La gelosia esagerata può configurare un reato?

Scarica PDF Stampa
Un argomento molto attuale per una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, precisamente la sentenza del 22 luglio 2019 numero 32781.

La gelosia è sempre stato un sentimento cardine della vita di coppia, che a volte sfocia in comportamenti e atteggiamento esagerati posti in essere da una delle due parti che ne fanno parte.

Ci sono persone che chiedono svariate volte dove si è stati, con chi si è parlato, e altro.

Altre passano dalle parole ai fatti, controllando quello che si ha in borsa, passando in rassegna la rubrica telefonica o i messaggi ricevuti, chiedendo di fare una videochiamata per sapere dove ci si  trova.

Altre ancora arrivano a chiamare amiche o amici per avere la conferma di essere insieme a loro. che

In un’epoca come la nostra, contrassegnata e dominata dai social network, con una moltitudine di persone “smartphone dipendenti”, è molto frequente che un partner femminile o maschile che sia, possa essere vittima di simili comportamenti.

In proposito è corretto sapere che coloro che, loro malgrado,  si trovano protagonisti di simili vicende possono sporgere querela.

La sopra scritta sentenza della Suprema Corte di Cassazione, ha sancito una determinata soglia nella quale la possessività diventa illecito penale.

Ai supremi giudici, è stato chiesto, in modo specifico, se la gelosia morbosa sia reato e la risposta è stata “dipende”.

Da che cosa dovrebbe dipendere?

Dalle modalità concrete con le quali viene posto in essere il comportamento e quali connotati assume l’atteggiamento del responsabile.

La sorpresa è che, secondo la pronuncia, al fine di commettere un illecito penale, non è necessario vestire i panni di maniaci o stalker.

Anche l’amore, quando morboso, patologico e prevaricante, costituisce una sorta di violenza, anche se di bassa intensità.

La Cassazione aprirebbe le porte del carcere non esclusivamente al delitto passionale ma anche alla passione delittuosa, vale a dire quella che diventa reato di maltrattamento.

Al fine di comprendere quando la gelosia morbosa sia reato, si devono mettere in evidenza i dettagli della vicenda portata all’attenzione dei giudici.

Le modalità concrete del comportamento sono atte a trasformare quella che è una venialità in un illecito penale.

Quando la gelosia eccessiva è reato

La gelosia non possiede un genere.

Non seguendo i luoghi comuni che vedono nell’uomo il soggetto della coppia più debole ai raptus di gelosia, le recenti cronache giudiziarie costituiscono di sicuro dei validi precedenti e hanno evidenziato come anche le donne possano arrivare a porre in essere dei comportamenti maniacali. La recente approvazione della legge sul cosiddetto codice rosso,  ispirata dagli numerosi episodi di violenze tra le coppie, punisce con la reclusione da 8 a 14 anni, coloro che causano lesioni personali dalle quali derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso, in relazione all’acido sulla pelle.

Con l’auspicio di non arrivare a comportamenti criminali di questo genere, secondo la Cassazione la gelosia ossessiva del partner integra il reato di “maltrattamenti in famiglia” (art. 572 c.p.)

L’articolo 572 del codice penale, rubricato “maltrattamenti contro familiari o conviventi” recita:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.

[La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici.]

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

In modo che si possa parlare di una responsabilità penale è necessario che il comportamento maniacale sia caratterizzato da controlli continui, pedinamenti, verifiche sugli oggetti di proprietà del/della compagno/a (smartphone, borse, email, archivio del computer) e persino in ispezioni corporali.

Lo stesso vale anche in relazione all’insistente contestazione di tradimenti inesistenti, alla ricerca incessante di tracce di relazioni extra-coniugali.

Simili atteggiamenti  evidenziano una pesante lesione della privacy e la volontà di prevaricare la vittima sino a mortificarla e a svilirne la persona.

Recenti cronache di settore riportano che in un caso di specie, un uomo era arrivato a pretendere continue videochiamate da parte della convivente per essere sicuro che non stesse con un fantomatico amante, la seguiva anche con il Gps, la spiava con telecamere nascoste e la sottoponeva  a interrogatori notturni oltre che a mortificanti ispezioni personali, arrivando a coinvolgere anche le loro figlie minori.

Leggi anche:”Approvato il Codice Rosso: ora è legge”

Le attenuanti per chi è geloso esistono?

