La legge sul cyberbullismo: tra luci ed ombre

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Ad un anno circa dall’introduzione della legge 29 maggio 2017, n. 71, recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” si può cominciare a stilare un primo bilancio.

Alcuni dati

Questi i numeri. Si è passati dalle 236 denunce di minori del 2016 a oltre 350 del 2017. I dati sono stati presentati lo scorso 6 febbraio in occasione del Safer Internet Day (Giornata mondiale per la sicurezza in Rete) e dicono che su 354 trattate dalla Polizia Postale, 13 sono denunce di minori per stalking, 87 per diffamazione on-line e 79 per furto d’identità su social network. Sono 39, poi, i minori denunciati come responsabili di azioni di cyberbullismo: 13 per diffusione di materiale pedopornografico, 12 per diffamazione online e 11 per ingiurie, minacce e molestie.

Ciò può significare che sono cresciuti i reati a danno dei minori oppure che le vittime manifestano maggiormente la volontà di denunciare le fattispecie illecite.

In verità il legislatore, nel testo approvato, aveva inteso escludere qualsiasi forma di repressione di carattere penale, preferendo l’individuazione di strumenti preventivi di carattere educativo, ma per tutte queste attività di formazione scolastica e territoriale, finalizzate alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo, ha poi stanziato la somma estremamente esigua di 203.000,00 euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019; insufficienti per soddisfare le aspettative!

La scuola come protagonista

Nell’ottica legislativa è la scuola chiamata ad assumere il ruolo di protagonista del processo di prevenzione e contrasto del fenomeno; in tal senso va letta l’introduzione della figura del referente per il cyberbullismo in ogni istituto scolastico con il compito di avviare corsi di formazione per gli insegnanti. La legge non indica comunque, quali sono i criteri per la sua designazione. Il dirigente scolastico, invece, ha il compito del dialogo con le famiglie degli studenti coinvolti in casi di cyberbullismo.

La sfida sottesa nel testo legislativo è lodevole: intervenire prima ancora che il reato venga commesso, ma visti i dati e le risorse economiche, la legge appare più ambiziosa nel titolo e nelle dichiarazioni di intenti, che nel suo contenuto a partire dalla stessa definizione di cyberbullismo.

Definizione di cyberbullismo

L’articolo 1, comma 2, della legge definisce il cyberbullismo come “qualunque forma di pressione,  aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni,  realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o  più componenti della  famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di  isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Questa definizione risulta disomogenea in quanto sovrappone condotte di fatto (pressioni, aggressioni, ricatto, furto d’identità) a condotte normative (molestia, diffamazione, trattamento illecito di dati personali) e illogica nella parte in cui oppone alla generica diffusione online di qualsiasi tipo di contenuto la specificità dello scopo perseguito, incomprensibilmente circoscritto alla sola emarginazione sociale di un minore o di un gruppo di minori.

L’importanza di una definizione precisa non rappresenta un elemento meramente formale in quanto solo una attenta descrizione della fattispecie può consentire la predisposizione di contromisure efficaci e l’indirizzamento delle poche risorse disponibili verso quei comportamenti che denotano un effettivo disvalore sociale.

Non appare privo di influenza aver escluso il bullismo dalla stesura del resto, in quanto le prevaricazioni off line sono spesso un continuum con quelle mediatiche, all’interno di un circolo vizioso.

Dubbi sorgono anche dalla previsione della procedura di ammonimento (art. 7) in base al quale fino a quando non sia proposta querela o presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594 (ingiuria), 595 (diffamazione) e 612 (minaccia) c.p. e all’articolo 167 codice privacy (trattamento illecito di dati personali) commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento già prevista per il reato di stalking.

Due le osservazioni da fare al riguardo: da un lato il legislatore pare essersi dimenticato, nonostante il servizio studi della Camera avesse riscontrato il problema, che il delitto di ingiuria è stato depenalizzato dal d. lsg. 7/2016, dall’altro non ha rilevato che l’ammonimento è compatibile solo con reati procedibili a querela in quanto nel momento stesso in cui l’interessato espone al Questore ai fini dell’ammonimento, fatti che integrano reati procedibili di ufficio (nella fattispecie, minaccia grave e trattamento illecito di dati personali) quest’ultimo, nella sua veste di pubblico ufficiale, è tenuto ex articolo 331 c.p.p. a farne immediatamente denuncia per iscritto.

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