La finalità della disposizione secondo la quale la stipulazione del contratto di appalto deve aver luogo entro sessanta giorni dalla aggiudicazione, è quella di evitare che i procedimenti di gara siano indebitamente protratti dalle stazioni appaltanti ol

Lazzini Sonia 12/10/06
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Il Tar Lazio, Roma, con la sentenza numero 6914 del 31 luglio 2006 ci sottolinea che:
 
<L’art. 109 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 contenente il Regolamento di attuazione della legge quadro n. 109/1994 dispone che “la stipulazione del contratto di appalto deve aver luogo entro sessanta giorni dalla aggiudicazione nel caso di pubblico incanto, licitazione privata ed appalto-concorso ed entro trenta giorni dalla comunicazione di accettazione dell’offerta nel caso di trattativa privata e di cottimo fiduciario.
 
      Per gli appalti di competenza di Amministrazioni statali, l’approvazione del contratto deve intervenire entro sessanta giorni dalla data di stipulazione.
 
      Se la stipula del contratto o la sua approvazione, ove prevista, non avviene nei termini fissati dai commi precedenti, l’impresa può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni impegno o recedere dal contratto. In caso di mancata presentazione dell’istanza, all’impresa non spetta alcun indennizzo.
     L’appaltatore non ha diritto ad alcun compenso o indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali. Se è intervenuta la consegna dei lavori in via d’urgenza, l’impresa ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori ivi compresi quelle per opere provvisionali”.
 
      La finalità della previsione normativa, evidentemente, è quella di evitare che i procedimenti di gara siano indebitamente protratti dalle stazioni appaltanti oltre il termine indicato e deve interpretarsi nel senso di garantire alla impresa aggiudicatrice la facoltà, decorrente dal 60° giorno dalla (comunicazione della) aggiudicazione (definitiva), di sciogliersi dall’impegno assunto qualora la stazione appaltante non addivenga alla stipulazione del contratto.
 
      Il principio dell’affidamento che, come esplicazione dei canoni dell’imparzialità e del buon andamento, informa anche il procedimento amministrativo, non consente infatti che la stazione appaltante possa procrastinare indefinitivamente gli adempimenti prescritti dalla legge>
 
Ma vi è di più:
 
<Nella specie non vi sono infatti dubbi sulla decorrenza del termine prescritto dalla legge per la conclusione del contratto relativo alla aggiudicazione, a far data dal 2 luglio 2003 (data della avvenuta aggiudicazione definitiva dei lavori).
 
      Nonostante la avvenuta comunicazione della aggiudicazione definitiva, alla scadenza del termine di 60 giorni prescritto dalla legge, infatti, l’Amministrazione non procedeva alla stipula del contratto, disponendo, soltanto successivamente all’avvenuto esercizio del diritto di recesso, la revoca dell’intervenuta aggiudicazione.
 
      Con missiva notificata in data 8 ottobre 2003, infatti, l’impresa ricorrente dichiarava di volersi sciogliere da ogni impegno assunto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 109, comma 1, D.P.R. n. 554/1999.
 
      Ritiene il Collegio che tale manifestazione di volontà non possa essere disconosciuta dalla Amministrazione poiché espressione della facoltà, riconosciuta alla aggiudicataria dalla legge, di sciogliersi dal vincolo conseguente alla aggiudicazione in ipotesi di mancato perfezionamento del contratto nel termine prescritto dalla legge>
 
A cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione Terza
 
Composto ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso n. 8/2004 proposto dalla **** S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’*******************ò ed elett.te dom.ta in Roma, via delle Tre Cannelle n. 22, presso lo studio dell’avv. **********;
 
CONTRO
 
– l’ANAS S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore;
 
PER L’ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIONE
 
– del provvedimento comunicato con lettera del 1 dicembre 2003 con il quale l’ANAS ha rescisso, ai sensi dell’art. 119 del D.P.R. n. 554/1999, il vincolo contrattuale instauratosi con l’aggiudicazione della gara di appalto, nonché di ogni altro atto, precedente o successivo anche se non conosciuto;
 
NONCHE’
 
– per la condanna della resistente al risarcimento del danno.
 
      Visto il ricorso con i relativi atti.
 
      Visti gli atti tutti di causa.
 
   Designato Relatore il Primo Referendario *********************.
 
      Udite le parti alla udienza del 5 luglio 2006, come da verbale di udienza.
 
