La giustizia riparativa. Questione definitoria e orientamenti.

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Definire il concetto di giustizia riparativa ha sempre presentato problematiche di non poco rilievo: infatti, manca in dottrina una concezione unanime di giustizia riparativa. Questa difficoltà deriva dal fatto che la restorative justice è recepita in ogni ordinamento misura e maniera diversa. Perciò si ritrovano in dottrina diverse accezioni, orientate sia ai destinatari della riparazione, che sono a loro volta distinguibili in vittima, reo e comunità o incentrate sui contenuti della riparazione (e quindi restituzione, risarcimento, mediazione, riconciliazione, ecc.).

Le definizioni orientate ai destinatari della riparazione.

1) Definizione orientata alla vittima.

Tra le varie definizioni di giustizia riparativa che sono state elaborate negli anni, quelle che più di tutte si sono concentrate sulla vittima sono quelle di matrice anglosassone. Il nuovo procedimento penale dovrebbe prevedere una maggior partecipazione della vittima che deve comunque sempre essere tutelata durante la gestione del conflitto, il quale deve porre l’attenzione non sul retribuire al reo il male commesso e causato, ma sulla riparazione dello stesso in modo da ridare alla vittima il controllo della propria emotività lesa e della propria vita. La giustizia riparativa dovrebbe prevedere una risposta al reato che sia incentrata sulla riparazione del male subito dalla vittima piuttosto che la retribuzione del male causato dal reo. Si dovrebbe, a questo proposito, tenere in considerazione la duplicità del danno derivante alla vittima, distinguendo:

a) danno primario: direttamente riconducibile al reato subito. Si caratterizza a seconda della fattispecie criminosa e si compone delle perdite economiche, le eventuali lesioni fisiche e i danni psicologici di medio e lungo termine;

b) danno secondario: derivante dalle reazioni e dal modo di gestire la situazione da parte delle autorità e dal comportamento dei familiari e delle persone alle vittime vicine.

b)La nozione orientata alla comunità.

La nozione di giustizia riparativa orientata alla comunità postula il coinvolgimento della comunità nella risoluzione del conflitto che nella stessa si sarebbe instaurato in seguito alla commissione del fatto illecito. In particolare, molte definizioni di giustizia ripartiva volte a valorizzare il ripristino della relazione sociale tra le parti, estendono alle rispettive comunità di appartenenza la capacità di concorrere al problem solving. Questa tendenza è molto visibile nei victim – offender reconciliation

programs, i quali si fondano sul coinvolgimento attivo delle comunità interessate e convolte dai risvolti del reato. L’obbiettivo di questo strumento è quello di creare le condizioni affinchè autore e vittima possano discutere di quanto accaduto col fine di raggiungere un accordo volto alla riparazione e la cui esecuzione deve avvenire sotto la sovraintendenza della comunità. La definizione orientata alla comunità si ispira al concetto di neighbourhood justice di matrice nordamericana. La giustizia riparativa tende quindi alla pacificazione dei crimini all’interno della comunità con la partecipazione attiva della medesima attraverso agenzie di controllo appartenenti alla comunità e non solo attraverso organi autoritari dello Stato.

Se si considera la giustizia riparativa come giustizia per la comunità, essa può avere forme di riparazione rivolte a un destinatario aspecifico oppure si può considerare la stessa come garante delle vittime sul quale grava l’impegno di supportarle e garantirne la sicurezza.

Perchè si possa parlare di comunità, ad ogni modo, è necessario che concorrano congiuntamente due condizioni essenziali:

a) anzitutto, che vi sia un elemento di omogeneità basato su caratteristiche sociali, storia, tradizioni o credenze comuni;

b) che questa omogeneità si manifesti anche in un senso di mutua responsabilità.

In una comunità così individuata si assegna, alla giustizia riparativa, la funzione di rinsaldare i legami sociali mediante forme coinvolgimento degli individui facenti parte della comunità attraverso strumenti specifici come, ad esempio le community conferences (o family group conferencing) o la neighbourhood justice già sopra citata.

Si vogliono inoltre promuovere nuove forme di giustizia che rimettano nelle mani dei consociati il controllo e la gestione delle dinamiche sociali che entrano in atto a seguito del fatto delittuoso, senza rimettere la gestione del conflitto completamente nelle mani dei tribunali.

