, comma 1, lettera q) D.P.R. 34/2000) valida fino al 10/07/2007 rilasciata da BETA S.P.A.”, non consente di superare il vizio evidenziato, perché successiva al termine fissato dal bando per la presentazione delle domande di partecipazione e comunque non prodotta all’atto della partecipazione alla procedura di gara.

La norma del bando violata dall’amministrazione non attiene infatti alla sussistenza in fatto del requisito richiesto dal bando (il possesso di valida certificazione di qualità), ma alla produzione in allegato alla domanda di partecipazione, nel rispetto delle scadenze temporali prescritte dalla lex specialis, del documento (l’attestazione SOA) preordinato a comprovarne il possesso del requisito de quo.

Altrettanto dicasi del certificato di qualificazione n. 8403/03/S rilasciato da BETA s.p.a., recante quale data della prima emissione il 27.2.2003 e quale data della emissione corrente l’8.6.2006, certificato di cui la nota di BETA s.p.a. prot. n. STO/AMN/4381 del 31.1.2007, indirizzata al Comune di Montecorice, attesta la perdurante ed attuale validità avendo la società interessata “sempre ottemperato alle previste verifiche annuali”, sì che “il certificato, alla data del 21.12.2006, epoca della gara in oggetto, era in corso di validità”.

Invero, deve ribadirsi che nessun idoneo documento, attestante il possesso al 20.12.2006 da parte della Controinteressata s.p.a. di valida certificazione di qualità, è stato acquisito agli atti del procedimento di gara nelle forme previste dal bando, ovvero mediante produzione della attestazione SOA recettiva del predetto requisito.

Deve altresì escludersi che la circostanza suindicata, ovvero la validità della certificazione di qualità al 20.12.2006, avrebbe potuto essere acquisita alla gara mediante l’esercizio, da parte dell’amministrazione appaltante, del potere di invitare la parte interessata a procedere alla regolarizzazione dell’attestazione SOA carente, atteso che il possesso, alla predetta data, di un valido certificato di qualità costituisce un elemento sostanziale dell’attestazione SOA, inerente al suo contenuto essenziale, insuscettibile come tale di integrazione postuma (cfr., sui limiti del potere di integrazione, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 6 luglio 2005, n. 1119).

La domanda di annullamento proposta dalle società ricorrenti, ed integrata con i motivi aggiunti, deve quindi essere accolta, potendo dichiararsi assorbite le doglianze non esaminate.

Viene adesso in rilievo la domanda intesa ad ottenere la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni sofferti dalle società ricorrenti e conseguenti all’adozione dei provvedimenti impugnati: danni essenzialmente relativi al mancato conseguimento dell’utile di imprese, alle spese sostenute per partecipare alla gara ed alla preclusione della possibilità di far valere in futuro la qualificazione professionale derivante dall’esecuzione dell’appalto de quo.

Deve in primo luogo evidenziarsi che, come dedotto dalle società ricorrenti e non contestato dalle parti intimate, l’esclusione della società Controinteressata avrebbe inevitabilmente condotto all’aggiudicazione dell’appalto in discorso alle società ricorrenti, avendo esse offerto una percentuale di ribasso immediatamente superiore alla rideterminata soglia di anomalia: resta in tal modo dimostrato il danno ingiusto subito dalle società ricorrenti, illegittimamente private del bene della vita rappresentato dall’aggiudicazione dell’appalto in discorso.

Quanto agli elementi soggettivi dell’illecito, ritiene il giudicante che essi siano insiti nella particolare evidenza caratterizzante l’illegittimità inficiante i provvedimenti impugnati, scaturendo essa dalla violazione di comuni e generalmente condivisi principi regolatori delle procedure di gara in relazione ad una fattispecie priva, nei suoi elementi fattuali, di profili di oggettiva incertezza.

A tanto deve aggiungersi che la sollecitazione rivolta all’amministrazione intimata dalle società ricorrenti, con nota del 4.1.2007, affinché rivedesse il suo operato alla luce delle deduzioni poi articolate con il presente gravame, è tale da rendere vieppiù manifesti i profili colposi della condotta della medesima amministrazione, la quale, benché avvertita delle illegittimità consumate e senza assumere una precisa posizione in ordine alle stesse (non essendo prodotto alcun atto dimostrativo della considerazione data, anche in senso negativo, alla nota succitata), ha ugualmente portato a termine il procedimento di aggiudicazione mediante la stipula del contratto di appalto con le società controinteressate.

Quanto al contenuto della misura risarcitoria, deve premettersi che la forma di ristoro invocata in via principale dalle società ricorrenti, e consistente nella aggiudicazione dell’appalto, non può essere somministrata.

Come emerge dalla documentazione prodotta dall’amministrazione intimata in data 7.12.2007, infatti, i lavori de quibus “sono in fase di avanzata e regolare esecuzione nel rispetto dei termini perentori fissati dalla Regione Campania a pena di revoca del finanziamento regionale” (cfr. l’attestato del Responsabile del Servizio Lavori Pubblici del Comune di Montecorice del 27.11.2007).

