La manovra del governo Monti può causare un eccessivo aumento delle controversie penali e tributarie

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Il presupposto della manovra Monti è quello dichiarato della cura del medico al paziente malato Italia. Con questo presupposto si è tassato il tassabile; come altro governo d’altri tempi fece, con la tassa sul macinato, tassa in vigore dal 1 gennaio del 1869 al 1884. Il mugnaio doveva pagare la tassa a seconda dei giri della ruota (rilevati da un contagiri), ma applicava la tassa agli utenti in base al peso (a quintale). Il peso spesso non coincideva con i giri; così il mugnaio si sentiva frodato, il fisco anche e l’utente depauperato. I piccoli mulini con macine piccole chiusero, la fame della popolazione aumentò. Per sedare le proteste, numerose e violente, si incaricò il generale Raffaele Cadorna.

All’epoca però non esistevano i giudici tributari e la corte costituzionale, oggi le nuove imposte farraginose ed impraticabili, in parte – tranne quelle sulla benzina e sulla riforma pensionistica, si anche queste sono da considerare tasse nascoste, ovvero prelievo dai fondi pensionistici per la fiscalità generale- comporteranno ricorsi e ritardi, con effetti di depressione sull’economia, ma di sviluppo del contenzioso.

E se fosse errato il presupposto, ovvero non è l’Italia che è ammalata, ma la governance dell’Europa? Allora è come curare una gamba nei casi di malattia mentale, ovvero cura inutile, anzi utile a deprimere l’economia ovvero a grecizzare l’Italia.

Quello che possono notare solo gli esperti è l’approssimazione e la dannosità, a lungo andare, di certe misure, sbrigativamente spacciate come giuste: si pensi alla norma penale che punisce fino a 2 anni di reclusione le notizie false fornite al fisco (art 11, comma 1, del D.L. n. 20 del 6 dicembre). E’ vero, in Italia deve condursi una lotta all’evasione, ma se gli strumenti sono questi allora siamo davanti a dilettanti del diritto. In sintesi la norma è indeterminata, sospetta di incostituzionalità, gravemente sbilanciata e avrà l’effetto di non combattere l’evasione, ma certamente intaserà i tribunali penali, che certo non ne sentivano la necessità. Accorpare le condotte di chi produce al fisco documenti falsi e chi risponde in modo non confessorio, è fuori dalla legislazione penale, che richiede norme chiare, specifiche e facilmente comprensibili. Pretendere poi la verità su ogni richiesta del fisco è veramente assurdo, impensabile, forse in tesi giusto, ma impraticabile in concreto. E’ come imporre agli imputati la confessione dei loro reati, e nei casi di rifiuto autorizzare la tortura al fine di ottenere la confessione. E nessuno poteva – ai tempi dell’inquisizione- mettere in dubbio la natura di prova, della confessione ottenuta con tortura! Siamo all’inquisizione tributaria.

Tuttavia la norma per il maxi emendamento, è stata mitigata – ci si è resi conto dell’irragionevolezza, palese e grave-, ma la toppa a volte cagiona storture peggiori del buco. Per la disposizione dell’art 11 emendato, il reato di false dichiarazioni al fisco “si applica solo se a seguito delle richieste di cui al medesimo periodo si configurano le fattispecie di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74”. La norma modificata risulta ulteriormente complicata, nell’applicazione concreta (vedi in tal senso già i primi commenti: Antonio Iorio, in Il sole 24 ore del 17 dicembre). Per l’interpretazione letterale il reato di false dichiarazioni dovrebbe sussistere solo se le false dichiarazioni comporteranno un reato ex legge nr. 74 del 2000; non risulta chiaro però se il reato tributario deve essere conseguenza diretta delle false dichiarazioni. Se un reato già è previsto, le modalità di realizzazione non dovrebbero costituire un reato autonomo, ma casomai un’aggravante. La fattispecie penale potrebbe inoltre coincidere con le altre ipotesi di reato già previste nel decreto legislativo n. 74 del 2000, ad esempio art. 3: “Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”. Quando il reato tributario si verifica solo al superamento di una soglia di evasione (euro 77.468,53) le false dichiarazione devono o no essere causa del superamento della soglia di reddito? La norma letteralmente parla di conseguenza diretta: “se a seguito delle richieste si configura …”. Se così è che bisogno c’era di creare un altro reato per una condotta già punita? E’ una duplicazione inutile o è una condotta diversa?

Le norme penali proprio perché norme criminali devono contenere un precetto chiaro, semplice, comprensibile, e non oscuro, dubbio, fumoso, incerto, altrimenti i cittadini non sanno che condotta tenere, anche i più onesti. E così l’onesto viene affiancato al disonesto intenzionale. Cambiare la legislazione penale in un decreto di contenuto urgente per le casse dello Stato, non è opportuno, e a lungo andare porterà solo spese (processi farraginosi e costosi) e complicazioni.

Oggi non si può – infatti- chiamare il generale Raffaele Cadorna a garantire l’adempimento delle pretese fiscali, ma i “cittadini “possono, e lo faranno in massa, adire il giudice tributario e difendersi in sede penale con eccezioni di incostituzionalità. La manovra quindi è sicuramente recessiva, errata nei presupposti (la malattia del sistema Italia, invece il malato è L’Europa), approssimativa e generatrice di controversie davanti alla giurisdizione penale, tributaria e costituzionale. Si ragioni nel parlamento su queste scelte, non siamo in democrazia sospesa: il parlamento si riappropri delle sue prerogative, non siamo con la costituzione sospesa.

Socci Angelo Matteo

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