La nozione basata sui contenuti dell’intervento riparativo

Alle definizioni orientate ai destinatari della giustizia riparativa, si contrappongo accezioni costruite a partire dai contenuti dell’intervento ripartivo.

Scopo della giustizia riparativa è quello di ricercare soluzioni ai conflitti che abbiano un contenuto volto a riparare il danno o l’offesa derivanti dal reato, i cui effetti investono sia la vittima del fatto illecito, sia la comunità cui vittima e reo appartengono. Molte nozioni di giustizia riparativa sono incentrate proprio sul ripristino della relazione sociale tra autore, vittima e comunità che la commissione del reato ha leso.

Questa concezione di giustizia trova i suoi fondamenti nel restitution movement, di matrice nordamericana, che si è sviluppato a partire dagli anni Settanta diffondendosi poi anche in Europa negli anni Ottanta. Il movimento sopracitato ha dato origine ad una nuova concezione di sistema penale, più attenta al male subito dalle vittime e che mira alla risocializzazione e non stigmatizzazione del reo.

Tra i vantaggi che deriverebbero dall’adozione di un modello restitutivo, non è da sottovalutare quello concernente la forte valenza rieducativa e responsabilizzante insita nell’approccio riparativo.

Il modello riparativo è caratterizzato comunque dalla presenza di una dimensione latu sensu retributiva, intesa non come retribuzione del crimine, bensì riparazione delle conseguenze dannose create alla vittima.

Cosa non è la giustizia riparativa

Alle definizioni sopra esaminate, si contrappone una terza via, incentrata su una accezione `in negativo’ di giustizia riparativa.

In questo senso, ad esempio, gli studiosi Howard Zehr e Ali Gohar hanno sottolineato come esuli dal campo della giustizia riparativa, o almeno dai suoi scopi primari, il perdono e la conciliazione. La restorative justice, inoltre, non potrebbe nemmeno ricondursi alla mera mediazione, risultando invece un sistema assai più complesso e variegato. La restorative justice, pertanto, sarebbe praticabile, anche nei casi in cui la mediazione non sempre è possibile o non sempre risulta essere lo strumento più appropriato alla risoluzione di tutti i conflitti. Anche ammettendo di trovarsi in condizioni favorevoli per un incontro tra autore di reato e vittima, non sempre il termine mediazione

risulta essere utilizzabile, poichè un conflitto mediato presuppone che le parti si trovino moralmente ad un livello condiviso di responsabilità che provengano da entrambe e ciò non sempre si verifica nella dinamica delittuosa.

Altro fattore che impedisce di ricondurre necessariamente, con conseguente limitazione, la giustizia riparativa al concetto di mediazione è che, essendo la mediazione uno strumento con forti connotati di natura neutrale, questa non risulta appropriata in quei casi in cui si manifesti la necessità che il reo riconosca un certo livello di responsabilità.

Sempre in un’ottica `negativa‘, inoltre, si dovrebbe evitare di cadere nell’equivoco di ritenere la giustizia riparativa finalizzata alla mera riduzione del tasso di recidiva. Il percorso di riparazione, infatti, non guarda tanto a questo scopo per così dire collaterale o ulteriore, ma si incentra, di converso, sul coinvolgimento della vittima, alle sue esigenze riconducibili alla presa di responsabilità del reo. Le vittime devono e hanno diritto ad essere coinvolte nel procedimento riparativo.

Ancora, neppure il modello riparativo dovrebbe essere concepito come applicabile ai soli reati di minore gravità. Non sono infrequenti i casi in cui il modello riparativo è stato applicato anche a reati di maggiore portata conseguendo risultati positivi.

L’area di applicazione probabilmente più problematica a questo proposito risulta essere quella delle violenze domestiche. Il modello riparativo non è necessariamente un sostituto del modello retributivo. La giustizia riparativa non è necessariamente la risposta a tutti i casi in cui si verifica una situazione antigiuridica. Pur essendo possibile implementare il modello riparativo, alcuni elementi del modelli retributivi di stampo occidentale si ravvisano tutt’ora come necessari per salvaguardare la sicurezza dello Stato e dei cittadini. Tuttavia i sostenitori del modello riparativo continuano a sottolineare l’importanza e la centralità della dimensione privata del conflitto generato dai fatti di reato.

 

Eleonora Gambarini

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