La prescrizione della cartella nella tassa automobilistica

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SOMMARIO:   1) introduzione al problema; 2)  prescrizione decennale della cartella: l’equivalenza della cartella  alla sentenza di  condanna passata in giudicato; 2.1) prescrizione decennale della cartella: l’impiego della norma di chiusura art.2946 c.c.; 2.2) le norme analoghe previste per altri tributi; 2.3)  imposta erariale o imposta regionale?; 2.3.a)   brevi riflessioni sulle leggi regionali; 3) la prescrizione quinquennale della cartella; 4) la prescrizione triennale della cartella relativa al bollo auto;  5) conclusioni.

 

 

1)   INTRODUZIONE AL PROBLEMA

Il tema della prescrizione della tassa automobilistica è uno dei temi più controversi e divisivi nel panorama tributario contemporaneo, sia (forse) per la rilevanza statistica del fenomeno sia,  soprattutto, si vedrà meglio in seguito, a cagione delle unità lessicali utilizzate dal legislatore il quale,  impiega la generica locuzione  “………….. recupero delle tasse”, termine invero  abusato in molti testi legislativi e  dalle opposte letture, sia economiche, sia giuridiche.

Tale termine, infatti, ha la pecca di non dare l’idea della scansione temporale del procedimento,  sì da lasciare libero l’interprete di collocare il verbo (recuperare) ove ritiene più appropriato.

L’articolo 5, comma 51, D.L. 30 dicembre 1982 n. 953 convertito con la legge 28 febbraio 1983 n. 53, stabilisce che:

 L’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1 gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalita’ si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento. Nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte[1].

La giurisprudenza appare coesa nell’individuare  il termine di prescrizione (rectius decadenza) dei tre anni per la effettuazione dell’accertamento[2], da parte della Regione e, in caso di mancato pagamento e/o  non opposizione all’accertamento,  la decorrenza di un nuovo successivo periodo di tre anni entro il quale (dopo l’iscrizione al ruolo) il concessionario deve necessariamente determinarsi ad emettere la cartella di pagamento.  

Sul punto si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con la sent. n.593.2017 (sez. trib.), la quale dà pacificamente atto dei due incontroversi periodi triennali.

La vera diversa visione ermeneutica – sempre in termini di prescrizione  applicabile – si incentra sul valore da attribuire alla cartella non opposta e alla quantità di tempo necessario per determinarne la prescrizione (senza altri atti interruttivi),  a decorrere appunto dalla notifica della cartella.

In sostanza il termine recuperare cosa significa? Si riferisce anche alla fase post notifica della cartella? O recuperare si ferma alla soglia della notifica della cartella, intendendosi che, successivamente, non c’è nulla da recuperare[3] essendo già stato emesso il titolo esecutivo?

A causa del citato termine polisenso[4] sono  attualmente sussistenti tre distinti orientamenti i quali, facendo leva sulla applicabilità anche delle norme del codice civile, giungono ad approdi del tutto diversi.

Essi saranno affrontati singolarmente nei paragrafi successivi 2), 3), 4), prendendo in esame i punti di forza e debolezza di ogni singola teorica.

2)   PRESCRIZIONE DECENNALE DELLA CARTELLA: l’equivalenza della cartella  alla sentenza di  condanna passata in giudicato.

I fautori della prescrizione decennale erano soliti[5], prima della sentenza a SS.UU. n. 23397/2016[6],  fondare il proprio assunto sull’esegesi  estensiva posta dall’art. 2953[7] c.c..

In sostanza la cartella non opposta, quindi con credito certo, esigibile e cristallizzato, equivaleva – sostanzialmente – negli effetti complessivi  ad una sentenza di  condanna passata in giudicato[8]. Se il credito portato da una sentenza di condanna passata in giudicato si prescrive in 10 anni, per analogia anche il credito portato da una cartella non impugnata, la quale ha sostanzialmente gli stessi effetti di una sentenza di condanna, si prescriverà in dieci anni.  

Tale assunto è stato sconfessato dalle SS.UU n. 23397/2016  le quali (sebbene in ambito contributivo ma con efficacia di valenza generale)  hanno ricordato agli interpreti  la differenza tra atto amministrativo e sentenza di condanna passata in giudicato.  La sentenza delle SSUU  ha, in sostanza, stabilito che:

1)”la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dal 1° gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010)”;

2) “è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria[9], la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

 

Certamente è condivisibile l’assunto di coloro i quali assumono che la massima non risolva – specificamente  – la tematica della specifica prescrizione applicabile ad ogni singolo tributo.  Ed infatti la problematica all’attenzione del Supremo Collegio era oggettivamente diversa; occorreva valutare l’ambito di applicazione dell’art. 2953 c.c. e la Corte ne ha sancito la sua inapplicabilità all’atto amministrativo cartella.

La decisione rimanda, quindi, alla intangibile e specifica prescrizione della cartella tipica di ogni singolo tributo, non essendo ermeneuticamente più impiegabile l’assimilazione della cartella, non opposta, all’atto giurisdizionale della condanna passata in giudicato.

Qual è allora la prescrizione della cartella per tassa di circolazione non opposta?.

2.1)       PRESCRIZIONE DECENNALE DELLA CARTELLA: l’impiego della norma di chiusura art. 2946 c.c..

I fautori della tesi decennale sostengono l’applicabilità dell’art. 2946 c.c. il quale recita: 

art.2946 c.c.“Prescrizione ordinaria. Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni”.

Trattasi di evidente norma di  chiusura del  sistema, disposizione codicistica residuale che testualmente rimanda – per la sua applicazione –  all’assenza (nell’intero ordinamento positivo) di qualsiasi altra norma applicabile.

La legge che dispone diversamente può peraltro trovarsi in ogni testo, anche nel codice civile: se rinvenuta essa deve applicarsi prima della norma suppletiva di cui all’art. 2946 c.c..

Il legislatore ha utilizzato il termine “salvo” proprio ad indicarne la estrema ratio. L’interprete, con tale clausola di riserva, ha pertanto l’obbligo di verificare, in tutti i testi normativi,  la sussistenza di una disposizione che regoli la prescrizione in maniera eventualmente diversa.

Solo se non sussistente altra e diversa norma sarà applicabile la prescrizione decennale.

Questo approdo ermeneutico, volto all’utilizzo dell’art.2946 c.c., è stato anche avvalorato da un’autorevole ordinanza[10] della Corte di Cassazione  così massimata:

Il credito erariale per la riscossione della tassa automobilistica, a seguito di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione o sulla base di sentenza passata in giudicato, è soggetto al termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod. civ., in quanto, trattandosi di credito fiscale consolidatosi a seguito dell’omessa impugnazione degli atti impositivi, la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi”. 

L’ordinanza merita di essere letta per intero e ad essa si fa rimando: la decisione non appare condivisibile poiché utilizza la teorica del tributo erariale (teorica sconfessata dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n.736/2017), per giungere all’applicazione dell’art. 2946 c.c..

Se la tassa automobilistica è tributo erariale, i tributi erariali sono caratterizzati da prescrizione decennale: ne discende che anche la tassa auto è decennale. Il sillogismo[11]  è perfetto. Se così è allora anche l’ICI è un tributo erariale: tutti sono erariali (se emanati dal parlamento nazionale, tranne quei tributi di cui all’art. 119, 2 c. Cost..

Ma la stessa motivazione della recente sentenza della Corte di Cassazione n.736/2017 si è fatta carico di chiarire cosa debba intendersi per tributo locale, chiarendo le scansioni temporali della vicenda relativa alla tassa automobilistica, per come si vedrà in seguito.

 2.2) LE NORME ANALOGHE PREVISTE PER ALTRI TRIBUTI.

Anche la tematica dell’impiego, al fine di motivare la prescrizione decennale, di norme analoghe ma emanate per altre e diverse imposte, appare solo suggestiva.

Ci si riferisce all’art. 78 del DPR 131/1986[12] e all’art. 41  del dlgs 346/1990[13], norme queste che chiaramente prevedono la prescrizione decennale della cartella non opposta.

Tuttavia le norme citate concernono due differenti imposte erariali. L’assimilazione della decennale previsione colà indicata alle tasse automobilistiche non pare logicamente consentita, poiché le norme (speciali)  sono state emanate dal legislatore il quale specificamente lì ha voluto una prescrizione decennale della cartella (Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit).

E’ arduo l’impiego dell’art. 78 del DPR 131/1986 e dell’art. 41  del d.lgs 346/1990 per inferirne, in via analogica, la prescrizione sulla tassa automobilistica:  evidentemente si tratterebbe di una interpretazione analogica in peius in materia sottoposta a riserva di legge. Il ricorso all’analogia ex art. 12, comma 2, preleggi, possiede aspetti di assoluta peculiarità nel diritto tributario[14]: bisognerebbe, prima di fare uso dell’analogia,  escludere l’esistenza di una norma propria.

2.3)  IMPOSTA ERARIALE O IMPOSTA REGIONALE?

Si è già accennato  alla metodica di motivare la prescrizione decennale della cartella, emessa a cagione di debito derivante dalla tassa automobilistica, inserendo anche la tassa auto tra le imposte erariali.

La motivazione si sostanzia nel seguente ragionamento: se la tassa automobilistica è imposta erariale essa assume una prescrizione decennale, poiché le imposte erariali sono pacificamente tutte a prescrizione decennale.  

Quest’ultimo insegnamento ci promana dalla sentenza della Sez. 5, n. 4283 del 2010 la quale ha stabilito che:

