La misurazione della corruzione

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Perché misurare la corruzione?

Uno dei principali problemi, quando si parla di corruzione, è rappresentato dalla difficoltà di prevedere dove essa possa manifestarsi: la corruzione è, infatti, un fenomeno sfuggente e, in larga parte, sommerso, questa particolarità comporta una grande difficoltà in termini di misurazione.

Il tema della misurazione della corruzione sollecita la promozione della trasparenza e della cultura della legalità come leve di attuazione delle politiche pubbliche e di evoluzione della fiducia dell’opinione pubblica nell’operato delle pubbliche amministrazioni: si misura, quindi, la corruzione al fine di stimolare la trasparenza e la legalità della pubblica amministrazione: è un bisogno non solo giuridico ma, anche e soprattutto, etico.

Combattere la corruzione è una sfida fondamentalmente di natura etica, una sfida non solo necessaria ma, anche e soprattutto, urgente.

Se, alla fine, non riusciremo a salvare il pianeta dalla corruzione, il problema non sarà dovuto ad una mancanza di mezzi.

Si tratterà, invece, di una mancanza di volontà, non solo politica, ma anche individuale.

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La corruzione amministrativa

La corruzione amministrativa è un fenomeno che interessa il rapporto tra gli uffici pubblici e i cittadini: il potere pubblico è sviato dal suo naturale esercizio e tradisce i valori dell’etica pubblica, che si individuano in regole dell’agire umano generalmente condivise e spesso riconosciute in norme cogenti[1]. I costi economici della corruzione sono considerevoli tanto da determinare una grave predita di competitività del Paese e pericolose conseguenze sul bilancio dello Stato. La corruzione è così dilagante da minare le fondamenta stesse del sistema democratico.

È proprio sull’individuazione e sulla valorizzazione di regole etiche che il legislatore ha puntato nell’attività di riforma della normativa anticorruzione adottata a partire dalla legge numero 190 del 6 novembre 2012.

L’emersione del concetto di corruzione amministrativa in termini disfunzionali è, quindi, strumentale all’esigenza di rafforzare la dimensione etica nell’azione pubblica.

La corruzione è, infatti, una sfida mondiale, rappresenta un grande ostacolo allo sviluppo sostenibile con un effetto devastante sulle comunità più povere, distorce la concorrenza e mina la fiducia. Dagli anni Novanta, la lotta alla corruzione occupa un posto di assoluto rilievo nell’agenda della comunità internazionale. La lotta alla corruzione internazionale ha avuto di recente un grande slancio a seguito dell’adozione da parte dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica per lo Sviluppo (OCSE) della Convenzione OCSE sulla lotta alla Corruzione dei Pubblici Ufficiali stranieri nelle transazioni internazionali e a seguito dell’entrata in vigore nel dicembre 2005 del primo strumento internazionale adottato a livello mondiale: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Corruzione (UNCAC)[2].

Quest’ultima è l’unico strumento anticorruzione al servizio di tutti gli Stati e contiene disposizioni sulla restituzione di fondi provenienti dalla corruzione.

Le Convenzioni dell’OCSE e del Consiglio d’Europa stabiliscono una procedura di analisi e di sorveglianza delle politiche anticorruzione degli Stati parte.

I principali organismi internazionali dedicano un intenso lavoro all’analisi economica della corruzione e, in tale contesto, è necessario approfondire il tema della misurazione della corruzione.

È possibile misurare il rischio di corruzione e, conseguentemente, adottare soluzioni per contrastarlo?

Per catturare la sostanza di un fenomeno multidimensionale sono state usate misure diverse, classificabili in quattro categorie: giudiziarie, percettive, d’esperienza e oggettive.

