La locazione di immobili urbani ad uso commerciale (uso diverso da quello abitativo) e l’aggiornamento del canone

Di Bari Matteo 25/10/12
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SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. La destinazione dell’immobile locato all’uso diverso da quello abitativo – 3. La forma del contratto – 4. La durata del contratto – 5. Il recesso del locatore. – 6. Il recesso del conduttore – 7. Il canone – 8. L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale – 9. Il diritto di prelazione del conduttore in caso di vendita ed in caso di nuova locazione – 10. La sublocazione – 11. La locazione di immobile alberghiero e l’affitto d’azienda

 

1. Introduzione

Ai sensi dell’art. 1571 c.c. la locazione è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all’altra (conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato periodo di tempo verso un determinato corrispettivo.

La locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo trova la propria disciplina fondamentale nella Legge 27 luglio 1978, n.392 ed in particolare negli artt. 27 e seguenti. Pertanto, le norme del codice civile vengono all’attenzione solo per colmare eventuali lacune della disciplina anzidetta o per espresso rinvio della medesima.

 

2. La destinazione dell’immobile locato all’uso diverso da quello abitativo

Per parlare di “uso diverso da quello abitativo” l’immobile locato deve essere adibito all’esercizio di una delle attività di cui al primo comma dell’art. 27 (attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico, di lavoro autonomo) ovvero ad una di quelle attività elencate dall’art. 42 (attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche). Inoltre, si ha un uso diverso da quello abitativo quando l’immobile locato è destinato ad ospitare le sedi di partiti e sindacati e quando la qualità di conduttore è assunta dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali.

L’art. 80 della Legge 392/1978 – così come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale 18 febbraio 1988, n. 185 – stabilisce espressamente che «se il conduttore adibisce l’immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza. Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile. Qualora la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso prevalente».

 

3. La forma del contratto

Pur non essendo espressamente prescritto dalla legge, nella prassi il contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo viene redatto in forma scritta. Il codice civile – infatti – prescrive la forma scritta ad substantiam soltanto per le locazioni di immobili che superino la durata di nove anni (art. 1350, n. 8, c.c.), le quali devono anche essere trascritte nei registri immobiliari ex art. 2630, n. 8, c.c.

Dal punto di vista degli adempimenti fiscali, i contratti di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo sono soggetti – oltre all’imposta di bollo – all’obbligo di registrazione con aliquota proporzionale pari al 2% del corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto; in ogni caso, l’ammontare dell’imposta di registro non può essere inferiore a 67,00 Euro (art. 5, Parte I, Tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e succ. mod.).

Per le locazioni che, invece, sono soggette all’Iva,1 la registrazione è dovuta solo in caso d’uso e si applica l’imposta fissa pari a 168,00 Euro.2

 

4. La durata del contratto

Per le locazioni de quo la durata minima del contratto di locazione è di sei anni (o nove anni nel caso di attività alberghiere). Se nel contratto è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, ai sensi dell’art. 79 della Legge 392/1978 la clausola contrattuale che prevede una durata inferiore è nulla e la locazione si intende pattuita per la durata prevista dalla legge (sei o nove anni). Di contro, le parti possono stabilire liberamente una durata superiore al minimo legale, incontrando solo il limite trentennale di cui all’art. 1573 c.c.

Solo nel caso in cui l’attività commerciale esercitata nell’immobile locato abbia – per sua natura – carattere transitorio, è possibile prevedere una durata inferiore a quella minima legale (art. 27, comma 5, Legge 392/1978). La transitorietà e le ragioni che la determinano devono essere espressamente dichiarate nel contratto, a pena di nullità della previsione e di riconduzione del contratto al tipo legale.

La Suprema Corte ha avuto modo di precisare che il carattere di transitorietà va individuato considerando non soltanto il dato oggettivo dell’effettiva destinazione dell’immobile e della corrispondenza o meno di essa alla natura transitoria, ma anche il dato soggettivo rappresentato dalle intenzioni e dall’atteggiamento complessivo dei contraenti (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 1990, n. 8489).

Per quanto concerne, invece, le locazioni stagionali rimane fermo il termine di durata ordinario, con la conseguenza che il locatore ha l’obbligo di concedere l’immobile al conduttore che gliene faccia richiesta, di anno in anno, per la stagione pattuita, sino alla naturale scadenza (sei o nove anni).

Il discrimine tra stagionalità e transitorietà, a detta della Suprema Corte, risiede nel fatto che l’esigenza transitoria è per sua natura episodica e saltuaria, mentre quella stagionale ha natura periodica ed è destinata a ripetersi ad intervelli regolari. L’accertamento della natura transitoria o stagionale deve avvenire tenendo conto sia del dato oggettivo dell’attività dedotta in contratto, sia dell’atteggiamento soggettivo delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 30 dicembre 1997, n. 13133).