Ebbene, ritiene il Tribunale che tale circostanza si traduca nella impossibilità e comunque eccessiva difficoltà di soddisfacimento, in forma specifica, dell’interesse pregiudicato dai provvedimenti impugnati: ciò sia ex parte creditoris, non essendo espressamente allegato l’interesse delle società ricorrenti all’esecuzione solo parziale dei lavori, relativamente cioè alle opere ancora non eseguite (interesse non presumibile alla luce delle difficoltà organizzative insite nella sostituzione della propria struttura imprenditoriale ad altra già operante), sia ex parte debitoris, non potendo omettersi di considerare i gravi pregiudizi derivanti dalla sospensione dei lavori, resa necessaria dal subingresso delle società ricorrenti nell’attività esecutiva attualmente svolta da quelle aggiudicatarie, e consistenti nel rischio di perdere i finanziamenti regionali destinati alla realizzazione dell’opera di cui si tratta.

Residua, quindi, la possibilità di risarcimento in forma equivalente della lesione subita dall’interesse delle società ricorrenti all’aggiudicazione dell’appalto.

In proposito, il giudicante ritiene di condividere l’indirizzo giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456; Sez. IV, 27 dricorrente duebre 2004, n. 8244; Sez. V, 27 settembre 2004, n. 6302 e 24 ottobre 2002, n. 5860) secondo cui, “in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un appalto già esaurito o comunque pervenuto ad un punto di esecuzione tale da impedire il soddisfacimento in forma specifica dell’interesse del soggetto illegittimamente pretermesso dalla procedura di aggiudicazione, il lucro cessante, ovverosia l’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione non avvenuta per illegittimità dell’azione amministrativa, deve essere risarcito riconoscendo la spettanza nella sua interezza dell’utile di impresa nella misura del 10%, qualora l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi lasciati disponibili per l’espletamento di altri servizi, mentre nel caso in cui tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o di servizi o di forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con la conseguenza che il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell’offerta dell’impresa. Sulla somma spettano gli interessi legali decorrenti dal momento della presentazione della domanda giudiziale”.

Quanto invece al danno emergente, relativo essenzialmente alle spese sostenute per la partecipazione all’appalto, la relativa domanda di condanna può essere accolta limitatamente all’onere economico derivante dal versamento del contributo a favore dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, non essendo stata fornita alcuna documentazione probatoria delle ulteriori spese eventualmente affrontate (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 marzo 2007, n. 1377).

Inammissibile, infine, è la richiesta di condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno conseguente alla impossibilità di utilizzare le referenze derivanti dall’esecuzione dell’appalto in discorso nell’ambito di futuri ed eventuali procedimenti di gara ai quali le società ricorrenti potrebbero partecipare.

Basti al riguardo evidenziare che la voce di danno in questione, sebbene suscettibile di apprezzamento in via equitativa, esige l’allegazione, da parte del soggetto interessato, di tutti gli elementi atti a concretizzarla, onde evitare che la relativa quantificazione giudiziaria si risolva nel riconoscimento di un ristoro eccedente quello necessario alla compensazione patrimoniale del pregiudizio effettivamente subito: elementi relativi, ad esempio, al peso delle referenze correlate all’esecuzione dell’appalto in questione nell’ambito di quelle complessivamente maturate dalle società interessate, onde apprezzare la misura in cui l’impossibilità di allegare le prime incida, in futuro, sulle chances di aggiudicazione di ulteriori appalti.

In conclusione, quindi, il Comune intimato deve essere condannato alla corresponsione, a favore delle società ricorrenti, di una somma pari al 5% dell’offerta economica presentata in sede di partecipazione alla gara, nonché della somma di € 81 (pari a quella versata a titolo di contributo a favore dell’Autorità di vigilanza), integrate con gli interessi legali decorrenti dalla data di presentazione del ricorso.

Il Comune di Montecorice deve essere inoltre condannato al rimborso delle spese di giudizio sostenute dalle società ricorrenti, nella misura complessiva di € 1.000.

La medesima statuizione deve essere adottata nei confronti della ALFA. s.p.a. e dell’Impresa ALFA DUE s.p.a., siccome soccombenti in relazione al ricorso incidentale dalle stesse proposto.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Salerno, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 102/2007 e sul ricorso incidentale proposto dalla ALFA. s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo con l’Impresa ALFA DUE s.p.a., e dall’Impresa ALFA DUE s.p.a.:

– respinge il ricorso incidentale;

– accoglie la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale e ne dispone, per l’effetto, l’annullamento;

– condanna il Comune di Montecorice alla corresponsione, a favore delle società ricorrenti, di una somma pari al 5% dell’offerta economica presentata in sede di partecipazione alla gara nonché la somma ulteriore di € 81, alle quali saranno aggiunti gli interessi legali decorrenti dalla data di presentazione del ricorso;

– condanna il Comune di Montecorice al rimborso delle spese di giudizio sostenute dalle società ricorrenti, nella misura complessiva di € 1.000;

– condanna la ALFA. s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo con l’Impresa ALFA DUE s.p.a., e l’Impresa ALFA DUE s.p.a. al rimborso delle spese di giudizio sostenute dalle società ricorrenti, nella misura di € 1.000.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella Camera di Consiglio del 19 Dricorrente duebre 2007.

Dott. Sabato GUADAGNO – Presidente

Dott. ************ – Estensore

Lazzini Sonia

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