la consolidata giurisprudenza della Corte (Cass. n. 2941 del 2007, n. 4271 del 2003Cass. S.U. n. 10955 del 2002) ha chiarito che la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., n. 4, per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad un anno od in termini più brevi si riferisce alle obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con decorso del tempo, di guisa che soltanto con il protrarsi dell’adempimento nel tempo si realizza la causa del rapporto obbligatorio e può essere soddisfatto l’interesse del creditore per il tramite della ricezione di più prestazioni, aventi un titolo unico, ma ripetute nel tempo ed autonome le une dalle altre; tale prescrizione, per contro, non trova applicazione con riguardo alle prestazioni unitarie, suscettibili di esecuzione così istantanea, come differita o ripartita, in cui cioè è, o può essere, prevista una pluralità di termini successivi per l’adempimento di una prestazione strutturalmente eseguibile però anche “uno actu” con riferimento alle quali opera la ordinaria prescrizione decennale contemplata dall’art. 2946 c.c. (Cass. n. 9295 del 1993). In altri termini, la disposizione codicistica trova applicazione nella ipotesi di prestazioni periodiche in relazione ad una causa debendi continuativa, mentre la medesima norma non trova applicazione nella ipotesi di debito unico. In applicazione di tale principio, là dove il corrispettivo contrattuale sia solo apparentemente periodico nel senso che consiste in una prestazione unitaria, pur eseguibile nel tempo in modo frazionato, il termine di prescrizione è quello decennale (ad es. vendita di un bene con pagamento rateale del prezzo). Sotto diverso profilo, ovvero per la mancanza di una “causa debendi” continuativa, è stato esclusa la applicabilità della prescrizione breve al credito erariale per la riscossione di imposta sul valore aggiunto (IVA) (pure da pagarsi con cadenza annuale od inferiore) sul rilievo che la prestazione tributaria, stante la autonomia dei singoli periodi di imposta e della relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il credito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione riguardo alla sussistenza dei presupposti impositivi. (v. Cass. n. 2941 del 2007). È invece non contestato che il prezzo della somministrazione di energia elettrica, da parte di ente pubblico, o della fornitura di acqua potabile e del relativo servizio di depurazione da parte del Comune od ente preposto è soggetto a prescrizione breve, in quanto viene pagato annualmente o a scadenze inferiori all’anno in relazione ai consumi verificatisi per ciascun periodo, configurando una prestazione periodica con connotati di autonomia nell’ambito di una “causa petendi” di tipo continuativo (v. Cass. n. 6209 del 2009)……………..

Venendo ora all’esame della fattispecie concreta alla stregua dei criteri sopra enunciati, si ritiene non possa negarsi che i tributi locali di cui è causa (tassa per lo smaltimento rifiuti, per l’occupazione di suolo pubblico, per concessione di passo carrabile, contributi di bonifica) siano elementi strutturali di un rapporto sinallagmatico caratterizzato da una “causa debendi” di tipo continuativo suscettibile di adempimento solo con decorso del tempo in relazione alla quale l’utente è tenuto ad una erogazione periodica, dipendente dal prolungarsi sul piano temporale della prestazione erogata dall’ente impositore, o del beneficio dallo stesso concesso. Invero, in tutti i casi considerati, l’utente è tenuto a pagare periodicamente una somma che, sia pure autoritativamente determinata, costituisce corrispettivo di un servizio a lui reso, o richiesto (concessione di uso di suolo pubblico, di uso di passo carrabile) o imposto (tassa per smaltimento rifiuti, contributo opere di risanamento idraulico del territorio) che in tanto si giustifica in quanto anno per anno il corrispondente servizio venga erogato; nè è necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame della esistenza dei presupposti impositivi, che permangono fino alla verificazione di un mutamento obbiettivo della situazione di fatto giustificante il servizio, nè il corrispettivo potrebbe dall’utente essere corrisposto in unica soluzione, in quanto ab initio non determinato e non determinabile, ne’ nell’entità, ne’ nella durata.    

Il discrimine, si noterà, non era unicamente tra imposta locale e erariale, trattandosi questa di  semplificazione.

La differenza tra imposte locali ed erariali è ontologica e, solo in via di larga approssimazione,  si può dire – quale conseguenza che tuttavia svilisce il ragionamento – che le prime hanno prescrizione quinquennale e le seconde decennale.

La differenza era più profonda. Secondo l’importante enunciato del giudice della nomofilachia, le imposte erariali debbono essere determinate ogni volta e, quindi, non hanno una causa debendi continuativa.  I tributi locali, invece, sono imposti autoritativamente e sono caratterizzati dallo stesso ciclico importo, eguale  ogni anno, salvo il variare dei presupposti impositivi.

La differenza, come detto, è ontologica e la Corte di Cassazione l’ha teorizzata  circoscrivendo l’ambito di applicazione dell’art. 2948 n.4 c.c. ai soli tributi locali i quali sono caratterizzati dal citato meccanismo impositivo.   

Tuttavia, utilizzando gli approdi di questa condivisibile ed ineccepibile   giurisprudenza si può giungere (sempre con l’ermeneutica sillogistica di cui si è detto) a determinare l’imposta del cd. bollo auto quale decennale, assimilandola  all’ampio genus dei tributi erariali.

L’operazione non appare tuttavia condivisibile sia per la ratio della divisione tra imposte erariali e locali effettuata dal  giudice di legittimità (causa debendi continuativa o meno), sia perchè la tassa automobilista  non è tassa erariale, a meno di non ritenere erariale ogni  imposta e tassa che non deriva dalle potestà normative riconosciute agli enti locali ex art. 119, 2c., Cost.

La collocazione tra le imposte erariali, secondo gli assertori della bontà del predetto sillogismo,  si potrebbe evincere dalla sentenza della Corte costituzionale 296/2003.  In quella occasione la Consulta era stata chiamata a verificare se la legge del Piemonte[15], la quale – tra le altre – esonerava dal pagamento della tassa automobilistica regionale alcuni autoveicoli alimentati a gas metano e per gli autoveicoli elettrici, fosse costituzionale alla luce dell’art. 117,2c., lett. e), Cost.