 

5. Il recesso del locatore

La rinnovazione automatica alla prima scadenza per ulteriori sei anni (o nove anni) può essere negata dal locatore soltanto in uno dei casi tassativamente indicati dall’art. 29 della legge speciale. Il legislatore consente il diniego di rinnovo alla prima scadenza qualora il locatore intenda adibire l’immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta; qualora il locatore intenda adibire l’immobile all’esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell’articolo 27 o, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all’esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali; qualora il locatore intenda demolire l’immobile per ricostruirlo ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro ovvero eseguire su di esso un intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti; ed infine quando il locatore intende ristrutturare l’immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell’articolo 12 della Legge 11 giugno 1971, n. 426 e ai relativi piani comunali, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la presenza del conduttore nell’immobile. Per le locazioni di immobili adibiti all’esercizio di albergo, pensione o locanda, anche se ammobiliati, il locatore può negare la rinnovazioni nelle ipotesi previste dall’art. 7 della Legge 2 marzo 1963, n. 191 e successive modificazioni, qualora l’immobile sia oggetto di intervento sulla base di un programma comunale pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti. Il locatore può altresì negare la rinnovazione se intende esercitare personalmente nell’immobile o farvi esercitare dal coniuge o da parenti entro il secondo grado in linea retta la medesima attività del conduttore […].

Nel caso in cui ricorra una di queste ipotesi tassative, il locatore dovrà intimare al conduttore la disdetta del contratto a mezzo lettera raccomandata a/r almeno dodici mesi (diciotto mesi nel caso di attività alberghiera) prima della scadenza del contratto medesimo.3

Recentemente la Corte di Cassazione ha precisato che la nullità del diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza ex art. 29 della legge anzidetta per difetto di motivazione, «può comunque convertirsi in una disdetta semplice o a regime libero valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile di una manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione e alla rinnovazione del rapporto» (Cass. Civ., Sez. III, 11 gennaio 2006, n. 257).

 

6. Il recesso del conduttore

È possibile per le parti pattuire la facoltà di recesso del conduttore in qualsiasi momento; in tal caso, il conduttore dovrà inviare al locatore, almeno sei mesi prima, una lettera di recesso a mezzo raccomandata. Nel caso in cui, invece, la facoltà di recesso non sia prevista dal contratto, il conduttore potrà comunque recedere prima della scadenza nel caso in cui ricorrano «gravi motivi» concernenti la persona del conduttore, l’immobile locato o eventi successivi alla stipula del contratto; a tal fine il conduttore dovrà inviare al locatore a mezzo lettera raccomandata a/r, con preavviso di almeno sei mesi, una lettera di recesso contenente l’indicazione dei gravi motivi legittimanti il recesso.

 

7. Il canone

Il canone di locazione è liberamente determinabile dalle parti, le quali – tuttavia – non possono concordare liberamente eventuali aumenti dello stesso. Le modalità di aggiornamento del canone – infatti – sono stabilite dall’art. 32 della Legge 392/1978 (come modificato dalla Legge 5 aprile 1985, n. 118). Tale disposizione consente alle parti di convenire contrattualmente che il canone sia aggiornato annualmente nella misura massima del 75% delle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertate dall’Istat nell’anno precedente. Inoltre, tale adeguamento del canone – pur se previsto espressamente da una clausola contrattuale – non potrà applicarsi automaticamente, dovendo previamente il locatore inviare al conduttore una lettera di richiesta di aggiornamento del canone.4

 

8. L’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale

Il conduttore che svolga nell’immobile locato attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori – ad eccezione dei casi in cui si tratti di immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici (art.35, L. 392/1978) – alla cessazione del rapporto locatizio ha diritto di ricevere da parte del locatore un’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto (per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità). Il conduttore ha diritto ad un’ulteriore indennità (nella misura di 36 mensilità) nel caso in cui l’immobile venga da chiunque adibito all’esercizio della stessa attività esercitata dal conduttore (o di attività incluse nella stessa tabella merceologica), qualora il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente (art. 34, commi 1 e 2, L. 392/1978).5

 

9. Il diritto di prelazione del conduttore in caso di vendita ed in caso di nuova locazione

Il conduttore che eserciti un’attività commerciale che preveda il contatto con il pubblico, inoltre, ha diritto di prelazione sia nel caso in cui il proprietario-locatore intenda vendere l’immobile (art. 38, L. 392/1978), sia nel caso in cui intenda locarlo a terzi (art. 40, L. 392/1978). Nel primo caso, il locatore ha l’obbligo di comunicare al conduttore – a mezzo di ufficiale giudiziario – l’intenzione di vendere e le condizioni della medesima.

Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario-locatore a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.

Nell’ipotesi in cui venga esercitato il diritto di prelazione da parte del conduttore, il pagamento del prezzo di acquisto – salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore – deve essere effettuato entro trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario-locatore, contestualmente alla stipula del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

Per espressa previsione legislativa, il diritto di prelazione resta escluso in caso di divisione di comunione ereditaria ed in caso di vendita a favore del coniuge o di parenti entro il secondo grado.