Le misure giudiziarie, basandosi sulle statistiche giudiziarie, considerano il numero di persone condannate per il reato di corruzione, indicando congiuntamente l’incidenza e l’attivismo delle autorità giudiziarie nel combatterlo[3]. Nei casi di un attivismo giudiziario costante si possono trarre conclusioni sul livello relativo di corruzione, in confronto con altre aree del paese o con sé stesso in anni precedenti, sul controllo stesso del potere giudiziario, alla luce però di diverse interpretazioni dei dati. Un numero elevato di condanne per via di una magistratura efficace nel combattere il fenomeno porta, infatti, a un minor incentivo a corrompere e ad essere corrotti, ma un numero ridotto di condanne potrebbe addirittura segnalare, in una situazione di corruzione dilagante, che lo stesso potere giudiziario sia corrotto e che quindi, probabilmente, il numero di condanne sarà relativamente basso. Le condanne, inoltre, possono riguardare denunce fatte molti anni prima, cogliendo una dimensione temporale del fenomeno passata.

Le riserve sulle statistiche giudiziarie portano a formulare indici di percezione della corruzione, tra i più noti quelli pubblicati da Transparency International (TI-CPI o Corruption Perception Index) e dalla Banca Mondiale (WB-RCC o Rating of control of corruption), che forniscono una misura nazionale per la maggior parte dei paesi mondiali[4]. Entrambi gli indici aggregano i dati relativi alle indagini prodotte da agenzie di consulenza: il TI-CPI prevede che vi siano almeno tre differenti fonti disponibili, il WB-RCC una. Per questo motivo, ogni anno l’indice WB-RCC è disponibile per più paesi ma con una precisione minore rispetto al TI-CPI. La logica è che gli indicatori che concorrono al calcolo dell’indice di corruzione percepita avrà un errore di misurazione, in quanto le percezioni non necessariamente riflettono la realtà, e se questi errori sono tra loro indipendenti allora l’indice complessivo tenderà ad attenuare l’errore complessivo.

La criticità di questo tipo di analisi è nel grado reale di affidabilità delle informazioni fornite dagli intervistati, che è sconosciuta.

Il Corruption Barometer di Transparency International (TI-GCB), e il World Business Environment Survey della Banca Mondiale (WB-WBES) sono misure che si basano sull’esperienza diretta del fenomeno.

Il primo indice, sin dal suo debutto nel 2003, ha effettuato sondaggi sulla vita di persone comuni per confrontare la corruzione in tutto il mondo. E’ rilevante riportare che le persone sottoposte al sondaggio non si vedono come vittime impotenti della corruzione, ma credono di essere parte della soluzione (in India, nel 2011, milioni di persone hanno manifestato per richiedere la creazione di una commissione indipendente contro la corruzione; in Brasile, una petizione cittadina ha portato alla promulgazione di una legge che bandisce i politici corrotti dall’esercizio delle loro funzioni). Tale barometro sottolinea il forte desiderio dei cittadini di prendere parte alla lotta contro la corruzione[5].

Il secondo indice rappresenta, invece, il risultato di un’indagine realizzata dalla Banca Mondiale per valutare il grado di corruzione, la capacità degli Stati, la trasparenza, le norme che regolano il commercio internazionale: è stato realizzato intervistando oltre 10.000 imprenditori in molti paesi tra il 1999 e il 2000[6].

Le indagini si rivolgono a categorie distinte di individui e misurano tipi distinti di corruzione. L’indice di esperienza osserva, inoltre, la frequenza degli episodi di corruzione a prescindere dall’entità delle somme pagate e, per questo, è più sensibile a fenomeni di piccola corruzione.

Infine, per sostituire indici basati sull’esperienza e su indagini a persone potenzialmente coinvolte si è cercato di costruire indici basati su fatti oggettivi che derivano direttamente dalla presenza di fenomeni corruttivi[7]. La difficoltà di questo tipo di analisi è la reperibilità di dati che, in futuro, si ipotizza venire meno per la diffusione di sistemi informatici, che consentiranno la gestione delle politiche pubbliche e delle collegate funzioni burocratiche in formato digitale.