La gelosia non rappresenta una giustificazione.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, non costituisce un’attenuante il fatto che, di solito, alla fine di ogni relazione sentimentale, spesso una delle due parte trasforma la ferita in ossessione, cercando attraverso ogni modo possibile e immaginabile, di ristabilire il contatto perso.

Nonostante “mal d’amore” sia bruciante, qualsiasi comportamento e atteggiamento che rasenti o palesi la prevaricazione non ammette giustificazioni, e non può contare il fatto che il colpevole abbia, di natura, un carattere possessivo, che sia noto all’altro partner.

Quando una relazione finisce, hanno fine anche i vari contatti contatti tra due, in modo che ogni intrusione costituisca una violazione della privacy non autorizzata.

Al fine di parlare di maltrattamenti in famiglia non c’è bisogno di un comportamento che assuma i caratteri della violenza  fisica.

Il reato è integrato da comportamenti che si fermano alla soglia delle intimidazioni, a patto che rientrino in un più ampio e unitario comportamento che imponga alla vittima un regime di vita mortificante.

A questo proposito, anche la cosiddetta violenza a bassa tensione configura il delitto in questione quando determina un carico impossibile da sopportare sul vissuto della persona offesa.

Le manie dell’uomo  o della donna non perdono la loro carica invasiva perché dettate dalla gelosia,  ponendo in essere le circostanze che caratterizzano il reato perché denotano violazione della privacy e scarsa considerazione del partner con i controlli sulla vita sociale e persino intima della partner o del partner.

Volume consigliato

Autori e vittime di reato

Il presente volume, pubblicato grazie al sostegno economico dell’Università degli Studi di Milano (Piano di sostegno alla ricerca 2016/2017, azione D), raccoglie i contributi, rivisti ed aggiornati, presentati al convegno internazionale del 7 giugno 2016, al fine di consentire, anche a coloro che non hanno potuto presenziare all’evento, di vedere raccolte alcune delle relazioni, che sono confluite in un testo scritto, e i posters scientifici che sono stati esposti, in quella giornata, a Palazzo Greppi (Milano) e successivamente pubblicati sulla Rivista giuridica Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it). Raffaele Bianchetti è un giurista, specialista in criminologia clinica; lavora come ricercatore presso il Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano e come magistrato onorario presso il Tribunale di Milano. Da anni insegna Criminologia e Criminalistica e svolge attività didattica all’interno di corsi di formazione post-lauream e di alta formazione in Italia e all’estero; partecipa come relatore a convegni, congressi e incontri di studio nazionali ed internazionali; fa parte di gruppi di ricerca, anche di natura transnazionale, coordinandone alcuni come responsabile dei progetti. È autore di scritti monografici e di pubblicazioni giuridiche di stampo criminologico, alcune delle quali sono edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Membro componente di comitati scientifici e di comitati redazionali, è condirettore  di due collane editoriali.Luca Lupária Professore Ordinario di Diritto processuale penale nell’Università degli Studi di Roma Tre e visiting professor  in Atenei europei e americani, è autore di scritti monografici su temi centrali della giustizia penale e di oltre cento pubblicazioni scientifiche, apparse anche su riviste straniere e volumi internazionali. È responsabile di programmi e gruppi di ricerca transnazionali sui diritti delle vittime, sulle garanzie europee dell’imputato e   sui rimedi all’errore giudiziario. Condirettore di collane editoriali, è vice-direttore della rivista “Diritto penale contemporaneo” .Elena Mariani è laureata in giurisprudenza e specialista in criminologia clinica. Da oltre dieci anni collabora con la Catte- dra di Criminologia e Criminalistica del Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano, effettuando seminari e attività di ricerca sui temi della giustizia penale minorile, della vittimologia, dell’esecuzione penale e delle misure di prevenzione. Svolge da anni attività didattica in corsi di formazione post-lauream e di alta formazione presso diversi atenei italiani. È autrice di una monografia in tema di sistema sanzionatorio minorile e per gli adulti edita in questa Collana e di varie pubblicazioni in materia criminologica, edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Attualmente   è componente esperto del Tribunale di Sorveglianza di Milano e dottoranda di ricerca in diritto penale presso l’Università degli Studi di Milano. 

Elena Mariani, a cura di Raffaele Bianchetti, Luca Lupària | 2018 Maggioli Editore

36.00 €  34.20 €

 

Dott.ssa Concas Alessandra

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento