La mediazione al tempo dell’emergenza

Redazione 20/05/20
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di Francesca Cuomo Ulloa

Sommario

1. L’emergenza Covid e la giustizia civile

2. La mediazione nell’emergenza e le procedure telematiche

3. La sottoscrizione dei verbali telematici

4. Gli altri procedimenti adr

5. La mediazione come alternativa al processo nel tempo dell’emergenza

1. L’emergenza Covid e la giustizia civile

L’emergenza sanitaria provocata dall’epidemia di Coronavirus ha prodotto importanti ripercussioni anche sul sistema giurisdizionale. Dopo la notizia del contagio che aveva determinato l’interruzione dell’attività di alcuni uffici per consentirne la sanificazione, la repentina diffusione del virus ha comportato la progressiva limitazione degli accessi ai palazzi di giustizia su tutto il territorio nazionale; al contempo, dopo l’iniziale rinvio delle sole udienze alle quali avrebbero dovuto partecipare parti e avvocati provenienti dalla prima zona rossa[1], le richieste di rinvio si sono generalizzate di pari passo con la diffusione dell’epidemia, rendendo di fatto impossibile il regolare esercizio della funzione giurisdizionale.

Per fronteggiare l’emergenza il Governo ha quindi approvato un primo intervento urgente, prevedendo – sul fronte della giustizia civile – una (imprecisa ed incompleta) sospensione dei termini processuali ed un contestuale differimento delle udienze non urgenti[2]. Correggendo le lacune di questo primo intervento, il Governo è quindi nuovamente intervenuto, con il d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 dettando norme più precise per il regime del periodo di emergenza: è stata così prevista la sospensione di tutti i termini per i procedimenti dal 9 marzo al 15 aprile ed il contestuale rinvio d’ufficio delle udienze già fissate entro tale periodo salva la possibilità di celebrare le sole attività urgenti e indifferibili[3] per consentire lo svolgimento delle quali sono state dettate ulteriori prescrizioni e attribuiti specifici poteri ai capi degli uffici giudiziari volti a contrastare l’emergenza epidemiologica ed a contenerne gli effetti negativi.

In questo secondo più meditato intervento il Governo ha opportunamente inserito anche una previsione relativa alle procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie per le quali nulla era stato previsto nel primo decreto. Il comma 20 dell’art. 83 ha così previsto che per il periodo di cui al comma 1 (e dunque dal 9 marzo e al 15 aprile) sono sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti“.

In pendenza del termine per la conversione del decreto 18/03, ed a fronte del permanere dell’emergenza il Governo ha quindi emanato il decreto n. 23 dell’8 aprile 2020 (cd. decreto liquidità) che, oltre ad introdurre previsioni di rilievo per l’accesso al credito e per le imprese, all’art. 36 contiene anche la proroga del periodo di sospensione dei termini processuali già fissato al 15 aprile, fino all’11 maggio 2020 precisando che le nuove disposizioni si applicano in quanto compatibili anche ai procedimenti di cui ai commi 20 e 21 dell’art. 83 del d.l. 18 del 2020 e così dunque anche ai procedimenti alternativi di risoluzione delle controversie[4].

Nel frattempo, è stato avviato l’iter di conversione del d.l. n. 18 del 17 marzo 20 che si è concluso con l’approvazione della legge n. 27 del 27 aprile 2020[5]; grazie ad una serie di emendamenti inseriti in sede di conversione la legge ulteriormente precisa i contorni del regime emergenziale per la giustizia civile, stabilendo nuove disposizioni per agevolare lo svolgimento “a distanza” di alcune attività connesse all’esercizio della tutela giurisdizionale: così in particolare, oltre alla disciplina dello svolgimento delle udienze da remoto e tramite trattazione scritta (già prevista nel d.l. 83 e ora più dettagliata nell’emendamento inserito nella legge di conversione[6]) è previsto all’art. 83 un nuovo comma 20 ter che , per la durata della fase emergenziale, consente alla parte di rilasciare al proprio difensore la procura alle liti a distanza, sottoscrivendola analogicamente e trasmettendola a mezzo mail (anche non certificata) all’avvocato che potrà poi autenticare la firma del cliente, consentendo l’avvio del giudizio senza necessità di un incontro fisico tra la parte ed il difensore. Sul fronte degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie la legge di conversione interviene poi sul comma 20, ampliando ed al contempo precisando i contorni del regime di sospensione già adottato con il d.l. 18 ed inserendo un nuovo comma 20 bis che, in continuità con quanto previsto dal sopra richiamato comma 20 ter (e con la volontà di promuovere lo svolgimento di attività a distanza) per un verso agevola la possibilità per i mediatori di svolgere la mediazione da remoto (in particolare per il periodo emergenziale fino al 30 giugno) e, per altro verso, consente agli avvocati di autenticare (con la propria firma digitale)la sottoscrizione dei propri clienti sui verbali e sugli accordi di conciliazione anche ai fini della esecutorietà exart. 12 d. lgs. 28/2010[7].

Nel quadro normativo così delineato, si è infine inserito il d.l. 30 aprile 2020, n. 28 che, ulteriormente intervenendo sulla disciplina della sospensione dei termini già prevista dal d.l. 18/20 ha sostituito nel comma 20, il riferimento alla data del 15 aprile 2020 con quella dell’11 maggio 2020 (coordinando dunque questa disposizione con quella prevista dal d.l. 23/20), sostituendo altresì in tutto l’art. 83 e così dunque anche nel comma 20 bis (riguardante la mediazione e l’adr) ogni riferimento alla data del 30 giugno con la data del 31 luglio 2020[8].

[1] V. d.l. 2 marzo 2020 n. 9 art. 10 che ha previsto la sospensione dei termini perentori legali e convenzionali, sostanziali e processuali…per i soggetti con residenza o sede operativa ovvero con attività lavorativa, produttiva o funzioni neri comuni della zona rossa. Il d.l. è stato abrogato dall’art. 1 della l. 24 aprile 2020, n. 27 per cui restano comunque validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del d.l. stesso.

[2] V. d.l. 8 marzo 2020 n. 11 recante “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria“, abrogato dall’art. 1 della l. 24 aprile 2020, n. 27 per cui però restano comunque validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del d.l. stesso.

[3] V. art. 83, commi 1 e 2, nonché comma 3 d.l. 18/20 per l’individuazione delle attività urgenti e non differibili.

[4] V. d.l. 8 aprile 2020, n. 23 recanteMisure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali” che all’art 36 prevede che il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all’11 maggio 2020. Conseguentemente il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è fissato al 12 maggio 2020, precisando poi che dette disposizioni si applicano, in quanto compatibili, ai procedimenti di cui ai commi 20 e 21 dell’articolo 83 del d.l. n. 18 del 2020.

[5] Legge 24 aprile 2020, n. 27

[6] V. art. 83, comma 7, lett. f nonché comma 11 -bis per i procedimenti civili innanzi alla Corte di cassazione.

[7] Nella legge di conversione è stato per la prima volta disciplinato anche il regime emergenziale per gli arbitrati rituali ai quali le disposizioni contenute nell’art. 83 si applicano “in quanto compatibili“.

[8] V. d.l. 30 aprile 2020, n. 28 in GU Serie Generale n.111 del 30 aprile 2020 recante “Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19“, in part. art. 3 che – coordinando il testo del d.l. 18/20 (e della successiva l. di conv.) con quello del d.l. 23/20 – ha sostituito nel comma 20 del primo decreto il riferimento alla data del 15 aprile con quello alla data del 11 maggio: così superando l’incertezza che avrebbero potuto sorgere in merito alla durata della sospensione dei termini prevista per i procedimenti stragiudiziali. Singolare peraltro che il d.l. 28 sia intervenuto sul regime dei procedimenti stragiudiziali, mentre non abbia modificato il comma 2 del d.l. 18 relativo ai procedimenti giudiziali per i quali dunque la proroga della sospensione dei termini fino all’11 maggio (non recepita in sede di conversione del d.l. 18/20) risulta tuttora affidata al d.l. 23/20.

2. La mediazione nell’emergenza e le procedure telematiche

La rapida evoluzione della disciplina emergenziale dell’Alternative dispute resolution culminata nell’approvazione della legge di conversione appare certamente apprezzabile, avendo il legislatore progressivamente corretto le imprecisioni e colmato i vuoti lasciati dai primi interventi. La norma dettata dal comma 20 del d.l. 18/20, in effetti, aveva un ambito di applicazione ingiustificatamente limitato: se è vero, infatti, che essa riguardava, oltre ai procedimenti di mediazione e negoziazione assistita, anche e più genericamente gli altri procedimenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie previsti dalla legislazione vigente, altrettanto vero è però che essa subordinava l’applicazione della sospensione ad una duplice condizione: che si trattasse cioè di procedimenti che costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che gli stessi fossero già pendenti alla data del 9 aprile (data di entrata in vigore del d.l. 11/20 che, come detto non riguardava i procedimenti alternativi, ma cui il secondo decreto ha comunque fatto retroagire tutti i propri effetti). La sospensione prevista dalla norma non si poteva pertanto applicare né ai procedimenti obbligatori avviati dopo il 9 marzo né ai procedimenti stragiudiziali di tipo facoltativo (si pensi alla mediazione o alle negoziazione assistita avviate al di fuori delle materie indicate rispettivamente nell’art. 5, comma 1 bis e dall’art. 4 del d.l. 132/14, ma anche ad altri procedimenti quali ad esempio quelli in materia di consumo o i procedimenti in materia di lavoro) fossero essi già pendenti a quella data o avviati successivamente[9]. D’altro canto, la disciplina dettata per i procedimenti alternativi stabiliva soltanto una sospensione dei termini per il compimento delle attività senza prevedere alcun rinvio delle attività stesse, lasciando almeno in teoria aperta la possibilità che gli incontri e le udienze potessero o addirittura dovessero essere svolti regolarmente anche nel periodo emergenziale.

Opportunamente dunque la legge di conversione[10] è intervenuta per superare le incongruenze di queste limitazioni che, ove applicate letteralmente, avrebbero consentito o forse addirittura imposto alle parti e ai gestori dei procedimenti non coperti dalla normativa emergenziale di rispettare i termini previsti per le procedure avviate dopo il 9 marzo e comunque di proseguire le attività, in contrasto con le finalità di prevenzione della diffusione del contagio perseguite dalla decretazione d’urgenza[11]. Con l’emendamento al comma 20 dell’art. 83, il regime di sospensione dei termini è stato infatti esteso a tutti i procedimenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie, senza più fare riferimento alla loro natura obbligatoria e prevedendo espressamente che essa riguardi tutti le procedure già pendenti al 9 marzo o avviate dopo tale data[12].

A titolo di esempio saranno pertanto soggetti (anche retroattivamente) alla sospensione emergenziale, i termini previsti per i procedimenti di mediazione e negoziazione anche al di fuori delle materie obbligatorie, quelli relativi ai procedimenti davanti all’ABF e all’ACF, e così pure quelli previsti per i procedimenti di conciliazione in materia di lavoro, di utenze telefoniche, in materia agraria, nonché quelli dei procedimenti per l’assegnazione dei nomi a dominio e quelli in materia di consumo. Per tutti i procedimenti sono inoltre sospesi anche i termini di durata massima eventualmente stabiliti dalla legge, termini per lo più considerati derogabili dalle parti, che verranno in ogni caso prorogati, al pari dei termini previsti per il compimento di singoli atti di 64 giorni (tanto con riferimento ai termini per il compimento degli atti quanto per i termini di durata massima, la sospensione opererà infatti per il periodo dal 9 marzo al 11 maggio, avendo come detto il d.l. 28/20 coordinato la previsione contenuta nel d.l. 18/20, che faceva riferimento al 15 aprile con quella stabilita dal d.l. 23/20 che proroga all’11 maggio 2020 il periodo di sospensione[13]): così ad esempio di 64 giorni sarà esteso il termine massimo di 3 mesi previsto dall’art. 6 del d. lgs. 28/2010 per lo svolgimento della mediazione che sia stata avviata prima del 9 marzo; la sospensione avrà invece una durata inferiore per le mediazioni avviate dopo il 9 marzo, per le quali il termine di tre mesi (sospeso fino all’11 maggio) comincerà a decorrere dal 12

La legge di conversione non ha invece alterato il meccanismo su cui si basa il regime emergenziale per i procedimenti alternativi di risoluzione delle controversie: anche nella legge di conversione, infatti, la sospensione continua a riguardare solo il decorso dei termini per il compimento delle attività e il termine di durata massima, mentre non è previsto alcun rinvio automatico delle attività stesse, né degli incontri che hanno luogo nel corso di quei procedimenti. L’incertezza che tale disposizione aveva creato – non essendo chiaro in particolare se e come gli incontri previsti e già fissati potessero o dovessero svolgersi nel periodo emergenziale – è stata però affrontata dalla legge di conversione che, almeno con riferimento alla mediazione, ha indicato la soluzione percorribile nel perdurare dell’emergenza sanitaria: il nuovo comma 20 bis prevede, infatti, che nel periodo dal 9 marzo al 31 luglio (termine, come detto, così posticipato dal d.l. 28/20 e che dunque copre un periodo più ampio rispetto a quello della sospensione dei termini, fino a che si prospetta il permanere di limitazioni e divieti dettati da esigenze di prevenzione della diffusione del virus) gli incontri di mediazione potranno in ogni caso svolgersi, con il consenso delle parti, per via telematica.

Fino al 31 luglio, dunque, le attività connesse allo svolgimento di procedimenti di mediazione – i cui termini godono comunque del regime di sospensione fino all’11 maggio – potranno, con il consenso delle parti, proseguire da remoto, avvalendosi delle modalità telematiche di comunicazione a distanza, per svolgere incontri di mediazione senza necessità di spostamenti o conferenze personali. La stessa norma prevede però anche che, una volta cessata la fase emergenziale, gli incontri di mediazione potranno continuare a svolgersi in via telematica con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento, potendosi ipotizzare che questa modalità – sicuramente preziosa nell’immediato futuro – risulterà altrettanto utile nelle fasi di post emergenza quando, cessati i divieti, le parti potranno comunque preferire partecipare a distanza agli incontri, evitando spostamenti più complessi da organizzare e comunque potenzialmente fonte di contagio.

La modalità telematica di svolgimento della mediazione non è peraltro una novità introdotta dalla legislazione emergenziale, essendo la stessa già prevista e regolata dall’art. 3, comma 4 del d. lgs. 28/2010 che già prevedeva che la mediazione potesse svolgersi in tutto o in parte per via telematica, stabilendo altresì all’art. 16 che gli organismi dovessero disciplinare nei rispettivi regolamenti (soggetti all’approvazione del Ministero di Giustizia) le modalità telematiche eventualmente utilizzate “in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni ed il rispetto della riservatezza dei dati“.

Rispetto a quelle previsioni, la legge di conversione introduce tuttavia alcune significative innovazioni: per un verso, infatti, ed avuto riguardo al primo periodo emergenziale (fino a 31 luglio) la norma consente l’utilizzo delle modalità telematiche in ogni caso, alla sola condizione che vi sia il consenso delle parti; ciò significa che gli organismi, con il consenso delle parti, potranno (ed anzi dovrebbero: se la norma si intenda come preclusiva di diverse modalità ed in particolare della conferenza personale o comunque se la conferenza personale sia impedita da disposizioni delle autorità nazionali o locali o l’organismo non sia comunque in grado di assicurare il rispetto delle prescrizioni sanitarie) utilizzare la modalità telematica per proseguire la mediazione anche qualora il loro regolamento non lo prevedesse, avvalendosi dei sistemi telematici più idonei per svolgere gli incontri che non possono svolgersi in presenza.

Con riferimento al periodo successivo, invece, la previsione parrebbe rinviare nuovamente alla disciplina “ordinaria” contenuta nell’art. 3 del d.lgs. 28/2010, rimandando dunque nuovamente ai regolamenti previsti dagli organismi ai quali si applicherà, in ogni caso, il principio (già peraltro implicitamente desumibile dal d. lgs. 28/2020) del necessario consenso delle parti: potendo la mediazione svolgersi per via telematica solo se le parti hanno manifestato la loro disponibilità a procedere in tale senso e potendosi altrimenti svolgere in conferenza personale.

La legge di conversione non dice invece nulla con riguardo alle tecnologie utilizzabili per lo svolgimento della mediazione a distanza: si può dunque auspicare che, considerato il repentino sviluppo dei sistemi di videocomunicazione, sia consentito agli organismi individuare le piattaforme più adeguate che (fermo il rispetto della riservatezza che è principio comunque fondamentale nella mediazione) consentano un accesso sufficientemente agevole sia agli avvocati, sia soprattutto alle parti e che possibilmente non comportino costi aggiuntivi per lo svolgimento della mediazione (superando così alcune rigidità in passato mostrate dal Ministero rispetto all’adozione di piattaforme e sistemi di videoconferenza[14]). Con particolare riferimento al primo periodo di emergenza (cioè fino al 31 luglio) il fatto che la norma menzioni le modalità telematiche senza alcuna ulteriore specificazione potrebbe in effetti consentire il ricorso anche a sistemi di comunicazione diversi dalla videoconferenza, purché si tratti di sistemi che consentano un incontro (ancorché a distanza) tra le parti[15], potendosi tuttavia al riguardo rimarcare l’importanza che per la qualità della mediazione assume l’adozione di strumenti adeguati di confronto e di comunicazione.

Sotto altro profilo occorre poi sottolineare come il fatto che la nuova disciplina subordini lo svolgimento delle mediazioni a distanza al consenso delle parti, dovrebbe consentire di preservare i diritti di ciascuna di esse in tutte quelle situazioni in cui la partecipazione a distanza non sia possibile per ragioni tecniche o per difficoltà dei partecipanti ad accedere alle piattaforme utilizzate dagli organismi o comunque quando le parti non intendano avvalersi di questa modalità; in questi casi ed almeno con riferimento al periodo emergenziale (cioè fino al 31 luglio) gli incontri di mediazione dovrebbero essere rinviati, a meno che la situazione “locale” consenta di celebrare gli incontri in presenza o comunque fino a che le parti si dotino degli strumenti necessari per accedere alle piattaforme online[16]. Con l’ulteriore precisazione però che nel caso in cui la parte invitata, alla data fissata per l’incontro, non abbia aderito al procedimento né fornito alcun riscontro all’organismo, il mediatore potrebbe procedere per via telematica sulla base del consenso della sola parte istante, provvedendo all’esito dell’incontro (e previa verifica della regolarità della comunicazione della domanda) alla redazione per via telematica del verbale di mancata partecipazione[17].

Una volta cessata la prima fase del periodo emergenziale, invece, il rifiuto della parte di celebrare l’incontro a distanza dovrebbe comportare la necessità di celebrare l’incontro stesso in presenza[18]; fermo restando che anche con riferimento al periodo post emergenza la mancata adesione della parte invitata potrà consentire al mediatore di procedere per via telematica (con il consenso della sola parte istante) per la redazione del verbale di mancata partecipazione.

[9] L’eventuale termine di quindici giorni previsto dall’art. 5, comma 1 bis e 2 per l’avvio della mediazione demandata dal giudice dovrebbe invece considerarsi in ogni caso sospeso in forza della previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 83 trattandosi di un termine processuale.

[10] Art. 83, comma 20 Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo fino al 15 aprile 2020. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti. 20-bis. Nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, gli incontri di mediazione in ogni caso possono svolgersi in via telematica con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento. Anche successivamente a tale periodo gli incontri potranno essere svolti, con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento, in via telematica, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, mediante sistemi di videoconferenza. In caso di procedura telematica l’avvocato, che sottoscrive con firma digitale, può dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed all’accordo di conciliazione. Il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica è sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell’esecutività dell’accordo prevista dall’articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. 20-ter. Fino alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione del contagio da COVID-19, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l’avvocato certifica l’autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all’atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia.