In quell’occasione la Corte ricordò che:

“nemmeno la tassa automobilistica può, dunque, allo stato, qualificarsi «tributo proprio della regione», nel senso oggi fatto proprio dall’art. 119, secondo comma, Cost., e conseguentemente va escluso che la Regione Piemonte abbia il potere di disporre esenzioni dalla tassa ovvero di modificare i termini di prescrizione del relativo accertamento, rientrando la relativa materia nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi del citato art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione”.

In sostanza, la Corte disse una cosa evidente;  nessun tributo è non erariale posta la vigenza dell’art. 117, 2c. lett. e) se per  “non erariale” si intende restrittivamente  il tributo non emanato dagli enti Regione ex art. 119,2c. della Costituzione.

E’ noto che attualmente, le principali fonti di entrata tributaria delle regioni a statuto ordinario e degli enti locali sono costituite da[16]:

a)    addizionali a tributi statali;

b)    quote di partecipazione al gettito di tributi statali (imposta sul valore aggiunto; imposta di fabbricazione sulle benzine);

c)     destinazione alle regioni e agli enti locali dell’intero gettito di tributi disciplinati dalla legge statale, con la possibilità di determinazione delle aliquote  –  entro limiti prefissati – da parte della regione o dell’ente locale (fra le principali: imposta regionale sulle attività produttive; imposta comunale sugli immobili; tassa automobilistica regionale, imposta provinciale di trascrizione per gli autoveicoli).

Seguendo pertanto l’accezione restrittiva,  tutte le imposte sopra riportate, anche quelle di cui  alla lettera c) cd. locali (Tarsu, ICI, imposta sulla pubblicità, tassa auto ecc. ecc.), sarebbero sempre erariali, solo perché non emanate dall’ente territoriale.  Solo le imposte delle Regioni ex art. 119, 2c., Cost. sarebbero quindi strettamente di origine interamente locale: la disciplina di questi ultimi  tributi  è rimessa agli enti medesimi, che possono definirne tutti gli elementi fondamentali (soggetti passivi, basi imponibili, territorialità, aliquote, riscossione, accertamento), nel quadro generale stabilito dalla legge dello Stato, cui resta altresì riservato il contenzioso.  

Occorre però sottolineare che la riforma di cui parla l’art. 119 comma 2 Cost. non si è mai completamente realizzata, mancando spesso[17] finora il presupposto costituito dalla legge statale destinata a definire i principi del sistema. 

Tuttavia,  a ben vedere,  la sentenza sopra riportata della Cass. Sez. 5, n. 4283 del 2010, impiegava il termine “tributi locali”  per indicare l’imposta si originata da  normativa statale,  ma  il cui accertamento/recupero/riscossione e gettito va interamente nelle casse dell’ente locale. Quell’imposta che, seppur prevista dal legislatore nazionale, ha visto demandato all’ente territoriale l’accertamento  e la  riscossione del quantum.

Ecco spiegato l’equivoco. Che la Cassazione impieghi il termine con l’accezione tecnica sopra esplicata emerge chiaramente dalla recente sentenza della Corte di Cassazione 736/2017 (all.4) la quale didascalicamente afferma, in ordine alla legittimazione processuale, che:  

Il principio di diritto da affermarsi è quindi il seguente: “E’ vero che -oltre la parte di tassa automobilistica di cui le Regioni erano già titolari- le altre tasse automobilistiche sono state trasferite alle ridette Regioni con decorrenza dal 1 gennaio 1993 secondo quanto stabilito dall’art. 23 d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504. Tuttavia siccome le tasse automobilistiche cosiddette “non erariali” sono state amministrate dallo Stato fino al 1 gennaio 1999 – cioè fino a quando secondo la previsione contenuta nell’art. 17, comma 10, I. 27 dicembre 1997 n. 449 sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario sia il loro l’accertamento, che la loro riscossione ecc. – consegue la legittimazione sostanziale e processuale dell’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 10 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e 57 d.lgs. 30 luglio 1999 con riguardo alle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1994”.

 

La Cassazione inserisce il bollo auto tra le imposte non erariali. Quindi non appare condivisibile parlare di tassa automobilistica quale imposta erariale (salvo la diversa accezione sopra esplicata) ed impiegare  “strumentalmente”, al fine di  motivare la prescrizione decennale, gli assunti della Cassazione Sez. 5, n. 4283 del 2010 circa la diversità ontologica tra tributi locali e erariali. 

A ben vedere – più semplicemente –  la Cassazione 4283/2010 aveva creato la dicotomia solo per evidenziare in una categoria (imposte gestite in sede locale) la  prestazione periodica con connotati di autonomia nell’ambito di una “causa petendi” di tipo continuativo e, quindi, prescrizione quinquennale e l’altra, l’assenza della causa debendi continuativa (IVA, Irpef, ecc. ecc. ), imposte erariali ove l’accertamento viene effettuato ogni anno, di volta in volta, dallo Stato

Non appare condivisibile configurare la tassa auto come erariale, al fine di desumerne la prescrizione decennale della cartella, assimilandola ad imposte interamente e realmente erariali: il presupposto impositivo è del tutto diverso.

 

 

2.3.a)   Brevi riflessioni sulle Leggi Regionali.

 

Alcune Regioni hanno emanato leggi  in materia di prescrizione della cartella relativa alla tassa automobilistica. Ad es. La legge Regionale n.10[18] del 2003 della Lombardia si occupa, anche, della tassa automobilistica.