FATTO
 
      Con ricorso n. 8/2004, notificato in data 23 dicembre 2003 e depositato il 2 gennaio 2004, la ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti indicati in epigrafe deducendo i seguenti fatti:
 
      Con nota n. 15371 del 4 luglio 2003, l’ANAS S.p.a. ha comunicato alla società **** l’affidamento dei lavori per la messa in opera di strumentazione geotecnica a completamento del sistema di monitoraggio.
 
      Con la medesima nota ha invitato l’impresa aggiudicataria a produrre la documentazione necessaria per procedere alla stipula del contratto.
 
      Con nota n. 17486 del 31 luglio 2003 l’ANAS ha invitato l’impresa a ricevere in consegna i lavori sotto le riserve di legge e nel contempo ha richiesto la consegna del Piano Operativo di Sicurezza.
 
      Con nota n. 18198 del 7 agosto 2003 l’ANAS ha informato l’impresa che la consegna dei lavori era stata differita al 9 settembre 2003 e, quindi, con altra nota, al 10 settembre 2003.
 
      Con verbale del 10 settembre 2003 l’ANAS ha invitato l’impresa a ricevere in consegna i lavori per il giorno 29 settembre 2003, assicurando che per quella data “la teleferica per il trasporto dei materiali sulle postazioni in quota sarà resa immediatamente funzionante”.
 
      Con il medesimo telefax ha sollecitato l’invio del Piano Operativo di Sicurezza.
 
      Con lettera del 25 settembre 2003 l’impresa – nel premettere che per il giorno indicato era impossibilitata a presenziare – ha invitato l’ANAS a redigere, prima della sottoscrizione del verbale di consegna, il verbale previsto dal 3° comma dell’art. 71 del D.P.R. n. 554/1999. Con lo stesso plico ha inviato il Piano Operativo di Sicurezza.
 
      Con nota n. 21733 del 26 settembre 2003 l’ANAS, piuttosto che adempiere all’obbligo di redigere il detto verbale e comunicare altra data per la consegna dei lavori ha manifestato “l’intendimento di risolvere il contratto” ed ha invitato l’impresa “a presentare le proprie deduzioni”.
 
      Con la medesima nota l’ANAS afferma che non è risultato possibile neanche stipulare il contratto posto che il rappresentante della impresa non si è presentato presso gli Uffici.
 
      Con lettera dell’8 ottobre 2003 l’odierna ricorrente, premettendo l’avvenuto infruttuoso decorso del termine previsto dall’art. 109 del D.P.R. n. 554/1999, ha manifestato la volontà di “sciogliersi da ogni impegno”.
 
      Con la stessa lettera l’impresa ha chiarito i motivi che l’avevano indotta a non sottoscrivere il verbale di consegna.
 
      Con nota n. 24171 del 28 ottobre 2003 l’ANAS – ritenendo valide le giustificazioni – ha invitato l’impresa a procedere al perfezionamento dell’atto contrattuale.
 
      Con lettera del 3 novembre 2003 l’impresa ha ricordato all’ANAS di avere già esercitato la facoltà di sciogliersi dal vincolo negoziale.
 
      Con nota n. 26158 del 20 novembre 2003 l’ANAS ha informato la compagnia di assicurazioni di avere provveduto alla risoluzione del contratto e l’ha invitata a provvedere all’immediato versamento della somma di cui alla cauzione.
 
      Deduce la ricorrente la illegittimità del provvedimento impugnato sotto i profili meglio indicati nel ricorso.
 
      All’udienza del 5 luglio 2006 il ricorso era assunto in decisione dal Collegio.
 
DIRITTO
 
      Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di cui alla motivazione.
 
      Preliminarmente, quanto questione di giurisdizione, il Collegio ritiene, re melius perpensa, che il provvedimento impugnato debba essere qualificato – in assenza di una formale stipulazione del contratto – quale revoca della aggiudicazione rispetto alla quale alcun dubbio sussiste in merito alla giurisdizione del giudice amministrativo.
 
      Quanto al merito, l’odierna ricorrente impugna il provvedimento con il quale è stata disposta la “risoluzione del rapporto contrattuale” deducendo, tra l’altro, la illegittimità del provvedimento poiché intervenuto successivamente al recesso legittimamente esercitato dalla ricorrente in conseguenza della mancata stipulazione del contratto nei termini di cui all’art. 109 D.P.R. n. 554/1999.
 