[11] E’ evidente che se la sospensione dei termini avesse riguardato soltanto le procedure obbligatorie promosse prima del 9 aprile, per le procedure facoltative e per quelle obbligatorie attivate dopo il 9 marzo avrebbero trovato applicazione i termini previsti dalla disciplina ordinaria, per rispettare i quali i “partecipanti” sarebbero stati costretti ad affrontare le attività e gli spostamenti che la norma ha inteso prevenire (e così ad esempio se una parte avesse depositato una domanda di mediazione il 12 marzo, il primo incontro avrebbe dovuto fissarsi entro il 12 aprile e la procedura avrebbe dovuto concludersi comunque entro il 12 giugno, senza beneficiare di alcuna sospensione). Meno problematica sarebbe invece risultata l’applicazione della norma ove si fosse potuta accogliere una lettura alternativa della norma, ritenendo che le due condizioni indicate fossero tra loro alternative: la sospensione avrebbe allora riguardato un ambito più ampio, posto che sarebbe stata destinata ad operare per tutte le procedure stragiudiziali iniziate prima del 9 marzo fossero esse obbligatorie o facoltative, mentre per quelle iniziate dopo tale data, avrebbe riguardato le sole procedure che costituiscono condizione di procedibilità.

[12] Le situazioni più problematiche che potevano verificarsi prima della approvazione della legge di conversione erano diverse. In particolare, per i procedimenti avviati dopo il 9 marzo 2020, posto che il deposito delle domande di mediazione non era precluso (tanto più che molti organismi consentono il deposito telematico), si poneva il problema dello svolgimento dell’attività dell’organismo successiva al deposito della domanda (formazione del fascicolo, fissazione dell’incontro, nomina del mediatore e comunicazione della domanda) che, non operando alcuna sospensione, avrebbe dovuto proseguire regolarmente. Molti organismi in effetti hanno continuato ad operare da remoto e a gestire da remoto anche le comunicazioni, sul presupposto che, stando alla lettera dell’art. 83, comma 20, i primi incontri avrebbero dovuto essere celebrati entro 30 giorni dal deposito della domande e le procedure in esame avrebbero dovuto concludersi regolarmente entro tre mesi dal deposito della domanda: ferma la possibilità di procedere per via telematica per gli organismi che già prevedevano tale possibilità non era chiaro, però, come gestire le mediazioni davanti agli organismi che tale modalità non prevedevano o comunque in tutti i casi in cui le parti non erano in condizione di accedervi potendosi dubitare che potesse ritenersi soddisfatta la condizione di procedibilità qualora la parte invitata a partecipare all’incontro così fissato non avesse aderito; b) Per le mediazioni già avviate prima del 9 marzo 2020 invece, si riteneva che – ferma la necessità di rinviare il primo incontro qualora la parte invitata non avesse ancora aderito (potendosi applicare la sospensione anche al termine costituito dal primo incontro, per aderire) – nel caso di adesione si sarebbe potuto svolgere il primo incontro (ove consentito dalle limitazioni imposte dalle Autorità e comunque sempre per via telematica presso gli organismi che già prevedevano questa eventualità) sia per dare atto della volontà di proseguire che di non proseguire; e allo stesso modo avrebbe potuto procedersi qualora la parte invitata, nonostante la sospensione avesse tempestivamente comunicato all’organismo la volontà di non aderire alla mediazione, potendo il primo incontro svolgersi nel rispetto delle limitazioni imposte dalla normativa emergenziale e dunque di regola con le modalità telematiche con la partecipazione del mediatore e della sola parte istante al solo scopo di attestare la mancata partecipazione dell’altra parte.

[13] V. d.l. 28/20 art. 3.

[14] A questo riguardo occorre ricordare che il Ministero della Giustizia nell’esercizio del suo potere di vigilanza ha in passato escluso il ricorso a taluni sistemi di videoconferenza che non garantirebbero tali condizioni o non consentirebbero nemmeno il riconoscimento certo dei partecipanti.

[15] La modalità telematica, secondo le definizioni più ricorrenti è qualunque modalità di comunicazione che fa uso di reti informatiche, formate da una pluralità di dispositivi tra loro interconnessi mediante cavi telefonici o in fibra ottica

[16] Ciò che tuttavia potrebbe implicare il superamento del termine di durata massima del procedimento che – nonostante la sospensione dal 9 marzo all’11 maggio – potrebbe non essere sufficiente a coprire eventuali rinvii degli incontri per i quali non vi sia il consenso delle parti a partecipare da remoto, legittimando la conclusione del procedimento senza accordo, se non vi sia il consenso delle parti a proseguire oltre la scadenza del termine.

[17] Non è chiaro se la norma richieda il consenso di tutte le parti per procedere per via telematica o se – come parrebbe preferibile per evitare strumentalizzazioni ed eccessivi ritardi – consenta a ciascuna parte di manifestare il consenso alla propria partecipazione per via telematica, potendo in alternativa chiedere di intervenire personalmente, sempre che l’organismo sia in grado di organizzare l’incontro nel rispetto delle disposizioni sanitarie vigenti; così ad esempio se la parte invitata non potesse collegarsi da remoto, ma volesse aderire al procedimento, il primo incontro potrebbe svolgersi anche prima del 31 luglio con la parte istante (ed eventualmente anche il mediatore) collegati da remoto e la parte invitata presente fisicamente all’organismo; ritenendo diversamente si dovrebbe ipotizzare il necessario rinvio oltre il 31 luglio per poter svolgere il primo incontro (e consentire all’istante di soddisfare la condizione di procedibilità), a meno di non ritenere che, trascorsi inutilmente 3 mesi dal deposito della domanda, la condizione sia comunque soddisfatta e l’istante possa agire in giudizio.

[18] Vale anche per questo caso la considerazione svolta nella nota prec. in merito alla possibile diversificazione della posizione delle parti, potendosi ritenere che la parte che intenda partecipare per via telematica, lo possa fare anche quando l’altra parte intende invece essere presente presso la sede dell’organismo; mi pare, poi, che una volta cessata la fase di emergenza, sia opportuno che il mediatore sia presente presso l’organismo anche quando una o entrambe le parti partecipino da remoto.

3. La sottoscrizione dei verbali telematici

La legge di conversione introduce poi un’ulteriore previsione di fondamentale importanza per consentire la regolare prosecuzione delle mediazioni anche nella fase di emergenza. Uno degli aspetti più controversi della mediazione telematica, su cui già prima dell’emergenza erano sorti dubbi ed incertezze, riguardava, infatti, la sottoscrizione dei verbali, non essendo chiaro in che modo il mediatore potesse, come richiesto dall’art. 11 d. lgs. 28/2010, certificare l’autografia delle sottoscrizioni apposte da parti che non si trovassero “nella stessa stanza” di mediazione; il ricorso alla firma digitale era ed è certamente un’alternativa valida se tutti i partecipanti ne siano provvisti; ma poco praticabile qualora le parti, come spesso avviene, non dispongano di quel dispositivo; per questi casi si ipotizzava quindi che il mediatore si potesse limitare ad attestare nel verbale eventuali modalità alternative di sottoscrizione (e così ad esempio dichiarare di aver assistito tramite la videoconferenza alla sottoscrizione del documento successivamente scansionato e trasmesso), nella consapevolezza che eventuali irregolarità nella redazione del “verbale di accordo” avrebbero però potuto inficiare l’efficacia esecutiva dell’accordo (ancorché non la sua validità), riducendo l’effettività del tentativo di mediazione.