Le Regioni non possono (potrebbero) legiferare in questa materia[19]. Nel 2003 la Corte Costituzionale era stata chiamata a giudicare alcune norme regionali che prorogavano o comunque mutavano i termini di prescrizione del bollo auto[20].

La Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità delle leggi regionali sottoposte al suo giudizio poiché la legge nazionale aveva attribuito la tassa di possesso alle regioni ma la legge non era stata istituita dalle regioni.

Tuttavia il legislatore nazionale ha sanato retroattivamente stabilendo la possibilità che le regioni a statuto ordinario possano mutare i termini e le modalità di riscossione del bollo auto. Con l’art. 2 comma 22 e 23  della L. n.350/03 (cioè la legge finanziaria 2004) è stato stabilito che:

22. Nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nelle regioni che hanno emanato disposizioni legislative in tema di tassa automobilistica e di IRAP in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale, l’applicazione della tassa opera, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tali disposizioni legislative e fino al periodo di imposta decorrente dal 1° gennaio 2010, sulla base di quanto stabilito dalle medesime disposizioni nonche’, relativamente ai profili non interessati dalle predette disposizioni, sulla base delle norme statali che disciplinano il tributo.

23. Entro il periodo di imposta decorrente dal 1° gennaio 2010, le regioni di cui al comma 22 provvedono a rendere i loro ordinamenti legislativi in tema di tassa automobilistica conformi alla normativa statale vigente in materia.

Ad es. la legge della Regione Lombardia n.10  è attualmente[21] vigente e disciplina anche aspetti relativi alla prescrizione (che forse avrebbero dovuto rimanere di In particolare, l’art.94 merita di essere riportato per intero. Termini di prescrizione.

1. Ove non diversamente disposto al Titolo III, il termine per l’accertamento dei tributi dovuti si prescrive entro il 31 dicembre del terzo anno successivo all’ultimo giorno utile per la presentazione della relativa dichiarazione annuale o all’ultimo giorno utile per il pagamento del tributo esclusivamente nel caso in cui non vi sia obbligo di presentazione della dichiarazione periodica. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito.

2. Il diritto alla riscossione delle somme dovute alla Regione in base ad atto di accertamento tributario si prescrive entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui l’atto è divenuto definitivo.

3. Entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, devono essere resi esecutivi i ruoli coattivi, di cui all’articolo 92, nei quali sono iscritte le somme dovute alla Regione in base agli accertamenti del competente ufficio tributario regionale.

4. La prescrizione del credito per la riscossione del tributo è interrotta quando viene esercitata l’azione penale: in tal caso il termine di prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio penale.

5. Gli atti di contestazione e di irrogazione delle sanzioni di cui al Titolo V devono essere notificati, pena la decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione. In caso di comportamenti omissivi, la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito.

6. Il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni dalla data di notifica del relativo atto.

7. Entro lo stesso termine previsto al comma 5 devono essere resi esecutivi i ruoli nei quali sono iscritte le sanzioni irrogate ai sensi dell’articolo 17, comma 3, del d.lgs. 472/1997.

Nella Regione Lombardia vigeva[22] (comma 2) una prescrizione della cartella di 5 anni, con decorrenza dall’anno successivo a quello in cui l’atto è divenuto definitivo.

Com’è noto le Leggi regionali sono fonti primarie alla stregua di quelle ordinarie statali. Se l’art. 94 esiste, se il legislatore regionale della Lombardia lo ha emanato (e quello nazionale lo ha sanato), significa che la prescrizione precedentemente non era quinquennale, altrimenti quale sarebbe stata la sua utilità?

E’ possibile, in via ermeneutica,  elevare la prescrizione della cartella notificata a 10 anni, impiegando ora l’art. 2946 c.c. quando neanche le Regioni più attente hanno mai  disciplinato in tale restrittivo senso?

 

3)   LA PRESCRIZIONE QUINQUENNALE DELLA CARTELLA.

 

La prescrizione quinquennale della cartella ha ottime fondamenta ermeneutiche, se si accede ad una interpretazione “limitata” del termine recupero di cui all’articolo 5, comma 51, D.L. 30 dicembre 1982 numero 953.

La tassa automobilistica condivide sostanzialmente la medesima struttura del presupposto  impositivo  dell’imposta comunale sugli immobili di cui al d.lgs 30 dicembre 1992, n. 504. Il presupposto dell’imposta è simile nelle due discipline:  una causa debendi di tipo continuativo, suscettibile di adempimento solo con decorso del tempo, in relazione alla quale l’utente è tenuto ad una erogazione periodica a cagione del possesso degli immobili nell’ICI,   dell’autovettura per la tassa auto. Entrambe sono imposte (come detto sopra) di origine erariale ma demandate nella completa  gestione all’ente locale.

Essa possiedono un medesima struttura nei presupposti impositivi: proprio in forza degli assunti emersi dalla sentenza sopra indicata della Sez. 5, n. 4283 del 2010 – dovrebbe inferirsi la medesima prescrizione quinquennale della cartella.

A ben vedere quando l’art. 2946 c.c. recita:  Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente la prescrizione è decennale.