      L’assunto è meritevole di accoglimento.
 
      L’art. 109 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 contenente il Regolamento di attuazione della legge quadro n. 109/1994 dispone che “la stipulazione del contratto di appalto deve aver luogo entro sessanta giorni dalla aggiudicazione nel caso di pubblico incanto, licitazione privata ed appalto-concorso ed entro trenta giorni dalla comunicazione di accettazione dell’offerta nel caso di trattativa privata e di cottimo fiduciario.
 
      Per gli appalti di competenza di Amministrazioni statali, l’approvazione del contratto deve intervenire entro sessanta giorni dalla data di stipulazione.
 
      Se la stipula del contratto o la sua approvazione, ove prevista, non avviene nei termini fissati dai commi precedenti, l’impresa può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni impegno o recedere dal contratto. In caso di mancata presentazione dell’istanza, all’impresa non spetta alcun indennizzo.
     L’appaltatore non ha diritto ad alcun compenso o indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali. Se è intervenuta la consegna dei lavori in via d’urgenza, l’impresa ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori ordinati dal direttore dei lavori ivi compresi quelle per opere provvisionali”.
 
      La finalità della previsione normativa, evidentemente, è quella di evitare che i procedimenti di gara siano indebitamente protratti dalle stazioni appaltanti oltre il termine indicato e deve interpretarsi nel senso di garantire alla impresa aggiudicatrice la facoltà, decorrente dal 60° giorno dalla (comunicazione della) aggiudicazione (definitiva), di sciogliersi dall’impegno assunto qualora la stazione appaltante non addivenga alla stipulazione del contratto.
 
      Il principio dell’affidamento che, come esplicazione dei canoni dell’imparzialità e del buon andamento, informa anche il procedimento amministrativo, non consente infatti che la stazione appaltante possa procrastinare indefinitivamente gli adempimenti prescritti dalla legge.
 
      Al riguardo occorre anche osservare che con Determinazione n. 24/2002 del 2 ottobre 2002, l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici ha affermato che l’amministrazione “non può rimanere inattiva, ma ha l’obbligo di determinarsi in ordine alla stipula o meno del contratto entro i termini fissati dal legislatore (sessanta giorni o trenta a seconda della procedura). Ciò al fine di evitare che l’impresa titolare di interessi legittimi (in questa fase) e non di diritti soggettivi, possa permanere in posizione di incertezza. Pertanto, nel caso in cui l’amministrazione non si determini per la stipula nei suddetti termini, l’aggiudicatario matura il diritto ad essere liberato dall’impegno contrattuale con la restituzione del deposito cauzionale ed il rimborso delle spese contrattuali.” 
 
      La vicenda in esame deve essere risolta in coerenza a tali principi.
 
      Nella specie non vi sono infatti dubbi sulla decorrenza del termine prescritto dalla legge per la conclusione del contratto relativo alla aggiudicazione, a far data dal 2 luglio 2003 (data della avvenuta aggiudicazione definitiva dei lavori).
 
      Nonostante la avvenuta comunicazione della aggiudicazione definitiva, alla scadenza del termine di 60 giorni prescritto dalla legge, infatti, l’Amministrazione non procedeva alla stipula del contratto, disponendo, soltanto successivamente all’avvenuto esercizio del diritto di recesso, la revoca dell’intervenuta aggiudicazione.
 
      Con missiva notificata in data 8 ottobre 2003, infatti, l’impresa ricorrente dichiarava di volersi sciogliere da ogni impegno assunto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 109, comma 1, D.P.R. n. 554/1999.
 
      Ritiene il Collegio che tale manifestazione di volontà non possa essere disconosciuta dalla Amministrazione poiché espressione della facoltà, riconosciuta alla aggiudicataria dalla legge, di sciogliersi dal vincolo conseguente alla aggiudicazione in ipotesi di mancato perfezionamento del contratto nel termine prescritto dalla legge.
 
      Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è dunque fondato nei limiti di cui alla motivazione e pertanto, in tali limiti, deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
 
      Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
      Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, accoglie il ricorso nei sensi di cui alla motivazione e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
 
      Condanna l’ANAS al pagamento, nei confronti della parte ricorrente, delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 2.500,00 oltre IVA e CPA
 
      Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
 
      Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 luglio 2006.
 

Lazzini Sonia

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