Particolarmente opportuna risulta allora la soluzione accolta nella legge di conversione che mediante l’inserimento di un nuovo comma 20 bis attribuisce agli avvocati, nel caso di mediazione telematica, la funzione di “dichiarare autografa[19] la sottoscrizione dei propri clienti sottoscrivendo con firma digitale il verbale di mediazione e dichiarando al contempo la conformità dell’accordo all’ordine pubblico e alle norme imperative; il verbale così sottoscritto dovrà poi essere firmato digitalmente anche dal mediatore (che, nella mediazione a distanza, perde dunque la funzione di certificare la firma delle parti, ma conserva quella di sottoscrizione del verbale) per essere quindi trasmesso e conservato presso l’organismo, spiegando efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. 28/2010.

Quanto poi alle modalità di perfezionamento del verbale, nel silenzio della norma, si può ipotizzare che il mediatore dopo aver redatto il verbale e l’allegato accordo (o recepito il testo che gli avvocati avranno confezionato) lo possa trasmettere agli avvocati delle parti che provvederanno a raccogliere le sottoscrizioni analogiche dei propri clienti (eventualmente anche da remoto: ma in questo caso è evidente che la parte dovrà essere dotata di stampante e scanner) e quindi a sottoscrivere digitalmente il file (presumibilmente uno dopo l’altro) e a restituirlo al mediatore[20] che, a sua volta, apporrà la propria sottoscrizione digitale, dando così vita all’originale del verbale d’accordo che, ai sensi dell’art. 12 e dell’art. 83, comma 20 bis costituirà titolo esecutivo. Resta salva la possibilità che gli avvocati – muniti di apposita procura sostanziale – sottoscrivano il verbale e l’eventuale accordo anche quali procuratori delle parti, con evidente semplificazione dell’iter di perfezionamento del procedimento.

Se questo è il meccanismo (un po’ farraginoso, ma comunque praticabile) individuato dalla legge di conversione per la redazione e sottoscrizione del verbale di accordo, non del tutto chiaro è invece come la soluzione si possa inserire nelle maglie dell’attuale disciplina dell’esecuzione forzata: premessa al riguardo la necessità di trascrivere il titolo nel precetto ai sensi dell’art. 12, del d. lgsl. 28/2010 come modificato dal d. l. 132/14, conv. in l. 162/14, occorre cioè verificare come il titolo digitale possa essere utilizzato per procedere alla notificazione del precetto e dare avvio all’esecuzione, stante l’impossibilità per l’avvocato di attestare la conformità all’originale della copia cartacea al di fuori del sistema del pct, potendosi al riguardo auspicare l’adozione di modalità che consentano all’ufficiale giudiziario di verificare (comunque, anche avvalendosi dei supporti informatici) la conformità al titolo originale, permettendo in ogni caso alla parte di dare avvio all’eventuale esecuzione senza ulteriori difficoltà.

Resta invece allo stato irrisolta la questione per la mediazione volontaria alla quale, come noto le parti possono partecipare senza l’assistenza di un avvocato: premesso che, per effetto della legge conversione, si applicherà anche a questi procedimenti la sospensione dei termini per lo svolgimento delle attività e del termine massimo di durata, e che anche per questi procedimenti dovrà valere la possibilità di svolgere gli incontri per via telematica (con il consenso di tutte le parti coinvolte), nel caso in cui la parte partecipi senza avvocato non potrà invece trovare applicazione il meccanismo della autenticazione delle sottoscrizione previsto dal comma 20 bis. Si tratta allora di comprendere se in questo caso il mediatore possa certificare le sottoscrizioni delle parti benché apposte da remoto (ipotesi che tuttavia parrebbe esclusa dal comma 20 bis che tale funzione riserva agli avvocati) o se – non potendo assistere alla firma delle parti, il mediatore non possa che dare atto dell’impossibilità di certificare la sottoscrizione (o dell’impossibilità delle parti di sottoscrivere l’accordo: come in effetti prevedeva già l’art. 11 del d. lgs. 28/2010), potendosi tuttavia quanto meno dubitare della sussistenza in questi casi, del requisito della regolarità formale cui l’art. 12 seconda parte subordina la concessione dell’exequatur da parte del giudice.

[19] La scelta di questo termine sembrerebbe voler escludere che in questo caso si abbia una vera e propria autentica della sottoscrizione (tale da attribuire all’accordo la forma della scrittura privata autentica).

[20] Si può cioè immaginare che ciascun avvocato, ricevuto il verbale di accordo lo trasmetta al proprio cliente che lo sottoscriverà analogicamente e lo restituirà al professionista il quale potrà apporre la sua firma digitale e lo invierà al mediatore che, ricevuti i due file dagli avvocati li sottoscriverà entrambi con propria firma digitale (ed in questo modo il verbale sarà composto dai due file); in alternativa si può immaginare che il verbale di accordo venga dapprima sottoscritto da entrambi i clienti (tramite scambio tra gli avvocati), dopo di che il file contenente le due firme venga sottoscritto digitalmente dagli avvocati e da ultimo dal mediatore; v. al riguardo le linee guida indicate da Unam (reperibili su www.unam.it)

4. Gli altri procedimenti adr

Come accennato, la legge di conversione non contiene alcuna previsione specifica per lo svolgimento degli altri procedimenti di risoluzione delle controversie diversi dalla mediazione, limitandosi a generalizzare per tutti i procedimenti anche facoltativi già pendenti o promossi dopo il 9 marzo, la sospensione di tutti i termini per lo svolgimento delle attività già prevista nel d.l. 18/20 per i soli procedimenti obbligatori iniziati prima del 9 marzo. Mi pare peraltro che anche a prescindere dalla introduzione di specifiche previsioni in tal senso la modalità telematica e più in generale gli strumenti di comunicazione da remoto potranno essere utilizzati, con il consenso delle parti e salvi gli effetti della sospensione dei termini, anche in questi procedimenti le cui attività (al pari di quelle che si svolgono nella mediazione) non risultano automaticamente rinviate o sospese; alcuni di questi procedimenti del resto già si svolgevano con modalità (esclusivamente) telematiche o comunque senza incontri tra le parti: penso in particolare alle conciliazioni in materia di utenze telefonichegià gestite dai Co.Re.Com attraverso l’apposita piattaforma conciliaweb (che peraltro prevede anche una modalità particolare di perfezionamento dell’accordo telematico che pure costituisce titolo esecutivo)[21]; ma anche ai procedimenti che si svolgono davanti all’ABF e all’ACF per la soluzione delle controversie in materia bancaria e finanziaria, nei quali il contraddittorio si realizza in forma scritta, così come in forma scritta viene formulata e comunicata la decisione del collegio arbitrale cui le parti potranno prestare la loro adesione, senza necessità di comparire o incontrarsi.

