La pericolosità sociale -una panoramica sul delinquente-

Laura Greco 15/02/23
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Pericolosità sociale – L’art. 133 c.p. stabilisce che il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale deve commisurare la pena alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del colpevole.

Indice

1. La pericolosità sociale e il delinquente qualificato

Gli elementi dai quali il giudice può desumere la capacità a delinquere sono indicati dalla stessa disposizione:
1)      Dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2)      Dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3)      Dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4)      Dalle condizioni di vita abituale, familiare e sociale del reo.
Mediante gli elementi individuati dalla legge, il giudice deve valutare la capacità a delinquere già manifestata in relazione al reato commesso, e ciò perché la valutazione deve servire alla determinazione della pena che in concreto deve essere inflitta per il reato commesso e per la sua quantificazione che, in funzione di questa valutazione, può variare tra il minimo e il massimo della pena prevista in astratto dalla legge. Questa valutazione viene fatta in relazione ad un reato che è già stato commesso, quindi vale per il passato; la condotta susseguente al reato può comunque essere presa in considerazione soltanto in quanto attinente al reato commesso.

2. Il delinquente abituale

La dichiarazione di abitualità nel delitto segue, ope legis, ai sensi dell’art.102 c.p., nei confronti di chi, essendo stato condannato, per tre delitti dolori della stessa indole a una pena complessivamente superiore a cinque anni di reclusione, riporta un’altra condanna per delitto doloso commesso entro dieci anni dall’ultimo: si tratterebbe di una abitualità presunta dalla legge.
L’abitualità può essere anche ritenuta dal giudice quando, avendo il reo già riportato condanna per due delitti dolosi, il giudice possa ritenere che il colpevole sia dedito al delitto, concludendo per tale qualificazione penale in ragione della specie e della gravità dei reati commessi, della loro contiguità temporale, della condotta di vita del colpevole e delle altre circostanze dalle quali, ai sensi dell’art. 133 c.p., è possibile desumere la capacità a delinquere.
Nello stesso modo, il giudice può ritenere la qualità di contravventore abituale se il reo ha già riportato condanna all’arresto per tre contravvenzioni della stessa indole di quella oggetto dell’ultima condanna.
La presunzione di abitualità equivale a presunzione di pericolosità sociale: il colpevole è dedito al delitto e, proprio per tale ragione, è probabile che commetta nuovi delitti. Tale equivalenza, ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza, propone il problema giuridico dell’abrogazione implicita dell’art. 102, a seguito dell’abrogazione esplicita dell’art. 204 c.p. in forza dell’art. 31, comma I, L. n. 663/1986; l’art. 204 c.p. stabiliva che “nei casi espressamente determinati la qualità di persona socialmente pericolosa è presunta dalla legge”, appare evidente come sia meglio attualizzare l’interpretazione dell’art. 102 c.p. nel senso che, nei casi in cui ricorrano i requisiti da esso indicati, il giudice deve obbligatoriamente prendere in esame la pericolosità sociale del reo e, ove sussista, dichiararne l’abitualità nel reato, resterebbe invece rilasciata alla discrezionalità del giudice la valutazione dell’opportunità di procedere all’accertamento della pericolosità sociale nelle figure qualificate di delinquente e di contravventore abituale ai sensi degli artt. 103 e 104 c.p. in questo modo si ha l’abrogazione delle presunzioni legali disposta dall’art. 31, comma I,L. n. 663/1986.

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3. Il delinquente professionale

La figura del delinquente professionale non può essere presunta perché la dichiarazione di professionalità nel reato comporta l’accertamento in concreto della pericolosità sociale: il reo che si trovi nelle condizioni richieste dalla legge per l’accertamento obbligatorio o facoltativo dell’abitualità è dichiarato delinquente o contravventore professionale, ai sensi dell’art.  105 c.p., soltanto a condizione che, “avendo riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita” e alle altre circostanze dalle quali si desume la capacità a delinquere, appaia verosimile che il reo viva abitualmente traendo messi di sussistenza, almeno in parte, dai proventi dei reati che commette: questo giudizio implica l’accertamento in concreto della pericolosità speciale perché il fare del delitto un mestiere crea un’abitudine professionale e, conseguentemente, il giudizio prognostico di pericolosità sociale è implicito.

4. Il delinquente per tendenza

l’art. 108 c.p. prevede che è dichiarato delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o delinquente abituale o professionale, commette un delitto doloso contro la vita o l’incolumità individuale, tale che per sé e unitamente alle circostanze dalle quali è dato desumere la capacità a delinquere, “riveli una speciale inclinazione al delitto, che trovi sua causa nell’indole particolarmente malvagia del colpevole”.
La dichiarazione di tendenza a delinquere contiene in sé l’accertamento concreto della pericolosità sociale del reo. La dichiarazione di tendenza a delinquere non può essere pronunciata che con sentenza di condanna, mentre il non imputabile deve essere prosciolto.
Tale dichiarazione è subordinata ad una requisito di disvalore e cioè l’indole particolarmente malvagia del colpevole, come causa della speciale inclinazione al delitto.
L’art. 108, comma II, precisa che “la disposizione di questo articolo non si applica se l’inclinazione al delitto è originata dall’infermità prevista dagli artt. 88-89 c.p.” e cioè dall’infermità che causa il vizio totale o parziale di mente.

5. Cessazione e riesame della pericolosità sociale

L’art. 207 c.p. stabilisce che “le misure di sicurezza non possono essere revocate se le persone ad esse sottoposte non hanno cessato di essere pericolose”. La cessazione della pericolosità sociale può essere accertata dal magistrato di sorveglianza anche prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge per la misura di sicurezza applicata; questo avviene anche nel caso di applicazione provvisoria in corso di procedimento penale nei confronti del minore, dell’infermo di mente, dell’ubriaco abituale, della persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti o dell’intossicato cronico.
Per dichiarare la cessazione della pericolosità e quindi la revoca delle misure di sicurezza, nonché dell’eventuale dichiarazione di delinquente abituale, professionale o per tendenza, il giudice deve procedere al riesame della pericolosità e a tal fine deve riconsiderare le condizione della persona per stabilire se essa è ancora socialmente pericolosa.
Se il riesame non è positivo, il giudice fissa un nuovo termine per un esame ulteriore che può essere anticipato quando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sua cessato.

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Laura Greco

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