A ben cercare la norma sussiste realmente; essa potrebbe  rinvenirsi proprio nello stesso codice civile all’art. 2948 n.4 c.c. ove si dice che la prescrizione è quinquennale per …….(n.4) gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi.

La tassa automobilistica deve appunto pagarsi periodicamente a cadenza annuale o  in rate più brevi (se rateizzata).

Se non si vuole accedere alla tesi propugnata nel punto 4 di questo breve lavoro, la prescrizione quinquennale della cartella appare rispettosa sia del dato normativo (art. 2948 n. 4 c.c.), sia  della struttura del presupposto della  tassa.

 

 

4)   LA PRESCRIZIONE TRIENNALE DELLA CARTELLA RELATIVA AL BOLLO AUTO.

 

A questo punto del lavoro si sarà osservato che si sono utilizzate le analogie interpretative per non vedere ciò che la legge chiaramente prevede(va).

Si è cercato, di volta in volta,  di porre in affinità, equivalenza, identità, la prescrizione della cartella tassa auto non opposta:

  • alla sentenza di condanna;
  • ai tributi erariali;
  • alla prescrizione generica dell’art. 2946 c.c.,
  • alla prescrizione breve ex art. 2948  n.4, c.c.,

senza verificare la possibile semantica del termine recupero e il suo reale significato nella lingua italiana,  così come il termine vive e per come  impiegato in altri testi normativi  dal legislatore.

La teorica della prescrizione triennale della cartella di basa sulla lettura della norma posta dall’art. 5, comma 51, D.L. 30 dicembre 1982 numero 953 convertito con la legge 28 febbraio 1983 numero 53, il quale stabilisce che:

“L’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1 gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalita’ si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento. Nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte”.

Questo è il dato normativo certo.  Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse. Questo recita l’art. 12 delle preleggi.

Cosa significa azione per il recupero delle tasse?

Sia i sostenitori della tesi decennale, sia quelli della teorica quinquennale, debbono necessariamente desumere  (e dare per presupposto fondante), che il termine recupero sia un termine che si riferisce  alla fase fino alla notifica della cartella.

Ma, successivamente, non si può davvero più parlare di recupero?

Recuperare è verbo che sottolinea con forza la possibilità  di riprendere, riacquistare, riavere ciò che era già stato in nostro possesso: ad es. recuperare una somma prestata; recuperare un oggetto rubato; recuperare la vista, la salute, la ragione.

Il termine dà plasticamente il senso di un quid di proprietà, già entrato nella sfera giuridica del titolare ma non nella materiale disponibilità del legittimo proprietario.

Il titolo è esecutivo ma il debitore non ha ancora onorato il suo debito.

La cartella di pagamento, sancendo formalmente il credito, la sua esecutività, irretrattabilità,   ha (veramente) concluso positivamente il ciclo del recupero della tassa?. Possiamo sostenere che non c’è bisogno di attività di recupero ulteriore?.

La cartella di pagamento è prevista dall’art.25 del DPR 600/1973.  Questo D.P.R. disciplina, com’è noto, tutta la scansione e la sequenza della riscossione in tutta la sua evoluzione, fino alla distribuzione ultima ai creditori della somma ricavata dalla vendita dei beni del debitore.

Dalla cartella di pagamento prevista dall’art. 25 fino all’ultimo articolo 105 del dpr 600/1973 il legislatore utilizza sovente il termine recupero/recuperare.

Tale constatazione consente positivamente[23] di affermare che l’azione di recupero prosegue anche dopo la notifica della cartella e che, quindi, il legislatore con l’art. 5 intendeva letteralmente proprio affermare un concetto dinamico di prescrizione triennale, anche successivo alla notifica della cartella, da protrarsi fino all’effettivo pagamento; suscettibile ovviamente di interruzione ma con scansione sempre triennale.

Vediamo in dettaglio  il dato normativo:

a)    L’art. 19 del DPR n.602/1973 sancisce l’impossibilità di proseguire il  recupero coattivo in caso di ammissione alla rateizzazione;

b)    Secondo l’art. 28 ter, ricevuta la proposta dal contribuente l’agente della riscossione notifica all’interessato una proposta di compensazione tra il credito d’imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l’azione di recupero[24] ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta.

c)     L’art.28 quater parla di recupero in occasione della compensazione con crediti a sua volta vantati dal debitore;

d)   L’art. 28 quinques parla di recupero in fase di compensazione debiti/crediti  relativi a istituti deflattivi del contenzioso tributario;

e)    Art. 43 recupero delle somme erroneamente rimborsate;

f)      Il termine viene utilizzato  anche nell’art. 48, 1 c., ove si parla di recupero nei confronti della parte soccombente delle tasse e diritti per atti giudiziari relativi al procedimento di riscossione coattiva;

g)    Sempre nell’art.48, 2c.,  si prevede che, anche in caso di pagamento della cartella da parte del debitore, il concessionario deve proseguire il recupero delle somme relative alle tasse e diritti prenotati a debito.

Anche il DPR n. 600/1973, all’art. 29, statuisce circa il recupero delle somme versate in eccedenza dallo Stato ai suoi dipendenti: anche in questo caso si ha un credito certo, già liquidato dal sostituto d’imposta,  che materialmente deve rientrare nella sfera giuridica del titolare pubblico. Ecco che scatta il recupero.