Anche per ciò che riguarda la negoziazione assistita la soluzione prevista dal decreto (e perfezionata con la legge di conversione) parrebbe sufficiente per fronteggiare l’emergenza a prescindere da una disposizione specifica che regoli lo svolgimento delle attività: sospeso il termine per rispondere all’invito per tutta la durata dell’emergenza[22] e sospeso altresì, per le negoziazioni già avviate, il termine per concludere il procedimento, spetterà agli avvocati che assistono le parti valutare, anche sulla base di quanto previsto nella loro convenzione, se e come avviare o proseguire le negoziazioni avviate o già pendenti durante il periodo dell’emergenza e dunque fino al 31 luglio; del resto, premesso che nella l. 162/14 nulla è detto con riferimento alle modalità di svolgimento della negoziazione, eventuali incontri alla presenza delle parti e degli avvocati potrebbero svolgersi – presso lo studio del professionista – solo se ciò sia consentito dalle Autorità e nel rispetto delle prescrizioni sanitarie; mentre dovrebbe essere sempre consentito svolgere gli incontri per via telematica (anche ed eventualmente con la partecipazione a distanza delle parti) oltre che – come spesso avviene – procedere nella trattativa mediante semplice scambio di corrispondenza o via filo, non essendo comunque richiesta la compresenza né per il soddisfacimento della condizione di procedibilità né per l’efficace svolgimento della negoziazione. Più problematico potrebbe invece essere l’eventuale perfezionamento dell’accordo, dal momento che la disposizione su cui prima ci si è soffermati riguarda la sola sottoscrizione “a distanza” degli accordi di mediazione, mentre nulla viene specificato con riferimento alla sottoscrizione degli eventuali accordi di negoziazione assistita che pure – con la sottoscrizione degli avvocati – costituiscono titolo esecutivo, devono essere depositati presso gli ordini di appartenenza e, nella materia familiare, debbono anche essere trasmessi all’ufficiale di stato civile ai sensi dell’art. 6 del d.l. 132/14 conv. in l. 162/14. Qualora non si ritenesse di poter applicare analogicamente la previsione dettata per la mediazione dal comma 20 bis o quella dettata dal comma 20 ter per l’autentica della procura alle liti (consentendo agli avvocati di certificare anche da remoto la sottoscrizione dei propri assistiti sull’accordo di conciliazione raggiunto all’esito della negoziazione), si renderà dunque necessaria la sottoscrizione in presenza dell’accordo il cui perfezionamento sarà dunque condizionato alla possibilità di realizzare un incontro fisico tra le parti e gli avvocati.

[21] La disciplina del procedimento (cui le parti accedono mediante SPID o autenticandosi per il singolo procedimento) prevede che il verbale di conciliazione (che costituisce titolo esecutivo) sia sottoscritto dalle parti (che non necessariamente sono assistite dal difensore) “mediante firma elettronica o altra modalità telematica idonea a garantirne la provenienza ai sensi delle disposizioni vigenti” e dal conciliatore mediante firma digitale. Lo stesso regolamento prevede però anche che nel caso in cui “non sia possibile firmare il verbale per impedimento tecnico o altra causa di forza maggiore, trascorse 24 ore dalla trasmissione del verbale alle parti il Conciliatore firma il verbale attestando che lo stesso è stato redatto sulla base di quanto avvenuto nel corso dell’udienza e specificando i motivi della mancata sottoscrizione” (v. Delibera n. 339/18/CONS recante il “Regolamento applicativo sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche tramite piattaforma ConciliaWeb, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, dell’Accordo Quadro del 20 novembre 2017 per l’esercizio delle funzioni delegate ai Corecom“): previsione questa che potrebbe risultare utile nella fase di emergenza consentendo al conciliatore di perfezionare la conciliazione anche senza le sottoscrizioni delle parti.

[22] Questo significa che fino a che perdura la sospensione non dovrebbe formarsi il silenzio “diniego” di cui all’art. 3 comma 2 del d.l. 132/14, non potendosi considerare soddisfatta la condizione di procedibilità per controversie indicate al comma 1; ovviamente la condizione sarebbe soddisfatta qualora a prescindere dalla sospensione la parte invitata comunicasse la propria volontà di non sottoscrivere la convenzione; mentre nel caso in cui la parte manifesti la volontà di sottoscrivere la convenzione si porrà il problema della certificazione delle sottoscrizioni (ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 6) cui gli avvocati potrebbero non essere in condizione di provvedere in presenza (potendosi anche in questo caso auspicare l’applicazione analogica del comma 20 bis o comunque del comma 20 ter che, pur dettato per la autentica della procura alle liti, parrebbe individuare un meccanismo utilizzabile anche al di fuori di quella ipotesi per lo meno in fase di emergenza).

5. La mediazione come alternativa al processo nel tempo dell’emergenza

Concluso l’esame della disciplina emergenziale, è possibile formulare qualche considerazione di ordine più generale su come la mediazione e gli altri procedimenti alternativi possano funzionare in questa situazione di emergenza: come cioè la situazione generata dall’epidemia del Coronavirus possa incidere sul funzionamento dei procedimenti adr, ma anche come questi procedimenti possano contribuire ad affrontare la situazione creata dall’epidemia, concorrendo con gli altri strumenti ordinari a risolvere le liti generate dall’emergenza.

Avuto riguardo in particolare alla mediazione (su cui più incisivamente interviene la normativa emergenziale) si tratta innanzitutto di verificare come le modalità di svolgimento del procedimento siano destinate a mutare nel regime emergenziale e post emergenziale. Si è già detto che la possibilità di svolgere gli incontri a distanza (si tratti di primi incontri o di incontri di prosecuzione della mediazione) dovrebbe costituire l’alternativa privilegiata al rinvio (se non l’unica alternativa ove le disposizioni sanitarie nazionali o locali non consentano di organizzare incontri presso l’organismo) nella fase di emergenza, mentre potrà rappresentare un’alternativa valida anche quando, cessata l’emergenza, le parti potranno preferire questa soluzione (più economica e sicura) all’incontro in presenza.