Indici di questo tipo sono stati elaborati da Golden e Picci, relativamente al settore dei lavori pubblici. Questo indice si basa su due distinte misure del capitale pubblico: un primo basato su un inventario fisico, il secondo su un inventario permanente. L’analisi porta a verificare se una regione risulta avere relativamente più infrastrutture rispetto a quanto indicato dal cumulo delle spese dedicate alla loro produzione nel corso del tempo. Gli autori a questo punto correggono l’indice per mezzo di un indice di costo degli input di produzione e rapportano l’indice di infrastrutturazione basato sul capitale fisico all’indice calcolato con la tecnica dell’inventario permanente corretto.  Differenze ingenti possono essere spiegate dalla presenza di fenomeni di corruzione ma anche, più in generale, alla sussistenza in quelle regioni di problemi strutturali di governo.

Risulta difficile mantenere separati questi due aspetti, in quanto l’inefficienza della governance verosimilmente è sia causa, sia effetto, della presenza di corruzione. Altre ricerche nel settore pubblico sono di Bandera et al. e considerano i prezzi di beni standardizzati acquistati dalle amministrazioni pubbliche italiane attraverso Consip. Questi ultimi, utilizzando le informazioni in loro possesso, riescono a distinguere forme di corruzione (“spreco attivo”), da forme di semplice inefficienza, o incompetenza, nel gestire gli acquisti (“spreco passivo”).

Ebook consigliato “Piano triennale per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza 2021 – 2022 – 2023 “La presente pubblicazione contiene gli schemi relativi agli adempimenti per l’adozione del Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza (PTPCT) che, quest’anno, dovrà essere redatto e pubblicato entro il 31 marzo.

 

Note

[1] Il corretto esercizio del potere pubblico si esplica, infatti, nel rispetto del principio di legalità e in relazione alla rispondenza a valori etici, morali, giuridici e sociali. Questi valori ispirano l’agire della Pubblica Amministrazione, trasposto dalla Costituzione nella locuzione di buon andamento. Per un approfondimento sul tema si vedano, tra i tanti, F. Merloni, R. Cavallo Perin, Al servizio della Nazione: etica e statuto dei funzionari pubblici, Franco Angeli, Milano, 2009 e S. Pignataro, Il principio costituzionale del «buon andamento» e la riforma della pubblica amministrazione, Cacucci Editore, 2012.

[2] R. Proli, E. Valguarnera, Misurare la percezione della corruzione, Il diritto penale della globalizzazione, 8 novembre 2017, disponibile all’indirizzo https://www.dirittopenaleglobalizzazione.it/misurare-la-percezione-della-corruzione/.

[3] Per un approfondimento sul tema si veda, tra i tanti, M. Montanari, Statistiche e valutazioni sulla corruzione in Italia nella relazione della Commissione Europea, Diritto Penale Contemporaneo, 11 febbraio 2014, disponibile all’indirizzo https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/2826-statistiche-e-valutazioni-sulla-corruzione-in-italia-nella-relazione-della-commissione-europea.

[4] Noi contro la corruzione, Come si misura, 27 febbraio 2014, disponibile all’indirizzo http://anticorruzione.eu/abc-della-corruzione/come-si-misura-3/.

[5] Per un approfondimento sul Corruption Barometer di Transparency International si veda L. Martinelli, L’Eurobarometro della corruzione, 7 maggio 2015, Noi contro la corruzione, disponibile all’indirizzo http://anticorruzione.eu/tag/global-corruption-barometer/.

[6] L. Gelmini, Piani contro la corruzione, modelli organizzativi e whistleblowing: l’esperienza italiana, Universitas Studiorum, Mantova, 2018, p. 19.

[7] Noi contro la corruzione, Come si misura, 27 febbraio 2014, disponibile all’indirizzo http://anticorruzione.eu/abc-della-corruzione/come-si-misura-3/.

Tullio Facciolini

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