Come si vede, dalla testuale lettura del DPR n.602/1973, l’azione di recupero non si ferma alla notifica della cartella.

Cristallizzare l’azione di recupero della tassa automobilistica alla notifica della cartella di pagamento appare approdo ermeneutico in contrasto con il dato positivo e con  la stessa terminologia  del legislatore tributario il quale, come visto, sovente utilizza il termine recuperare per azioni d’imperio cronologicamente anche successive alla disposizione posta dall’art.25 del DPR n.602/1973.

In generale, sono azioni volte al recupero delle somme tutte le condotte poste in essere dal concessionario (ad es. preavviso di fermo, di iscrizione di ipoteca ecc.), successive alla notifica della cartella,  al fine di ottenere il concreto pagamento delle imposte.

Normativamente l’opera di recupero dell’Amministrazione finanziaria continua fino al pagamento effettivo della tassa/imposta e dei suoi accessori.

Proprio di recente la L. 1 dicembre 2016, n. 225 (Conversione con modificazioni, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili) prevede, all’art. 14 bis[25],  che l’incaricato alla riscossione debba redigere una relazione per individuare le metodologie e le procedure di riscossione più proficue  in  termini  di economicita’ della gestione e di recupero dei carichi  di  ruolo  non riscossi.

*****

Il legislatore indica quali carichi non riscossi tutte le somme già iscritte a ruolo e, quindi, indicate nella cartella ma, evidentemente, non recuperate.

Il legislatore impiega il termine recupero per indicare la volontà di effettivo incasso, a prescindere dal titolo di credito – anche  esecutivo – detenuto.

Ne discende che se il termine  recupero lo “ interpreta” :

a)    un economista, esso ne trae il significato di una ricchezza che deve essere ancora incassata, riscossa;

b)    un giurista, invece,  ne trae il convincimento che la somma, con la cartella esecutiva, è già entrata nella sfera giuridica del creditore e, quindi, non può riferirsi alla fase post cartella poiché non vi è più nulla da recuperare.

Il legislatore ha impiegato il termine quale attività volta al materiale incasso.

Appare, quindi, non condivisibile interpretare restrittivamente il termine “recupero” relegandolo alla fase precartella  e fino ad essa,  poiché non è questo che emerge dalla lettura del DPR 602/1973 e da tutti gli altri testi normativi[26] italiani.

Recupero ha, dunque,  il significato di riscossione di cui alla legge n.10 della regione Lombardia.

 

5)                        CONCLUSIONI.

Se le Sezioni Unite (n. 23397 del 17/11/2016 (Rv. 641632 – 01) hanno sancito che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve in  quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. applicabile solo ed esclusivamente nel caso in cui vi sia un titolo giudiziale divenuto definitivo, non si può che riprendere il precedente  termine di prescrizione, certo, che –  sin dall’inizio – il legislatore aveva indicato espressamente, ossia quello posto dall’art.5 comma 51, D.L. 30 dicembre 1982 numero 953.

La giurisprudenza di merito sta già recependo tale assunto.

La CTR Palermo[27] ha testualmente statuito, proprio in materia bollo auto, che:

“…….A diversa conclusione deve pervenirsi, invece, per il terzo motivo di gravame con il quale è stata riproposta l’eccezione di prescrizione del credito erariale per il decorso del termine triennale di prescrizione tra la notifica della cartella in data 24 settembre 2007 e quella dell’avviso di intimazione impugnato avvenuta in data 29 dicembre 2010.

Invero, l’orientamento giurisprudenziale richiamato dell’appellata (in assenza di pronuncia sul punto del primo giudice), secondo il quale per effetto della definitività della cartella di pagamento in conseguenza della sua mancata impugnazione, il credito erariale in questione non sarebbe stato più soggetto al termine triennale di cui all’art. 5 del D.L. n. 953 del 1981, bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod. civ., decorrente, ai sensi dell’art. 2935 dello stesso codice, dal momento in cui il credito era divenuto esigibile, e, quindi, nella fattispecie, dalla data in cui l’accertamento era divenuto, appunto, definitivo, come detto, per mancata impugnazione (sessantesimo giorno successivo a quello della notificazione dell’accertamento), è stato di recente superato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Queste, infatti, con sentenza del 25 ottobre 2016 n. 23397, pur pronunciandosi in materia di opposizione avverso l’intimazione di pagamento relativa a cartella esattoriale notificata per omesso pagamento di contributi previdenziali INPS, hanno, nel contempo, affermato che “è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

Da ciò la fondatezza dell’eccezione di prescrizione oggi riproposta dall’appellante per l’inapplicabilità del termine decennale di cui all’art. 2953 c.c..

 

Rileggendo (alla fine di questo scritto) l’art. 5[28] appare evidente la motivazione di coloro i quali ritengono oggi più corretta, anche dopo la notifica della cartella,  la prescrizione triennale.

 

 

 


[1] DECRETO-LEGGE 30 dicembre 1982, n. 953  Misure in materia tributaria. (GU n.359 del 31-12-1982 ), convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 1983, n. 53 (in G.U. 01/03/1983, n.58)

[2] con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento.

[3] Il termine recuperare si presta invero a due accezioni: la prima  economica, intesa come reale percezione dei valori monetari; la seconda giuridica,  intesa come somma entrata nel patrimonio di diritto del creditore.

[4] Come detto alla precedente nota 3, accezione economica contro quella giuridica.

[5] Si rimanda alla sentenza n. della CTR 6263/14 della CTR ROMA

[6] Allegato 2

[7] Art. 2953 c.c.. Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi. I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni.

[8] Tra le molte, emblematica di questa assimilazione dell’art. 2953 c.c. alla cartella non impugnata, è la Sentenza n. 4519 del 14 luglio 2016 (ud 7 giugno 2016)della CT Regionale, Roma, Sez. XXI – Pres. Francesco Filocamo – Rel. Giandomenico Tozzi ove testualmente si legge: “Dette cartelle, non essendo state impugnate nei termini di legge, sono divenute definitive e incontrovertibili con la conseguenza che è scattato il termine di prescrizione decennale, sia in applicazione dell’art. 78 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 secondo il quale “Il credito dell’amministrazione finanziaria per l’imposta definitivamente accertata si prescrive in dieci anni”, sia, in ogni caso in applicazione dell’art. 2953 c.c. secondo il quale in presenza di una sentenza passata in giudicato anche in caso di applicabilità di prescrizioni brevi il termine di prescrizione è quello decennale”.

[9] E per il bollo auto oggettivamente esiste a livello normativo una prescrizione più breve. Si veda par. 4.

[10] Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 701 del 15/01/2014 (Rv. 629330 – 01).

[11] Il sillogismo è un tipo di ragionamento dimostrativo che fu teorizzato per la prima volta da Aristotele, il quale, partendo dai tre tipi di termine “maggiore” (i tributi erariali sono decennali),   “minore” (la tassa auto è imposta erariale), giunge ad una conclusione collegando i suddetti termini (tassa auto è decennale). Se una singola premessa (siamo sicuri che la tassa auto sia imposta erariale?) è falsa, la proposizione  finale è necessariamente falsa.

[12] DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 aprile 1986, n. 131 Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro.

[13] DECRETO LEGISLATIVO 31 ottobre 1990, n. 346  Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni.

[14] L’interpretazione analogica deve indurre gli addetti ad un atteggiamento di estrema cautela. Occorre la presenza di una lacuna  che deve essere certa.

[15] legge della Regione Piemonte 5 agosto 2002, n. 20 (Legge finanziaria per l’anno 2002).

[16] Sul punto si veda diffusamente:

 http://www.camera.it/cartellecomuni/leg15/RapportoAttivitaCommissioni/testi/05/05_cap05_sch03.htm

[17] in Lombardia, come  si vedrà in seguito, vi sono imposte regionali strettamente intese.

[18] LEGGE REGIONALE 14 luglio 2003,  N. 10 Riordino delle disposizioni legislative regionali in materia tributaria – Testo unico della disciplina dei tributi regionali  (BURL n. 29, 1º suppl. ord.  del 18 Luglio 2003 ).

[19]Sul punto diffusamente si veda

http://www.studiolegalemongiovi.it/diritto_tributario/prescrizione_bollo_auto_tutte_le_regioni

[20] Si vedano le sentenze n. 296, 297 e 311 del 2003

[21] Dalla banca dati Regione Lombardia.

[22] Il termine riscossione è  comprensivo sia della fase notifica della cartella, sia della fase successiva.

[23]Ius in civitate positum.

[24] Qui è chiaro che ci si trova temporalmente in  una fase successiva alla cartella e pur tuttavia il legislatore utilizza ancora il termine recupero.

[25] «14-bis. Testualmente recita:  Il soggetto preposto alla riscossione  nazionale  redige una  relazione  annuale  sui  risultati  conseguiti  in  materia   di riscossione, esponendo distintamente i dati concernenti i carichi  di ruolo ad esso affidati, l’ammontare delle somme riscosse e i  crediti ancora  da  riscuotere,  nonche’  le  quote   di   credito   divenute inesigibili.  La  relazione  contiene  anche  una  nota  illustrativa concernente  le  procedure  di  riscossione  che  hanno  condotto  ai risultati conseguiti, evidenziando in particolare  le  ragioni  della mancata riscossione dei carichi  di  ruolo  affidati.  La  relazione, anche ai fini della predisposizione del rapporto di cui  all’articolo 10-bis.1  della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196,  e’   trasmessa all’Agenzia delle  entrate  e  al  Ministero  dell’economia  e  delle finanze,   ai   fini   dell’individuazione,   nell’ambito   dell’atto aggiuntivo  di  cui  al  comma  13  del  presente   articolo,   delle metodologie e procedure di riscossione piu’ proficue  in  termini  di economicita’ della gestione e di recupero dei carichi  di  ruolo  non riscossi».

[26] Per fare un riscontro di quanto sin qui detto, si può andare sul sito normativa ed inserire la parola recupero in  prima pagina al fine di ottenere la numerosissima serie dei testi legislativi che impiegano tale termine.

[27] Sentenza n. 38 del 17 gennaio 2017 (ud 14 dicembre 2016)della CTR, Palermo, Sez. VIII – Pres. Antonio Novara – Rel. Alfredo Montalto.

[28] L’articolo 5, comma 51, D.L. 30 dicembre 1982 numero 953 convertito con la legge 28 febbraio 1983 numero 53, stabilisce che:  “L’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1 gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalità si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento. Nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte”.

Dott. Cianfarini Alberto

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