Se si vuole promuovere il ricorso alla mediazione e favorire il suo efficace funzionamento diventa dunque essenziale garantire l’accessibilità alle piattaforme privilegiando modalità telematiche di semplice fruizione per gli utenti: l’alternativa telematica sarà, infatti, tanto più preziosa e vantaggiosa quanto più sarà possibile per le parti partecipare agli incontri, anche senza recarsi nello studio dell’avvocato, collegandosi dal proprio domicilio e intervenendo così direttamente all’incontro con il mediatore e l’altra parte. Ovviamente il problema della partecipazione personale potrebbe essere aggirato se la parte (che abbia difficoltà a collegarsi telematicamente) si facesse rappresentare all’incontro telematico da persona in grado di accedere agevolmente da remoto e così in particolare dal proprio avvocato che – in coerenza con quanto di recente precisato dalla Cassazione – la potrebbe sostituire in forza di una procura sostanziale[23]; si tratta tuttavia di una soluzione solo in parte soddisfacente, essendo nota l’importanza che la presenza e la partecipazione delle parti assumono ai fini della efficace esplorazione degli interessi e della ricerca della soluzione della lite; a questo riguardo occorre del resto segnalare che l’avvocato cui la parte intendesse conferire la procura non potrebbe comunque autenticare la sottoscrizione del cliente con le modalità che il nuovo comma 20 ter ha previsto per la sola procura alle liti: riproponendosi dunque anche in questo caso la questione della idoneità della procura non autenticata a conferire il potere di rappresentanza della parte in mediazione.

Al di là dei problemi di accessibilità, la modalità telematica solleva poi ulteriori questioni, la più delicata delle quali attiene alla riservatezza e alla confidenzialità delle informazioni; mentre gli organismi possono agevolmente controllare gli incontri che si svolgono presso le loro sedi, più complesso è garantire la riservatezza di quelli che si svolgono da remoto, non potendosi verificare l’eventuale presenza di terzi “dietro la videocamera”; il problema tuttavia non mi pare debba essere sopravvalutato: ferma la necessità che il mediatore richiami le parti al rispetto del principio in esame, saranno infatti le parti a dover assumere l’impegno in tal senso dichiarando, sotto la propria responsabilità che nessun estraneo stia assistendo all’incontro; ogni forma di registrazione degli incontri resta del resto vietata sia da parte del mediatore che delle parti, fermo restando che eventuali registrazioni e riproduzioni dell’incontro sarebbero illecite e non producibili in giudizio, così come non potrebbero essere assunte prove testimoniali aventi ad oggetto le dichiarazioni rese dalle parti nel corso degli incontri telematici, permanendo inalterato il divieto di utilizzare nel successivo processo tra le parti le informazioni emerse nella mediazione.

Superate le difficoltà tecniche occorre poi capire come la mediazione, che notoriamente affonda le sue radici nella comunicazione, nel dialogo e nell’ascolto possa adattarsi all’ambiente virtuale e alle diverse modalità comunicative che in quel contesto si possono instaurare. Per quanto efficace e tecnicamente avanzato lo svolgimento di un incontro virtuale è infatti mediato dai supporti informatici che inevitabilmente alterano le dinamiche della comunicazione verbale e non verbale[24]: quest’ultima in particolare risulta limitata a ciò che la videocamera consente di trasmettere (e così ad esempio è più difficile cogliere la gestualità se la videocamera inquadra solo il volto; le espressioni del viso sono solo limitatamente percepibili se lo schermo non è sufficientemente ampio e più persone sono contemporaneamente collegate; mentre il contatto visivo tra gli interlocutori è reso alquanto difficoltoso attraverso la telecamera[25], essendo pressoché impossibile realizzare il gioco degli sguardi che spesso si riesce ad attuare nella mediazione in presenza); d’altro canto lo scambio verbale risulta necessariamente rallentato ed alterato, non solo per via dei difetti e delle interruzioni nelle connessioni e dei rumori di fondo che spesso distraggono i partecipanti o impediscono loro di sentire, ma anche e soprattutto per la difficoltà che possono incontrare le persone a parlare “normalmente” attraverso uno schermo, senza considerare le maggiori difficoltà che inevitabilmente incontra il mediatore nel regolare l’ordine degli interventi per evitare sovrapposizioni difficilmente mediabili nelle stanze virtuali[26].

Esistono tuttavia alcune strategie che possono contribuire a migliorare l’efficienza della mediazione virtuale o quanto meno a ridurre il gap comunicativo creato dalla distanza telematica per colmare il quale tuttavia non ritengo si debba pretendere di replicare nell’ambiente virtuale ciò che accadrebbe in un incontro reale, ma – questo suggerisce l’esperienza maturata anche prima dell’emergenza – cercare di adattare la mediazione al contesto virtuale, sfruttando caratteristiche e vantaggi della comunicazione telematica per aumentare l’efficienza dell’interazione tra le parti: così ad esempio, non essendo necessari spostamenti, si potrà aumentare il numero degli incontri, riducendone la durata a utilizzando al meglio gli intervalli tra l’uno e l’altro incontro; la gestione dei singoli incontri richiederà maggiore programmazione, un’agenda più definita e un uso migliore del tempo e dello spazio; le sessioni riservate potrebbero essere privilegiate rispetto alle più dispersive sessioni congiunte; nel rispetto della riservatezza si potrebbe inoltre utilizzare anche la comunicazione scritta (tramite chat o altro strumento telematico) in aggiunta a quella orale, sfruttando le forme di comunicazione non verbale offerte dalla tecnologia per potenziare la capacità comunicativa delle parti e del mediatore.

Mi pare del resto che in questo contesto si possa ipotizzare anche un maggiore ricorso alle tecniche di mediazione valutativa; nella mediazione virtuale, in effetti la formulazione di proposte (comunque non vincolanti) oltre che più agevole dal punto di vista tecnico potrebbe risultare più efficace in termini di dispute resolution per superare empasse difficilmente gestibili da remoto e colmare i vuoti della comunicazione a distanza. La flessibilità dello strumento disciplinato dal d. lgs. 28/2010 da questo punto di vista potrebbe risultare preziosa consentendo di adattare le modalità della mediazione alle necessità imposte dalla situazione, più di quanto possa avvenire per i procedimenti giudiziali la cui rigidità ed il cui formalismo inevitabilmente ostacolano l’adattamento al regime emergenziale.

Quest’ultima considerazione sollecita una seconda più generale riflessione sulla utilità della mediazione ai tempi di coronavirus. Non è ancora possibile fare previsioni certe sulla durata dell’emergenza e sull’impatto che potrà avere sull’economia e sulle relazioni sociali, ma si possono fin d’ora immaginare le ripercussioni che essa avrà sul funzionamento della giustizia e del processo civile in particolare; anche quando potrà considerarsi superato l’attuale blocco delle attività e delle udienze ci saranno inevitabili rallentamenti che andranno ad aggravare la già critica situazione del sistema giurisdizionale. Al contempo è probabile che l’instabilità e la crisi economica dovuti alla prolungata situazione di emergenza generino un flusso elevato di contenzioso e una domanda ancora più forte di tutela da parte di cittadini e imprese rispetto alla quale la risposta giurisdizionale potrebbe risultare tardiva o inefficace: in questa situazione è dunque evidente innanzitutto l’utilità che la mediazione ed in generale l’adr potranno avere nel costituire un’alternativa più percorribile per le parti ed al contempo un utile strumento di deflazione per i Tribunali, alleggerendo il carico del contenzioso accumulato e quello che potrebbe accumularsi nei prossimi mesi.

Anche le dinamiche conflittuali del post emergenza potranno tuttavia assumere caratteri diversi, in considerazione dei quali tanto gli istituti del diritto privato[27], quanto il contesto aggiudicativo del processo potrebbero risultare inadeguati: la soluzione aggiudicativa passa, infatti, attraverso un criterio normativo di imputazione di responsabilità che porta alla necessaria individuazione di un vincitore e di un soccombente. Come recentemente osservato, tuttavia, “il fenomeno della pandemia non solo non è imputabile né all’una né all’altra parte, ma per la sua natura “globale” neppure può dirsi intervenuto nella sfera di una parte piuttosto che nella sfera dell’altra[28]; questa osservazione, in effetti, mentre sul piano sostanziale suggerisce il ricorso a criteri di composizione delle liti ispirati al principio solidaristico (che siano cioè ispirati al principio costituzionale di solidarietà e tali da ripartire tra le parti le perdite derivanti dalla pandemia), sul piano processuale dovrebbe favorire il ricorso a forme di risoluzione dei conflitti di tipo collaborativo (e non aggiudicativo), che consentano alle parti di concordare il criterio più adeguato di distribuzione delle perdite[29], valutando i rispettivi interessi anche al di là delle contrapposte posizioni giuridiche. Senza considerare che in questa situazione è sicuramente preferibile privilegiare strumenti in grado di favorire la rinegoziazione dei rapporti anziché la loro risoluzione (specie se ciò venisse accompagnato da agevolazioni fiscali fino ad oggi troppo timidamente riconosciute[30]): ciò che dovrebbe valere in particolare per il settore delle locazioni abitative e commerciali, ma che potrebbe risultare proficuo in generale per tutti i rapporti di durata sulla cui esecuzione ha inciso la pandemia[31].

Anche nel settore della responsabilità sanitaria, del resto, è possibile immaginare uno spazio privilegiato per la mediazione[32] capace di promuovere, anche al di là del paradigma della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, la composizione dei conflitti che potranno sorgere tra le strutture sanitarie ed i pazienti i cui diritti dovranno trovare una forma adeguata di riconoscimento a prescindere da eventuali esoneri da responsabilità che potranno essere riconosciuti a tutela degli operatori impegnati in prima linea nella lotta al virus.

Ciò che invece è essenziale è evitare il rischio (tutt’altro che remoto, alla luce dell’esperienza pregressa) che le mediazioni, gestite attraverso le piattaforme si traducano in un vuoto rituale telematico volto non a favorire l’accordo, ma ad accertarne rapidamente l’impossibilità; essendo pertanto fondamentale che i mediatori e con loro gli avvocati (che in questa fase saranno determinanti nel coinvolgere le parti) riescano a replicare e se possibile a potenziare le dinamiche alternative di gestione del conflitto della mediazione, offrendo anche nell’ambiente virtuale uno spazio reale di confronto e negoziazione.

[23] V. Cass. 27 marzo 2019, n. 8473 secondo cui la parte “che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista

[24] Tra persone che non si conoscono o che sono tra loro in conflitto, la distanza creata dall’ambiente virtuale potrebbe aumentare la diffidenza rendendo più difficile al mediatore creare un rapporto di fiducia con e tra le parti.

[25] In generale le videocamere sono posizionate sopra lo schermo, così che lo sguardo di chi guarda allo schermo sembra rivolto verso il basso anziché verso l’interlocutore. Ciò che peraltro impedisce anche a chi parla di percepire l’attenzione di chi ascolta.

[26] In presenza il mediatore può prevenire interruzioni e sovrapposizioni anche con un semplice gesto che difficilmente può essere replicato e avere effetto attraverso la videocamera; silenziare il microfono della parte è certamente più efficace ma inevitabilmente altera la spontaneità della conversazione, rischiando anche di generare risentimento nella parte silenziata. Senza considerare il rischio che la parte abbandoni l’incontro chiudendo il collegamento, senza che il mediatore possa fare alcunché per impedirglielo.

[27] La legislazione emergenziale ha in effetti introdotto disposizioni destinate ad alterare il normale funzionamento degli istituti del diritto civile: il riferimento è in particolare all’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, il cui comma 6 -bis (come ulteriormente modificato in sede di conversione del d.l. 18/20 dalla l. 27/20) prevede che ” Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile , della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti. »; ma v. anche quanto previsto dall’art. 88 del d.l. 18/20 conv. in l. 27/20 con riferimento al rimborso di titoli di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura; e dall’art. 88 – bis con riferimento al rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici.

[28] V. così Roppo, in C ontratto e Covid-19. Dall’emergenza sanitaria all’emergenza economica, in https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1033-contratto-e-covid-19-dall-emergenza-sanitaria-all-emergenza-economica-di-vincenzo-roppo-e-roberto-natoli?

[29] Da questo punto di vista la previsione della mediazione obbligatoria per le controversie in materia di locazione o di affitto di azienda potrà rivelarsi particolarmente opportuna, potendosi anzi auspicare che il catalogo delle materie venga ampliato (e non certo ridotto come era stato prospettato nell’ultima bozza di riforma del processo civile elaborata prima dell’insorgere della pandemia) almeno con riferimento al contenzioso post emergenza.

[30] Il riferimento critico vale sia per i procedimenti alternativi (per i quali il legislatore ha riconosciuto vantaggi fiscali limitati o addirittura inoperanti: si veda il mancato avvio del sistema del credito di imposta per le mediazioni) sia per la disciplina emergenziale che non ha ad oggi introdotto significative agevolazioni fiscali per le parti che rinegoziano i canoni

[31] In questo senso v. il Manifesto della Giustizia Complementare alla Giurisdizione predisposto dal gruppo di esperti che operano all’interno del Tavolo sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale istituito presso il Ministero della Giustizia che in ultimo sottolinea anche “l’indiscussa efficacia della mediazione come collante sociale, non solo per la riattivazione di una comunicazione interrotta fra le parti del conflitto, ma anche per la generale condivisione dei valori dell’autonomia, della consapevolezza e della responsabilità, volano di rinascita delle relazioni sociali“.

[32] Si tratta dunque di invertire la tendenza che ha visto fino ad oggi pressoché marginale il ricorso a questo strumento nonostante l’art. 5, comma 1 bis del d. lgs. 28/2010.

Redazione

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