Inoltre, il secondo comma dell’art. 41, stabilisce che la disciplina della prelazione – sia nel caso di vendita sia nel caso di nuova locazione – non si applichi alle locazioni relative ad immobili utilizzati per attività commerciali che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, nonché destinate all’esercizio di attività di carattere transitorio o professionale.

Qualora il locatore, alla scadenza del contratto, intenda sottoscrivere una nuova locazione con un terzo diverso dal conduttore, ha l’obbligo di comunicare al conduttore (che eserciti nell’immobile locato un’attività commerciale comportante il contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori) – mediante lettera raccomandata da spedirsi almeno 60 giorni prima della scadenza del contratto – le condizioni di rinnovo della locazione. Dalla ricezione di tale comunicazione, il conduttore ha 30 giorni per esercitare il proprio diritto di prelazione al rinnovo della locazione, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore.

 

10. La sublocazione

Ai sensi dell’art. 36 della Legge citata, il conduttore – anche senza il consenso del locatore – ha la facoltà sia di sublocare l’immobile sia di cedere il contratto di locazione a terzi, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda.

Il conduttore, tuttavia, è tenuto a comunicare al locatore – a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento – la cessione o la sublocazione, indicando i dati necessari ad identificare il cessionario o il sub conduttore. In caso di «gravi motivi» riguardanti la persona del cessionario – come ad esempio il caso in cui questi sia a rischio di insolvenza – il locatore può opporsi alla sublocazione o alla cessione del contratto, mediante lettera di opposizione – inviata sempre a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento – che deve essere spedita entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione di sublocazione o cessione.

 

11. La locazione di immobile alberghiero e l’affitto d’azienda

Merita, infine, di fornire qualche cenno al problema della distinzione tra la locazione di immobile alberghiero ed affitto d’azienda, la cui regolamentazione esula dall’ambito di applicazione della Legge 392/1978.

Secondo la Suprema Corte, nel caso di locazione di immobile alberghiero, l’immobile «assume una posizione di assoluta ed autonoma centralità nell’economia contrattuale, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi […]», mentre nell’affitto di azienda l’immobile «è considerato non nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso dei beni (mobili ed immobili) […]» organizzati dall’imprenditore – ex art. 2555 c.c. – in vista dell’esercizio dell’impresa (Cass. Civ., Sez. III, 8 agosto 1997, n. 7361).

Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 9-septies, del Decreto-Legge 7 febbraio 1985, n. 12 convertito in Legge 5 aprile 1985, n. 118 «si ha locazione di immobile, e non affitto di azienda, in tutti i casi in cui l’attività alberghiera sia stata iniziata dal conduttore».

Più di recente la Corte di Cassazione ha precisato che l’accertamento circa la stipulazione di un contratto di locazione alberghiera ovvero di un contratto di affitto d’azienda «rientra tra i compiti del giudice del merito, il quale deve indagare sulla comune intenzione delle parti e sui beni dedotti in contratto, al fine di stabilire se l’oggetto principale della stipulazione sia l’immobile singolarmente considerato o un complesso unitario costituito dall’organizzazione aziendale destinato allo svolgimento di un’attività economia» (Cass. Civ., Sez. III, 27 giugno 2002, n. 9354).

1 Al riguardo, si veda l’art. 10 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

2 Il D.PR. 131/1986 distingue tra “registrazione in termine fisso” e “registrazione in caso d’uso”. La registrazione degli atti che vi sono soggetti “in termine fisso” – indicati nella Parte I della Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986 – deve essere richiesta per le locazioni entro trenta giorni dall’atto. Obbligati a chiedere tale registrazione sono le parti contraenti per le scritture private non autenticate e per i contratti verbali ed i notai, gli ufficiali giudiziari, i segretari o delegati della P.A. e gli altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati.

Si ha, invece, “caso d’uso” quando, per essere acquisito agli atti, l’atto si deposita presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrativa o presso le amministrazioni dello Stato o degli Enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento (art. 6, D.P.R. cit.) In tal caso gli oneri di registrazione sono per metà a carico del locatore e per metà a carico del conduttore. La parte che ha provveduto al pagamento dell’imposta di registro può rivalersi nei confronti dell’altra parte per quanto a carico della medesima.

3 Nel caso in cui locatore intenda recuperare la disponibilità dell’immobile alla scadenza dei dodici (o diciotto anni), dovrà comunque inviare al conduttore una lettera di disdetta con preavviso di almeno dodici mesi prima della scadenza (o diciotto mesi se attività alberghiera), intendendosi altrimenti rinnovato il contratto per ulteriori sei (o nove) anni.

4 Ai sensi dell’art. 33 della L. 392/1978 la disciplina concernente l’aggiornamento del canone di locazione di cui all’art. 32 si applica anche alle locazioni stagionali.

5 Il terzo comma dell’art. 34 precisa che «l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile, è condizionata dall’avvenuta corresponsione dell’indennità […]».

Di Bari Matteo

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